CULTURA- Pagina 95

“Un pianeta, molti mondi”, torna Biennale Democrazia

VII edizione al via mercoledì 6 ottobre (e fino a domenica 10) a Torino e online

215 relatori dal mondo per oltre 90 appuntamenti, dei quali 54 trasmessi gratuitamente in diretta streaming; 75 collaborazioni con enti e organizzazioni; 15 sedi in città; 5 mostre.

Da mercoledì 6 ottobre Biennale Democrazia torna a Torino, in presenza e anche online, con la sua settima edizione, intitolata Un pianeta, molti mondi: oltre 90 incontri215 relatori dal mondo5 mostre4 percorsi tematici80 volontari. Al programma in presenza è affiancata un’ampia offerta di dirette streaming – oltre la metà degli eventi – per garantire a tutti, anche al pubblico più lontano, di seguire buona parte degli appuntamenti in palinsesto. Inoltre, un maxischermo sarà posizionato in piazza Carignano, a Torino, e trasmetterà dal 6 al 10 ottobre una selezione degli incontri in diretta streaming.
Un pianeta, molti mondi è il tema di Biennale Democrazia 2021, che partirà dalla nostra condizione di abitanti di un unico pianeta, sempre più connesso ma allo stesso tempo più frammentato. L’immagine guida scelta per rappresentare l’edizione è un’opera dall’artista internazionale Andrea Galvani.

Panoramica sul programma
Il programma completo degli incontri della VII edizione di Biennale Democrazia è sul sito biennaledemocrazia.it

Biennale Democrazia verrà inaugurata al Teatro Carignano mercoledì 6 ottobre alle ore 17.30 da una lectio della scienziata e senatrice a vita Elena Cattaneo, intitolata Il Metodo scientifico: dubitare per comprendere. Alla lectio inaugurale seguirà Dante fra le fiamme e le stelle, l’anteprima in forma di mise en espace dello spettacolo di e con Matthias Martelli, realizzato con la consulenza storico-scientifica di Alessandro Barbero e diretto da Emiliano Bronzino, a cura di Fondazione Teatro Ragazzi e Giovani Onlus e Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale.
La mostra Memory Matters, un progetto speciale di Biennale Democrazia e Fondazione Sandretto Re Rebaudengo nell’ambito di Verso, inaugura mercoledì 6 ottobre alle ore 15, presso l’Arco Monumentale del Parco del Valentino.

Tra gli incontri di giovedì 8 ottobre: la Lezione sulla lezione di Gustavo Zagrebelsky; Marino Niola con Tra bio e Dio. Il cibo tra etica e dietetica; Luigi Ciotti racconta il progetto “Dirittibus il Museo per la città”; il dialogo Umano e tecnologico tra Maria Chiara Carrozza e Juan Carlos De Martin; il confronto tra Stephen Holmes e Marta Dassù, coordinato da Maurizio Molinari; l’incontro “Il giornalismo alla prova della pandemia” con Francesco Costa e Simona Ravizza; un dialogo sulla cancel culture tra Marco Damilano, Adriano Ercolani e Helena Janeczek, in collaborazione con il Salone del Libro di Torino; la lectio Geopolitica del mondo virato di Lucio Caracciolo.

Venerdì 10 ottobre si prosegue con, tra i tanti eventi: le lectio di John Keane, Thomas Hylland Eriksen, Anthony Elliott, François Jullien; i dialoghi L’informazione pubblica ha un futuro? con Gad Lerner e Marco d’EramoCe lo chiede la scienza? con Massimo Galli e Chiara ValerioConflitti tra mondi. Pluralismo politico e istituzioni internazionali con Maria Rosaria Ferrarese e Carlo Galli; e ancora i panel Transaction. Esercizi teorico-pratici di transizione con Cristiano Bottone, Alex Braga, Andrea Colamedici; Le comunità LGBTQ+ nell’Europa dei nazionalismi con Miko Czerwinski, Roberto Forte, Yuri GuaianaContro l’imparzialità: parteggiare, confliggere e negoziare con Lea Ypi e Nadia Urbinati; lo spettacolo Prove di eremitaggio di Fabio Barovero, con Franco Arminio.

Tra i tanti appuntamenti di sabato 10 ottobre: le lectio di Donatella della Porta, Paolo Flores d’Arcais, Tommaso Valletti, Daniel Bell, Ilaria Capua; panel, dialoghi e dibattiti come Reincantare il mondo. La vita fra umano e naturale con Andreas Weber e Nicla VassalloSmart working e futuro del lavoro con Antonio Casilli e Davide DattoliKabul con Emanuele Giordana e Francesca MannocchiDonne e schiavitù dall’antichità ad oggi con Annalisa Camilli e Laura PepeTemptation democracy con Diego Bianchi e Serena Danna.

Nell’ultima giornata, domenica 10 ottobre, si susseguiranno, tra i tanti: le lectio di Gong Dong, Stefano Mancuso, Philippe Descola, Jared Diamond; tra i vari panel Lavorare sotto il controllo di un algoritmo con Antonio Casilli e Chiara Mancini, in collaborazione con Biennale Tecnologia; Debito ambientale, debito generazionale con Stefano Mancuso, Maria Cristina Pisani, Eugenio Cesaro (Eugenio in Via Di Gioia); e il dialogo Tutto sarà come prima? tra Massimo Giannini e il Premio Nobel Esther Duflo.

La VII edizione di Biennale Democrazia si concluderà domenica 10 ottobre presso la Sala Fucine di OGR Torino con Fenfo, concerto dell’artista maliana Fatoumata Diawara, una delle voci più carismatiche e vitali della musica contemporanea africana.

Biglietteria e prenotazioni. La prenotazione è sempre obbligatoria: online, sul Circuito Vivaticket (www.vivaticket.it – biennaledemocrazia.it) oppure presso la biglietteria – C/O Urban Lab, Piazza Palazzo di Città 8/F. In ottemperanza alla normativa vigente, per poter accedere alle sedi degli incontri – adeguatamente igienizzate con regolarità – sarà necessario esibire il Green Pass; all’ingresso verrà inoltre misurata la temperatura. L’assegnazione dei posti garantirà il necessario distanziamento e gli spettatori dovranno indossare la mascherina per tutta la durata degli incontri.

Biennale Democrazia è un progetto della Città di Torino, realizzato dalla Fondazione per la Cultura Torino, che si svolge sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica.

Nel presskit digitale condiviso qui di seguito sono disponibili: il comunicato stampa completo, il manifesto con un documento di racconto dedicato, la scheda consacrata al progetto Memory Matters, il logo e una selezione di immagini degli ospiti.

Barbaroux, il saggio ministro che riformò il regno sardo

ALLA SCOPERTA DEI NOMI DI VIE E PIAZZE

Andiamo alla scoperta di Via Giuseppe Barbaroux. Parallela alla famosissima Via Garibaldi,  fa parte di una delle zone della “movida torinese”, il Quadrilatero. Composta principalmente da ristoranti, piole e cocktail bar, via Barbaroux è diventata soprattutto negli ultimi anni, una tra le zone più frequentate dai giovani

Giuseppe Barbaroux nacque a Cuneo il 6 dicembre del 1772 da Giovanna Maria Giordana (figlia di un noto medico cuneese) e Giovanni Pietro Barbaroux, mercante francese di velluti ma divenuto cittadino di Cuneo nel 1757. Provenendo quindi da una famiglia borghese di condizioni economiche discretamente agiate, Giuseppe ebbe la possibilità di frequentare le migliori scuole torinesi e all’età di soli 17 anni, conseguì la Laurea in Legge presso l’Università di Torino. Dopo la laurea egli decise di rimanere a Torino dove intraprese subito la carriera di avvocato mettendo in luce la sua abilità e le sue competenze; si affermò negli ambienti della migliore società piemontese ed il 10 aprile 1806, consolidò la sua posizione sociale sposando la nobildonna Sofia Scotti-Boschis, da cui ebbe sette figli.

Nel 1815 venne nominato avvocato generale presso il Senato di Genova e presidente di una commissione incaricata di redigere il nuovo corpo di leggi per quel ducato che era stato da poco annesso al Regno di Sardegna. Il compito fu particolarmente delicato e complicato ma il lavoro portato a termine da Barbaroux incontrò il gradimento del re che, nel dicembre del 1815, gli conferì il titolo di Conte. Nel 1816 venne inviato in missione straordinaria a Roma e dopo essere stato nominato ambasciatore del Regno Sardo, fu capace di appianare i contrasti e di ricucire i rapporti tra il pontefice Pio VII e il sovrano sabaudo, riuscendo nel contempo a ottenere che la città di Cuneo divenisse, a partire dal 1817, sede di una diocesi indipendente. Morto Carlo Felice e succedutogli Carlo Alberto, Barbaroux venne nominato, il 24 maggio del 1831, ministro Guardasigilli e qualche giorno più tardi, gli venne anche affidata la presidenza di una commissione per la revisione dei codici, in modo che il moderato e solido avvocato cuneese potesse riformare il codice dello stato sabaudo in senso progressista e già vagamente liberale.

Barbaroux si dedicò con grande passione all’impresa e iniziò un’attività veramente frenetica per la preparazione di ben cinque codici: nel 1837 terminò la riforma della parte civile e fece promulgare lo Statuto Albertino, introducendo modifiche al codice civile che si ispiravano al Codice Napoleonico. Subito dopo, nel 1839, completò la revisione del codice penale, mentre nel 1840, portò a termine quella del codice penale militare. Nonostante alcune lacune, la riforma dei codici operata da Barbaroux costituì senza dubbio un notevole progresso nei confronti della legislazione precedente, ma rimase ben lontana dai modelli a cui inizialmente si era ispirato e dai progetti che egli aveva elaborato. L’impresa che all’inizio era sembrata tanto gloriosa, si rivelò invece un compito che gli costò invidie, calunnie e che suscitò una vasta ondata di malcontento intorno alla sua figura politica: nel corso degli anni venne accusato dai conservatori perché intendeva abolire i privilegi dei nobili primogeniti e nello stesso tempo fu malvisto dai progressisti ai quali sembrò troppo freddo e moderato. Amareggiato nell’anima e fisicamente provato, nel settembre del 1840 Barbaroux si dimise da ogni incarico, mantenendo unicamente la presidenza della commissione istituita per rivedere il codice commerciale, ultima fatica che portò definitivamente a termine nel 1842.

Sentendosi ormai mal voluto ed abbandonato da tutti, Barbaroux mise fine alla sua vita l’11 maggio del 1843 gettandosi da una finestra della sua abitazione di Torino (all’odierno numero 29 di via Barbaroux, che dal 19 giugno 1860 gli venne dedicata dal comune). Dato il suo impegno per la creazione della Diocesi di Cuneo, ebbe comunque funerali religiosi nonostante a quel tempo non fossero previsti per i suicidi.

 

Il bibliotecario dell’ex manicomio racconta il suo lavoro tra libri e storie di vita

Intervista a Lillo Baglio. Una testimonianza diretta su un mondo ormai lontano

Un argomento che da sempre ha suscitato il mio interesse è relativo all’ex manicomio di Collegno, in tutti i suoi aspetti, sia storici che umani. Mi sono già occupata di tali tematiche, in un ciclo di articoli dal titolo “C’erano una volta i matti”, pubblicati da questa testata. Nei pezzi ho affrontato la storia dell’istituzione manicomiale fino alla Legge Basaglia, facendo riferimento a vicende letterarie e artistiche di personaggi in massima parte torinesi, come il triste caso di Ida Peruzzi, moglie di Emilio Salgari.
Sono stata particolarmente lieta quando Lillo Baglio, archivista e bibliotecario dell’ex manicomio di Collegno, mi ha contattata per dialogare con me in merito a questa realtà complessa e forse non abbastanza ricordata. Ecco allora la nostra chiacchierata.

Buongiorno Lillo, archivista e bibliotecario dell’ex manicomio di Collegno. Puoi raccontarci qualcosa di più riguardo alla tua storia, a come sei arrivato ad occupare questa posizione?
Buongiorno! In effetti la storia e la vita professionale di ognuno, per molti di noi, assomiglia alla nave Argo, il cui timoniere era convinto di dirigere da solo la nave, dimenticando che era il soffio del vento a mandarla avanti. Ebbene forse il destino c’entra qualcosa. Io arrivai a Collegno trent’anni or sono, dopo pochi mesi fui assunto presso l’azienda sanitaria di allora: l’asl to24 (oggi ASLTo3) dapprima come addetto ai servizi generali. Successivamente venni a sapere che l’allora responsabile della biblioteca medica, cercava un collaboratore, possibilmente diplomato, che avesse un certo grado di istruzione. Colsi subito l’occasione, e dopo un colloquio con il direttore amministrativo venni assegnato alla biblioteca medica, come addetto alla stessa. Frequentai, fin da subito, un corso in biblioteconomia e archiveconomia che mi permise di inserire, nel Sistema Bibliotecario Nazionale, un fondo importante composto di libri di psicoanalisi e psicologia, donato alla biblioteca dal Professore Ferraris. Da allora sono passati trent’anni. Nella metà degli anni Novanta fu creato il Centro di documentazione sulla psichiatria che raggruppa tre sezioni: La Biblioteca Medico Scientifica, l’archivio storico dell’ex manicomio di Collegno, l’archivio delle cartelle cliniche dei cinque ex ospedali psichiatrici riuniti, ovvero, gli ex ospedali psichiatrici di Torino, Collegno, Savonera, Villa Regina Margherita, Grugliasco, compreso il “manicomio dei bambini” Villa Azzurra, sempre di Grugliasco.

Un contesto decisamente particolare quello in cui ci troviamo, non solo un ex manicomio, ma uno dei luoghi che sono stati più attivi e conosciuti, ovvio fino alla Legge Basaglia del 1978. Ci dici qualcosa di più riguardo a che cosa vuol dire lavorare in un ambiente così “sui generis”?
Sono stato definito “il custode della memoria storica dell’ex Ospedale psichiatrico di Collegno”. Se con questa espressione si vuole dire che metto a disposizione, di chiunque ne faccia richiesta, per motivi di studio, di ricerca, di approfondimento etc.., lo straordinario patrimonio librario e documentale, a cominciare dagli “Ordinati” dove troviamo tutta la storia di questa complessa Istituzione che è stata, prima la Certosa di Collegno poi il “Manicomio di Collegno” , se intesa così la parola “custode” ha un senso. Oltre a custodire questo patrimonio culturale, davvero unico, io coadiuvo studenti per le loro tesi, ne sono state scritte centinaia tutte regolarmente catalogate. Indirizzo molti scrittori che hanno scritto libri che parlano di questa dimensione e di questa realtà manicomiale. Pensate che il Centro custodisce la Cartella Clinica dello smemorato di Collegno, un caso di appropriazione di identità che allora fece molto scalpore e che divise gli italiani in “Cannelliani e Bruneriani”. Quasi tutti quelli che hanno scritto su questo aneddoto sono venuti in biblioteca a consultare il materiale storico del caso.

Parliamo ancora della tua esperienza diretta in questo contesto. Hai avuto occasione di conoscere alcuni pazienti? Tra questi, ti ricordi in particolar modo di qualcuno?
Questo è l’aspetto, se vogliamo, più significativo della mia trentennale esperienza lavorativa in un contesto che ha conosciuto il dolore e ha ospitato il mistero della follia. La legge Basaglia, come sappiamo, sanciva legislativamente la chiusura dei manicomi. La legge Basaglia è stata sicuramente una legge di civiltà, i manicomi, gestiti con logiche appunto manicomiali, non potevano più rappresentare dei luoghi di cura ma luoghi di segregazione, dove il più delle volte la dignità umana veniva calpestata. Per ciò che mi concerne posso però dire che la chiusura, e la messa in libertà dei degenti che nel frattempo riacquistavano la libertà e con essa i propri diritti costituzionali, ha presentato delle forti criticità, voglio dire che avrebbero dovuto realizzare alternative abitative e alloggiative per i degenti rimasti senza la famiglia di appartenenza e senza protezione economica. E’ successo che molti degenti non furono in grado di integrarsi nella società e questo comportò il suicidio di centinaia e centinaia di ex ricoverati, molti di loro sono anche scomparsi e non si è saputo più nulla. Molti però rimasero a Collegno e sistemati negli ex padiglioni psichiatrici, diventati nel frattempo delle comunità, in attesa di una futura destinazione nelle strutture che avrebbero realizzato per loro. Pensate che la legge Basaglia è del 1978 mentre l’ultimo ricoverato di Collegno uscirà definitivamente nel 2004, per cui ho conosciuto molti pazienti. Molti di loro venivano tutte le mattine in biblioteca a prendere il caffè. Mi volevano bene, capivano che li rispettavo e non li giudicavo. Da loro paradossalmente ho imparato molto. Posso dire di avere conosciuto un’umanità straordinaria. Me li ricordo tutti, ognuno a proprio modo mi ha lasciato un ricordo indelebile. Mi dicono che abbia una dote che è quella dell’ascolto, so ascoltare. Ho perfino voluto scrivere un libro, dal titolo “E i matti dove li mettiamo? Viaggio nella coscienza del mondo degli altri.” È un dialogo realmente avvenuto tra me e due ex malati psichici dove si discute del mistero della vita e della follia.

Ci troviamo ora nella biblioteca, un luogo importante per testimoniare la storia. Cosa ci puoi dire in proposito?
Quando nel 1973 l’ospedale psichiatrico di Via Giulio viene chiuso, la biblioteca e i libri che si trovavano in via Giulio, nel manicomio di Torino, furono trasferiti a Collegno. I volumi rimasero abbandonati a se stessi fino all’arrivo di un medico, il Dott. Giorgio Tribbioli, un infermiere, Franco Cavaglià, e di un ex ricoverato; insieme salvarono dalla dispersione e distruzione per macero libri e riviste stipati dentro i cassonetti. Fu soprattutto grazie al ricoverato Roberto Contartese, laureato in filosofia, uomo coltissimo e a lui che dobbiamo la salvezza di un patrimonio culturale importantissimo che racchiude tutta la storia della psichiatria dal ‘700 ad oggi. Nel 1987 la Biblioteca venne riaperta ai lettori, come ente di conservazione, senza fondi per ulteriori acquisizioni né di libri né di periodici. Se i libri più di ogni altra cosa sono la sede prescelta per conservare la memoria ed esercitare immaginazione, la Biblioteca diventa il luogo ideale per raccogliere tutto l’insieme dei ricordi e del passato dell’umanità. Data la collocazione all’interno di un ospedale psichiatrico, essa si sviluppa all’insegna dell’alta specializzazione che va formandosi nel corso della seconda metà dell’Ottocento grazie alla gestione di dottori che arricchiscono il patrimonio librario di testi pertinenti la scienza medica e soprattutto la psichiatria; è pertanto possibile oggi tracciare un percorso storico dell’evoluzione di tale scienza attraverso i volumi stessi della Biblioteca. Altresì è possibile tracciare due linee di sviluppo autonome, che danno alla Biblioteca una peculiare fisionomia: da un lato una particolare tradizione di studi e ricerche in campo psichiatrico che si è sviluppata nel corso degli anni, dall’altro l’essersi organizzata fin dalla seconda metà dell’Ottocento come Biblioteca di pubblica lettura per i ricoverati dell’ospedale, l’altra biblioteca la cosiddetta “biblioteca dei ricoverati.”

Oltre i libri, ci sono anche dei quadri. Si tratta di lavori eseguiti da ex pazienti. Che cosa si può evincere, secondo te, da queste creazioni?
Il Centro di documentazione sulla psichiatria custodisce i dipinti realizzati negli anni dagli ex pazienti psichiatrici. Sono dipinti straordinari che confluiscono nella corrente dell’Art Brut letteralmente “arte grezza”, ma tradotto anche come “arte spontanea”. Questo concetto è stato inventato nel 1945 dal pittore francese Jean Dubuffet per indicare le produzioni artistiche realizzate da non professionisti, degenti dell’ospedale psichiatrico che operano al di fuori delle norme estetiche convenzionali (autodidatti, psicotici, schizofrenici, persone completamente digiune di cultura artistica). Egli intendeva, in tal modo, definire un’arte spontanea, senza pretese culturali e senza alcuna riflessione. Sono, se così si può dire, creazioni artistiche che scaturiscono da personali pulsioni emotive.

Tra questi libri, ce n’è uno che ti ha colpito in modo particolare, per importanza e ricchezza di contenuti? Stessa domanda sulle opere: ce n’è una che ritieni più significativa e perchè?
Per quanto riguarda i libri, la biblioteca possiede davvero un patrimonio libraio importantissimo, è una biblioteca storica specializzata nelle scienze psichiatriche, neurologiche, psicologiche e di tutto ciò che riguarda il segreto del comportamento umano. Posso dirti che la lettura di Freud mi ha fatto capire questo misterioso concetto di “inconscio”, in sostanza Freud per me è stato il maestro del “sospetto” vale a dire che la sua intuizione è davvero interessante; noi tutti saremmo agiti da forze e pulsioni che trascendono a volte la nostra volontà e, il paradosso, è che in questo “magma” si troverebbe “la verità” della nostra vera natura…Per quanto riguarda se ci sia un’opera o un artista che mi abbia colpito , a dire la verità ce n’è più di uno, tutti a modo loro sono molto, molto interessanti artisticamente, ma, per rispondere alla domanda ce n’è uno che per me dovrebbe diventare il simbolo, il riferimento, dell’Art Brut in Piemonte ed è Giorgio Barbero. Tempo fa chiesi ad un ricoverato cosa fosse la smemoratezza, chi è, in buona sostanza uno smemorato? La risposta che mi venne data fu questa: “È uno che finge di essere ciò che è veramente”. Una risposta decisamente enigmatica ma, paradossalmente, non priva di senso; esattamente come può essere percepita l’opera di Giorgio Barbero, un’opera ermetica, impenetrabile, inaccessibile a qualsivoglia forma o tentativo di identificazione, tuttavia non priva di senso, di gravitazione intorno all’ignoto, perché ignoti, sono, appunto, l’origine e la vita del cosmo infinito, dei pianeti lontani e sconosciuti, delle galassie e dei mondi muti, dell’universo silenzioso, come è Barbero, taciturno e introverso , allo stesso tempo privo di qualsivoglia senso pratico ma con una fervida e convinta immaginazione, confinante, forse, con il delirio in cui entrano potenze straniere dotate di armi tecnologicamente avanzate, armi sconosciute agli umani. Giorgio dice di vedere dei sputnik, delle navicelle spaziali, satelliti e astronavi provenienti da altri mondi. Lo stesso Barbero afferma: “Nella mia pittura rappresento satelliti spaziali, galassie ai confini del cosmo, momenti di espansione verso il futuro; un cosmo, delle galassie lontane anni luce. Io viaggio ai confini dello spazio, nella quarta dimensione ed esploro i pianeti sopra un razzo a tre propulsori”. Barbero dunque riporta ciò che vede nei suoi disegni, testimonia di paesaggi astrali, di atmosfere lunari, di realtà prive di luce, viceversa di una luce scura e tenebrosa.

Ora che il manicomio è chiuso ed è una realtà un po’ dimenticata, secondo te, che cosa si potrebbe fare affinché la memoria di queste esperienze non vada persa?
Desidero subito dire che chi si occupa di archivi, di biblioteche e di memorie storiche lavora su tre fronti: verso il passato, conservando e offrendo alla consultazione i documenti selezionati per il loro valore storico e giuridico. Verso il presente per quanto riguarda la trasparenza democratica e verso il futuro a salvaguardia della memoria storica per le generazioni future. Il passato dovrebbe insegnarci a migliorare il presente, ognuno di noi, anche chi non è consapevole, incarna la storia dell’umanità. Noi siamo l’estensione psichica e biologica del primo uomo apparso sulla terra, in questo senso la memoria, soprattutto anche quella storica, va conservata e custodita. La follia è una dimensione che riguarda potenzialmente ognuno di noi, i manicomi sono stati luoghi “dell’umanità rubata” queste esperienze umane sono state rimosse ma sono ancora drammaticamente presenti. Non esisteranno più, aggiungo io per fortuna, i manicomi ma i problemi sono ancora tanti, sono ancora troppi…

Alessia Cagnotto

 

 

In mostra al “Collegio San Giuseppe” le graffianti (con garbo) vignette di Gianni Chiostri

Brevi storie complete, umorismo che punge senza fare troppo male

Fino al 9 ottobre


La sua non è mai “matita velenosa” all’eccesso, mai “corrosiva e blasfema” come quella di altri suoi colleghi. Le sue vignette coltivano sempre l’accortezza di non spingere, oltre i limiti, la marcia della satira. Non cercano ridanciani consensi, ma riflessioni a fior di pelle. Che allertano e fan sorridere senza agitare o incupire. A Gianni Chiostri, credo calzino alla perfezione le parole di un altro grande della satira, Giorgio Forattini, il primo ad essere quotidianamente pubblicato negli anni Ottanta, in  prima pagina su un quotidiano a diffusione nazionale e che ricorda: “La satira è una grande dimostrazione, la più alta espressione, di libertà e democrazia”. In questa cornice etica e professionale vedo bene collocarsi i lavori di Chiostri, caratterizzati dalla sciolta maestria segnica del  grande grafico e dall’innocente poesia dell’eterno fanciullo. A lui e ai disegni originali delle sue vignette dedica, fino al 9 ottobre, un’interessante e ricca antologia, con presentazione di Francesco De Caria, il “Collegio San Giuseppe”, nella sala espositiva di via San Francesco da Paola 23, a Torino.  Torinese, classe ’47, Gianni Chiostri “accompagna  i lettori” de “La Stampa” da quasi quarant’anni (oggi nella pagina degli editoriali), ma collabora anche con altri importanti quotidiani nazionali, come “Avvenire”, “Il Giornale”, “Il Sole 24 Ore”, oltre che con periodici e case editrici varie e con la RAI (suoi i siparietti poetico-satirici di “Robinson & Venerdì” per Rai3). Portano la sua firma anche piacevoli libri disegnati, editi da “Ancora” fra cui “Ingannare il tempo” (2002), “Scherzi d’amore”(2003), “Perbacco!” (2004) e “L’altra metà del sorriso” (2005, realizzato quale omaggio alla donna). Vignette sempre senza parole. “Dentro  non ci ho mai messo – racconta Chiostri in una recente intervista – né didascalie, né dialoghi. Però le vignette sono, a tutti gli effetti brevi storie complete, in cui gli elementi nascono sulla  sinistra e si concludono sulla destra. Se venisse un aborigeno dell’Australia che non conosce una parola d’italiano, ma ha un minimo senso dell’umorismo, potrebbe godersele comunque senza problemi”. E aggiunge a ragione: “In questi tempi depressi e depressivi mi pare tanto”. Ricca, si diceva, e ben esaustiva nella proposizione delle varie tecniche – dalle prime matite, ai disegni su cartapaglia fino alle creazioni tridimensionali  in cartoncino o fili metallici in cui ritagliare sagome umane – la selezione dei lavori esposti. A legare il tutto: la voglia di un sorriso. Di un vedere e di un  rivedersi all’interno di un siparietto in cui tutti ci scopriamo un po’ attori perfetti, e ben rappresentati, della grande commedia o tragicommedia umana o delle bizzarrie e delle fissazioni e fisime del vivere quotidiano. Ecco allora, in mostra, l’automobile ( con tanto di bellicoso conducente) la cui sagoma ricorda una pistola puntata sullo sventurato automobilista-antagonista o il computer, una sorta di belva che si mangia il cervello dell’utente o la riflessione sulla volontà di “affermazione” a tutti i costi, “che ha ridotto – scrive De Caria – il cervello dell’individuo a camera oscura che semplicemente registra quanto l’occhio vede, che ha fatto dell’individuo un rivale o un nemico di sè stesso, talché egli giunge a duellare con la propria immagine allo specchio”. Ma, “come per gli artisti autentici, l’umorismo di Chiostri è mosso essenzialmente da un concetto alto dell’esistenza e dell’Uomo, che solo certe situazioni fanno scadere in atteggiamenti goffi e risibili…Sta alla cultura autentica, e in particolare alla satira, smascherare gli inganni: e le penne e le matite del disegnatore umoristico diventano frecce”. Sorrisi. Ma anche momenti di malinconica e sospesa compartecipazione emotiva. Solitudini, amori negati. E la matita, allora, trasforma squarci di mondo in immagini di sottile, coinvolgente  poesia.

Gianni Milani

Gianni Chiostri

Collegio San Giuseppe, via San Francesco da Paola 23, Torino; tel. 011/8123250 o www.collegiosangiuseppe.it

Fino al 9 ottobre

Orari: lun.-ven. 10,30/12,30 – 16/18 e sab. 10/12

Per l’ingresso obbligatori Green Pass e mascherina, come misure anticovid.   

 

Alle Ogr una collettiva per riflettere sulla trasformazione del lavoro nel contesto post-industriale e digitale

Dal 25 settembre 2021 al 16 gennaio 2022 OGR Torino presenta Vogliamo tutto. Una mostra sul lavoro, tra disillusione e riscatto, a cura di Samuele Piazza con Nicola Ricciardi: una collettiva per riflettere sulla trasformazione del lavoro nel contesto post-industriale e digitale, tra coscienza e disillusione, precarietà e riscatto.

In OGR Torino, luogo simbolo della transizione verso nuovi modelli di produttività, le installazioni, le sculture, i video e le performance di tredici artisti invitano a osservare i resti di un recente passato industriale e le ambivalenze di nuove condizioni lavorative.

Vogliamo tutto prende il titolo da un romanzo dell’artista e scrittore Nanni Balestrini pubblicato nel 1971. Il libro racconta l’autunno caldo della Torino del 1969, in una lettura animata e partecipe dei cambiamenti della società italiana di quegli anni. La mostra indaga la condizione contemporanea, senza proporre soluzioni definitive ma invitando i visitatori a un ripensamento della propria posizione nello scenario lavorativo contemporaneo.

Due filoni discorsivi attraversano idealmente il percorso espositivo. Le opere esposte al Binario 1 si concentrano sulla transizione dalla società industriale a quella post-industriale, e sulla necessità di re-immaginare un futuro che si faccia carico dei lasciti materiali, sociali e ambientali di quel modello. Tra questi, il video di Kevin Jerome Everson, Century, che riprende la demolizione dell’omonimo modello di automobile, l’indagine sociale di LaToya Ruby Frazier, The Last Cruze, che testimonia le conseguenze della chiusura di uno stabilimento automobilistico sulla comunità di Lordstown, Ohio, e la monumentale installazione di Mike Nelson, The Asset Stripper, in cui materiali recuperati da industrie dismesse paiono fantasmi di un’epoca passata.

Al Binario 2 l’indagine prosegue focalizzandosi sul lavoro digitale e su come il suo avvento abbia cambiato, radicalizzato o, in alcuni casi, lasciato invariate alcune questioni del mondo del lavoro. Come, ad esempio, in Technologies of Care di Elisa Giardina Papa, una raccolta di interviste a operatrici online di servizi di cura alla persona, rappresentanti di una forza lavoro invisibile, o nelle xilografie The Manual Labor Series di Sidsel Meineche Hansen, che pongono l’attenzione sulla falsa ideologia della scomparsa del lavoro fisico. E ancora nell’installazione video In Real Life di Liz Magic Laser che, in forma di reality show, svela il labile confine tra lavoro e tempo libero grazie al coinvolgimento di cinque gig-worker alla ricerca di un nuovo equilibrio.

Come in un invito alla consapevolezza, alla ricerca di nuove possibilità e di alternative al sistema attuale, il percorso espositivo si chiude con opere che richiamano rivendicazioni del passato: A Call to Arms: Building a Fem Army di Andrea Bowers, su cui campeggiano tre figure femminili in un ideale manifesto per la lotta femminista intersezionale, e Vogliamo Tutto Brickbat di Claire Fontaine, in cui la copertina dell’omonimo libro di Balestrini avvolge un mattone simbolo di protesta e scardinamento.

Vogliamo tutto era una dichiarazione massimalista e concisa, che rifletteva le aspirazioni di una classe operaia in sciopero contro lo sfruttamento e implicava migliori condizioni di lavoro, salari commisurati allo sforzo, tempo libero e il diritto a un reddito estraneo al lavoro salariato. A cinquant’anni dalla pubblicazione, si può dire che molte delle questioni sollevate nel libro siano cambiate senza una vera soluzione, rendendo solo più complesso identificare cause e modi di affrontare una nuova precarietà in un contesto globale.

Nel mondo occidentale di oggi – che si sta allontanando dalla produzione industriale e dall’idea del posto di lavoro tradizionale – come sono state riformate le lotte e le richieste degli anni Settanta?

In che modo il lavoro e la sua deregolamentazione all’interno delle dinamiche neoliberiste hanno influenzato la capacità di lottare per i diritti?

In una società in cui il lavoro e il tempo libero spesso non hanno più distinzioni, e dove la pandemia di Covid-19 aggiunge ulteriori sfide ogni giorno, ha ancora senso volere tutto?

Artisti in mostra: Andrea Bowers, Pablo Bronstein, Claire Fontaine, Tyler Coburn, Jeremy Deller, Kevin Jerome Everson, LaToya Ruby Frazier, Elisa Giardina Papa, Liz Magic Laser, Adam Linder, Sidsel Meineche Hansen, Mike Nelson, Charlotte Posenenske.

Calendario performace di Adam Linder | Duomo di OGR, dalle ore 14 alle 20

– 25-26 settembre 2021 | Service No. 1

– 2-3 ottobre 2021 | Service No. 1 + Service No. 5

– 30-31 ottobre 2021 | Service No. 1

– 5-7 novembre 2021 | Service No. 1 + Service No. 5

– 15-16 gennaio 2022 | Service No. 1

Le performance sono eseguite da Delphine Gaborit, Service No. 1 e Leah Katz, Justin Francis Kennedy, Robert Fredrik Stanley Malmborg, Noha Ramadam, Stephen Clifford Thompson, Anna Lea von Glasenapp, Service No. 5

OGR Public Program

– Martedì 28 settembre h 18.30 | Come tutto finì (e anche un poco perchè)

– Sabato 2 ottobre h 18.30 | The Last Cruze, a Torino Una conversazione tra LaToya Ruby Frazier e Samuele Piazza

Attività educative

Vogliamo tutto, e di più: attività in mostra e dintorni

Calendario completo

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ORARI DI APERTURA E INFO

giovedì e venerdì dalle 12 alle 20

sabato e domenica dalle 10 alle 20

Ingresso gratuito Prenotazione necessaria per laboratorio e visite guidate su sito www.ogrtorino.it

In ottemperanza al D.L. del 23 luglio 2021, n. 105, per accedere in mostra è necessario presentare il Green Pass

Il “profe” Monti e Giaveno

Un incontro al Pacchiotti per commemorare i 140 anni dalla nascita di Augusto Monti

“Bella la mia Valle dell’Armirolo: che cos’è quest’onda di tenerezza che mi sale al cuore sempre che io ti riguardi offerta al cielo, casa dove io torno ogni anno richiamato dal desiderio di te? Dimmi che cos’è che mi fa impeto al sospirare di tenerezza, cos’è? Se non è amore, che cosa sia io non so”
Augusto Monti, Val d’Armirolo. Ultimo amore

GIAVENO — Sabato 2 ottobre alle ore 16 presso l’Aula Magna della Fondazione Pacchiotti di Giaveno (Via Pacchiotti, 51) si terrà un incontro, patrocinato dalla Città di Giaveno, per commemorare Augusto Monti (29 agosto 1881 – 11 luglio 1966), scrittore e intellettuale antifascista, nel 140 anniversario della sua nascita.
Per l’occasione interverranno il critico letterario e biografo di Monti Giovanni Tesio, già docente di Letteratura Italiana all’Università del Piemonte Orientale; la giornalista e Presidente dell’Unitre Giaveno Val Sangone Alessandra Maritano; Fabrizio Dutto, titolare della casa editrice cuneese Araba Fenice, che ha ristampato le opere di Monti; Livio Lussiana, vicepresidente del CAI sezione di Giaveno, e Luca V. Calcagno, che ha realizzato un documentario autoprodotto di mezz’ora dal titolo “Le voci e i silenzi. Augusto Monti e la Valle dell’Armirolo”. Nel video viene spiegato il rapporto tra Monti e Giaveno, attraverso i contributi del prof. Tesio e della dott.ssa Maritano. Compaiono anche alcune fotografie d’epoca fornite da Roberta Giai Via Biggio con l’aiuto di Michele Rege e il gruppo “Racconti e ricordi della Val Sangone”.
Il celebre professore, insegnante tra gli altri anche di alunni come Cesare Pavese, Massimo Mila, Giulio Einaudi e Vittorio Foa, ha avuto rapporto con Giaveno fin dal suo debutto nel mondo della scuola appena laureato. Infatti ha insegnato presso l’Istituto Pacchiotti negli anni scolastici 1902/03 – 1903/04, riportando le sue impressioni anche nella sua “autobiografia” I miei conti con la scuola.
Torna in Giaveno alla fine degli Anni Venti, dapprima in borgata Sala, poi alla Côrdia che è eletto suo luogo di villeggiatura fino all’arresto per antifascismo nel 1936. Dal 2006 in quei

luoghi si snoda il percorso escursionistico del Sentiero Augusto Monti con partenza da borgata Mollar dei Franchi.
«Visto il rapporto che Augusto Monti ha avuto con il Pacchiotti e con Giaveno abbiamo subito accolto la proposta di realizzare questo incontro — spiegano dal Consiglio d’Amministrazione della Fondazione Pacchiotti, il presidente Fulvio Roattino con Patrizio Sgarra e Vladimiro Colombo — Si inserisce nell’opera di riscoperta e valorizzazione della nostra storia e di quella del territorio che il nostro CdA sta portando avanti».
«La figura di Augusto Monti riveste un ruolo di primo piano nella storia di Giaveno e il suo legame con la nostra città è motivo di orgoglio, oltre ad esercitare un indiscusso richiamo anche a livello culturale e turistico — interviene Edoardo Favaron, Assessore alla Cultura del Comune di Giaveno — Negli anni sono state numerose le iniziative dedicate a questo grande scrittore, a cui Giaveno ha anche dedicato il suo sentiero escursionistico più celebre. Ringrazio la Fondazione Pacchiotti per aver organizzato questa pregevole iniziativa che riporterà la meritata attenzione sulla figura di Monti in occasione di questa importante ricorrenza».
«L’iniziativa organizzata nel 140° anniversario della nascita di Augusto Monti consente di riprendere  il cammino  nella riscoperta della sua vita, dei suoi scritti,  del suo mestiere  nella scuola  e del suo antifascismo — dichiara Maritano — Di intrecciare l’esperienza  concreta e fisica  da  compiere passo passo dopo  passo sul Sentiero giavenese a lui dedicato alla lettura di Val D’Armirolo. Ultimo Amore, delle Lettere a Luisotta, ma anche ad altri testi. Assaporando i colori, la vegetazione, i rumori e i silenzi del paesaggio e del posto è possibile cogliere alcune chiavi di contatto, per quanto altre non esistano più,   con l’atmosfera vissuta da questo intellettuale del Novecento, nel suo tempo di vacanza a la Côrdria».
«Araba Fenice, allo scoccare dei suoi 30 anni di vita, è lieta di continuare la battaglia editoriale per far conoscere e tener viva l’opera di Augusto Monti, nonostante non sia un autore di grande mercato e sia un autore di nicchia — racconta Dutto — Continuiamo a pubblicare soprattutto Val d’Armirolo. Ultimo amore che abbiamo sempre in catalogo. E probabilmente per l’anno prossimo faremo una nuova edizione de i Sansôssì, perché stiamo finendo l’edizione storica rilegata. Abbiamo anche l’intenzione di ripubblicare I miei conti con la scuola, che forse è il suo libro più significativo a livello storico ed educativo».
Racconta Livio Lussiana Vicepresidente del CAI sezione di Giaveno e appassionato lettore di Monti: «Realizzare il Sentiero Augusto Monti è stata una bellissima esperienza. A partire dalla proposta della nostra sezione, il gruppo di lavoro si è allargato ad Amalia Girotti e al Circolo Ricreativo Culturale di Giaveno, che ha ottenuto un finanziamento dall’allora Provincia di Torino, il prof. Bartolomeo Vanzetti, alla scuola superiore “Blaise Pascal”, i cui studenti hanno scelto i testi, al prof. Giovanni Tesio e alla dott.ssa Alessandra Maritano. Poi abbiamo realizzato anche un convegno insieme al Comune di Giaveno. Il Sentiero ci ha dato grosse soddisfazioni, anche se la sua manutenzione è molto impegnativa. Oltre che di molti escursionisti, negli anni è stato meta anche di gite di fine corsi da Unitre da tutto il Piemonte. Per questo ci piacerebbe che venisse riconosciuto come percorso letterario alla maniera di quello nelle Langhe dedicato a Beppe Fenoglio».
«In Val d’Armirolo Monti dà dignità letteraria a un luogo, già di per se splendido, che tutti noi giavenesi abbiamo sotto gli occhi» chiosa Calcagno.
L’iniziativa avverrà nel rispetto delle misure vigenti di prevenzione dalla pandemia da Covid – 19 e richiederà l’accesso con Green Pass.

La Bellezza delle piccole cose nei versi di Graziella Provera

Infusi di intimismo e sincerità,

i versi di Graziella Provera, delicata poetessa di Casale Monferrato, da lei definiti piccole cose, nugae di poco conto, in realtà sono pregni di ricchezza emotiva sia attraverso immediate intuizioni scaturite dalla visione di fenomeni della natura, trasformati in immagini poetiche, sia nell’affidarsi alla poetica del trascorrere del tempo e della brevità della vita.

L’accorata introspezione l’avvicina ai Crepuscolari senza però condividerne l’estenuato rinchiudersi in sé e la rinuncia del vivere vanificando ogni aspirazione.

In lei non c’è compiacimento nel considerare l’infelicità umana ma sempre è presente la consolazione della fede e la concezione panteistica della natura pervasa dal divino di cui si può far parte affidandosi alla Bellezza.

Bellezza, che si può trovare anche nelle piccole cose quotidiane, è l unico modo per lenire gli affanni e che si possiede se si ha disponibilità di cuore.

Giuliana Romano Bussola
(nella foto: Nuvole e girasoli di Mario Mazza)

 

ANIMA

Aneli il ritorno alla casa del Padre, Anima mia,

e brami l’unione con l’Infinito Tutto che fu tua culla.

Ancor credi, però, trovar ragione di gioia

in questo mondo: felicità senza dolore,

e virtù, compassione, amore.

Così vivendo in questa lotta tra l’andare

e il restare, ancora tornerai a posare

i tuoi passi sulla Terra; a gustare il piacere

che in veleno si tramuta, frutto

dolceamaro del vivere nostro;

finchè il richiamo

del Primo Amore soverchierà

ogni umana illusione, ed ogni terrena voce

non sarà che un bisbiglio,

e più non tratterrà il tuo volo.

Libera infine, ritornerai

alla casa natia, alla Gioia infinita

che ti creò, e che da sempre, o Amata,

ti aspettava..

8 giugno 2018

 

BELLEZZA

Ovunque intorno a te la puoi scoprire,

se hai occhi per vedere e il cuore aperto.

La trovi nella luce che svela i colori delle foglie

in un giorno d’autunno,

con le piccole vite, che tutt’intorno danzano.

La vedi nelle opere dell’uomo,

o nel canto di un uccello solitario,

in un freddo mattino.

Nell’anima tua infine la intuisci,

poiché scoprir non la potresti,

se non fosse già parte di te.

Ti celebro e canto un inno a Te,

Bellezza sublime, attributo divino,

discesa dai regni della Luce

a fecondar l’anima di gioia.

Cosa sarebbe quest’aspra vita senza te?

Attraverso i sensi tu penetri nel cuore

e il tuo soave balsamo lenisce e consola

lo spirito afflitto dagli affanni

e dalle pene.

Perciò ti rendo grazie con le mie povere parole

che mai potranno rendere

ciò che nell’intimo si cela.

Novembre 2013

 

NUVOLE

Nuvole a cumuli, bianche scogliere lontane all’orizzonte

ad arginare l’azzurra marea del cielo.

Nuvole candide, ovattate, silenti.

Nuvole grigie…incombenti…,

arrivano da occidente gravide di pioggia.

Nuvole a gruppi, nuvole sparse, nuvole a pecorelle,

nuvole solitarie a piccoli fiocchi trasparenti.

Nuvole che solcano il cielo notturno come velieri,

in un oscuro mare infinito.

Ritorna un po’ bambino, ti prego, e guarda lassù,

lo vedi un drago che insegue un coniglio ?

Guardare le nuvole fa tornare bambini,

quando i giorni erano eterni e non soffrivi gli addii.

Le nuvole passando salutano e dicono: addio….addio…

Così, nel loro svaporare, ti ricordano quanto poco

Dura ogni cosa.

Lungamente anch’io dico: addio…addio…

salutando questo breve giorno di  vita,

e questa ultima estate

che non vuole morire.

Settembre 2013

 

 

Le Giornate europee del Patrimonio

Sabato 25 e domenica 26 settembre si celebrano in Italia le GEP-Giornate Europee del Patrimonio, la più estesa e partecipata manifestazione culturale d’Europa.

La Biblioteca Nazionale Universitaria e l’Università degli Studi di Torino, in collaborazione con l’Associazione Amici della Biblioteca e al Comitato di Torino della Società Dante Alighieri, hanno deciso di offrire spunti di conoscenza e riflessione su un tema culturale di cui la Biblioteca ha preziose testimonianze e di rendere omaggio a Dante a 700 anni dalla sua morte con tre iniziative. L’enorme e prezioso patrimonio di libri che la Biblioteca custodisce è in linea con l’obiettivo delle due giornate, “:Patrimonio culturale : TUTTI inclusi ! “. La prima iniziativa è rappresentata dal Convegno internazionale di studi “ Dante nella poesia del Novecento e dei primi anni del nuovo millennio “; la seconda è la mostra “ Tre artisti per Dante “, mentre la terza consiste nella proiezione del film “ Dante per nostra fortuna “.
Sabato 25 si svolgerà la conclusione del Convegno dantesco dalle 9 alle 13 con la conferenza DANTE E LA POESIA ANGLOAMERICANA presso l’Auditorium Vivaldi. Dalle ore 9 alle 15 sarà visitabile la mostra Tre artisti per Dante ( Sala mostre Juvarra ).
Domenica 26 alle ore 16 presso l’Auditorium Vivaldi verrà proiettato il film di Massimiliano Finazzer Flory “ Dante per nostra fortuna “. Il film sarà preceduto da un dialogo tra il regista e Giovanni Saccani, Presidente del Comitato Dante SettecenTO . Racconta con gli occhi di un bambino attraverso la metafora del teatro e il linguaggio della danza , la Divina Commedia con 21 canti tra Inferno, Purgatorio e Paradiso. Le coreografie sono di Michela Lucenti con dieci danzatori del Balletto Civile in costume d’epoca e con la solista del Teatro alla Scala Maria Celeste Losa. Le scenografie digitali sono tratte dalle illustrazioni del Dorè. La prima del film è avvenuta a Ravenna il 25 marzo nella Sala Dantesca , a seguire , per omaggiare Virgilio, a Mantova a Palazzo Te e a Verona nella Chiesa di San Fermo,dove riposa il figlio di Dante, Pietro. Per proseguire in diverse città d’Europa e del mondo.

Mauro Reverberi

Biblioteca Nazionale Universitaria Piazza Carlo Alberto,3
eventi@abnut.it
www.bnto.librari.beniculturali.it
www.facebook.com//B.N.U. Torino
https//www.abnut.it/giornate-patrimonio-2021
Prenotazione obbligatoria per convegno e proiezione film scrivendo a eventi@abnut.it. Ingresso gratuito.Sono richiesti green pass e mascherina. /

“VeryFastPeople” sostiene il Bene FAI scelto dagli Amministratori di Condominio

Arte e ambiente da proteggere: appello agli amministratori di condominio in Piemonte

VeryFastPeoplesostiene il Bene FAI scelto dagli Amministratori di Condominio e destina quindicimila euro per la sua tutela, cura e salvaguardia

Fino al 31 ottobre si può selezionare il Castello e Parco di Masino a Caravino (TO), tra i 6 gioielli storico-artistici e paesaggistici protetti e curati dal Fondo per l’Ambiente Italiano in competizione

C’è anche il Piemonte nel viaggio in sei tappe nella bellezza italiana, da nord a sud, per scoprire alcunitesori del FAI – Fondo per l’Ambiente Italiano e contribuire a proteggere arte e ambiente. Un modo concreto per pensare al futuro è quello scelto da VeryFastPeople, società di consulenza di Varese che da 15 anni offre supporto agli amministratori di condominio in tutta Italia e ha messo in campo iniziative concrete per rendere il mondo un posto migliore, come la collaborazione con il FAI, che mira a sostenere i Beni salvati e protetti dalla Fondazione. Così oltre a essere Corporate Golden Donor, a organizzare convegni all’interno dei Beni del Fondo per l’Ambiente Italiano e a regalare ai propri clienti i biglietti per visitare il patrimonio FAI su tutto ilterritorio nazionale, da quest’anno VeryFastPeopleha deciso di coinvolgere attivamente gli amministratori di condominio in tutta Italia, invitandoli entro il 31 ottobre 2021 a esprimere la propria preferenza peruno dei Beni tutelati dal FAI selezionati per questa iniziativa. Al Bene che al termine della campagna avrà ricevuto più preferenze sarà destinata una donazione di quindicimila euro. “In competizione” da nord a sud dell’Italia ci sono sei gioielli storico-artistici e naturalistici, come il Castello e Parco di Masino a Caravino (TO), che concorre per il Piemonte.

Gli altri sono Villa e Collezione Panza a Varese, il Bosco di San Francesco ad Assisi (PG); Parco Villa Gregoriana a Tivoli (Roma), l’Abbazia di Santa Maria di Cerrate a Lecce e il Giardino della Kolymbethra nella Valle dei Templi di Agrigento.

A quale Bene andrà la donazione? Saranno gli amministratori di condominio di tutta Italia a deciderlo, collegandosi al sito https://www.veryfastpeople.it/fai.php ed effettuandouna sola scelta tra i Beni in elenco. Appello, dunque, agli amministratori del Piemonte a sostenere il Castello di Masino a Caravino (To), che immerso in un parco monumentale con terrazze panoramichedomina la vasta piana del Canavese da un’altura antistante la suggestiva Serra di Ivrea e regala un paesaggio intatto e infinito. Per questa posizione strategica il maniero fu oggetto di frequenti contese, ma il nobile casato dei Valperga ne mantenne il possesso fin dalle origini, documentate già nel 1070.Durante i secoli la famiglia convertì il Castello in residenza aristocratica e poi in elegante dimora di villeggiatura. Tra saloni affrescati e arredi sfarzosi, salotti, camere per gli ambasciatori e appartamenti privati rivivono mille anni di storia di una delle più illustri casate piemontesi, che secondo la leggenda discende dal primo re d’Italia Arduino, con una biblioteca che conserva più di 25mila volumi antichi. È circondato da un monumentale parco romantico con uno dei più grandi labirinti d’Italia, un maestoso viale alberato, ampie radure e angoli scenografici, che a primavera si inondano di bellissime fioriture. Nel 1988

il FAI lo ha acquisito da Luigi Valperga di Masinograzie alla donazione FIAT, Cassa di Risparmio di Torino e Maglificio Calzificio Torinese. Oggi il Castello si può visitare secondo formule diverse: si può trascorrere una giornata all’aperto nel Parco o partecipare agli eventi organizzati nel corso dell’anno, godendo della caffetteria panoramica. Perfetto anche per le famiglie con bambini, che si divertono con la caccia al tesoro o a visitare il Museo delle Carrozze, la Torre dei Venti e tanti altri ambienti.

Una vicinanza, quella di VeryFastPeople, molto importante per il FAI perché contribuisce a offrire un reale sostegno alla Fondazione e a promuovere i luoghi di cui si prende cura quotidianamente, soprattutto in un periodo così difficile come quello che stiamo vivendo. Da 15 anni vogliamo essere un riferimento per chi amministra immobili in Italia sostiene Francesco Paini, uno dei tre soci di VeryFastPeople Ci piace andare oltre la semplice fornitura di servizi, generando valore in iniziative non prettamente commerciali. Vogliamo dare un contributo a progetti che proteggano il bello in tutte le sue forme. Per questo la scelta di sostenere chi ogni giorno si occupa di preservare i patrimoni immobiliari più belli d’Italia, ci è sembrata una normale e giusta conseguenza.”

La Biblioteca Nazionale celebra Dante

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Con un Convegno e una mostra la Biblioteca Nazionale Universitaria di Torino celebra il Sommo Poeta a Settecento anni dalla sua morte.

Martedì 21 settembre a partire dalle 10,30 verrà inaugurata la manifestazione “ Viver tra coloro che questo tempo chiameranno antico “. Dante nella contemporaneità,fra poesia e arti grafiche, organizzata con il Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università di Torino nell’ambito del fitto programma delle Celebrazioni per il settecentesimo anniversario della morte di Dante e patrocinata da numerosi partner nazionali e internazionali. Il primo dei due eventi di cui l’iniziativa si compone è il Convegno internazionale di studi “ Dante nella poesia del Novecento e dei primi anni del nuovo millennio”. Il secondo è la mostra “ Tre artisti per Dante “. Sarà un’occasione per riflettere sulla fortuna, mai interrotta, di Dante nella letteratura e nelle arti. Il Convegno, che si svolgerà dal 21 al 25 settembre in modalità mista e che vedrà la partecipazione di oltre quaranta studiosi italiani e stranieri, si propone di indagare i molteplici riusi poetici novecenteschi e dell’inizio del nuovo millennio, della Commedia., soffermandosi su quegli autori che sono stati anche esegeti e hanno ribadito, attraverso questa doppia modalità di lettura, che il capolavoro dantesco si pone come un paradigma irrinunciabile per la comprensione della complessa tragicità del Novecento.
La mostra, che sarà inaugurata il 21 settembre e sarà gratuitamente visitabile fino al 10 ottobre 2021, propone un percorso tra le opere di tre artisti contemporanei che hanno tratto ispirazione da Dante : Monica Beisner, che in 100 miniature illustra integralmente la Commedia, Domenico Ferrari, con le sue 34 acqueforti dedicate all’Inferno e Cesare Pianciola, che nei suoi 16 acquarelli riprende in chiave moderna l’incanto dei primi codici miniati del capolavoro dantesco.

Mauro Reverberi