CULTURA- Pagina 5

Il Gattopardo di Netflix: la nuova serie è stata girata anche a Torino

La nuova serie Netflix “Il Gattopardo”, tratta dall’omonimo romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, ha debuttato il 5 marzo 2025 sulla piattaforma streaming

Questa reinterpretazione moderna vede protagonisti Kim Rossi Stuart, Benedetta Porcaroli, Deva Cassel e Saul Nanni.
La serie, diretta da Tom Shankland, Giuseppe Capotondi e Laura Luchetti, è stata girata in diverse location tra cui Roma, Palermo, Siracusa, Catania e Torino.
La serie “Il Gattopardo” racconta la storia della famiglia Salina durante il periodo dell’unificazione italiana, esplorando temi di potere, decadenza e cambiamento sociale. La nuova interpretazione di Netflix promette di offrire una visione fresca e coinvolgente di questo classico della letteratura italiana.

Torino parte della serie

Torino, con il suo fascino storico e architettonico, ha ospitato le riprese del quinto episodio della serie, diretto da Laura Luchetti.
Le scene sono state girate in luoghi iconici come Palazzo Civico, il Parlamento Subalpino e il Parco del Valentino. La città sabauda, con la sua bellezza senza tempo, ha offerto un’ambientazione perfetta per le vicende della famiglia Salina, capeggiata dal principe Don Fabrizio.
Le riprese a Torino si sono svolte a settembre 2023 e hanno coinvolto numerosi professionisti locali. Tra le location torinesi spiccano Piazza Carignano, Via Carlo Alberto, Piazza Palazzo di Città e il Museo Nazionale del Risorgimento.
La regista Laura Luchetti ha espresso grande emozione nel tornare a girare a Torino, città che aveva già ospitato le riprese del suo film “La Bella Estate”.
Questo episodio rappresenta un momento chiave della serie, incentrato sulle tematiche dell’amore, della passione e della rivelazione delle verità nascoste di alcuni personaggi.
Uno degli elementi più affascinanti dell’episodio è la scena del “Nabucco”, che ha richiesto la gestione di un intero coro e di centinaia di comparse all’interno del teatro.
Questa sequenza ha aggiunto una dimensione teatrale e corale alla narrazione, rendendo l’episodio particolarmente suggestivo.
Dal punto di vista tematico, il quinto episodio si distingue per il focus sui personaggi femminili, con Concetta, interpretata da Benedetta Porcaroli, che assume un ruolo centrale. Concetta, che fino a quel momento aveva vissuto all’ombra del padre Principe Fabrizio, interpretato da Kim Rossi Stuart, trova finalmente la forza di ribellarsi e reclamare il proprio spazio.
La sua evoluzione nella serie rappresenta un riscatto rispetto alla versione cinematografica di Visconti, rendendola una figura più autonoma e incisiva.
Parallelamente, il personaggio di Angelica, interpretato da Deva Cassel, viene mostrato in una luce più malinconica.
Pur essendo riuscita a conquistare la sua posizione attraverso la bellezza e lo charme, Angelica si ritrova intrappolata in un matrimonio che si rivela essere solo una facciata di felicità. La scena in cui Fabrizio e Concetta visitano Angelica e Tancredi nella loro casa da sposi svela le crepe di un’unione apparentemente perfetta.
Il quinto episodio assume dunque un valore simbolico, mostrando il contrasto tra il vecchio e il nuovo, tra il potere che si sgretola e le nuove generazioni che cercano il proprio posto nel mondo.
La frase pronunciata dal protagonista, “siamo una generazione disgraziata a cavallo fra i vecchi tempi e i nuovi”, sottolinea il senso di transizione e di perdita che permea l’intera serie.
Attraverso la scelta di Torino come sfondo per questi momenti cruciali, la serie conferisce ulteriore profondità e autenticità alla narrazione, rendendo la città non solo un semplice set, ma un elemento narrativo capace di arricchire il racconto di “Il Gattopardo” con il suo fascino senza tempo.

I Costumi

I costumi della serie sono stati curati da Carlo Poggioli ed Edoardo Russo, che hanno affrontato la sfida di reinterpretare gli abiti del film di Visconti per una nuova generazione. Poggioli, allievo del celebre costumista Piero Tosi, ha creato abiti che riflettono l’opulenza e la complessità dei personaggi.
Deva Cassel, che interpreta Angelica, indossa abiti dai toni caldi e passionali, mentre Benedetta Porcaroli, nei panni di Concetta, sfoggia abiti dai toni freddi come il verde e l’azzurro.
Poggioli ha spiegato che la realizzazione dei costumi ha richiesto un’attenzione particolare ai dettagli storici e alla qualità dei tessuti.
La serie presenta una varietà di abiti nuovi, poiché molti dei costumi originali del film di Visconti non erano più disponibili o erano troppo piccoli per gli attori di oggi.
La produzione ha coinvolto circa 8.000 comparse, tutte vestite con abiti accuratamente realizzati per riflettere l’epoca storica.
Dimenticare Il Gattopardo di Visconti
Per apprezzare appieno la nuova serie “Il Gattopardo” su Netflix, è necessario dimenticare la versione cinematografica di Luchino Visconti del 1963.
La serie, infatti, si distacca dall’approccio viscontiano per offrire una reinterpretazione più moderna e accessibile al pubblico contemporaneo. La regia di Tom Shankland, Giuseppe Capotondi e Laura Luchetti si concentra su una narrazione più dinamica e visivamente accattivante, pur mantenendo l’essenza del romanzo di Tomasi di Lampedusa.
La serie esplora in profondità i personaggi e le loro relazioni, mettendo in luce le sfumature psicologiche e i conflitti interiori che caratterizzano la famiglia Salina.
La scelta di girare in location autentiche e storicamente rilevanti, come Torino, contribuisce a creare un’atmosfera immersiva e realistica, che permette agli spettatori di immergersi completamente nel mondo de “Il Gattopardo”.

Conclusione

La nuova versione di “Il Gattopardo” su Netflix merita? Non resta che fare play così da scoprirlo ognuno in maniera personale.

 

CRISTINA TAVERNITI

Centro Pannunzio, rinnovo cariche: Anna Ricotti direttore

Ieri la Commissione elettorale del Centro Pannunzio, formata da Cesarina Assamoneo, Concetta Delle Femine, Carla De Stefanis e Bruna Maria Viola ha provveduto allo scrutinio delle schede elettorali del Centro per il rinnovo delle cariche sociali. Il verbale conclusivo con voti di tutti i candidati è stato affisso all’albo in sede a disposizione dei soci.
Una donna, la Dott. Anna Ricotti (nella foto mentre premia l’artista Ugo Nespolo) è stata eletta direttore del Centro e tra i dirigenti eletti le socie sono più del 50 per cento dei candidati.  Il presidente del Centro  prof Pier Franco Quaglieni ha nominato vice presidente vicaria la professoressa universitaria Maria Grazia Imarisio (nella foto sotto) e vice Presidente la professoressa Carla Sodini dell’ateneo Fiorentino. Le cariche elette varranno per il biennio 25 /27 .

“Sulle note della bellezza”, concerto immersivo nella luce della Galleria Grande

La Reggia di Venaria celebra l’avvicinarsi della Primavera con la terza edizione di “Sulle note della bellezza”, il suggestivo concerto immersivo nella luce mattutina della Galleria Grande. Per l’occasione la Reggia apre le sue porte ai visitatori alle 8.30, accogliendo il pubblico all’interno dell’incantevole galleria per immergersi nella bellezza dell’architettura juvarriana, progressivamente illuminata dalle luci del primo mattino e lasciarsi coinvolgere dalle note del Quartetto Prometeo, uno dei più importante ensemble cameristici europei. Dopo il concerto, prima di procedere alla visita dei giardini della Reggia, gli spettatori possono cogliere l’opportunità di una ricca esposizione nei suggestivi ambienti della stessa. Il programma del concerto prevede, di Joseph Haydn, “Sunrise” Quartetto op.76 n.4; di Dmitrij Šostakovič il Quartetto n.7; di Giorgio Federico Ghedini “Il terzo quartetto in un solo tempo”.

Il Quartetto Prometeo è composta da Nurit Stark al violino, Aldo Campagnari al violino, Danusha Waskiewicz alla viola, Francesco Dillon al violoncello. Ha ricevuto numerosi premi, tra cui il Leone d’Argento alla Biennale Musica di Venezia, e si è esibito nelle più importanti sale concerto come la Concert Gebow di Amsterdam, il Prague Spring Festival, il Mecklemburg Festival, l’Accademia di Santa Cecilia di Roma, la Società del Quartetto di Milano, Gli Amici della Musica di Firenze, il Teatro La Fenice, e ha collaborato con musicista del calibro di Mario Brunello, Enrico Pace, il Quartetto Balcea, David Geringas e altri. Dal 2013 è Quartetto in residence all’Accademia Chigiana di Siena, in collaborazione con la classe di Salvatore Sciarrino, e dal 2019 tiene corsi di quartetto presso l’Accademia Musicale Santa Cecilia di Portogruaro e dal 2020, a Roma, nell’ambito di Avos Project.

Domenica 16 marzo, ore 8.30.

Biglietto: 16 euro comprensivo della visita ai giardini e alla Reggia – gratuito per abbonamento musei. Costo colazione 12 euro

Prenotazione: silvia.caruso@compass-group.it

Mara Martellotta

Giuseppe Luigi Lagrange, nato Lagrangia a Torino

«Chi ha ottenuto notorietà all’estero, dovrebbe averla anche in patria» giusta affermazione, ma, e gli insuccessi? «in tal caso non tutto va detto» intervento pronto di qualcuno ….


Noi però crediamo che la verità storica non debba mai essere sottaciuta (e neppure addomesticata per soddisfare agli interessi di qualcuno). Cercherò allora di dirvi perché intendo parlare di Lagrangia (nome con il quale, nel 1736, il nostro personaggio venne registrato nell’atto che, primo, testimoniala sua venuta alla luce proprio a Torino).

Negli anni scorsi, Torino ha dedicato meritate attenzioni al matematico Giuseppe Luigi Lagrange (Torino, 1736 –Parigi, 1813), che, con il medico Cigna e il conte Saluzzo, fu fondatore della Società Privata che originò poi la nostra Reale Accademia delle Scienze. Così, nell’autunno del 2013, furono allestite una mostra e una pubblicazione di 128 pagine illustrate, sotto il titolo: «Lagrange. Un europeo a Torino». La scelta di quelle parole, però, non fu moltofelice perché, enfatizzando il cognome francese, sembravavoler dar lucro alla Città recuperando alla causa un transalpino! Operazione questa del tutto inutile e almeno non necessaria, perché si sa che, proprio da Torino,partirono personaggi e iniziative che ebbero successo in tutto il mondo.

Ora però andiamo alle pagine di quel volumetto, frutto dellacollaborazione di alcuni specialisti.

Nulla da eccepire sulle disamine attente degli storici della scienza, e meno male che si è anche ricorsi a studiosi come Maria Teresa Borgato e Luigi Pepe che al matematico«Lagrange» avevano già dedicato un elegante volumetto (illustrato di 206 pagine, edito a Torino nel 1990), nel quale, senza segnalarlo, si fece emenda della genealogia famigliare di Antonio Manno, sostituendo addirittura anchei nomi di alcuni personaggi riferiti da lui. – Disdicevole comunque era la divulgazione di questi nuovi elementi di storia famigliare, senza tener conto di quanto altri, più vicini a noi nel tempo, avevano scritto sull’argomento. Ricorderò allora che i nobili Lagrange sono stati argomentodel prezioso saggio, intitolato «Familles de La Grange La Grange –d’Arquien & La Grange – Trianon», facilmente accessibile in rete, dove fu pubblicato da Etienne Pattou nel 2006, con “dernière mise à jour: 21/02/2022 sur http://racineshistoire.free.fr//LGN, che nulla dice del nostro scienziato, delle sue origini e della sua famiglia. Per le commemorazioni torinesi del 2013, quindi, sarebbe stato auspicabile che si rendesse noto il luogo in cui, in Francia, nacque l’antenato suo che per primo si trasferì in Piemonte(evidentemente, i polverosi documenti dell’Archivio di Stato scoraggiarono le ricerche e si decise di lasciare le carte tranquille, tutelate dal loro silenzio centenario)!

Però, siccome quel nome di famiglia è presente negli Stati Sabaudi al di là dei monti, viene da segnalare che, su quelle zone, pubblicò Hippolyte Tavernier (Taninge et ses environs. Mémoire descriptif et historique, 1888,) rilevandola presenza dei Lagrange in Faucigny (la terra, fin dal XIV Secolo, frequentata dai nostri antenati). La circostanza ètaciuta non solo dal Manno, ma anche dal Pattou, che neppure nomina, in Savoia, l’esistenza storica di un marchese Lagrange, Jacques Abraham Raimond, morto nel 1854, e di un suo nipote, Marie Frédéric conte de Lagrange,sposo di Marie Antoinette Burdet (1828-1899), la figlia di quell’Aimé (1790-1862), libraio e tipografo della famosa stamperia di Annecy (il cui titolare, fregiato del titolo di «Imprimeur de l’Evêché et du Clergé», iniziò a operare nel 1732, con Jean-Baptiste da Seyssel, avolo di Aimé. mentresuo figlio Charles, che pure si era impratichito nella professione a Parigi, avrebbe ceduto la proprietà della libreria ad Abry nel 1872, e quella della tipografia a Niératnel 1876).

Ciò detto mi scuserò per questa digressione(genealogicamente basata su Geneanet-Albero genealogico Pierre Blanc, e storicamente su studi di S. Coutin, nostri e di altri), ho fatto cenno di un ramo collaterale del casato del quale porto il nome, quindi, forte dei miei studi ultraventennali sul XVIII Secolo, già opportunamente pubblicati (con contributo della Regione Piemonte e titolo:Carlo Antonio Napione (1756 – 1814), Artigliere e scienziato in Europa e in Brasile, un ritratto, Torino, Celid, 2005, 2 tomi illustrati di pp. XVI+940], farò una doverosaemenda puntualizzando quanto fu scritto, undici anni or sono, su Lagrange in merito al suo rapporto con le Scuole di Artiglieria torinesi.

Studiando le origini dell’Artiglieria Piemontese infatti, ho ritrovato, letto, trascritto e pubblicato (nel tomo 1° di quella mia opera) diversi documenti conservati tra le Carte Antiche d’Artiglieria alle Sezioni Riunite dell’Archivio di Stato di Torino. In particolare l’«Informazione rassegnata a S.M. dal Direttore Generale delle Scuole d’Artiglieria D’Antonj, nella quale si descrivono i motivi dello stabilimento di dette Scuole, le addizioni fatte in seguito al primiero Regolamento, i mezzi, ed i modi adoperati dal medesimo Direttore per conseguire il fine, cui mira tale Stabilimento, ed i progressi, che ne sono derivati da tutte le disposizioni prese a tale riguardo» datata 17 ottobre 1776. Poiché in quelle pagine è chiaro che «si è dato principio li 2. del 1770 a un quarto Corso di studj teorici colla scelta di nuovi Cadetti ... Questo corso, è stato terminato in fine d’Agosto 1776 coll’esito descritto nella memoria de’ 6. Luglio del Direttore generale, e nella relazione del primo Settembre dello stesso anno per le scuole teoriche. Le materie insegnate in questo Corso sono le medesime già spiegate nel Corso precedente a norma delle addizioni del 1755, con questo divario però che siccome i trattati matematici formati da’ due diversi soggetti (§10H) quantunque esimj in se medesimi, erano fra essi slegati a segno, che hanno non pocco imbarazzato gli studenti, così il Direttore generale ha per questo corso rifatti essi trattati, di modo che nell’escludere ogni diramazione non necessaria alla professione d’Artigliere, e d’Ingegnere, ha procurato di condurre gli Allievi per la strada più breve, e facile all’acquisto di quelle notizie, che per essi sono indispensabili» e, in nota, il generale  Papacino andava chiarendo: «Il talento sublime del sostituito La Grangia, che con tutta ragione lo ha collocato fra i primi Accademici d’Europa, non le ha permesso di sminuzzare i rudimenti a noi necessarj, onde hanno giudicato rettamente coloro, che nell’altro corso ne hanno censurato i trattati per essere troppo elevati, metafisici, difusi in materie estranee, e mancanti d’applicazione alle professioni d’Artigliere, e d’Ingegnere. Ma se taluno pronunciasse lo stesso giudizio sulli insegnamenti fatti in quest’ultimo corso, si dimostrerebbe digiuno in queste materie».

Grazie a quanto scrissi sul nostro Napione, queste notizie avrebbero potuto essere prese in considerazione, perLagrange, infatti i miei due tomi, già pubblicati da otto anni, erano presenti, non solo in Italia, ma nelle principali biblioteche del mondo però, su quell’opera, ritornerò ancora , in questa sede.

Carlo Alfonso Maria Burdet

Il fantasma di Tom Joad si aggira ancora per l’America

Tom Joad è il protagonista del romanzo più famoso di John Steinbeck, The Grapes of Wrath ( i grappoli d’ira) uscito negli Stati Uniti nel 1939 e conosciuto in Italia con il titolo Furore. Un capolavoro senza età dal quale John Ford trasse uno storico film (con Henry Fonda nel ruolo di Tom Joad). Il libro racconta un’epopea ambientata negli anni Trenta  del Novecento, durante la Grande Depressione negli Stati Uniti, narrando la storia di una famiglia costretta a lasciare la propria casa e la propria terra a causa della crisi economica, per trovare un nuovo futuro in un altro stato della grande nazione a stelle e strisce. Il capolavoro di Steinbeck giunse in Italia in epoca fascista e il regime immaginò di utilizzarne la storia in versione antiamericana, allo scopo di diffondere una immagine violenta e piuttosto primitiva dell’America di quegli anni.

Pubblicato da Bompiani venne comunque censurato perché, in fondo, quella ricerca ostinata di una speranza assumeva quei caratteri universali che al Duce e al suo entourage non piacevano per niente. Pagina dopo pagina John Steinbeck ci accompagna nella biblica trasmigrazione della famiglia Joad, assieme ad altre centinaia di poveri, dall´Oklahoma attraverso il Texas, il New Mexico e l´Arizona, lungo le famosa Route 66 ( che conoscerà altre storie letterarie, da Kerouac a tanti altri), fino alla California, “il paese del latte e del miele”, in cerca di una vita nuova e un poco di fortuna. Una speranza che viene ben presto delusa perché vi troveranno amarezze e stenti, al limite della sopravvivenza: paghe da fame, padroni duri e cinici, lavori da schiavi. Erano gli anni della grande crisi dopo il crollo di Wall Street nel 1929, dell’America dura e disperata, della lotta di classe più aspra, dei sogni che s’infrangevano a contatto con la  realtà. Woody Guthrie, il “menestrello della Grande Depressione”, padre putativo del folk revival degli anni ’60, scrisse una grande ballata su Tom Joad nel 1940, quasi dieci anni prima che Bruce Springsteen, il “boss” del rock, venisse al mondo. Influenzato da Guthrie e dalla storia, molti decenni dopo Springsteen trasformò Tom Joad in uno spirito, capace aggirarsi ovunque come un fantasma alla ricerca di una giustizia e una rivalsa in un mondo nel quale il destino degli emarginati è inevitabilmente un destino segnato da una cruda realtà che non smette di riproporre la propria attualità. The Ghost of Tom Joad è una canzone che parla di diseredati, di povertà e di un sistema economico spietato e ingiusto.

Un testo che non lascia spazio ai dubbi: “L’autostrada è viva questa notte e dove va a finire tutti lo sanno, io sono seduto qui accanto alla luce del fuoco ad aspettare il fantasma di Tom Joad. Ora, Tom diceva: – Mamma, ovunque ci sia un poliziotto che picchia un ragazzo, ovunque un neonato pianga per la fame, ovunque ci sia una battaglia contro il sangue e l’odio nell’aria, cercami mamma, io sarò là. Ovunque ci siano uomini che lottano per un posto dove stare o per un lavoro decente, o per una mano che li aiuti, ovunque ci sia gente che sta lottando per essere libera, guarda nei loro occhi, Mamma, e tu vedrai me –“. Il fantasma di Tom Joad è ancora ben presente nell’America di oggi, e anche se sono passati quasi ottant’anni l’impressione è che per gli ultimi ben poco sia cambiato. The Ghost of Tom Joad  è stato l’undicesimo album in studio di Springsteen, pubblicato nel 1995 dalla CBS Records. Presidente degli “states” era il democratico Bill Clinton che, di lì a poco, sarebbe stato rieletto alla guida della nazione. Un anno dopo, nel 1996, Springsteen, ne parlava così: “La maggior parte delle cose che ho scritto riguardano l’America di oggi, anche se trovano le loro origini nel passato. Anche la canzone di Tom Joad non è storica, ma è sull’America degli anni ’90“.

E, possiamo aggiungere, anche su quella odierna al tempo del secondo mandato di Donald Trump. Nella canzone si parla dell’autostrada, luogo simbolo del sogno americano, esaltato dalla generazione beat. Un immaginario ancora ben vivo ma popolato da gente senza speranza, il cui destino è un fuoco acceso sotto un ponte per scaldarsi. I Tom Joad di oggi sono i nuovi poveri, le vittime della grande recessione e della crisi economica che prese avvio negli Stati Uniti d’America nel 2007 in seguito allo scoppio della bolla immobiliare dei subprime, i disgraziati messi in ginocchio dalla pandemia del Covid, gli afroamericani e i latinos, gli homeless e in migranti, le principali vittime del nuovo ordine mondiale che piace al 47° Presidente degli Stati Uniti e al suo amico Elon Musk, l’uomo più ricco del mondo, sempre più affollato di gente senza lavoro e disperata, con poche libertà e scarso futuro.

Marco Travaglini

Da Binaria una raccolta di racconti per il progetto Borgo San Paolo stories

Il 20 marzo alle 18,30 un incontro per lanciare la raccolta di racconti

Il progetto Stories, che vede la collaborazione della casa editrice Graphot e dell’Associazione Ponti di parole, ha portato in quattro anni alla pubblicazione di dieci volumi coinvolgendo centinaia di persone nella scrittura e nel racconto del proprio quartiere e della propria città.

Dopo l’uscita di Collegno stories si torna a Torino, fra i quartieri, per proseguire il viaggio attraverso le comunità. Questa volta tocca a Borgo San Paolo, il quartiere operaio che tante volte si è reinventato.

Il progetto sarà lanciato ufficialmente giovedì 20 marzo, alle ore 18,30, presso la sede di Binaria con Alberto Bozzolan, Laura Giachino, Rocco Pinto, Filippo Scisciani e sono attesi altri ospiti.

A questa avventura collaborano le librerie del quartiere: Binaria, Belgravia, Donostia, Libraccio Torino Monginevro, Mondadori Bookstore Sabotino, Nisa, Oltre il catalogo, Sturiellet, e Il Ponte sulla Dora da cui il progetto Stories ha avuto inizio.

Prosegue così il viaggio di Stories, il racconto collettivo che coinvolge direttamente i cittadini con le loro esperienze e i loro ricordi, dopo aver narrato i quartieri torinesi di Borgo Rossini, Barriera di Milano, Santa Rita, Porta Palazzo, Vanchiglia e Vanchiglietta e le città di San Mauro, Collegno, Prali, Sparone, Noli.

La raccolta dei racconti dura fino al 15 giugno 2025. È sufficiente inviare un contributo di massimo 5000 battute (spazi inclusi), con l’autorizzazione alla pubblicazione, all’indirizzo email pontidiparole.to@gmail.com con oggetto “Borgo San Paolo stories”. Chi lo desidera può inviare anche una foto, sempre con l’autorizzazione alla pubblicazione, e un suggerimento per il titolo.

Al via  le Feste di fine inverno: “La cultura dietro l’angolo” in tutta Torino

Il 6 marzo hanno avuto inizio le feste di fine inverno de “La cultura dietro l’angolo”, il progetto di Città di Torino e Fondazione Compagnia di San Paolo, per portare la cultura a poca distanza da casa, creando nuove occasioni di relazione, condivisione e partecipazione.

La nuova edizione, rinnovata e ampliata nel numero di appuntamenti e istituzioni culturali che propongono le attività nei presidi diffusi su tutto il territorio, è pensata con una valenza biennale anche a seguito del riscontro più che positivo ottenuto negli anni precedenti.

“Per un progetto che mira alla costruzione di relazioni e occasioni di socializzazione uno a uno attraverso la cultura – spiega l’assessore alla Cultura Rosanna Purchia – gli oltre 12 mila passaggi agli appuntamenti del programma 2024, più del doppio rispetto all’anno precedente, sono un risultato importante che testimonia il crescente interesse del pubblico per un’offerta culturale diffusa e accessibile, capace di avvicinare sempre più persone alla cultura.

Nell’arco di questi tre anni il progetto ha visto un numero sempre più crescente di tesserati e una crescente fidelizzazione da parte del pubblico, un successo tutt’altro che scontato, reso possibile dalla sinergia tra tutti i soggetti coinvolti, di cui siamo davvero orgogliosi”.

“La cultura ha un valore sociale inestimabile ed è un potente motore di cambiamento che favorisce la coesione, l’inclusione e la cittadinanza attiva – ha dichiarato l’assessore alle Politiche sociali Jacopo Rosatelli – Promuovere cultura significa anche aiutare a superare le diseguaglianze, abbattere le barriere sociali e combattere l’esclusione, rafforzando il senso di comunità. Ecco perché questa iniziativa che si propone di rendere la cultura accessibile a tutte e a tutti, è così apprezzata sul territorio cittadino, dove rappresenta una importante occasione di incontro e promozione nelle Case del Quartiere, nelle biblioteche civiche, nelle sedi di enti culturali e nei numerosi spazi pubblici coinvolti”.

Un questionario di soddisfazione condotto telefonicamente su un campione rappresentativo di 314 partecipanti, ha rilevato un elevato gradimento per le attività proposte nell’edizione 2024 di “La cultura dietro l’angolo”, ottenendo un 98 per cento di giudizi positivo di cui il 61% molto positivo.

Oltre alla qualità dell’offerta culturale, il progetto ha rappresentato un’importante occasione di scoperta del territorio e di creazione di nuove relazioni sociali. Il 43% degli intervistati ha esplorato angoli della città che non conosceva, mentre il 77% ritiene che l’iniziativa abbia valorizzato il proprio tempo libero.

“La cultura dietro l’angolo” ha inoltre favorito nuove connessioni sociali tanto che il 72% degli intervistati ha riscoperto il piacere di stare in compagnia e il 57% ha mantenuto i contatti con le persone conosciute durante gli appuntamenti.

La quarta edizione della Cultura dietro l’angolo si aprirà con una grande festa di fine inverno, diffusa nei presidi territoriali da giovedì 6 a sabato 8 marzo. Ogni festa nasce dalla co- progettazione di un presidio territoriale e di uno o più istituzioni culturali. Le case di quartiere, le biblioteche civiche e i presidi del territorio si animeranno di concerti, spettacoli teatrali, performance artistiche, giochi e appuntamenti di divulgazione scientifica, coinvolgendo la cittadinanza. La festa di fine estate si terrà invece dal 25 al 27 settembre.

L’Associazione Centro Scienza Onlus propone un percorso sul tema dell’informazione e dell’importanza dell’affidabilità delle fonti, partendo con il laboratorio “La bussola delle News” per poi proseguire sul tema del cambiamento climatico con “ Che clima c’è “ e su quello delle energie rinnovabili e della decarbonizzazione con “Da fossile a green”.

La Fondazione TGR propone “Traiettorie, Raccontare se stessi attraverso il teatro”, un percorso di storytelling in tre appuntamenti incentrato sul raccontare se stessi attraverso il linguaggio teatrale, di cui verrà creata una restituzione in formato audiovisivo.

Il Museo Egizio realizzerà un laboratorio all’incrocio tra saper fare, memoria e archeologia, diviso in più momenti. La memoria del fare è una presentazione delle trasformazioni del museo e della nuova sezione “Materie. Forma del tempo”. “Io so fare” inviterà i partecipanti a condividere un’abilità artigianale o la storia di un oggetto significativo. Nell’ultima fase “Mani in pasta nell’archeologia” i partecipanti impareranno le tecniche di lavorazione dell’argilla, realizzando un oggetto ispirato ai reperti egizi.

Le Gallerie d’Italia di Torino proporranno un percorso dedicato alla fotografia articolato in tre momenti. In “Ritratti di luce” i partecipanti si caleranno nei panni del fotografo, del modello e del tecnico delle luci, in un vero e proprio set fotografico. In “Tracce di Blu” fotografie d’autore vengono trasformate in segnalibri personalizzati mentre in “Tela Versus Pixel”, con l’uso dell’intelligenza artificiale alcune opere della collezione pittorica delle Gallerie verranno trasformate in una raccolta fotografica contemporanea.

La proposta del Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale si articola in una serie di laboratori incentrati sulla funzione del linguaggio e sul suo valore all’interno di un nucleo di cittadini, grande o piccolo che sia. La Fondazione TPE-Teatro Piemonte Europa proporrà tre diversi laboratori teatrali “ Relazioni in movimento “, intitolati rispettivamente “Relazione me e me”, “Relazione me e l’altro” e “Relazione me e lo spazio”.

L’Unione Musicale proporrà tre momenti dedicati alla condivisione della musica dal vivo “ Tutti in coro”, concerto corale interattivo in cui i partecipanti assaporeranno la bellezza del cantare insieme, “Ascolta che musica” e “Ottoni per aria”, occasioni di avvicinamento alla musica classica, per conoscerne i segreti e curiosità attraverso l’ascolto di celebri brani di grandi autori.

Tra gli altri la GAM presenta tre appuntamenti ispirati alla programmazione primaverile e autunnale del museo. In dialogo con la mostra “Lasciatemi divertire” di Fausto Melotti, l’attività In leggerezza propone ai partecipanti di creare piccole sculture con fili di metallo. “Elementi differenti” prende spunto dall’esposizione dell’artista contemporanea Alice Cattaneo, suggerendo attività di composizione che interagiscono con l’ambiente. “Come d’incanto” è un’attività ispirata al nuovo allestimento museale, che indaga il tema della notte come spazio di trasformazione. Un percorso in tre tappe che insegna ad usare lo smartphone per fotografare e per raccontare storie personali attraverso la fotocamera del telefono è proposto da Camera, Centro Italiano per la Fotografia. Un percorso di lettura condivisa in tre tappe dal titolo “Leggere insieme”, con particolare attenzione alla lettura ad alta voce, è proposto dalla Fondazione Circolo dei Lettori. Il Polo del Novecento propone, invece, un percorso laboratoriale in tre tappe sul colonialismo italiano, diviso in “Storie” , “Memorie” e “Presente”, che fa emergere le tracce del colonialismo nella società contemporanea.

Un percorso laboratoriale in tre parti che unisce musica e pittura è proposto dall’Orchestra Filarmonica di Torino. All’interno del progetto trovano spazio i Gruppi di Proposta, un’opportunità di volontariato per i cittadini che desiderano mettere a disposizione della collettività passioni e competenze, per un’occasione per rafforzare e allargare le relazioni delle persone con il territorio.

Mara Martellotta

Foto archivio

Festa della Donna alla GAM, al MAO e a Palazzo Madama: ingresso a 1 euro

Sabato 8 marzo 2025

Ingresso a 1€ alle collezioni e alle mostre temporanee di GAM, MAO e Palazzo Madama

per tutte le visitatrici in occasione della Giornata Internazionale della donna

 

La Fondazione Torino Musei celebra la Giornata Internazionale della Donna e propone a tutte le visitatrici il biglietto di ingresso a tariffa speciale di 1€ per le collezioni permanenti nella giornata dell’8 marzo.

Inclusi nel biglietto delle collezioni anche i progetti espositivi Hanauri. Il Giappone dei venditori di fiori al MAO, Giro di posta. Primo Levi, le Germanie, l’EuropaBianco al femminile. Sei secoli di capolavori tessili dalle collezioni di Palazzo Madama e Petri a Torino. La donazione di Attilio Bonci a Palazzo Madama e GRASSO. Giuseppe Gabellone e Diego Perrone alla GAM.

Aggiungendo 1 € si potrà accedere anche alle mostre temporanee Mary HeilmannMaria Morganti e alla GAMRabbit Inhabits the Moon. L’arte di Nam June Paik allo specchio del tempo al MAO e Visitate l’Italia. Promozione e pubblicità turistica 199-1950 a Palazzo Madama.

Esclusa dalla promozione la mostra Berthe Morisot. Pittrice impressionista alla GAM.

 

La tariffa di 1€ non sarà applicata alle visitatrici già in possesso di Abbonamento Musei, Torino Card o aventi diritto alla gratuità e a tutte le altre persone con gli stessi requisiti

In occasione della giornata, Cooperativa Sociale Mirafiori propone alcune visite guidate speciali tematiche:

GAM

sabato 8 marzo 2025, ore 15 e domenica 9 marzo, ore 16:30 | Le donne nell’arte: Berthe Morisot

sabato 8 marzo, ore 16.30 | Cherchez la femme! Le collezioni e il deposito vivente

domenica 9 marzo, ore 15 | Le donne nell’arte: Mary Heilmann

Costo: € 7 a persona.  Prenotazione obbligatoria: t. 011 5211788 prenotazioniftm@arteintorino.com

MAO

sabato 8 marzo ore 16:30 | Donne da Oriente

domenica 9 marzo ore 16:30 | Dee da Oriente

Costo: € 7 a persona. Prenotazione obbligatoria: t. 011 5211788 prenotazioniftm@arteintorino.com

PALAZZO MADAMA

sabato 8 marzo ore 16.30 | 52 sfumature di bianco

domenica 9 marzo ore 16.30 | Donne da raccontare

Costo: € 8 a persona. Prenotazione obbligatoria: t. 011 5211788 prenotazioniftm@arteintorino.com

Verso nuovi orizzonti: Torino e l’élite urbana del Duecento

Breve storia di Torino


1 Le origini di Torino: prima e dopo Augusta Taurinorum
2 Torino tra i barbari
3 Verso nuovi orizzonti: Torino postcarolingia
4 Verso nuovi orizzonti: Torino e l’élite urbana del Duecento
5 Breve storia dei Savoia, signori torinesi
6 Torino Capitale
7 La Torino di Napoleone
8 Torino al tempo del Risorgimento
9 Le guerre, il Fascismo, la crisi di una ex capitale
10 Torino oggi? Riflessioni su una capitale industriale tra successo e crisi

 

4 Verso nuovi orizzonti: Torino e l’élite urbana del Duecento

 

Si è parlato finora dei Taurini, dei Romani, di Carlo Magno e dei Barbari, e ancora si sono citati Arduino e la contessa Adelaide, oggi invece ci occupiamo della Torino del Duecento, a cavallo delle lotte tra Imperatore, Papato e comuni e limminente arrivo dei Savoia, famiglia a cui lurbe si lega indissolubilmente.
I fatti risultano nuovamente intricati, sullo sfondo nuovi assetti scombussolano il territorio europeo e la nostra bella città si trova a galleggiare tra guerre e poteri che la vedono comunque coinvolta, anche se non proprio in prima linea.
È il 1155, Federico I di Hohenstaufen, meglio noto con lappellativo Barbarossa, viene eletto imperatore. Egli è convinto di poter risollevare le sorti del potere imperiale del Regno Italico, così nel 1158 indice unassemblea durante la quale presenta il suo puntiglioso programma, sostenendo di voler governare direttamente i territori italiani, di voler nominare personalmente i funzionari amministrativi, e infine di essere deciso a ripristinare limposizione fiscale.
Il piano tuttavia è tuttaltro che apprezzato, soprattutto dal papa e da molte città del nord, in primis Milano.
Tale malcontento porterà poi alla costituzione della Lega Lombarda (1167), voluta dal papa Alessandro III e dalla maggior parte dei comuni nordici, ormai abituati ad una indipendenza de facto.
Allinizio la Fortuna appoggia Barbarossa, tant’è che egli, dopo aver clamorosamente messo a ferro e fuoco Milano, entra trionfale a Torino il giorno di Ferragosto, insieme alla moglie, e qui, proprio nella cattedrale piemontese, viene incoronato.
Ma la Dea è cieca e volubile, e finisce per voltare le spalle allImperatore, che nel 1168 è costretto alla fuga attraverso Susa.

Negli anni seguenti accadono altri scontri tra il Barbarossa, che tenta una riconquista dei territori, e la Lega lombarda: le vicende non sostengono lImperatore, che, infine, nel 1183, dopo la sconfitta di Legnano (1174), sigla un trattato di pace con cui riconosce lautonomia alla città del nord Italia.
È bene ricordare tuttavia che Torino rimane sempre fedele allImperatore, non aderisce alla Lega e si ritrova ad essere nelle mani dei vescovi di turno o degli effimeri alleati del Barbarossa: dapprima infatti è il vescovo Carlo ad essere figura di riferimento per la cittadinanza, in seguito tale incarico è affidato a Milone e poi a Umberto III di Savoia. Federico I resta interessato a governare su Torino, a causa della strategica posizione geografica: a testimonianza  di ciò si sa che egli aveva una residenza, allinterno delle mura cittadine, in un vero e proprio palazzo imperiale. Nel tentativo di controllare lurbe e non solo- il Barbarossa istituisce dei nuovi funzionari: i podestà. Si tratta di amministratori e giudici che dovevano mantenere la pace e riscuotere pedaggi e tasse per conto dellImpero; queste figure rendono il sistema governativo più efficace e sottile, inoltre vantano una formazione legale nonché una schiera di collaboratori personali e possiedono una scorta armata. I podestàesercitano un incarico itinerante, dopo circa sei mesi essi devono spostarsi altrove, aspetto che li rende più imparziali nel giudizio, a confronto dei pubblici ufficiali o dei consoli locali.
Alla fine del XII secolo il comune di Torino si presenta tutto sommato tranquillo ed ordinato: consoli e podestà si susseguono ordinatamente, lassemblea cittadina si riunisce periodicamente e le decisioni che vengono prese durante tali incontri sono trascritte in un corpus che si affianca alle indicazioni designate affinchè si attui un buon governo.

 

Tuttavia la Storia ci insegna che gli eventi sono in continuo mutamento, è infatti proprio durante questo tempo tranquillo che alcune famiglie particolarmente agiate si apprestano ad assumere il controllo della città. Spiccano tra l’élite urbana alcuni protagonisti, tra cui Pietro Porcello, i cui interessi si espandono dalla città al contado. Egli è funzionario amministrativo e vassallo del vescovo, per conto del quale gestisce addirittura un castello, inoltre è menzionato come console assai conosciuto e membro di alto rango nell’élite cittadina.
I cittadini più abbienti erano soliti autodefinirsi nobiles e facevano riferimento alle proprie famiglie come dinastie patrilineari, copiando le abitudini della nobiltà fondiaria.
Alla fine del XII secolo tali gruppi sono quasi una quindicina, tra questi è bene annoverare i Della Rovere, i Borgesio, i Calcagno, i Beccuti e gli Zucca, questi ultimi particolarmente legati alla realtàtorinese.
I nobiles fanno ovviamente coalizione compatta tra loro, grazie a legami matrimoniali intenti a mantenere questo status privilegiato. È possibile avere unidea di come tali famiglie vivessero e accumulassero terre e averi grazie ad uno specifico documento, il testamento di Enrico Maltraverso, redatto intorno al 1214.
Egli dispone che, dopo la sua dipartita, la ricchezza posseduta venga suddivisa tra le quattro figlie e alcune istituzioni ecclesiastiche; la fortuna della famiglia deriva dai possedimenti fondiari, costituiti da molti territori circoscritti a Torino e dintorni: ville, giardini, una macelleria, un vigneto e diversi appezzamenti di terreni agricoli. Tale Maltraverso, come altri elitari, possiede inoltre diversi beni sparsi tra città e campagna e ha il diritto di riscossione dei pedaggi a Rivoli.
Altri dettagli che si possono leggere nel testamento sono prima di tutto che una cospicua parte delleredità spetta alla figlia badessa del convento di San Pietro, ma poi che la parte più ingente di tutto il lascito è devoluta al monastero di San Solutore, dove lo stesso Maltraverso fa edificare una cappella in suo onore. Non è difficile comprendere il motivo di tale attenzione nei confronti della Santissima Chiesa: il pio Enrico tenta di placare linevitabile castigo divino che lo attende per aver praticato lusura durante buona parte della sua vita; il tentativo fa sorridere, ancora di più perché nemmeno dopo la morte Maltraverso mostra carità nei confronti dei creditori, al punto che incarica il collega usuraio Giovanni Cane di riscuotere i crediti precedenti.
Abbiamo alcune informazioni anche su questultimo losco figuro, il Signor Cane diventa presto uno degli uomini più facoltosi della città, ma anchegli pare avesse la coda di paglia: nel suo testamento, redatto nel 1244,  si legge di ingenti donazioni rivolte alla chiesa di San Francesco, con specifiche di ammenda per i propri peccati legati alla vita terrena.
Attraverso tali personaggi si evince che le ricchezze di certa élite torinese è spesso derivata da denaro ottenuto per mezzo di scambi, pagamenti di pedaggi o prestiti e non da attività commerciali o di qualsivoglia produzione. È poi chiaro il legame tra questi nobilesusurai e la Chiesa, che non disdegna di ricevere donazioni per finanziare enti ecclesiastici, ospedali o altre istituzioni religiose; nésono da dimenticare i rapporti più interpersonali tra le due categorie, come dimostrano i canonicati delle cattedrali o le posizioni allinterno dei monasteri più prestigiosi, affidate proprio a figli o figlie di questi ricchi nobiluomini, in modo da assicurare alle varie famiglie un avanzamento sociale e una stabile rete di appoggio costituita da politici e finanziatori: favori che garantiscono a questa esecrabile élite dominante una salda posizione di rilievo allinterno della gerarchia amministrativa comunale o ecclesiastica. É per via di questi spregiudicati che pian piano la figura del vescovo viene surclassata, fino al definitivo colpo di grazia dovuto allinsorgere delle insidie dei signori vicino a Torino, altri aspiranti al potere che si fanno forti della situazione problematica causata dalla contesa tra i comuni della Lega, lImperatore e il Papa.
Il vento sta cambiando ancora, questa volta sussurra il nome dei Savoia.

ALESSIA CAGNOTTO

Dall’“età fragile” al bello dell’improvvisazione musicale

Sarà Donatella Di Pietrantonio, “Premio Strega 2024, la prossima ospite della “Fondazione E. di Mirafiore”. Dopo di lei la “grande musica” di Stefano Bollani

Venerdì 7 e sabato 8 marzo

Serralunga d’Alba (Cuneo)

Come da tradizione, non può mai mancare, negli incontri del “Villaggio Narrante” di “Fontanafredda”, organizzati dalla “Fondazione E. di Mirafiore”, l’ultimo vincitore del letterario “Premio Strega”. Così, venerdì 7 marzo (ore 19) sarà ospite a Serralunga d’Alba, la scrittrice di Arsita (Teramo), oggi residente a Penne, nel Pescarese, Donatella Di Pietrantonio con il suo ultimo libro “L’età fragile”, vincitore, per l’appunto, lo scorso giugno 2024, del prestigioso riconoscimento. Ma non solo. Il fine settimana del cosiddetto “Laboratorio di Resistenza Permanente” della “Fondazione” (voluta da Oscar Farinetti, nel 2010) abbinerà infatti all’alta “scrittura”, un eccezionale fuori programma “dialogico – musicale” dal titolo alquanto significativo de “Il bello dell’improvvisazione” con, ospite illustre, sabato 8 marzo (ore 18,30), Stefano Bollani, milanese, classe ’72, compositore, pianista e cantante, attivo anche come scrittore, attore teatrale, conduttore televisivo e showman.

Divenuta nota al grande pubblico con il romanzo “L’Arminuta” (termine dialettale abruzzese, traducibile letteralmente in “La ritornata”) vincitore del “Premio Campiello” nel 2017, per Donatella Di Pietrantonio (laureata in “Odontoiatria” all’Università dell’Aquila) “L’età fragile” è il suo quinto romanzo, di ambientazione ancora abruzzese e incentrato sul tema di estrema attualità della “violenza di genere”. Essenziale nelle parole e capace di colpire in profondità, la scrittura della Di Pietrantonio riesce a scavare nell’animo del lettore solchi profondi in cui la narrazione riversa emozioni, dubbi, vuoti esistenziali e domande che spesso vanno oltre ogni possibile, reale risposta. “L’età fragile” non è un’età precisa e ben definita della vita, “è la vita stessa”“La vita dura come un sasso che Donatella Di Pietrantonio riesce a levigare con le mani sicure della sua scrittura … è il romanzo di una madre che non trova respiro, stretta tra la severità del padre e il silenzio della figlia. Un libro che raccontando il dolore lo cura, perché a scriverlo è una donna che conosce il miracolo delle parole e il sangue delle ferite”. Leggiamo, in proposito, nella “quarta” di copertina: “Non esiste un’età senza paura. Siamo fragili sempre, da genitori e da figli, quando bisogna ricostruire e quando non si sa nemmeno dove gettare le fondamenta. Ma c’è un momento preciso, quando ci buttiamo nel mondo, in cui siamo esposti e nudi, e il mondo non ci deve ferire. Per questo Lucia, che una notte di trent’anni fa si è salvata per un caso, adesso scruta con spavento il silenzio di sua figlia. Quella notte al ‘Dente del Lupo’ c’erano tutti. I pastori dell’Appennino, i proprietari del campeggio, i cacciatori, i carabinieri. Tutti, tranne tre ragazze che non c’erano più”. Libro intrigante, di quelli che ti fermano sulla pagina, alla ricerca di vie interpretative in grado di lasciare spazio e fare luce sul buio dell’“appena letto”, apparentemente senza sbocchi a voli alti capaci di dribblare la “fangosità” terrena e quegli enigmi innescati dal racconto, che sono in fondo enigmi del nostro vivere quotidiano, della fatica ad alzare gli occhi al cielo cui forse potrà ancora essere possibile guardare e aspettarci, prima o poi, un segnale di speranza e di pace.

Su tutt’altre onde scorrerà invece la serata di sabato 8 marzo (ore 18,30) con Stefano Bollani, fra i più istrionici ed eclettici musicisti italiani, che intratterrà il pubblico su “Il bello dell’improvvisazione”. Titolo che già la dice lunga sul concetto attribuito dall’artista al suo “fare musica”. Virtuoso, irriverente esploratore di suoni, le “etichette”, nel suo caso, sono sempre un po’ riduttive. All’attivo 49 album, di cui 31 in studio, la sua musica non conosce confini, “sconfessa i generi musicali” e si nutre di tutti quei momenti unici con artisti straordinari che il pianista ha incontrato sui palchi di tutto il mondo, da Enrico Rava a Chick Corea, da Richard Galliano a Bill Frisell o a Lee Konitz. Per non dimenticare, naturalmente, l’amicizia e la lunga collaborazione con il cantautore cuneese Gianmaria Testa. La sua musica riesce a passare con la massima disinvoltura e gran divertimento per tutti dal jazz all’“Orchestra Sinfonica” e anche in occasione dell’incontro alla “Fondazione Mirafiore”, l’artista milanese renderà omaggio all’arte dell’improvvisazione grazie all’unione sempre nuova di tutte le note messe insieme in oltre venti anni di “jam session”.

Per info: “Fondazione E. di Mirafiore”, Serralunga d’Alba (Cuneo), via Alba 15; tel. 0173/626424 o www.fondazionemirafiore.it

Gianni Milani

Nelle foto: Donatella Di Pietrantonio e Stefano Bollani