CULTURA- Pagina 5

Torino, la città più magica

 

Malinconica e borghese, Torino è una cartolina daltri tempi che non accetta di piegarsi allestetica della contemporaneità.
Il grattacielo San Paolo e quello sede della Regione sbirciano dallo skyline, eppure la loro altitudine viene zittita dalla moltitudine degli edifici barocchi e liberty che continuano a testimoniare la vera essenza della città, la metropolitana viaggia sommessa e non vista, mentre larancione dei tram storici continua a brillare ancorata ai cavi elettrici, mentre le abitudini dei cittadini, segnate dalla nostalgia di un passato non così lontano, non si conformano allirruente modernità.
Torino persiste nel suo essere retrò, si preserva dalla frenesia delle metropoli e si conferma un capoluogo a misura duomo, con tutti i pro e i controche tale scelta comporta.
Il tempo trascorre ma lantica città dei Savoia si conferma unica nel suo genere, con le sue particolarità e contraddizioni, con i suoi caffè storici e le catene commerciali dei brand internazionali, con il traffico della tangenziale che la sfiora ed i pullman brulicanti di passeggeri sudaticcima ben vestiti.
Numerosi sono gli aspetti che si possono approfondire della nostra bella Torino, molti vengono trattati spesso, altri invece rimangono argomenti meno noti, in questa serie di articoli ho deciso di soffermarmi sui primati che la città ha conquistato nel tempo, alcuni sono stati messi in dubbio, altri riconfermati ed altri ancora superati, eppure tutti hanno contribuito e lo fanno ancora- a rendere la remota Augusta Taurinorum così pregevole e singolare.

1. Torino capitale… anche del cinema!

2.La Mole e la sua altezza: quando Torino sfiorava il cielo

3.Torinesi golosi: le prelibatezze da gustare sotto i portici

4. Torino e le sue mummie: il Museo egizio

5.Torino sotto terra: come muoversi anche senza il conducente

6. Chi ce lha la piazza più grande dEuropa? Piazza Vittorio sotto accusa

7. Torino policulturale: Portapalazzo

8.Torino, la città più magica

9. Il Turet: quando i simboli dissetano

10. Liberty torinese: quando leleganza si fa ferro

 

8.Torino, la città più magica

Torino è magica. Nel vero senso del termine.
Lo testimonia anche il celebre medicoe astrologo Michel de Nostredame: Nostradamus ha alloggiato qui, dove c’è il Paradiso, lInferno e il Purgatorio. Io mi chiamo la Vittoria, chi mi onora avrà la gloria, chi mi disprezza avrà la rovina intera.
Sembra infatti che il popolare uomo la cui fama lo precede tuttora, dal nome italianizzato in Michele di Nostradama, meglio noto con lo pseudonimo di Nostradamus, abbia soggiornato intorno al 1556 a Torino, presso Cascina Morozzo conosciuta anche come villa Vittoria, poiché proprietà della principessa Vittoria, della casata Savoia-.
Tali parole erano state incise su una lapide custodita presso lo stabile in cui l’uomo aveva pernotatto, quando la Villa viene demolita anche quest’unica testimonianza tangibile del passaggio di Nostradamus a Torino scompare nel nulla, fino al 1967, quando viene ritrovata e donata a Renuccio Boscolo, uno dei maggiori interpreti degli scritti del chiaroveggente, per essere custodita in sicurezza.
Secondo alcuni studiosi la “Vittoria” indicata dall’importante ospite sarebbe la principessa Savoia, anche se le interpretazioni rimangono aperte a differenti ipotesi.
Quello che non cambia è l’alone di mistero che avvolge l’affermazione, impressione che si ripresenta in realtà di fronte a tutte le sentenze espresse dal “sapeinte” francesce.

Daltronde il capoluogo pedemontano è così: insolito e curioso, a tratti misterioso.
La città dai diversi primati, ne colleziona ancora uno, dopo essere stata la prima capitale italiana, in seguito al riconoscimento ottenuto grazie allaltura della Mole Antonelliana, oltre allinvenzione del primo cioccolatino, ecco lulteriore record tutto nostrano da aggiungere allelenco: Torino è considerata una tra le metropoli più magiche del mondo, nel bene e nel male perdonatemi il gioco di parole.-
Secondo gli esperti in materia infatti confluiscono sul territorio cittadino i vertici di due triangoli esoterici, quello di magia bianca (insieme a Praga ed a Lione) e quello di magia nera (insieme a San Francisco e Londra), fatto che tramuta la località in una sorta di mappa energetica costellata di zone buonee altre dove non parrebbe consigliabile trascorrere troppo tempo.
Per non sbagliarci vediamo di scendere più nel dettaglio.

Iniziamo dai luoghi da evitare.
Il punto energeticamente più ostile della città è di sicuro Piazza Statuto: qui, secondo la tradizione esoterica, si trova la porta degli Inferi, un vero e proprio passaggio tra i due mondi, quello dei vivi e quello dei morti; il punto preciso è situato in corrispondenza dellantica porta Decumana, uno degli ingressi delloriginario accampamento romano e luogo ahimè– dedicato alla sepoltura dei cadaveri. Latmosfera inquieta della piazza è resa ancora più sinistra dalla presenza di due monumenti assai particolari: quello eretto per commemorare gli operai deceduti durante la costruzione del Traforo del Frejus e lObelisco Geodetico. Il primo rappresenta unimmensa piramide di massi, da essi spuntano alcuni corpi di titani abbattuti dallo stesso genio alato che svetta sulla sommità della piramide, egli ha sul capo una stella a cinque punte a cui sono attribuite diverse simbologie magico-rituali; invece, la seconda costruzione, nota anche come Guglia Beccaria, è sormontata da un astrolabio e si erge esattamente a 5.000 km dal Polo Nord ed altrettanti dallEquatore. Non stupisce che sempre nei dintorni della piazza si trovi lappena citata Domus Morozzo, decisamente ledificio più appropriato per accogliere un altrettanto losco figuro.
Altro sito da evitare è Palazzo Trucchi di Levaldigi, oggi sede della Banca Nazionale del Lavoro, stupendo edificio dalle finiture seicentesche che ospita su una delle sue facciate il cosiddetto Portone del Diavolo, il cui batacchio rappresenta niente meno che il volto di Lucifero.
Nel 1675 Giovanni Battista Trucchi di Levaldigi, conte e generale delle Finanze di Carlo Emanuele II, richiede ad una manifattura di Parigi di realizzare un portale in legno e il risultato del lavoro è più che sbalorditivo: la soglia è riccamente intagliata e adorna di fiori, frutta, animali e amorini, ma ciò che stupisce gli spettatori è il batacchio centrale, un volto mostruoso che scruta minaccioso i visitatori che bussano alla porta. Ultimo dettaglio, la parte che viene presa in mano per battere è composta da due serpenti che si uniscono con la testa. Da questi dettagli derivano le storie spaventose ambientate in questo posto. Prima leggenda fra tutte è quella del mago insistente: si narra di uno stregone eccessivamente ostinato che provò ad invocare Satana, forse con troppa enfasi, difatti il povero Lucifero non propriamente noto per la dote della pazienza- infastidito dalla nenia incalzante, costruì un portone nel suddetto edificio, mise allinterno lincauto mago e lì lo imprigionò .
Altre vicende però contribuiscono a rendere questo stabile un luogo davvero misterioso. Si narra ad essempio di Melchiorre Du Perril, un soldato francese in possesso di documenti segreti che entrò allinterno dello stabile e non si ripresentò più al suo cocchiere; c’è poi la storia della ballerina che, invitata ad una delle tante feste volute da Marianna Carolina di Savoia, venne aggredita e assassinata allinterno di una delle sale della lussuosa palazzina.
Inoltre, ancor prima di tutte queste vicissitudini, nel 1600, ledificio viene scelto come sede di una fabbrica di tarocchi, e anche in questo caso le coincidenze non hanno fine: allepoca il numero civico del fabbricato era il 15, il medesimo numero dellarcano corrispondente alla carta del Diavolo.


E se proprio dovete raggiungere questa banca, indovinate il numero del tram da prendere?
Cari lettori, ma proprio qui dovete venire a prelevare?
Lasciamoci alle spalle i fantasmi che ovviamente si aggirano nei dintorni dellimmobile infernale e avviamoci in unaltra zona perturbante, ossia via Lascaris (angolo Via San Francesco dAssisi), a pochi passi da Piazza Solferino, dove ci si può imbattere nellennesimo dettaglio folklorìstico. Proprio ai piedi di un casamento – oggi sede di una banca, ma in passato dimora di una Loggia Massonica- si dischiudono a terra delle strane fessure a forma di occhi. Qualcuno ci osserva, ma per la serie mai una gioiaa tenerci sotto controllo non è un bellangelo alla Der Himmel über Berlin, bensì niente meno che il Principe delle Tenebre, da qui la dicitura di questi spiragli: gli occhi del Diavolo.
Bene, ora che abbiamo capito dove non fermarci per i prossimi pic-nic autunnali, vediamo insieme quali sono i luoghi in cui possiamo indugiare per una pausa rigenerativa.
Uno dei siti a più alta concentrazione di energia positiva della città è il luogo di confluenza tra il Po e la Dora Baltea, i due fiumi torinesi che rispettivamente simboleggiano il Sole e la Luna, lenergia maschile e quella femminile, il principio vitale e quello del sonno eterno.
Un altro posto consigliato è la Chiesa della Gran Madre, le cui statue erette allingresso della grande scalinata raffigurano la Fede e la Religione, due emblemi rassicuranti e potenti; le due personificazioni sono poste anche a guardia del Sacro Graal, una delle reliquie cristiane più ricercate di tutti i tempi e guarda caso- celata nei meandri dellenigmatica Torino, città dai mille volti.
Anche Piazza Castello è una località benevola, è opportuno passeggiarci soprattutto se si rasenta la cancellata di Palazzo Reale e ci si sofferma sotto le statue equestri dei Dioscuri, guardiani ufficiali posti al confine tra la zona di magia bianca e quella nera.
Se poi ci si sentisse particolarmente stanchi, è consigliabile dirigersi verso la Mole Antonelliana, Museo del Cinema per alcuni, per altri una grande antenna che irradia nel mondo energia positiva.
Gli intellettuali e i radical chic si appropinquino invece verso Piazza Solferino, nei pressi della Fontana Angelica, monumento pregno di simbologie nascoste: le statue della Primavera e dellEstate si contrappongono a quelle dellAutunno e dellInverno, mentre lacqua che scorre rappresenta il Sapere e la Conoscenza.
Che dire ancora? Alla fine è sempre la stessa storia, è leterna sfida tra il Bene e il male, che si tratti di Sith e di Jedi, di Merlino, di Morgana e della magia del fareo dellimpresa per sconfiggere Sauron la questione è resta la medesima: la scelta.
Cari lettori, e voi da che parte state?

ALESSIA CAGNOTTO

Una monumentale Colomba della Pace sorvola le montagne

E’ atterrata nei giorni scorsi al centro della Piazza d’Armi del “Forte di Bard” la grande opera, inno alla Pace, dello scultore biellese Paolo Barichello

In esposizione fino al 24 novembre

Bard (Aosta)

Si intitola “Dx Peace Sx” la nuova monumentale opera realizzata dall’artista biellese Paolo Barichello, dedicata al tema (oggi di grande e dolorosa attualità) della “Pace” e, da giorni, esposta al valdostano “Forte di Bard”, dove resterà in visione fino a domenica 24 novembre. Si tratta di una gigantesca “Colomba”, simbolo per antonomasia di “Pace” e “Riconciliazione”, con le ali spiegate e raffigurante le sagome dei continenti, in un dialogo di forme geometricamente astratte ed incastri metallici “dove l’uomo è il saldante indissolubile che unisce i popoli in un messaggio inequivocabile di speranza e fratellanza”.

Interamente realizzata in acciaio (materiale che vanta, in campo artistico, una lunga storia che parte dal Medioevo, per arrivare alla modernità dei grandi: dalle sottili figure umane di Giacometti alla plastica genialità di Umberto Mastroianni fino alla monumentalità di Henry Moore e alla geometrica luminosa visionarietà del danese Olafur Eliasson, solo per fare alcuni pochi nomi), l’opera, dal peso di 550 chilogrammi, è alta 4,80 metri e larga 2,80. Firmata a Biella da centinaia di persone, ha sorvolato il Monte Biancoil Cervino ed il Rosa,  per raggiungere, infine, il“Forte” sabaudo di Bard dove, domenica 22 settembre è stata presentata al pubblico nella centrale “Piazza d’Armi” in anteprima assoluta, inserita nella sommità superiore di un missile a simboleggiarne l’impossibilita del lancio.

Il risultato finale è un’installazione alta complessivamente 7,80 metri con una base di circa sette metri, del peso totale di due tonnellate, corredata di illuminazione alimentata da “pannelli solari” e oggi affiancata da una serie di quadri dipinti su metallo e sculture dello stesso artista, che nel tempo ha saputo perfettamente coniugare le artigianali conoscenze sui “materiali” ad un’originale e suggestiva produzione artistica. Opere riferite alla “pace possibile” – alcune vogliono evidenziare la grave e disumana situazione che direttamente e indirettamente stiamo oggi vivendo- le troviamo esposte nelle “Sale del Corpo di Guardia” della Fortezza, dove saranno anche trasmesse immagini e video del volo e delle fasi di lavorazione, atte a dimostrare come la forza e la durevolezza di un materiale come l’acciaio possano tradursi, nel gioco sapiente di mani e anima, in forme di pura “bellezza ed emozione”.

In “Dx Peace Sx”, l’artista “si ispira – sottolinea la presidente del ‘Forte’, Ornella Badery – alla visione del planisfero, simbolo di ordine e precisione, ma trasforma questa immagine in qualcosa di più: un’opportunità per ridisegnare la mappa del mondo e immaginare un futuro di pace possibile. Attraverso le sue opere, Barichello esprime la convinzione che solo attraverso l’incontro e la collaborazione tra diverse culture e popoli si possa raggiungere la pace”. E conclude: “I confini tra i continenti vengono simbolicamente eliminati e si riuniscono in un dialogo di forme e materiali, guidati dall’umanità come collante indissolubile”. Pensiero forse  utopico, alla luce degli ultimi incessanti eventi bellici, su cui tuttavia è, più che mai, lecito mantenere vive le speranze.

Gianni Milani

“Dx Peace Sx”

“Forte di Bard”, via Vittorio Emanuele II, Bard (Aosta); tel.0125/833811 o www.fortedibard.it

Fino al 24 novembre

Orari: dal mart. al ven. 10/18; sab. dom. e festivi 10/19

 

Nelle foto:

–       Paolo Barichello: “Dx Peace Sx”, esposta nella “Piazza d’Armi” del Forte

–       La scultura “in volo”

–       Ornella Badery e Paolo Barichello alla presentazione dell’opera

È aperta al MAO la nuova biblioteca d’arte asiatica

Il servizio, destinato a studenti e ricercatori, mette a disposizione circa 1.000 volumi di arte asiatica antica, moderna e contemporanea, suddivisi in tre aree geografiche: Sud-est asiatico, Giappone e Cina. In aggiunta, la biblioteca mette a disposizione anche una vasta raccolta di cataloghi di mostre realizzate dal MAO, dai Musei della Fondazione Torino Musei e dai principali musei d’arte orientale italiani, come il Museo d’Arte Orientale Edoardo Chiossone di Genova e il Museo Museo Poldi Pezzoli di Milano, insieme a una selezione di cataloghi delle maggiori casa d’aste internazionali, quali Christie’s, Sotheby’s, Nagel e Aste Bolaffi.

La raccolta del MAO fa parte della sezione libri dei Musei Civici di Torino rintracciabili al sito  www.librinlinea.it, dove sono catalogati tramite schede OPAC.

La biblioteca, situata al quarto piano dell’edificio, è accessibile gratuitamente previa prenotazione obbligatoria e osserva i seguenti orari: dal martedì alla domenica dalle ore 10 alle ore 16.

Per fissare un appuntamento è necessario scrivere a marika.marone@fondazionetorinomusei.it.

“Pietro J.”: il romanzo noir di Patrizia Valpiani, torinese d’adozione

Torino tra le righe

di Marzia Estini
Iniziamo il nostro viaggio attraverso la letteratura torinese con Pietro J., un romanzo noir firmato da Patrizia Valpiani. Medico, scrittrice e poetessa, Valpiani, originaria di Pietrasanta, è ormai adottata dalla nostra Torino, dove ha ambientato gran parte della sua produzione narrativa. Conosciuta per alternare poesia e narrativa noir, l’autrice è particolarmente attenta a creare atmosfere cupe e inquietanti, essenziali per un buon noir, come lei stessa ricorda.
Il noir di Valpiani si distingue per la profondità psicologica, dove la violenza emerge dalle ombre della mente più che dalla scena stessa. Questa introspezione la lega alla poesia, un’arte capace di svelare le sfaccettature più nascoste della natura umana.
Patrizia Valpiani

 

Il protagonista della serie di romanzi che ha come fulcro Pietro Jackson nasce nel 2009 con Ascoltando Coltrane (Neos Edizioni, Torino). Pietro è un giovane pittore e musicista con una sensibilità fuori dal comune, in grado di percepire le negatività che lo circondano. Nel suo atelier in corso Inghilterra, Jackson dipinge e si muove in una Torino ben rappresentata nei suoi aspetti urbani, culturali e sociologici, con uno sguardo che ci porta a scavare oltre le apparenze.
Dopo una pausa di alcuni anni, Valpiani ha ripreso a raccontare le vicende del suo protagonista insieme al medico legale Gianfranco Brini, pubblicando sotto lo pseudonimo Tosca Brizio Chiaroscuro (2017) e L’ombra cupa degli ippocastani (2019), entrambi con Golem Edizioni. A questi segue un racconto lungo, Blood session per Pietro Jackson, distribuito online. Con la morte di Brini, Valpiani ha ripreso a narrare da sola, pubblicando racconti e romanzi che hanno come centro Torino e il suo enigmatico protagonista.
Il romanzo Pietro J. (Readaction Editrice, 2022) è il più recente capitolo della saga, e si apre con la parte intitolata Tossik Park, ambientata nella zona degradata del Parco Stura. L’autrice descrive un paesaggio cupo e inquietante, con un’abilità sorprendente, tanto che mentre leggi ti sembra davvero di camminare tra mozziconi di sigarette, siringhe, rifiuti ed escrementi di cani ed umani. Una passeggiata quasi realistica tra figure spettrali e delinquenti senza scrupoli, calpestando lattine vuote, arbusti scavezzati e tappeti di foglie mai rastrellati, respirando l’aria acre, polverosa e sporca che sembra appesantire l’atmosfera.  È qui che si consumerà l’omicidio dell’avvocato Morelli, mentre dall’altro lato della città in corso Inghilterra, Pietro Jackson, sulle note del sax tenore di John Coltrane, dipinge i tratti del viso di un uomo, agonizzante, il ricordo di un incubo premonitore fatto la sera precedente che l’ha lasciato stanco e stremato e soprattutto angosciato per il significato che questo può avere. Il mistero si infittisce quando una coppia gay, passeggiando col cane nel Parco del Valentino, scopre un cadavere alla Fontana dei Dodici Mesi. Le indagini, nelle quali Pietro è inevitabilmente coinvolto, si sviluppano con precisione e professionalità, conducendo il lettore a un finale sorprendente.
La seconda parte del romanzo, Gli enigmi di York, ci porta in Inghilterra, tra le nebbie di York, dove la maestosa cattedrale di York Minster è teatro di un feroce delitto. Anche qui, la mano dell’autrice non delude, dimostrando la sua capacità di intrecciare misteri, scomparse e ritrovamenti, tenendo il lettore incollato alle pagine fino all’epilogo.
Con una penna affilata e un talento per le descrizioni vivide, Patrizia Valpiani riesce a tessere un intricato noir che si muove tra Torino e York, in un viaggio tra ombre, misteri e profonde inquietudini. Non vediamo l’ora di scoprire cosa riserverà il prossimo capitolo delle avventure di Pietro Jackson, previsto per il 2025.
La rubrica è curata dalla scrittrice Marzia Estini:

“Maccaia” a fumetti. Al “Circolo dei lettori” di Torino

La presentazione del nuovo libro “a fumetti” dello scrittore Bruno Morchio e dell’illustratore Marco D’Aponte

Lunedì 30 settembre, ore 18

“Maccaia”!? Ma che diavoleria di nome (e di titolo d’un libro) sarà mai? Non state ad arrovellarvi. Ve lo spiega subito l’autore. “Genova – spiega – è una città che ha due facce, a seconda che il vento tiri dai monti o dal mare. Quello che soffia dal mare, gonfio di sale e di umidità, è lo scirocco, e si esaurisce in un’aria immobile. Quell’aria sospesa, dove tutto può accadere e niente mai accade. Noi genovesi la chiamiamo ‘maccaia’”. Ecco, dunque, svelato l’arcano. E l’autore è evidentemente genovese. Si tratta di Bruno Morchio, scrittore e psicologo, autore di romanzi appartenenti al genere “noir mediterraneo” e fortunato “papà” del detective Bacci Pagano che quest’anno festeggia il ventesimo genetliaco agghindandosi nell’intrigante forma di “graphic novel” (edizione a fumetti) realizzata dalla matita graffiante del pittore ed illustratore torinese, Marco D’Aponte. Uno “zeneize” e un “turineis”, gran bell’accoppiata.

Pubblicato da “Edizioni del Capricorno”, il libro della coppia Morchio – D’Aponte (160 pagine, 15 Euro) sarà presentato sotto la Mole al “Circolo dei Lettori” di via Bogino 9, lunedì 30 settembrealle ore 18. Prevista anche la presenza del “nostro” Alessandro Perissinotto.

In estrema sintesi, eccovi due notizie per avvicinarvi non impreparati alla storia. L’investigatore privato Bacci Pagano viene ingaggiato da una compagnia assicuratrice per indagare sulla morte di un anziano strozzino, in apparenza morto sbranato da un lupo nel “Parco delle Mura” (erette a difesa della città e del suo porto nel XVII secolo), più comunemente chiamato dai genovesi “Parco Peralto”. L’uomo aveva stipulato un’assicurazione milionaria sulla vita, con beneficiaria la giovane moglie panamense e Bacci Pagano si troverà a dover portare avanti un’indagine insolita, tra evidenze obiettive e menzogne, personaggi che spuntano dal nulla e altri che non sono quello che sembrano, cercando allo stesso tempo di gestire i rapporti con le tre donne della sua vita: l’ex moglie rabbiosa, la fidanzata e la figlia Aglaja. L’intera vicenda si svolge in una Genova assediata, per l’appunto (come da titolo) dalla “maccaia” primaverile, un’aria immobile e sospesa, un tepore umido e salmastro, che gronda “salsedine e noia”. Ed è proprio il capoluogo ligure, qui visto attraverso le splendide tavole di Marco D’Aponte, a essere allo stesso tempo “ambientazione e protagonista dell’indagine”.

Due “dritte” anche per meglio avvicinarvi agli autori.

Bruno Morchio ha esordito, in ambito letterario, nel 2004 creando l’investigatore privato Bacci Pagano (“Una storia da carruggi”), diventato il protagonista di una fortunata serie che, al momento, può contare su quindici titoli ambientati a Genova. “Maccaia. Una settimana con Bacci Pagano” è stato pubblicato nel 2004. Nel 2023 Bruno Morchio ha vinto il “Premio Scerbanenco” con “La fine è ignota”.

Marco D’Aponte, diplomato all’“Accademia Albertina” di Torino, pittore e illustratore, ha esordito negli anni Ottanta sulla rivista “Orient Express” diretta da Luigi Bernardi. Ha realizzato numerosi “graphic novel” tratti da celebri romanzi, come “Sostiene Pereira” di Antonio Tabucchi e “La luna e i falò” di Cesare Pavese. Con le “Edizioni del Capricorno” ha pubblicato “Storia di Torino a fumetti”“Il Grande Torino a fumetti” e “Il magnifico 7”. Vive tra Torino e Sestri Levante.

Gianni Milani

Nelle foto:

–       Cover “Maccaia” (“Ed. del Capricorno”)

–       Marco D’Aponte

–       Bruno Morchio

“Ottobre nero, Il dilemma israeliano e la guerra di Hamas”, al Circolo dei Lettori di Torino

A quasi un anno di distanza dall’attacco terroristico del 7 ottobre 2023, Stefano Piazza, giornalista di Panorama e La Verità, esperto di sicurezza e fondamentalismo islamico la scorsa settimana ha presentato, presso la Sala Musica del Circolo dei Lettori di Torino, il libro Ottobre nero, una testimonianza viva e documentata della tragedia che ha investito Israele prima e la Palestina dopo, adopera dei terroristi di Hamas. E’ intervenuta l’On. Sara Kelany di Fratelli d’Italia e la giornalista Maria La Barbera ha moderato l’evento.

   

Vi proponiamo una intervista all’autore di Alessandro Sartore

 

 

Partiamo dal titolo, “Ottobre nero” rimanda la memoria ad un altro atto sanguinoso, quello compiuto contro gli atleti israeliani alle Olimpiadi di Monaco ’72, da parte della organizzazione terroristica palestinese definita “Settembre nero”. Una scia di sangue che sembra non trovare fine.

 

A parte il titolo fortemente evocativo quanto avvenuto il 7/10/ 2023 credo sia paragonabile solo all’11 settembre 2001 per la pianificazione e la volontà di compiere una strage orrenda. Di fatto al-Qaeda, l’Isis o Hamas sono legate alla comune visione ideologia della Fratellanza musulmana. L’Iran vuole la distruzione di Israele e per questo finanzia i suoi proxy vedi Hamas, Jihad islamica, Huthi, milizie siro-irachene e altri. La lunga scia di sangue porta solo la firma iraniana tanto che ogni volta che c’è stata la possibilità di trovare un accordo i palestinesi si sono sempre sfilati anche perché lo status quo ha consentito ai capi e capetti di diventare ricchissimi e talvolta miliardari. Ogni euro o dollaro che arriva a Gaza finisce nelle loro mani e sono tutti soldi che Hamas usa per arricchirsi e per comprare missili e armi e non certo per la popolazione che usa come scudo umano. I palestinesi soffrono a causa di Hamas e non certo per gli israeliani. Il 7 ottobre 2023 non è stato una tragedia solo per Israele, ma una nuova macchia sulla civiltà umana nel suo insieme che ha dimenticato la Shoah. Quanto accaduto solleva domande profonde sulla natura dell’essere umano, sui pericoli dell’odio e del pregiudizio e sulle responsabilità degli individui e delle nazioni di fronte al male assoluto. Mi occupo di terrorismo e di fondamentalismo da molti anni, ma quanto ho visto durante il mio viaggio in Israele nel febbraio scorso è qualcosa di indicibile, di sconvolgente e che va combattuto, perché oggi tocca a Israele, domani invece sarà il nostro turno. Nessuno si illuda.

 

 

 

7 ottobre 2023, un atto terroristico di così grande portata come può essere sfuggito all’efficientissimo Mossad israeliano?

 

Sono stati commessi molti errori di valutazione sui quali si sta indagando e chi ha sbagliato dovrà pagare. Ma c’è un 7 ottobre che deve essere ancora scritto; chi impedì per ore le comunicazioni radio, telefoniche e web nel sud di Israele quella mattina? A mia precisa domanda la risposta è stata: «un’entità statale e stiamo indagando». Chi è stato e perché? Chi paga le manifestazioni di piazza contro Israele, chi finanzia le proteste negli atenei e chi paga coloro che vanno in televisione ogni giorno da ormai un anno per raccontare che Hamas è un movimento politico e che Israele è uno stato terrorista? Fateci caso: sono gli stessi che da più di due anni si sono messi al servizio della Russia di Vladimir Putin, lui sì criminale di guerra. Non può essere un caso.

 

 

 

Il tuo lavoro non è solo il tentativo di analizzare e comprendere come stanno veramente i fatti, ma pure una testimonianza di quanto accaduto. Sei stato sui luoghi della strage, cosa ti è rimasto impresso di quando visto?

 

Tutto perché ho visto il Male. È stato difficilissimo anche solo respirare quando sono entrato nelle case delle vittime vedi nel Kibbutz di Kvar Aza. Giovani vittime straziate in una maniera che è difficile raccontare e il racconto dei superstiti e delle famiglie degli ostaggi sono cose che non posso e voglio dimenticare. Credo di non essere mai davvero tornato da quei luoghi e questo mi rende un uomo migliore rispetto a prima.

 

 

 

I fatti tragici del 7 ottobre hanno riacceso lo scontro tra Israele e Hamas, elevandolo ad un livello che non ha precedenti. Ma dietro a questa recrudescenza della violenza ci sono precisi mandanti e nuovi posizionamenti politici, ce li puoi chiarire?

 

Come detto l’Iran è dietro a tutto questo e teme che Israele e Arabia Saudita si riconoscano reciprocamente perché così Teheran finirebbe nell’angolo. Ma questo accadrà e i mullah un giorno dovranno scappare di notte perché il popolo iraniano prima vittima delle loro nefandezze, li andrà a cercare. Nel conflitto si è subito inserita la Russia del criminale Vladimir Putin e degli staterelli a lei vicini. Anche costoro pagheranno il prezzo ed è solo questione di tempo.

 

 

 

In Occidente, intanto, sono esplosi un po’ovunque tanti fenomeni di antisemitismo. In molte università degli Stati Uniti abbiamo assistito a sit-in a favore della Palestina libera ma pure pro-Hamas. C’è tanta confusione nell’opinione pubblica, come la spieghi?

 

Con la corruzione. Il Qatar, l’Iran, il Kuwait e in passato l’Arabia Saudita, hanno investito miliardi di dollari nelle università americane dove hanno fatto nominare docenti di estrema sinistra e antisemiti per diffondere l’odio contro gli ebrei e oggi incassano quanto speso. Provo pena e disprezzo per quei giovani dalla testa vuota fomentati dai “cattivi maestri” e dai docenti corrotti, che parlano di “Palestina libera dal fiume al mare” quando il vero nemico è Hamas che opprime il suo stesso popolo usato come scudo umano.

 

 

 

Rigurgiti di antisemitismo si sono avuti anche in Europa, dall’Inghilterra alla Francia. Come può essere che nel continente che ha vissuto la Shoah il virus dell’odio contro gli ebrei sia ancora presente?

 

Stesse dinamiche con l’aggravante dell’immigrazione incontrollata degli ultimi anni. All’antisemitismo storico si è aggiunto quello arabo d’importazione che ha portato solo e soltanto guai.

 

 

 

C’è chi dice che per risolvere questo conflitto sia sufficiente dare ai palestinesi una terra con confini precisi. Tu come la vedi?

 

I palestinesi non vogliono questa soluzione perché per loro è meglio lo status quo e la distruzione di Israele. E poi con chi dovrebbe discutere Israele? Con una banda di tagliagole? Con gli Stati arabi? E quali? Oppure con l’Egitto che non vuole i palestinesi al punto di costruire muri ai suoi confini? “Due popoli due stati” è uno slogan pari a “Domani se non piove c’è il sole” e il dramma è che molti uomini politici lo ripetono come un mantra.

 

 

 

 

 

Negli ultimi giorni, Israele con i cyber attacchi compiuti attraverso i cerca persone ed i walkie-talkie ha inferto un duro colpo ai militanti di Hezbollah, ma soprattutto ha mostrato, dopo la defaillance del 7 ottobre, di disporre di uno stupefacente apparato tecnologico. Può essere questa la carta decisiva per piegare la resistenza dei suoi avversari?

 

Le guerre si vincono con la fanteria e con i soldati sul terreno. La tecnologia è importante ma il fattore umano è fondamentale. Hezbollah che sta distruggendo il Libano paga il prezzo dei suoi misfatti vedi gli oltre 8.000 missili lanciati contro Israele dall’8 ottobre 2023.

 

 

 

Quanto potrà influire sul proseguimento dello scontro il risultato delle prossime elezioni presidenziali negli Stati Uniti di novembre?

 

Credo sarà molto importante ma non decisivo ma di sicuro Kamala Harris e il suo entourage non sono certo il miglior alleato di Israele a differenza di Donald Trump.

 

 

 

Sul piano della comunicazione Israele appare in grossa difficoltà, per quale ragione i media mainstream tendono ad abbracciare la narrazione filo Hamas?

 

Follow the money” anche qui. Pensate ad Al Jazeera megafono della propaganda di Hamas che i media occidentali utilizzano come fonte. C’è chi lo fa per denaro, per una vacanza, un Rolex per sè o per l’amante, per una borsa di Hermes e chi si mette a disposizione perché appartiene alla categoria degli “idiotili utili” alla causa. Questa guerra così come quella in Ucraina ha mostrato quanto sia grave la situazione nel mondo dei media.

 

 

“Memorie d’acqua”, genti e dialetti nella prima metà del Novecento

A Palazzo Madama, sino al 18 novembre

Nel più ampio panorama di “Change! ieri, oggi, domani. Il Po”, si ritaglia un suo ben preciso e curiosissimo spazio il progetto espositivo “Memorie d’acqua. Parole e immagini”, a cura di Matteo Rivoira e della Redazione dell’Atlante Linguistico Italiano, Università degli Studi di Torino, a Palazzo Madama – Piccola Guardaroba e Gabinetto Cinese – sino al 18 novembre. Dovendosi qui in primo luogo sgombrare il campo dei dubbi di una mostra per pochi eletti, per studiosi raffinati, per portatori d’argomenti non sempre semplici e facilmente fruibili: oltre le tematiche affrontate da “Change!”, vi è “la lente interpretativa della lingua, della cultura popolare e della memoria collettiva” che le irrobustisce, “da quello della gestione dell’acqua secondo criteri di sostenibilità propri degli usi preindustriali, a quello della costruzione e cura del paesaggio come elemento vitale, sino al parallelo tra la biodiversità – rappresentata dalle svariate specie animali e vegetali – e la ricchezza terminologica dialettale documentata dall’Atlante Linguistico Italiano”.

L’Atlante è un patrimonio di cinque milioni di schede dialettali e di circa 9000 fotografie etnografiche, a cui s’uniscono una raccolta di carte geografiche che portano impresse la differenti traduzioni dialettali di un concetto o nozione o frase, sempre raccolte dalla viva voce delle persone intervistate: eccellente materiale che per quarant’anni sette raccoglitori, il primo fu Ugo Pellis (1882 – 1943), elencarono con l’aiuto degli “informatori” nei loro viaggi a volte avventurosi, ponendo domande, mostrando oggetti, sottoponendo illustrazioni e schizzando quanto ritrovato negli itinerari.

Un lavoro prezioso: “ogni richiesta è corredata da numerose informazioni che vanno dal modo in cui è stata posta la domanda (ad esempio se mostrando una figura o facendo un gesto), ai giorni esatti dell’inchiesta, alle caratteristiche socio-culturali dell’informatore”, materiale di studio trascritto e pubblicato nel 1995 in due volumi. Un materiale ricavato con passione da quelle agendine che ora riempiono le vetrine di cui è arricchita la mostra, autentici diari di viaggio del Pellis, “che quotidianamente annotava nel dettaglio notizie relative ai suoi spostamenti, ai soggiorni, alle difficoltà pratiche e organizzative che incontrava”: il tutto ad arricchire la memoria di un’Italia rigorosamente in bianco e nero della prima metà del Novecento, un’Italia fatta di borghi, soprattutto rurale, di strade poco trafficate, di nuclei familiari, di uomini e di donne che faticano, di casolari, di oggetti di uso quotidiano, di piante e di pesci, di parole e di dialetti che qualcuno ha provveduto a non disperdere.

Disseminati nelle carte geografiche, riscopriamo i “valori” e i significati del “martin pescatore” come del “pioppo” (“àlbera” e “albra”, “albrùn” e “albret” e “albaréla”, una catena che giunge tra l’altro a “tërmu” e “piopa”, e molti altri termini ancora), percorrendo idealmente le sponde e le campagne attorno al Po. Guardiamo ad altri corsi d’acqua, in un documento dell’agosto 1937, abbiamo l’immagine di un “batèl”, la imbarcazione più caratteristica del lago di Como, quella di manzoniana memoria, un “gozzetto” o “barca da pesca” che ha i tre semicerchi legnosi nella sua parte superiore, uniti da un travetto longitudinale utile a stendere un telo per riparare gli occupanti dal sole, senza i quali è chiamata semplicemente “barca”. C’è un’altra versione, la “Lucia”, dal momento che nella tradizione popolare la giovane protagonista dei “Promessi sposi” prese proprio questo tipo d’imbarcazione per raggiungere Fra’ Cristoforo a Pescarenico. Come in altra immagine si scorge, nelle acque di Porto Corsini (oggi Marina di Ravenna), in un documento del marzo 1928, una rete del tipo a bilancia, denominata “padlòn”, una rete da pesca formata da una pezza unica di forma generalmente quadrata; come dal Porto di Mantova, Porta Catena esattamente, con un documento del novembre 1928, arriva l’immagine di tre “batèi”, “batèl” al singolare, anch’essi imbarcazioni da pesca, e più in fondo un “bürcc”, un burchio, grande imbarcazione a remi, vela o alzaia (una fune per il traino controcorrente) per il trasporto di merci, con il fondo piatto per poter navigare con facilità sui bassi fondali di fiumi, canali e lagune. Come località del Piemonte ci riportano i termini degli antichi lavatoi, da “lavàur” o “lavàu” (Centallo, luglio 1941) o gli oggetti legati al bucato, il “baciàs” che è la vasca, il “segelìn” che è la seccia di rame, la “sibërtè” che è il mastello da bucato. Tutti termini che ricordano ancora oggi, al visitatore della mostra, la gente e i luoghi di Meana di Susa, in un documento del marzo 1936.

Elio Rabbione

Nelle immagini: Candia Canavese (To), 9 maggio 1936, fotografia n. 4405, punto di inchiesta 40; Cavazuccherina, Jesolo dal 1930 (Ve), 16 marzo 1931, fotografia n. 1575, punto di inchiesta 265; Cozzo (Pv), 23 febbraio 1938, fotografia n. 5594.

Il castello di Montecristo: il rifugio violato di Alexandre Dumas padre

Nel 2002, non senza qualche polemica da parte dei critici che mai erano stati molto teneri con la sua prolifica produzione, Alexandre Dumas padre entrava nel Pantheon di Parigi

Il senso della scelta di seppellire l’autore dei “Tre Moschettieri” accanto ad Émile Zola e Victor Hugo si evince chiaramente dalle parole che il Presidente francese Chirac pronunciò in quell’occasione, rivolgendosi direttamente a Dumas: “Con lei entrano nel Panthéon l’infanzia, le sue ore di lettura assaporate in segreto, l’emozione, la passione, l’avventura. Con lei abbiamo sognato e sogniamo ancora”.


Le pagine di Alexandre Dumas, i suoi personaggi, le sue storie sono stati protagonisti delle letture di intere generazioni e quando accanto al libro si sono imposte altre forme di comunicazione D’Artagnan, Edmond Dantès, la Regina Margot si sono soltanto trasferiti nel mondo della celluloide, continuando a perpetrare la propria immortalità.
Alexandre Dumas, dal canto suo, aveva voluto realizzare, almeno in parte, le proprie fantasie letterarie, decidendo nel 1844 di creare un “buen ritiro” che sembrasse uscito dai suoi romanzi.
Dalle sue idee stravaganti certo, ma sicuramente geniali e originali, nacque la proprietà situata a Port Marly poco distante da Parigi.
Dumas affidò all’architetto Hyppolite Duran la creazione, all’interno di un grande parco di un castello rinascimentale, le Chateau de Montecristo, la sua dimora, e proprio di fronte fece costruire un altro castello neogotico circondato da un fossato, le Chateau d’If, per farne il proprio studio, un edificio appartato e interamente ricoperto dai nomi dei suoi personaggi.
L’abitazione del celebre scrittore, salvata oggi dalla rovina grazie all’intervento dei privati, si presenta come la trasposizione architettonica delle pagine dei suoi romanzi, rievocando molte delle descrizioni del Conte di Montecristo sia attraverso la rigogliosa vegetazione e le grotte, sia con “le salon maresque” che richiama alla mente le immagini dei misteriosi appartamenti della principessa di Giannina Haydée.
Le Chateau de Montecristo, la trasposizione nella pietra delle fantasie di Dumas, una “bomboniera” secondo Honoré de Balzac, rimase per poco tempo proprietà dello scrittore che, rovinato dai debiti, fu costretto a svendere per 31.000 franchi una proprietà che a lui era costata parecchie centinaia.
Nel 1851 Dumas abbandonerà definitivamente il suo castello per rifugiarsi in Belgio, inseguito da centinaia di creditori.
Soltanto nel 1854 lo scrittore potrà fare ritorno a Parigi, ma ormai il suo rifugio era diventato proprietà di altri, era stato violato da presenze estranee e di quel periodo restava soltanto il ricordo.
Accade, in letteratura, che il racconto diventi un modo per dare vita al proprio desiderio di avventura, di viaggio, di evasione. Basti pensare a Emily Brontë che fece vivere ai personaggi del suo romanzo i grandi amori e i tormenti che la sua anima bramava o a Salgari che viaggiò in continenti lontani solo con la scrittura.
A Dumas fu concessa, invece, una vita frenetica e avventurosa come le sue opere.
Figlio di un generale della Rivoluzione francese che combatté anche al fianco di Napoleone, nipote di un marchese francese e di una schiava africana originaria di Haiti, orfano a 3 anni e mezzo, dopo un’infanzia difficile, a soli 21 anni entrò al servizio del re Luigi Filippo d’Orleans come copista, trovando presto l’ispirazione per scrivere opere teatrali e, successivamente, per creare i capolavori che l’avrebbero incoronato come padre del “feuilleton”.
In pochi anni raggiunse fama e ricchezza, costruì un castello e un teatro e in un tempo ancora più breve perse tutto. Iniziò a viaggiare, in Belgio, in Germania, in Russia, in Italia.
Nel 1860 finanziò e prese parte alla Spedizione dei Mille, fu testimone oculare della battaglia di Calatafimi e fu a fianco di Garibaldi quando entrò a Napoli, diventando così uno dei protagonisti del Risorgimento italiano.


Nel 1870 una malattia vascolare lo costrinse a trasferirsi a Puys, vicino a Dieppe, nella casa del figlio dove si spense il 5 dicembre.
Lo scrittore venne sepolto a Neuville-les-Dieppe e, poi, successivamente, come aveva disposto in vita, venne traslato a Villers Cotterêts, la sua città natale, accanto ai genitori.
Il trasferimento al Pantheon rappresenta l’ultimo capitolo, quello inaspettato, dell’esistenza di uno scrittore che aveva fatto dei colpi di scena il leitmotiv delle sue opere, il riconoscimento della sua grandezza giunto tardivo, esattamente come tardivo arrivato a D’Artagnan il bastone da maresciallo, mentre la morte lo coglieva.
Del resto era proprio Edmond Dantès divenuto il Conte di Montecristo ad affermare che “Tutta l’umana saggezza è racchiusa in queste due parole: attendere e sperare”.

Barbara Castellaro

Tre incontri con sette autori al Castello di Miradolo

Pensieri in Piazza

27-29 settembre 2024

 

 

La vita, il cambio di rotta e la storia della GKN sono i temi del festival “Pensieri in Piazza”, curato dall’associazione Pensieri in Piazza in collaborazione con la Fondazione Cosso, che porta al Castello di Miradolo (TO), dal 27 al 29 settembre, gli autori di tre libri per alimentare riflessioni, stimolare il dialogo e il confronto.

Il primo appuntamento, venerdì 27 settembre alle ore 17, è con gli autori Federico Cramer e Claudio Villiot di “Vita. Dialogo filosofico scientifico intorno al più straordinario fenomeno dell’universo” (Edizione ETS 2024) in dialogo con Paola Molino, direttrice de L’Eco del Chisone. Che cos’è la vita? Gli autori hanno affrontato la complessità e profondità del tema attraverso un dialogo interdisciplinare che, intrecciando conoscenze scientifiche e riflessioni filosofiche, permette di cogliere, almeno in parte, la natura profonda della vita e la rappresentazione che l’uomo ne dà e su cui si fonda la percezione che ha di sé stesso e i rapporti che instaura con gli altri esseri viventi.
In un tempo in cui dilaga nel mondo la distruzione della vita, dei suoi ecosistemi e degli esseri viventi che in essi abitano e l’estinzione di migliaia di specie ogni anno passa del tutto inosservata, questo libro vuole essere un contributo allo sviluppo di un modo diverso di guardare, pensare e interagire con il più straordinario fenomeno dell’universo, di cui siamo parte.

Sabato 28 settembre alle ore 17, l’incontro è con Guido Viale, Adriano Sella ed Elisabetta Ribet, autori con Serge Latouche e Carlo Petrini del libro “Cambiare rotta. Oltre la società della crescita” (Edizione Panerose 2024) che raccoglie in un solo testo un insieme di analisi e riflessioni che da prospettive diverse ma comunicanti individuano i limiti sempre più evidenti della “società della crescita”. Gli autori mostrano come sia sempre più urgente e necessario mettere in discussione questo modello economico, sociale, culturale e vedono nella scelta di nuovi atteggiamenti, valori e stili di vita, nella costruzione dal basso di iniziative e pratiche comunitarie, nella ridefinizione del rapporto tra esseri umani e le altre forme del vivente, le premesse per un possibile “cambio di rotta”.

Protagonista dell’ultimo appuntamento di domenica 29 settembre alle ore 17, è Silvia Giagnoni, autrice di “GKN. Cronistoria personale di un innamoramento collettivo” (Edizioni Panerose, in uscita). Il 9 luglio del 2021 la Gkn, gruppo britannico acquisito nel 2018 dal fondo finanziario Melrose, chiude il sito di Campi Bisenzio: licenzia via e-mail 422 lavoratori approfittando dello sblocco dei licenziamenti dopo l’emergenza Covid. Gli operai e la comunità solidale non ci stanno, scavalcano i cancelli e danno avvio all’assemblea permanente più lunga della storia sindacale italiana. Da metalmeccanici produttori di semiassi portano il racconto della loro incredibile vertenza in giro per l’Italia e l’Europa, in nome della convergenza delle lotte, studiano recitazione, organizzano festival letterari, ma soprattutto elaborano piani di riconversione industriale per ridare una vita all’insegna della transizione ecologica alla loro fabbrica, che nel corso dei mesi è diventata anche la nostra.

Erminia Caudana e Amerigo Bruna. Pionieri del restauro per la Biblioteca Nazionale

In occasione delle Giornate Europee del Patrimonio 2024sabato 28 settembre la Biblioteca Nazionale Universitaria di Torino ospita presso la Sala storica l’incontro dal titolo:

 Erminia Caudana e Amerigo Bruna. Pionieri del restauro per la Biblioteca Nazionale,  28 settembre 2024 ore 10.30 presso  Biblioteca Nazionale Universitaria, Sala storica – Piazza Carlo Alberto 3, Torino

Evento è dedicato alla restauratrice Caudana e al suo allievo Bruna, a cui si deve il recupero di centinaia di volumi gravemente danneggiati dall’incendio che colpì l’antica sede della Biblioteca, in via Po, nella notte tra il 25 e il 26 gennaio 1904.

All’indomani dell’incendio, la necessità di salvare il patrimonio librario scampato alla distruzione portò la Biblioteca Nazionale a contribuire fattivamente all’evoluzione delle tecniche di conservazione e restauro.

L’antico laboratorio, il primo istituito in una biblioteca pubblica statale, è oggi parzialmente ricostruito con arredi e attrezzi originali nello spazio espositivo della Sala storica.

In questa occasione la sala verrà intitolata alla memoria di Erminia Caudana, per il ruolo decisivo della restauratrice nella storia novecentesca dell’Istituto e per la preziosa eredità che ci ha consegnato.

PROGRAMMA

Saluti istituzionali

Guglielmo Bartoletti, Direttore Biblioteca Nazionale Universitaria di Torino

Fabrizio Antonielli d’Oulx, Presidente Associazione Amici Biblioteca Nazionale Universitaria di Torino (ABNUT)

Intervengono

Giovanni Saccani, Presidente Società Dante Alighieri – Comitato di Torino, già funzionario bibliotecario BNU Torino

Andrea Maria Ludovici, archivista e Amministratore delegato CulturAlpe s.c.

Paola Boffula Alimeni, papirologa e tecnica del restauro

Monica Bruna, donatrice ed erede di Erminia Caudana e Amerigo Bruna

Riccardo Lorenzino, Direttore editoriale e progetti museali Hapax Editore

A seguire visite guidate alla Sala storica condotte da Chiara Clemente e Vera Favro, archiviste e bibliotecarie CulturAlpe s.c.

Ingresso gratuito fino a esaurimento posti.

in allegato locandina.

Per informazioni:

bnuto.cultura.gov.it

bu-to.eventi@cultura.gov.it

www.abnut.it/

info@abnut.it