ECONOMIA- Pagina 345

Monopattini e bici elettriche: per più di 1 torinese su 2 il futuro è l’uso “ibrido” con l’auto

Bici tradizionali, bici elettriche, monopattini e tanto altro. La mobilità dolce piace, e in misura crescente, agli abitanti di Torino. Guardando al prossimo futuro, infatti, più di uno su due (54%) pensa a un uso il più possibile ibrido con l’auto, alternando i due mezzi a seconda delle necessità e occasioni.

Lo evidenzia la ricerca dell’Osservatorio Sara Assicurazioni, la compagnia assicuratrice ufficiale dell’ACI.

Ambiente prima del portafoglio. Ma che cosa rende così speciali questi mezzi? L’aspetto più apprezzato è la sostenibilità (50%), segno di una crescente consapevolezza che spinge i torinesi a voler ridurre l’impatto ambientale negli spostamenti. Sostenibilità che viene prima delle chance di risparmio (26%) e persino della comodità e praticità di utilizzo (18%).

Tra i vantaggi green, a essere apprezzato è il taglio dei consumi (78%), insieme al miglioramento del contesto urbano con la riduzione del traffico (26%) e, per una quota analoga (26%), dell’inquinamento acustico. Ma c’è anche chi indica tra i vantaggi la possibilità di condurre stili di vita sostenibili e di fare attività fisica (18%).

E-bike e gadget al top. Il mezzo preferito sembra la bicicletta a pedalata assistita (40%), davanti ai monopattini elettrici (18%), mentre hanno al momento più strada da fare overboard e i monoruota (2%). Insieme a questi cresce la voglia di gadget: quasi un torinese su due (44%), infatti, si dice interessato all’acquisto di accessori per personalizzarli, a cominciare dai dispositivi per aumentarne la sicurezza, come frecce segnaletiche, specchietti e antifurti, fino a quelli più tecnologici, come le batterie di scorta, senza trascurare ganci e borse per trasportare oggetti.

Sicurezza al centro. A fronte di indubbi vantaggi però, le criticità non mancano, a cominciare dal tema della sicurezza. Qui a destare preoccupazione sono soprattutto i comportamenti pericolosi come circolare fuori dai percorsi dedicati, e in particolare sui marciapiedi, o trasportare passeggeri (50%), il mancato uso di elementi come casco e luci (34%) e le distrazioni (16%).

 

Tra i rischi più temuti, i danni arrecati agli altri utenti della strada e a beni come le auto parcheggiate (68%), gli infortuni (62%), nonché noie e spese legali in caso di sinistro (18%).

Per questo motivo, più di un torinese su due (58%) ritiene utile una polizza assicurativa che possa offrire coperture per responsabilità civile, danni di vario tipo, assistenza, e tutele anche per lo sharing. E quasi una quota analoga (56%) ritiene importante una maggiore educazione stradale per stimolare comportamenti più responsabili.

Con la ricerca del nostro Osservatorio abbiamo voluto tracciare un quadro di come sia percepita la nuova mobilità dolce, dei vantaggi che offre ma anche dei rischi e delle preoccupazioni che possono riguardare tutti gli utenti della strada – commenta Marco Brachini, Direttore Marketing, Brand e Customer Relationship di Sara Assicurazioni – Tra i dati salienti, il tema della sicurezza e la consapevolezza dell’importanza di tutele specifiche. Per rispondere alle nuove esigenze di sicurezza, Sara Assicurazioni offre soluzioni all’avanguardia dedicate ai mezzi elettrici, allo sharing, al noleggio a breve termine e al trasporto pubblico, che mettono al riparo dai rischi specifici.”

 

*Indagine CAWI condotta dall’istituto di ricerca Nextplora su di un campione rappresentativo della popolazione italiana per quote d’età, genere ed area geografica.

 

Francobolli fantasma a “valore variabile”

Sono in banca per versare 500 euro sul mio conto corrente, contento che un amico mi abbia rimborsato un vecchio prestito che non speravo più di incassare.

Dopo il travestimento da bandito con la maschera e dopo il rituale lavacro delle mani faccio la mia mezz’oretta di coda e finalmente arrivo allo sportello consegnando biglietti di vario colore al cassiere che mi guarda smarrito e mi chiede: “Questi biglietti da quanti euro sono?”.

Eh già, è successo che qualche intelligentone del Ministero dell’economia ha inventato le banconote senza indicazione di valore, creando biglietti colorati con immagini più o meno belle. E succede che l’impiegato di banca non sappia distinguere tra un foglietto azzurro (valore 20 euro, ma non c’è scritto) ed uno verde (valore 100 euro, ma non c’è scritto).

Per fortuna è un incubo e mi risveglio tutto sudato…

Pazienza, non ho incassato il credito (e chissà quando lo incasserò), ma almeno vivo tranquillo; do un’occhiata al portafoglio, tutto a posto, i biglietti hanno stampato ben grosso il valore.

Perbacco, sono le 12,30, devo spedire la raccomandata all’amministratore del condominio della casa al mare per pagare le spese (sono della vecchia guardia, non mi fido di Internet e delle sue diavolerie via cloud e cose simili). Cerco nel cassetto e trovo due francobolli, li incollo sulla busta e corro alla Posta.

Mi maschero da bandito, faccio il rituale lavacro, mi metto in coda e finalmente approdo allo sportello consegnando la busta preaffrancata. L’impiegato mi guarda smarrito e mi chiede: “Questi francobolli da quanto sono?”.

Mi pizzico la mano per capire se è un nuovo incubo, ma sono ben sveglio.

Controllo i due foglietti sulla busta e noto che non hanno il valore prestampato.

Ma allora è vero che esiste qualche intelligentone (o buontempone? Oppure semplicemente cretino?) che ha eliminato l’indicazione del valore sui francobolli! Ed è anche vero che nessuno si è premurato di avvisare il personale che deve imparare a riconoscere i fogliettini colorati per capire quanto valgono.

Panico, corsa dal direttore per avere indicazioni, senza esito, non ne sa nulla neppure lui; telefonata ad un collega di altro ufficio per avere notizie, senza esito, non ne sa nulla di quell’emissione.

Per finire, l’idea sublime: foto del francobollo col telefonino e spedizione via WatsApp alla sede di Roma chiedendo lumi; anche in questo caso nessuna risposta.

Alla fine, soluzione all’italiana: “Vabbè, facciamo che valgano 1,20, applico la differenza”.

Capito signor Genio delle Poste come finisce la sua straordinaria invenzione del francobollo privo di valore che salva l’umanità? L’affrancatura avviene “a occhio”, tanto chi se ne accorge se è insufficiente o eccessiva?

La busta parte finalmente; speriamo che arrivi all’amministratore…

La realtà è peggio del peggior incubo notturno!

 

Gianluigi De Marchi

L’agroalimentare via radio a #parlaconme

Una nuova trasmissione condotta da Simona Riccio, su Radio Vida Network, pone al centro dell’attenzione il settore 

 

L’agricoltura è  sempre più  al centro dell’attenzione dei media e della radio,  come dimostra il nuovo palinsesto dal titolo  “#PARLACONME”, condotto da Simona Riccio sulla web radio piemontese Radio Vida Network.

L’iniziativa, che pone il settore agroalimentare al centro delle trasmissioni, che saranno live il pomeriggio dalle 18 alle 19, con possibilità di collegamento telefonico, segue il successo ed i positivi indici di ascolto ottenuti dallo stesso palinsesto nel corso dell’Edizione 2020 speciale e diffusa della Fiera del Peperone di Carmagnola.

“Questa iniziativa –  spiega la conduttrice Simona Riccio –  vuol dare voce a tutti i soggetti appartenenti alla filiera agroalimentare, dando loro la possibilità di raccontare la propria storia ed esperienza, le proprie criticità ma, soprattutto, le numerose opportunità che si dimostrano capaci di cogliere, creando quella sinergia in grado di rendere il settore agroalimentare trainante per l’economia italiana e tale da costituire un’eccellenza a livello internazionale”.

“Mai come quest’anno – aggiunge Simona Riccio – proprio la filiera agroalimentare è stata in grado di garantire tutta la popolazione italiana un servizio essenziale e continuativo. Questa costituisce  una sua peculiarità, non soltanto in questi tempi di Covid e di lockdown, ma anche di normalità.  Per questo motivo risulta fondamentale concentrare la propria attenzione sulla filiera agroalimentare e sul ruolo strategico del settore agricolo, capace, altresì, di valorizzare l’identità della cultura materiale del nostro Paese”.

La partecipazione alla trasmissione è gratuita e chi desideri prendere parte al palinsesto può scrivere, come anche gli eventuali sponsor, alla mail: simonariccio72@gmail.com,  con oggetto #PARLACONME

Mara Martellotta

www.simonariccio.it

Un patrimonio digitale da trasmettere agli eredi

Un modo più consapevole di utilizzare il proprio patrimonio digitale e di trasmetterlo agli eredi, attraverso eLegacy

 

Oggi il digitale è entrato più che mai in modo prepotente nella vita delle persone, a partire dall’uso spesso quotidiano dei social network fino all’archiviazione delle fotografie, dall’uso delle criptovalute ai documenti immobiliari e alle utilities.

Questa tendenza ha reso di sempre più fondamentale importanza la gestione del digitale di cosiddetta ‘seconda generazione’, vale a dire post mortem del titolare di questo patrimonio. Le decisioni da parte degli eredi, al momento del decesso del titolare, determinano il mantenimento o meno del rapporto e, quindi, dei dati presenti sulla piattaforma. La gestione del digitale post mortem risulta anche di primaria importanza per i consulenti, per soddisfare i bisogni crescenti da parte dei loro attuali clienti, ma anche dei loro eredi.

“A Torino – spiega Alberto Trivero, ingegnere informatico torinese responsabile del progetto – eLegacy, è una realtà nata nel 2018 e rappresenta in Italia la prima soluzione valida dal punto di vista legale per tutelare e regolamentare l’eredità in campo digitale. Il cliente, infatti, può ottenere l’inventario dei suoi servizi online, dall’account cloud e social ai conti online, fino ai bitcoin. Tutto ciò  avviene in automatico attraverso l’analisi dei mittenti nella sua casella di posta oppure importando il tutto da un password manager. La persona interessata deve semplicemente identificare che cosa voglia che venga gestito e trasmesso agli eredi e agli altri destinatari ed indicare ciò che eLegacy dovrà, invece, cancellare, quando lui stesso sarà scomparso. Il passaggio successivo sarà rappresentato dalla definizione di coloro i quali saranno i destinatari della sua eredità digitale. eLegacy si occuperà di trasmettere loro le informazioni indicate dal soggetto che le ha conferito l’incarico”.

“Il primo passo – spiega l’ingegner Alberto Trivero – sarà quello di identificare le tracce digitali del cliente, quali iscrizioni a siti web, newsletter e applicazioni, scoprendo la consistenza del proprio patrimonio digitale. Quindi si procede ad un suo ordinamento, eliminando le iscrizioni che si ritengono inutili ed identificando, invece, quelle che abbiano un valore emotivo o economico.  Questo rappresenta il passaggio fondamentale per predisporre la propria eredità digitale, indicando, quindi, i nomi delle persone a cui si desidera trasmettere il proprio patrimonio digitale, lasciando a eLegacy il compito di cancellare tutto il superfluo. Attraverso il mandato rilasciato a eLegacy sarà possibile proteggere il proprio patrimonio digitale, utilizzandolo in modo più consapevole”.

“Attraverso una maggiore consapevolezza nell’uso del proprio patrimonio digitale – conclude l’ingegner Trivero – l’utente potrà esercitare i propri diritti digitali e scoprirne di nuovi,  riprendendo anche pieno possesso dei propri dati, secondo le disposizioni del GDPR, potendo anche esercitare, nel caso lo desideri, il diritto all’oblio”.

Mara Martellotta

Nicoletta Cardillo nel direttivo Unoe

La piemontese Nicoletta Cardillo (amministratore di D&N Eventi Srl di Casale Monferrato) nel direttivo di Unoe – Unione nazionale organizzatori eventi

Nicoletta Cardillo,titolare della D&N marketing s.r.l. e socio amministratore della società D&N Eventi Srl di Casale Monferrato (insieme ad altre due socie imprenditrici) è stata eletta in rappresentanza del Piemonte nel direttivo dell’Associazione di Categoria U.N.O.E. -Unione nazionale organizzatori eventi,da parte dell’assemblea che si è svolta a Roma e che ha a sua volta eletto Presidente, il romano Alessandro Pollak .

Unoe è un’associazione di categoria che annovera nelle sue file i più noti organizzatori di eventi tematici, enogastronomici, concerti, spettacoli, fiere e mercatini. La D&N Eventi è l’organizzatrice della Mostra regionale di San Giuseppe, uno dei maggiori eventi piemontesi sul territorio.

Unoe unisce e compatta esperienze decennali di tanti operatori e pone tra i suoi obiettivi il dialogo costruttivo tra loro e le istituzioni.

Spiega Nicoletta Cardillo :

U.N.O.E. Sorta durante il periodo del lockdown si é rafforzata più che mai negli ultimi mesi, operando al suo interno una grande cernita che ha prodotto come risultato odierno, tra gli associati, una affinata scrematura e la presenza tra le sue fila, di operatori del settore tra i più determinati del Nord Centro e Sud Italia, Isole comprese.

Gli obbiettivi di U.N.O.E. sono numerosi ma tra i più importanti spicca sicuramente la salvaguardia di questa categoria lavorativa importante per l’economia Italiana e che troppe volte dall’inizio della pandemia globale è stata trascurata e abbandonata a se stessa!

Altra Mission importantissima di U.N.O.E. è quella di confrontarsi al più presto con le Istituzioni per affrontare svariate tematiche di carattere legislativo, tra cui la sicurezza degli Eventi e le linee guida anti-covid.

Il Presidente e tutti i componenti del Direttivo si sono subito attivati per dare il proprio contributo a seconda del ruolo che gli è stato conferito.

In occasione del DPCM emanato il 18/10/2020 per la categoria Fiere ed Eventi, sono state emanate disposizioni poco comprensibili,unica nota positiva è il consenso chiaramente espresso per le Manifestazioni Fieristiche di carattere Nazionale e Internazionale mentre restano bloccate solo le Fiere Locali e le Sagre.

U.N.O.E. si è attivata per riuscire a fare chiarezza e in tempi brevi verrà pubblicato il Comunicato Stampa Ufficiale con le dichiarazioni del Presidente Alessandro Pollak e dei due Vc. Presidenti, Alessia Littarru e Carla Marivo.

Georges Mikhael, parola d’ordine: locale e globale

Locale e globale. E’ la parola d’ordine delle nuove sfide di Georges Mikhael, l’imprenditore di origine libanese ma piemontese nel cuore che ha scelto Torino come capitale delle sue aziende.

 

Mikhael non è nuovo al gusto dell’avventura imprenditoriale. Anni fa ha strappato al fallimento la Defendini, marchio storico sotto la Mole, che ha rilanciato al punto di farne un protagonista della logistica e insieme ha firmato il progetto del grande e ipertecnologico elettrodotto tra Francia e Italia attraverso la ValSusa capace di contribuire a abbattere il rischio di black out a cavallo delle Alpi. Oggi è pronto per una nuova impresa.

Mikhael ci vuole spiegare il senso della sua nuova parola d’ordine <be local to be global>?

Dietro lo slogan si nasconde una grande ambizione: far diventare i prodotti del territorio protagonisti del mercato globale. E’ una filosofia che credo rivoluzionerà il mercato e per una volta non partirà dai grandi operatori ma dalle piccole realtà territoriali. Per dare corpo e anima al progetto utilizzereremo una società che si chiama Sum (servizi ultimo miglio) che ho fondato nel 2017 per fare delivery dei principali operatori di e commerce.

E come trasformerà Sum?

Dopo 4 anni di attività caratterizzata da una grande perfomance operativa che ci ha visto crescere fino a consegnare 250mila pacchi a settimana grazie a 500 dipendenti io e i miei manager ci siamo resi conto che dovevamo cambiare strada e liberarci gradualmente dell’abbraccio a volte soffocante dei grandi nomi dell’E commerce che sono per loro stessa natura poco o per nulla sensibili alla realtà socio-economica nella quale operano. La nostra riflessione ci ha portato ad allontanarci oggi in modo definitivo dalla gestione fisica delle nostre attività per concentrarci sulla gestione digitale di reti e uomini lanciando varie piattaforme dedicate ai prodotti piemontesi e di quartiere che avranno la caratteristica di rivolgersi a due tipi di cliente, quello che per comodità lessicale viene definito consumatore ed acquista varie tipologie di beni e un altro e non meno importante cliente che è produttore di beni.

Insomma avete deciso di cambiare mestiere?

Penso che non si tratti tanto di cambiare radicalmente mestiere come potrebbe accadere a chi ha sempre fatto il panettiere e poi diventa idraulico. Nel nostro caso direi che si tratta di un’importante evoluzione che ci permetterà di migliorare le prestazioni aziendali che si arricchiranno non solo dal punto di vista meramente economico ma anche sotto il profilo sociale, culturale e di valorizzazione del nostro patrimonio umano. E poi c’è una seconda e importantissima novità.

Di cosa si tratta?

I nostri clienti non saranno solo clienti, ma diventeranno anche nostri partner commerciali realizzando così una simbiosi aziendali dai significativi aspetti sociali che sarà la vera rivoluzione passando dal <anyting everywere> e cioè qualsiasi cosa ovunque , che la ragion d’essere dei grandi players del commercio on line, a <be local to be global> che è l’essenza della nostra filosofia.

Volete far conquistare il mondo alle piccole produzioni?

Esatto. Abbiato iniziato con l’enogastronomia, ormai il vero fiore all’occhiello del Piemonte, ma non intendiamo limitarci solo a quello. Il nostro obiettivo è di proporre ai nostri clienti anche servizi e comodities nel settore energetico e non solo puntando sulle energie alternative e rinnovabili per fare del nostro brand un grande amico dell’ambiente e della qualità di vita. Abbiamo l’ambizione di diventare non solo un grande marchio ma anche uno stile imprenditoriale fortemente impegnato nel sociale e nel favorire lo sviluppo delle comunità nelle quali operiamo. Un abisso ci separa dalle multinazionali dell’e commerce che agiscono nelle economie locali senza valorizzarle e non a caso sono paragonate agli scorpioni che ti usano per attraversare il fiume e quando non servi più ti uccidono>.

In corso Galileo Ferraris l’hub urbano di Banca Sella

L’immobile di proprietà di Banca Sella di corso Galileo Ferraris 32 con il progetto dello studio Carlo Ratti associati si trasformerà in un hub urbano: un luogo di lavoro aperto alla città, con l’affiancamento di funzioni private a funzioni aperte al pubblico, sul modello dell’Open innovation center.

Il Consiglio comunale ha approvato (trenta voti favorevoli, quattro astenuti) la proposta di intervento di ristrutturazione dello stabile suddiviso in tre blocchi edilizi che prevede il recupero di quasi quattrocento mq con l’eliminazione di incongruenze formali (rimozione balconi e terrazze, ridefinizione di alcune finestre, ripristino di finiture esterne dei volumi esistenti).

L’attuale S.l.p. è di 2.400 mq e con la soluzione progettuale si prevede una nuova S.l.p. complessiva di circa 2.800 mq; l’intervento avviene in applicazione della Legge regionale 16/2018 e non costituisce una variante al P.R.G.

Il fabbricato in oggetto costruito nel 1950 ha cambiato nel corso del tempo molte destinazioni (è stato anche sede della Juventus fino a non molti anni fa) e si appresta a trasformarsi in un incubatore dell’istituto bancario aperto al coworking con una nuova caffetteria pubblica al piano terra.

L’ingresso all’edificio è rifinito in corrispondenza del corpo centrale ampliando il marciapiede e creando una gradonata di accesso che scende verso il piano un tempo seminterrato. Nascerà anche un nuovo spazio pubblico all’angolo tra corso Galileo Ferraris e corso Stati Uniti grazie alla rimozione della recinzione verso sud; si ricaverà una nuova area verde sinora privata.

Come hanno spiegato i responsabili di Banca Sella che hanno presentato il progetto in Commissione Urbanistica la scorsa settimana saranno chiusi i balconi e le terrazze a uso residenziale del blocco centrale e trasformati in vetrate; “stiamo immaginando uffici post Covid – hanno evidenziato – con un maggior ricambio d’aria garantito dalla presenza delle ampie vetrate”.

Commercio: quando arrivano le risorse?

«Il governo chiarisca come e in quale forma ma soprattutto quando, metterà in campo misure di sostegno economiche per gli operatori economici su area pubblica, i quali stante le misure di contenimento del Covid-19 rischiano di chiudere nei prossimi mesi».

Così in un appello al Premier Giuseppe Conte e al Ministro delle Attività Produttive Stefano Patuanelli, l’Assessore al Commercio della Regione Piemonte Vittoria Poggio chiede una nota di accompagnamento al Decreto sulle nuove limitazioni che chiariscano i tempi e le modalità di erogazione di fondi destinati al settore del Commercio.

«La Regione – sottolinea l’Assessore – nei mesi scorsi ha stanziato più di 131 milioni a fondo perduto per migliaia di imprese piemontesi limitate nelle loro attività. Abbiamo fatto la nostra parte, ma adesso chiediamo che il Governo faccia la propria specificando quando e in quali modalità sarà sostenuto il comparto che ha patito più di altri le conseguenze provocate dalla pandemia».

Il Green Deal europeo rischia di essere compromesso dalla Politica agricola comune

Disastroso accordo tra le maggiori forze politiche del Parlamento Ue sulla riforma della Pac in palese contrasto con gli obiettivi delle Strategie europee Farm to Fork e Biodiversità 2030.

Una resa incondizionata alle grandi lobby dell’agricoltura industriale

 

Riceviamo e pubblichiamo / Le maggiori forze politiche europee sono giunte la settimana scorsa a un accordo sul voto sulla Pac che, se avrà la meglio al Parlamento europeo nel voto in plenaria con inizio previsto per il 21 ottobre, determinerà conseguenze disastrose per la salvaguardia della biodiversità, la natura e la lotta ai cambiamenti climatici. Il voto cadrà nella stessa settimana del cruciale incontro del Consiglio dei Ministri europei per l’agricoltura, il cui contributo per una Pac ambiziosa dal punto di vista ambientale sarà fondamentale, anche se per il momento i governi nazionali sembrano determinati nel voler puntare basso su questo aspetto.

 

L’accordo, sottoscritto dai tre maggiori gruppi politici europei, il Partito popolare europeo (Ppe), i Socialisti e Democratici (S&D) e Renew Europe (Liberali), sulla prossima Politica agricola comune risulta essere molto negativo per l’ambiente e rischia di vanificare gli sforzi ambientali della nuova Commissione europea. Lo denunciano a gran voce i principali rappresentanti della società civile e delle ong ambientaliste in tutta Europa: il Parlamento europeo rischia di arrestare e boicottare il processo del Green Deal europeo e i suoi obiettivi contenuti nelle recenti Strategie approvate pochi mesi fa, quelle sulla Biodiversità 2030 e la Farm to Fork.

 

Tra le proposte più dannose concordate da Ppe, S&D e Renew Europe quelle di non allocare un budget specifico per la protezione della biodiversità sui terreni delle aziende agricole – attraverso la creazione di stagni, siepi e piccole zone umide, come prevede la Strategia Ue Biodiversità 2030 e di rimuovere l’obbligo di almeno il 10% dei terreni agricoli dedicati alla biodiversità. Questi elementi sarebbero necessari e fondamentali per salvare le numerose specie a rischio di estinzione in tutta Europa. Altro elemento sconcertante dell’accordo è l’intenzione di rimuovere il divieto di arare e convertire i prati permanenti nei siti Natura 2000, che sono aree protette di interesse pubblico e che dovrebbero rimanere tutelate per il bene delle persone, degli animali e dell’ambiente.

 

Queste proposte, unitamente ad altre gravissime, potrebbero già significare la fine dell’ambizioso Green Deal dell’Ue, che ha disperatamente bisogno di una riforma radicale della Pac per avere successo.

 

Questo accordo potrebbe essere devastante in quanto propone di dirottare risorse verso pratiche “ambientali” che solo le grandi aziende potrebbero permettersi e i cui benefici ambientali sono discutibili, come l’agricoltura di precisione. Questo tipo di greenwashing finanziato con fondi europei potrebbe ostacolare seriamente le aziende agricole dedite all’agricoltura biologica e all’agroecologia.

 

«Questa proposta – afferma Marta Messa, direttrice di Slow Food Europa e a capo dell’ufficio Slow Food di Bruxelles – è una dichiarazione di resa all’agricoltura intensiva e a uno status quo che favorisce pochi e manca di sostenere tutti quei produttori che quotidianamente, attraverso pratiche agro ecologiche, producono cibo e salvaguardano l’ambiente. Ci appelliamo ai membri del Parlamento europeo, perché mantengano le promesse fatte ai cittadini europei alle elezioni 2019: un maggiore e concreto impegno nella lotta al cambiamento climatico e alla difesa della biodiversità. E ci appelliamo anche ai cittadini europei, perchè siano vigili e partecipi dei processi che determinano il futuro del nostro cibo, del nostro pianeta e del nostro futuro».

 

Attualmente, oltre il 35% del budget totale dell’Unione Europea, pari a circa 60 miliardi di euro versato dai contribuenti dell’Ue vengono spesi ogni anno per i sussidi della Pac, che per lo più finanziano l’agricoltura intensiva e industriale. Questo modello produttivo è tra le principali cause di perdita di biodiversità, d’inquinamento dell’acqua e dell’aria, e del cambiamento climatico.

 

Numerosi studi e oltre 3600 scienziati sostengono che l’agricoltura intensiva sta spingendo molte specie verso l’estinzione. Dal 1980, l’Ue ha perso il 57% dei suoi uccelli, degli ambienti agricoli, così come farfalle, api e altri impollinatori, anch’essi in grave declino.

 

Proteggere la natura significa anche proteggere tutti quegli agricoltori impegnati in una seria transizione agro-ecologica. I cittadini lo stanno chiedendo a gran voce in tutta Europa, organizzando dibattiti, manifestazioni, azioni online come parte della campagna Good Food Good Farming: i politici non possono continuare a ignorarli ascoltando solo le sirene dell’agroindustria.

Edilizia: la crisi non è passata, c’è qualche timido segnale di ripresa

Per il Presidente  Del Collegio Costruttori di Torino Antonio Mattio la crisi non è passata anche se c’è qualche timido segnale di ripresa; l’emergenza sanitaria ha reso tutto molto più complesso, oltre ad aver azzerato i timidi segnali di rilancio del settore che si erano riscontrati.

Durante il lockdown, la pandemia ha avuto un fortissimo impatto: nel mese di aprile sono rimasti aperti circa un quinto dei cantieri privati e il 38% di quelli pubblici, mentre a maggio l’edilizia è stato uno dei primi settori a ripartire.

Sul fronte del mercato immobiliare, nel primo semestre2020 le transazioni di edilizia residenziale a Torino si sono naturalmente ridotte del 27,5 % rispetto allo stesso periodo del 2019, riflettendo principalmente le difficoltà di svolgimento delle contrattazioni nel periodo del lockdown; dal mese di giugno, si nota una forte ripresa di interesse da parte del mercato per il “bene casa”, che ci auguriamo si possa concretizzare in futuro, pur con tutte le incertezze che permangono.

Per quanto riguarda le opere pubbliche l’andamento del 2019 è stato azzerato, se si pensa che al 31 luglio 2020 si era a -50% rispetto allo stesso periodo del 2019. Negli ultimi due mesi si è invece registrata una lieve ripresa, con un aumento tendenziale degli investimenti del 10%.

Ad aggravare il decremento degli investimenti anche l’eccessiva burocratizzazione e i tempi biblici a monte delle gare, vera causa dei ritardi nelle opere pubbliche commenta il Presidente del Collegio Costruttori Edili Antonio Mattio. Ad esempio ci sono oltre 100 milioni di euro in stallo destinati al Piemonte, di cui 45 milioni per la sola provincia di Torino, per potenziare i reparti del sistema ospedaliero. E’ in corso un rimpallo di responsabilità tra le istituzioni competenti che nemmeno il decreto “semplificazioni”, ora convertito in legge, è riuscito a risolvere. E’ auspicabile che analoghi ritardi non si ripetano per i quasi 54 milioni che stanno arrivando in Piemonte per l’edilizia scolastica, dei quali la metà per Torino”.

A livello legislativo il decreto semplificazioni” ha creato il fenomeno degli appalti “sommersi” ossia delle procedure negoziate, oggi consentite addirittura fino a 5,3 milioni di euro, che non garantiscono trasparenza e concorrenza.

Inoltre, lo “smart working” ancora diffuso nelle Pubbliche Amministrazioni ha rallentato e sta rallentando fortemente le procedure amministrative e quelle decisionali.

Ma una ripresa è possibile e se ne scorgono i primi segnalidichiara Mattio, Assistiamo oggi da un lato a un incremento di attività necessarie a recuperare il ritardo dovuto al blocco dei cantieri, dall’altro al delinearsi di una domanda futura dalle caratteristiche ancora incerte. Sul primo fronte il dato è confermato dal recupero registrato dalla Cassa Edile: le ore lavorate registrate nel periodo gennaio-agosto 2020 mostrano complessivamente una flessione del 16% rispetto al pari periodo 2019; il trimestre giugno-agosto 2020 riporta un andamento positivo del +3% rispetto al trimestre giugno-agosto 2019 e, ad agosto, la cassa integrazione si è dimezzata rispetto al mese precedente.  Infine, si registra un aumento di richiesta di operai dotati di specifiche professionalità (escavatoristi, gruisti) e di figure tecniche di coordinamento.Un’occasione di decollo della domandaè rappresentata dall’ecobonus continua Mattio, di fronte alla quale dobbiamo attrezzarci per essere in grado di offrire dei servizi integrati, dalla progettazione alla cessione del credito. D’altra parte però la complicazione normativa e, soprattutto, la durata limitata, sono fonte di incertezza; l’elevata domanda potenziale, costretta ad esprimersi in tempi troppo brevi, potrebbe generare inflazione per tutta la filiera invece che aumentare la produzione, per questo sarebbe importante estendere la durata del provvedimento almeno fino al 2023.

Ma i processi di rigenerazione urbana, richiesti dal cambiamento dei modi di vita e di lavoro, non solo a causa della pandemia, vanno ben al di là delle sole riqualificazionisismica ed energetica e “Su questo temaspiega il Presidente dei Costruttori Torinesi, il cosiddetto Decreto semplificazioni non è risolutivo; occorre una normativa di più ampio respiro che da tempo si attende”.

E’ probabile che nei prossimi 6 anni il Recovery Fund porti in Piemonte tra 8 e 9 miliardi di euro; i Costruttori auspicano anche un buon utilizzo del MES e dei fondi strutturali, cheporterebbero la somma complessiva a oltre 13 miliardi.

Occorreconclude Mattio, dare impulso alle operepubbliche sia ordinarie, sia di rilevanza strategica: dalprolungamento verso Rivoli della metropolitana alla Torino-Lione, alla Città della Salute alla seconda linea della metropolitana, con un’accelerazione delle opere già cantierate o di prossimo cantieramento. Teniamo conto che al netto delle procedure negoziate, il Comune di Torino ha appaltato, dal 1° gennaio al 30 settembre, procedure aperte per meno di 10 milioni di euro di lavori. Consideriamo emergenza nazionale e, conseguentemente territoriale, la mancata manutenzione di opere ed infrastrutture, sia ordinaria che straordinaria. E’ necessario un deciso investimento in manutenzione, che non solo rappresenta un dovere di tutela del patrimonio, ma che renderà il territorio più produttivo, più attraente per gli investimenti privati, e anche più sicuro, un’esigenza quanto mai urgente, anche alla luce dei recenti avvenimenti.