Fino al 14 luglio

Leonardo Da Vinci. Disegnare il futuro

Dal celeberrimo “Autoritratto” al “Codice sul volo”, dalla giovinezza alla piena maturità, rivive alla “Sabauda” di Torino il mito del Genio dei Geni

Fra le icone più celebri nella storia dell’arte mondiale, ritorna a calcare le scene quel sublime “Autoritratto”, disegno a sanguigna su carta, databile intorno al 1515-1517, realizzato dal Maestro di Vinci in Francia e oggi conservato (dopo essere passato attraverso tre secoli di misteriose peripezie per trovare pace fra le collezioni di Carlo Alberto di Savoia) nel caveau della Biblioteca Reale di Torino. Lo conosciamo bene, quel volto. E, sempre, è un vortice infinito di emozioni. Da toglierti il fiato. Volto segnato dal tempo, lunghi capelli e lunga barba, sguardo accigliato leggermente piegato a destra e solchi profondi sul viso; che quell’immagine sia proprio il ritratto di sé “da vecchio” eseguito da Leonardo Da Vinci o, come vuole il leonardista americano Louis Waldman, il ritratto dello zio Francesco o del padre ser Piero o ancora di un saggio del passato (Pitagora o Demostene) poco importa. Ciò che ch’é certo è, invece, il suo essere fulcro naturale e primo attore – ancora una volta – della rassegna “Leonardo da Vinci. Disegnare il futuro”, ospitata nelle “Sale Palatine” della torinese Galleria Sabauda, nell’ambito delle molte iniziative pensate e progettate – non solo a Torino, ma a livello internazionale – per celebrare i 500 anni trascorsi dalla scomparsa (il 2 maggio del 1519 ad Amboise, in Francia) del Genio dei Geni, fra i massimi archetipi dell’uomo “universale” proprio del Rinascimento, in moto perenne fra arte, scienza, letteratura e mirabolanti ardite peregrinazioni del pensiero, teso in tal senso (ecco il titolo della mostra) a cavalcare il presente solo per guadagnare spazi e creazioni di visionaria futuribilità. Di certo fra gli eventi più importanti organizzati per il Cinquecentenario, la mostra torinese, organizzata dai Musei Reali con l’Associazione Metamorfosi (in collaborazione con il Politecnico e l’Università di Torino), é curata da Enrica Pagella, Francesco Paolo Di Teodoro e Paola Salvi. Complessivamente sono una cinquantina le opere esposte diverse per soggetto e ispirazione e databili all’incirca fra il 1480 ed il 1515; il percorso ruota intorno al nucleo di disegni autografi di Leonardo conservati alla Biblioteca Reale di Torino, comprendente tredici fogli acquistati dal re Carlo Alberto nel 1839, oltre al celebre “Codice sul volo degli uccelli” donato da Teodoro Sabachnikoff al re Umberto I nel 1893. Insieme all’“Autoritratto” – posto in dialogo con altri realizzati da artisti contemporanei come Luigi Ontani, Salvo e Alberto Savinio – si possono ammirare, fra i disegni, i “nudi” per la “Battaglia d’Anghiari” (ca. 1505), i “carri d’assalto”, i “cavalli” per i monumenti Sforza e Trivulzio e lo straordinario studio per l’angelo della “Vergine delle Rocce” noto come “Testa di fanciulla”, per lo storico dell’arte Bernard Berenson, “il disegno più bello del mondo”. Disegni- capolavoro che si confrontano con le opere di altri Maestri del tempo, dai fiorentini Andrea Del Verrocchio (di cui Leonardo fu allievo a Firenze) e Pollaiolo, ai lombardi Bramante e Boltraffio, fino a Michelangelo e a Raffaello. “La scuola del mondo”: come Benvenuto Cellini definì i tre disegni, che oggi troviamo riuniti in mostra, per la “Battaglia di Cascina” di Michelangelo, per la “Battaglia di Anghiari” di Leonardo e per i “nudi” di Raffaello provenienti da Oxford. Altra notevole “chicca” in esposizione è il “Codice Trivulziano”, il quaderno, concesso in prestito – per la prima volta dopo il 1935 – dalla Biblioteca Trivulziana di Milano e sul quale l’eclettico artista (“il pittore non è laudabile -scriveva lo stesso Leonardo – se non è universale”) annotò i suoi pensieri e le sue riflessioni sul lessico. Articolata in sette sezioni (dall’eredità dell’arte antica all’esplorazione dell’anatomia e al confronto fra arte e poesia, fino allo spazio centrale dedicato all’“Autoritratto” e ancora allo studio dei volti e a quello sul volo), la rassegna subalpina tocca, con curiosa intelligenza, anche un tema finora inesplorato e sviluppato nell’ultima sezione titolata “Leonardo e il Piemonte”, con le citazioni dei luoghi presenti negli scritti di Leonardo – suggestive le annotazioni sul variare del colore del cielo durante un’ascesa al Monte Rosa o “Monboso” – e che mostra, quale disegno catalizzatore, il foglio del “Codice Atlantico” con un sorvolo lungo il corso del Naviglio di Ivrea. Dunque, anche il “piemontese” Leonardo. Pure, sotto questo aspetto indubbiamente intrigante, ci guida la mostra alla “Subalpina”. Che a corollario presenta numerose altre iniziative fra le quali una rassegna interdisciplinare ispirata all’universalità dell’artista a cura dell’Ateneo torinese (dal 7 maggio al 18 giugno) e la mostra “Leonardo. Tecnica e territorio”, a cura del Politecnico di Torino e allestita (fino al 14 luglio) all’interno del Castello del Valentino. Per info: www.leonardoatorino.it

Gianni Milani

 
“Leonardo Da Vinci. Disegnare il futuro”
Musei Reali-Sale Palatine della Galleria Sabauda, piazzetta Reale 1, Torino; tel. 011/5211106 o www.museireali.beniculturali.it
Fino al 14 luglio
Orari: dal mart. alla dom. 8,30/19,30
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Nelle foto

– “Autoritratto”, sanguigna su carta, 1515-1517
– “Studi di carri d’assalto”, penna e inchiostro su carta, ca. 1485
– “Testa di fanciulla”, punta metallica e lumeggiature di biacca su carta ocra chiaro, ca. 1483-1485
– Particolare della mostra
– Particolare della mostra

 
 
 
 
 

Informale. Da Burri a Dubuffet, da Jorn a Fontana

Al Castello di Miradolo, tutta l’energia e la libera creatività dell’Informale attraverso un’attenta selezione dei suoi maggiori protagonisti internazionali

San Secondo di Pinerolo (Torino)
Dai sacchi di Burri al padre dell’ Art Brut, Dubuffet; dal gesto “selvaggio” del danese Jorn ai tagli di Fontana. E’ un panorama quanto mai ampio e fortemente qualificato, quello proposto , intorno al tema dell’“Arte Informale” (passando fra Stati Uniti, Europa e Asia), dalla grande mostra curata da Francesco Poli e ospitata, fino al 14 luglio prossimo, nelle dodici sale espositive del Castello di Miradolo, sede della Fondazione Cosso, promotrice della rassegna. Oltre sessanta sono le opere esposte, fra dipinti, disegni e sculture a firma di una buona quarantina di artisti fra i grandi protagonisti, a livello mondiale, di quell’arte cosiddetta “informale” (il termine fu coniato nel 1951 dal critico francese Michel Tapié per titolare la mostra “Signifiants de l’Informel” alla Galleria “Paul Falchetti” di Parigi) che nasceva nel primi anni deldopoguerra dominando la scena internazionale per tutti gli anni Cinquanta, sulla spinta della volontà di “enfatizzare – annota Francesco Poli – la libera creatività soggettiva e l’intensificazione delle emozioni, attraverso la forza espressiva della materia e l’energia segnica e gestuale”. Questo il dato caratteristico comune a tutti gli “Informali” rappresentati in mostra, cifra di “anarchica tensione creativa, in cui non è assente un’ultima eco dello spirito dell’artista romantico”, pur se in contesti creativi diversificati – a livello geografico concettuale e pur anche individuale (all’interno di similari movimenti) – messi ben in luce in un iter espositivo sapientemente articolato e contraddistinto per spazi tematici. Per quanto riguarda il contesto europeo, in primo piano troviamo i grandi protagonisti della scena parigina, dalle forme estreme e “melmose” di Jean Fautrier al “linguaggio grafico della follia” di Jean Dubuffet, fino alla raffinata gestualità di Georges Mathieu e alle opere tanto dense di spessore materico da sembrare “intonaci impregnati di drammatici colori” realizzati da Antoni Tàpies, affiancati alle nervose striature di Hans Hartung. E poi ancora i lavori di Nicolas De Stael, Bram Van Velde ed Helena Viera da Silva accanto ai più significativi componenti del Gruppo “CoBRA”, quali Asger Jorn con opere di forte ascendenza primitivo-espressionista, accanto al “Nu” di Karel Appel, a Pierre Alechinsky (suo l’intenso “Les yeux bleus” del ’68) e a Reinhoud. Negli States, si parla il linguaggio dell’“Espressionismo Astratto”, ben rappresentato dall’intenso labirinto di colori di Hans Hofmann, così come dalle opere dell’armeno Arshile Gorky o di Mark Tobey (fortemente affascinato dall’arte calligrafica orientale) o ancora di Norman Bluhm, Conrad Marca-Relli e Sam Francis. Di particolare interesse anche il gruppo degli artisti giapponesi, dagli esponenti del Gruppo “Gutai” (“Concreto”) come Sadamasa Motonaga accanto ad altri “battitori liberi” dell’Informale, fra i quali Sofu Teshigahara, presentato anche a Torino da Tapié. Uno sguardo attento e a tutto campo è dedicato ovviamente alla sezione Italia, che comprende tutti i maggiori artisti del movimento, da Lucio Fontana ad Alberto Burri, via via fino a Giuseppe Capogrossi, Emilio Vedova, Giulio Turcato, Mattia Moreni, Ennio Morlotti, Emilio Scanavino, Tancredi e Gastone Novelli. Un focus particolare è infine riservato alla situazione di Torino, già in quel periodo (nel ’59 apriva, fra l’altro, la Galleria Civica d’Arte Moderna) città di punta per l’arte contemporanea. A testimoniarlo, troviamo esposte al Castello di Miradolo opere di Luigi Spazzapan – di prorompente forza materica “La palude (ardente)” del ’57 – accanto all’“Omaggio a Tiffany” del ’62 di Ezio Gribaudo, al libero volo di “Bricolage” di Carol Rama, accompagnato a opere di Albino Galvano, Franco Garelli, Piero Ruggeri, Pinot Gallizio e Mario Merz. Di grande suggestione anche l’inedita installazione sonora che guida passo a passo la mostra – con un mix di brani tratti dalle sperimentazioni musicali di Jean Dubuffet (che non fu, quindi, solo pittore e scultore) e dalle composizioni di Miles Davis e Luciano Berio – pensata ad uopo dal progetto artistico “Avant-dernière pensée”, diretto da Roberto Galimberti.

Gianni Milani

“Informale. Da Burri a Dubuffet, da Jorn a Fontana”
Castello di Miradolo – Fondazione Cosso, via Cardonata 2, San Secondo di Pinerolo (Torino); tel. 0121/502761 o www.fondazionecosso.com
Fino al 14 luglio
Orari: ven. sab. dom. e lun. 10/18,30

Nelle foto

– Karel Appel: “Nu”, olio su tela, 1962
-Pierre Alechinsky: “Les yeux bleus”, acrilico su carta intelata, 1968
– Hans Hofmann: “The Call”, olio su tela, 1958
– Sadamasa Motonaga: “Senza titolo”, olio su tela, 1960
– Luigi Spazzapan: “La palude (ardente)”, olio su masonite, 1957
– Ezio Gribaudo: “Omaggio a Tiffany”, olio su tela, 1962