Automotive, agrifood, aerospaziale e tessile i settori chiave. Dalle tecnologie 4.0
all’intelligenza artificiale le sfide per essere attrattivi, infrastrutture e partenariato pubblico-privato per riavviare la crescita
Tornare a crescere del 3% l’anno, aumentando il Pil regionale di 42 miliardi. Sono questi gli obiettivi che fissa il Piano industriale del Piemonte realizzato da Confindustria Piemontee presentato al Presidente della Regione Alberto Cirio, proseguendo il percorso di confronto e condivisione iniziato a settembre 2020. Un “open plan” da integrare e aggiornare periodicamente, che vuole essere anche uno strumento di lavoro per concordare, in primis, con l’Unione Europea i filoni prioritari di sviluppo e finanziamento.
A cominciare dal Quadro Finanziario Pluriennale 2021-2027 e dal piano Next Generation EU, che potrebbero portare in Piemonte fino a 16 miliardi. Risorse che saranno una leva strategica di sviluppo per l’intera economia regionale. La pandemia ha infatti ridotto di ulteriori 11 miliardi il Pil regionale, su cui già gravava un differenziale di 31 miliardi rispetto alle regioni europee comparabili. Un divario pro capite di 7.136 euro, che nell’ultimo decennio è stato determinato da 3,9 miliardi annui di minori investimenti pubblici legati all’economia. Un deragliamento vero e proprio, che però non si è accompagnato a un calo degli investimenti in edilizia, macchinari e impianti, che sono nella media europea. Ancora migliore la propensione delle imprese all’investimento manifatturiero, che è stato pari al 6,6% del Pil, un valore tra i più alti in Europa, e che colloca il Piemonte al primo posto in Italia.
«La programmazione europea ha sempre avuto un Psr, un Piano di sviluppo rurale, ma non ha mai previsto per i territori un Piano di sviluppo industriale – sottolinea il presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio – La conseguenza è che ognuno di questi settori – agricoltura, industria, artigianato – è rimasto spesso in compartimenti stagni, senza quella interazione reciproca che invece è indispensabile. Per questo il lavoro che Confindustria Piemonte ci ha presentato oggi, un lavoro concreto e ingegneristico, è prezioso. Lo raccogliamo felici che sia il primo passo di un importante momento di concertazione e dialogo che, a partire da giovedì, faremo con tutto il territorio, per definire insieme le priorità che guideranno le politiche economiche nei prossimi 10 anni. Da una parte la nuova programmazione 2021-2027, con l’obiettivo di arrivare a un accordo con tutti gli interlocutori del partenariato economico, sociale e istituzionale entro la fine dell’anno. E dall’altra il Recovery Plan: entro aprile il Governo italiano dovrà trasmettere all’Europa il proprio Piano di investimenti e noi entro marzo manderemo a Roma le nostre linee di indirizzo, che non saranno scritte dentro i palazzi, ma condivise sul campo con i nostri sindaci e i nostri imprenditori che del Piemonte sono l’anima».
«Oggi diamo seguito al percorso di confronto iniziato a settembre, presentando un Piano industriale che mette il treno Piemonte sui binari giusti – commenta il Presidente di Confindustria Piemonte Marco Gay– Serve una visione europea, questa è la direzione che vogliamo. Il ritardo accumulato pesa sulla nostra capacità di competere, di crescere ed essere attrattivi. Nei prossimi anni si può recuperare, partendo dagli investimenti e dalla capacità di sviluppare un partenariato pubblico-privato, che deve essere in grado far crescere l’industria piemontese e attrarre investimenti da fuori, portando le aziende a insediarsi qui, grazie alla grande capacità del territorio di esprimere innovazione».
Per tornare a crescere al 3%, e colmare il gap con il resto d’Europa, il piano in questa prima stesura individua quattro settori verticali: automotive, che occupa 60 mila persone e fattura 20 miliardi escludendo le case costruttrici, e che deve puntare sulla mobilità sostenibile; l’agrifood dove operano 100 mila persone, che deve legarsi anche al turismo e al Bio; l’aerospaziale che impiega 14.800 persone e fattura 4 miliardi, che deve incalzare il progresso tecnologico con nuovi materiali e robotica; il tessile, con ampi margini di espansione nel bio tessile e smart-textile. A questi si aggiungono due ambiti orizzontali di applicazione tecnologica: le tecnologie 4.0 per sviluppare un’industria sempre più sostenibile, e l’intelligenza artificiale, un mercato che cresce del 30% l’anno. Tra le nuove opportunità il piano individua la bioedilizia, dove il Piemonte ha possibilità di creare una nuova filiera.
Gli strumenti operativi per realizzare queste indicazioni sono una progettazione integrata delle partecipazioni pubblico-private all’interno di una revisione della missione di Finpiemonte. Suggerito un maggiore ricorso all’appalto pre-commerciale, il partenariato per l’innovazione e l’appalto di soluzioni innovative. Nel comparto delle infrastrutture il piano ne censisce un gruppo di subito cantierabili per un valore di 7,43 miliardi, infine sul fronte della formazione si auspica una riduzione della dispersione scolastica, e un’implementazione della formazione tecnica superiore. Tutte direttrici che si intrecciano con le richieste fatte dalla Regione al Governo per i fondi Next Generation Eu: circa 8 miliardi per la rivoluzione verde e la transizione economica, 1,7 miliardi per la salute, 1,34 miliardi per istruzione, formazione, ricerca e cultura, 1,22 miliardi per le infrastrutture per la mobilità, 736 milioni per la digitalizzazione, innovazione e competitività del sistema produttivo, 24 milioni per l’equità sociale e territoriale.
Quello di Riba è davvero “un lungo viaggio” nell’impegno sociale e politico, dall’infanzia nei primi anni ‘50 ai nostri giorni, attraverso vicende conosciute e vissute dall’autore dalla vita nella borgata di Caraglio (nel fondovalle cuneese della valle Grana, dove è nato il 31 maggio del 1944, durante l’ultima guerra) alla conoscenza del mondo rurale, dalla trasformazione del territorio montano allo sviluppo economico e alle tante battaglie del movimento operaio e nelle file del Pci. Buona parte del libro è dedicata alla montagna, a quelle “terre alte” che sono sempre state un mondo caro a Lido Riba, occitano per nascita e per cultura: Un mondo ricco di risorse economiche e ambientali un tempo fondamentali per la sopravvivenza di intere popolazioni e oggi una possibilità di sviluppo per il Paese tutta da scoprire. Nelle trecento pagine di questo percorso autobiografico ci sono i viaggi – in Danimarca, Sudamerica, Africa -, le tante battaglie per valorizzare le filiere agroalimentari, quelle vitivinicole e del legno. Ci sono le storie e i volti di amici e compagni che l’hanno accompagnata e spesso condivisa. Molti non ci sono più. Alcuni li ho conosciuti e frequentati come Mario Riu e Osvaldo Giordanino. Con altri ci siamo equamente divisi impegni e lotte per la dignità e il futuro delle comunità di montagna come Alberto Buzio, Enrico Borghi, Bruna Sibille, Giorgio Ferraris, Ugo Boccacci, Marco Bussone, Bruno Mandosso e tanti altri. Talvolta si legge tra le righe un poco di amarezza per quanto era necessario e giusto fare ma le condizioni avverse non l’hanno consentito, forse ritardato, a volte decisamente impedito. La montagna è le sue genti, è il paesaggio agreste e quel grumo di fatiche e lavoro per creare le condizioni minime di una economia magari frugale ma dignitosamente orgogliosa. La politica, quella con la pi maiuscola, quella che ambisce a cambiare l’ordine delle cose è stata a volte matrigna e poco attenta, lasciando il compito a una schiera di appassionati e testardi combattenti che hanno impedito che questi temi finissero dimenticati come analisi storiche e sociologiche in qualche faldone d’archivio destinato a impolverarsi.
amministrativo) di un importante istituto scolastico e poi come funzionario direttivo del Provveditorato agli studi. Il racconto fluisce agevolmente, mescolando piacevolmente i momenti di vita personale e famigliare e le tante vite vissute dell’autore: militante politico, sindacalista del mondo contadino, segretario della Federazione del PCI cuneese e dirigente politico del PDS e dei DS a livello piemontese. “Il partito, oggi, non è più quello rievocato in molti capitoli del libro, ma merita di essere ricordato come parte importante e viva della storia della provincia cuneese e del Piemonte”, confessa lui stesso. Ed è proprio così. La democrazia non si nutre di nostalgia, ma deve sempre trovare alimento nella capacità di offrire soluzioni all’esistenza delle persone. Ma non vi è dubbio che quella comunità politica rappresentò un’esperienza importante e non solo per Lido Riba. Nella passione politica si riversavano traguardi percepiti come realistici ed era qualcosa che contava moltissimo. C’era il fuoco del conflitto, delle idee, dell’appartenenza ad un campo. Non si indulge, giustamente, in nostalgia nelle pagine del libro di Lido. Non sarebbe il caso e non è nella personalità dell’autore.