è giunto il momento di ripartire davvero. A livello politico con la riscoperta e la riproposizione di una "politica di centro" e di una "cultura di centro"

Verona, gli opposti estremismi e la Dc

Sin da ragazzo, dai corsi di formazione alla politica guidati dai “maestri” della sinistra Dc e da autentici cattolici democratici e popolari – nel mio caso da Carlo Donat-Cattin a Sandro Fontana, da Guido Bodrato a Luigi Granelli – ho imparato sostanzialmente 2 cose, tra le molte che si potrebbero citare quando si parlava di fede e politica e del rapporto tra i cattolici e la politica. Innanzitutto la fede, quando diventa un fatto pubblico, non può mai trasformarsi in un randello da scagliare contro l’avversario. Perché altrimenti si corre il rischio, peraltro concreto, che proprio la fede diventa intolleranza, fondamentalismo e integralismo. In secondo luogo la fede di una persona o di un gruppo di persone che si riconoscono in un movimento politico o partitico, non può mai essere strumentalizzata e piegata per un fine di mero consenso elettorale. Se in un passato lontano, o meno lontano, è stata utilizzata per questo fine non è una buona ragione per consolidare quella deriva e quella degenerazione. Ora, per fermarsi al convegno di Verona sulla famiglia al centro di violente e sgangherate polemiche, noi abbiamo assistito non solo a quei due rischi che denunciavo all’inizio ma anche alla riproposizione, attorno ad un tema etico, religioso, culturale e politico così delicato e così complesso, del ritorno degli “opposti estremismi”. Opposti estremismi che è stato talmente semplice verificare e toccare con mano al punto che erano anni, se non decenni, che non assistevamo più a queste contrapposizioni frontali e persin violente, appunto. Un cliché che, purtroppo, ha accompagnato lo sviluppo e la crescita della stessa democrazia nel nostro paese dove una destra clericale e integralista si contrapponeva spesso ad una sinistra laicista, libertaria con profonde venature anticattoliche e senza esclusione di colpi. Una delegittimazione reciproca dove il tutto veniva sacrificato sull’altare di una incomunicabilità preconcetta e pregiudiziale. Però, e qui c’è la profonda differenza tra ieri e oggi, si registra purtroppo l’assenza – e lo dico senza alcuna tentazione nostalgica – di un movimento/partito capace di declinare sino in fondo la laicità dell’azione politica, di manifestare pubblicamente la propria ispirazione cristiana senza derive clericali o confessionali, e Infine di saper dispiegare un progetto politico senza alcuna ipoteca integralistica. Insomma, manca un partito come la Democrazia Cristiana, o il più striminzito Partito Popolare di Martinazzoli capaci di battere gli “opposti estremismi” attraverso la politica, la laicità dell’azione politica, la cultura della mediazione, il riconoscimento del pluralismo e la predisposizione a comprendere le ragioni dell’avversario senza puntare al solo annientamento del “nemico”. La scomparsa di questi elementi discriminanti per una vera cultura democratica segnano anche il ritorno della destra contrapposta alla sinistra, degli integralisti contrapposti ai laicisti e della fretta a demolire e a distruggere gli avversari piuttosto che privilegiare il confronto e il dialogo. Ora, è inutile rimpiangere un passato che non ritorna più. Semmai, e al contrario, la responsabilità di questa regressione democratica e di questa caduta della qualità della democrazia italiana, è solo ed esclusivamente di quei cattolici democratici popolari – cioè di chi è stato educato con quella cultura e con quello stile – che hanno sistematicamente abdicato alla propria “mission” e anche al proprio dovere di democratici e di cristiani. Anche dal convegno di Verona e dalle roventi polemiche che l’hanno accompagnato, dunque, arriva un messaggio preciso e quasi perentorio. Forse è giunto il momento di ripartire davvero. A livello politico con la riscoperta e la riproposizione di una “politica di centro” e di una “cultura di centro”; a livello culturale con la riattualizzazione del pensiero cattolico democratico e popolare e a livello personale con il recupero di uno “stile” che ha caratterizzato il comportamento e il modo d’essere dei grandi statisti e leader democristiani quando si affrontavano temi delicati e difficili come quelli che in questi giorni sono stati al centro di mille polemiche e di radicali contrapposizioni.
Giorgio Merlo