Presentazione degli atti del convegno internazionale di studi sul restauro del capolavoro barocco
Venerdì 23 settembre alle ore 17, nel Salone delle Guardie Svizzere di Palazzo Reale è stato presentato il volume La Cappella della Sindone. Tra storia e restauro, che raccoglie il patrimonio di conoscenze emerse nel corso del restauro della Cappella progettata da Guarino Guarini, a seguito del disastroso incendio del 1997.
19 autori e 284 pagine con illustrazioni restituiscono gli studi e le attività che, per oltre vent’anni, hanno visto impegnati i migliori esperti di diverse discipline. Questo traguardo è stato accompagnato nel 2018 dal convegno internazionale Un capolavoro dell’architettura barocca. La Cappella della Sindone a Torino tra storia e restauro, che ha portato nuovi elementi per la comprensione dell’edificio e messo in luce le sue peculiarità, anche in relazione agli indirizzi e alle metodologie del restauro. Gli atti del convegno sono ora uno strumento indispensabile per conoscere e approfondire gli studi condotti e i risultati scientifici conseguiti durante un intervento unico nel suo genere, premiato da Europa Nostra nel 2019 con lo European Heritage Award per la categoria Conservazione.
Il volume, curato da Marina Feroggio, realizzato con il sostegno della Fondazione Compagnia di San Paolo, raccoglie questo patrimonio di conoscenze e affronta un’ampia rosa di temi: la storia del Sacro Lino e del monumento progettato per custodirlo; i simboli e gli usi della Cappella nel contesto dei cerimoniali di Corte; i momenti drammatici dell’emergenza post-incendio attraverso le voci dei protagonisti; gli studi e le sperimentazioni che hanno condotto agli interventi di riabilitazione strutturale e di restauro architettonico per una comprensione del tutto inedita della rinascita del mirabile monumento barocco. Dal 2018 la Cappella della Sindone è entrata a far parte del percorso di visita dei Musei Reali ed è tornata a essere, per la città e il mondo intero, un grande simbolo di arte e storia.
Alla presentazione del volume sono intervenuti Enrica Pagella, direttrice dei Musei Reali; Laura Fornara, responsabile Missione Custodire la bellezza, Obiettivo Cultura della Fondazione Compagnia di San Paolo; Marina Feroggio, funzionario architetto dei Musei Reali; Michela di Macco, già docente dell’Università di Roma La Sapienza; Paolo Cornaglia, docente del Dipartimento di Architettura e Design del Politecnico di Torino; Gennaro Miccio, già Segretario regionale del Ministero della Cultura per il Piemonte.
Gli autori del volume sono Lisa Accurti, Daniela Biancolini, Paolo Cozzo, Giuseppe Dardanello, Maria Beatrice Failla, Marina Feroggio, Giuseppe Forlani, Maurizio Gomez Serito, Roberto Gottardo, Andrea Longhi, Pasquale Bruno Malara, Andrea Merlotti, Maurizio Momo, Gennaro Napoli, Paolo Napoli, Luisa Papotti, John Beldon Scott, Gian Maria Zaccone, Thomas Wilke.
Il volume, pubblicato da Sagep Editori Srl, potrà essere acquistato nel Museum Shop dei Musei Reali.

Proprio a Medan vedono, infatti, la luce molti romanzi che rappresentano la massima espressione del naturalismo francese, e ciascuno di questi suoi figli cartacei contribuisce alla costruzione, all’ampliamento, alla ristrutturazione e all’abbellimento del rifugio dello scrittore. In questo “locus amoenus” Zola crea quei personaggi immortali che diventano la personificazione di vizi, difetti e tare che, attraverso l’ereditarietà, si trasmettono alle generazioni successive, influenzandone l’esistenza e condannandoli spesso alla rovina. “Voglio spiegare come una famiglia, un piccolo gruppo d’esseri, si comporti in una società, sviluppandosi, per dare vita a dieci, a venti individui, che appaiono, al primo colpo d’occhio, profondamente dissimili, ma che l’analisi dimostra profondamente legati gli uni agli altri. L’ereditarietà ha le sue leggi, come la gravità” scrive Zola nell’introduzione della “Fortuna dei Rougon”, dando il via a una ricerca e a un’analisi che regaleranno alla letteratura le figure immortali dei “vinti” Gervaise, Lantier e Coupeau, Etienne e Catherine, Nanà, ma anche a Denise, un luminoso esempio di forza, tenacia e riscatto nel “Paradiso delle Signore”.
nella nostra società attraverso l’intolleranza per lo straniero e il diverso, attraverso la chiusura di confini, attraverso la costruzione di muri, attraverso la presunzione di possedere una cultura, un credo superiori a quelli degli altri.
Jamais un acquis, toujours à reconquérir”.

Il Terzo Reich, dal giugno del 1940, vi aveva installato una delle più importanti basi per i sommergibili della Kriegsmarine e per questa sua posizione strategica subì 165 bombardamenti aerei da parte degli Alleati che provocarono quasi un migliaio di morti e centinaia di feriti gravi. La grande offensiva alleata nel settore occidentale del fronte di Normandia, denominata “operazione Cobra”, aveva come obiettivo la conquista dei porti e quello di Brest, principale base della marina francese prima della guerra, era il più a ovest e il più importante per garantire i rifornimenti alle truppe d’invasione. Una carneficina che ispirò anche una delle più importanti poesie di sempre. “Rappelle-toi Barbara. Il pleuvait sans cesse sur Brest ce jour-là. Et tu marchais souriante. Épanouie ravie ruisselante. Sous la pluie (Ricordati Barbara. Pioveva senza sosta quel giorno su Brest. E tu camminavi sorridente. Serena rapita grondante. Sotto la pioggia)”. Barbara è tra le poesie più famose di Jacques Prévert. Nel 1946, terminata la guerra, non più giovanissimo ( era nato a Neuilly-sur-Seine il 4 febbraio del 1900, all’alba del secolo breve) pubblicò la raccolta di poesie Paroles dove troviamo anche questo poema che figura tra i più belli di Prévert. Dopo il periodo surrealista, i testi delle canzoni, l’attività teatrale con il Gruppo d’Ottobre, le collaborazioni cinematografiche con Jean Renoir e Marcel Carné e nuovamente l’attività teatrale, videro la luce queste poesie ( insieme ad altre, raccolte in Histoires) che, nell’edizione curata da René Bertelé per Le Point du Jour, ebbero un enorme successo. In perfetta sintonia con il clima culturale del tempo la silloge poetica rappresentò una novità assoluta e dirompente, mostrando una potenza evocativa intrisa da quell’ansia bruciante di andare oltre le pagine dei libri per entrare prepotentemente nella vita di tutti i giorni. Già dai primi versi Prévert delineò il luogo in cui l’opera era ambientata: la città di Brest, importante porto bretone nel dipartimento del Finistère. La città era stata quasi completamente distrutta da un devastante bombardamento nell’estate del 1944. La pioggia di bombe l’aveva rasa al suolo a tal punto che solo qualche vecchia fortificazione medievale in pietra aveva miracolosamente resistito. Il padre di Prévert era bretone e proprio in Bretagna il piccolo Jacques aveva trascorso parte della sua infanzia portando con sé per tutta la vita l’impronta di quella terra battuta dai venti e impregnata dall’odore salmastro dell’oceano. Barbara, con il suo lungo testo vide il poeta esprimersi in prima persona, filtrando il ricordo di una ragazza, osservandone gli incontri , i gesti e i movimenti mentre felice correva incontro al suo uomo e lo abbracciava. Emozioni e sorrisi che si tradussero in versi diventati immagini indimenticabili e senza tempo, vere e proprie icone per intere generazioni, veloci e brevissime incursioni su un avvenimento tanto doloroso, dove l’intimità di una storia d’amore s’incuneava nella più grande storia francese. Così la quasi anonima Barbara venne trasformata da Prèvert da vittima in un potente simbolo, donandogli l’immortalità, contestando l’orrore della guerra che, ieri come oggi, uccide anche gli amori felici come quello di Barbara e dell’uomo che la chiamava al riparo di un portico mentre “pioveva senza tregua su Brest”.