CULTURA- Pagina 33

“Nodo Chieri – Firenze”, la “Notte degli Archivi”

In mostra l’incontro fra due eccellenze della manifattura tessile

Venerdì 9 giugno

Chieri (Torino)

Esito della sinergia avviata nel 2021 con la “Fondazione Arte della Seta Lisio” di Firenze, il Progetto “Nodo Chieri – Firenze”sarà protagonista a Chieri nella “Notte degli Archivi”, in agenda per “Archivissima”, che vede anche quest’anno l’adesione della “Fondazione Chierese per il Tessile e per il Museo del Tessile”. L’appuntamento è per venerdì 9 giugno, dalle 18 alle 21, presso la Sala – Studio dell’“Archivio Storico Chierese” (in via Giovanni De Maria, 10) che verrà aperta liberamente al pubblico per la visione di un “disegno particolare” del Fondo “Serra e Carli” e dei “campioni di velluto” che ne restituiscono il motivo in forma di tessuto grazie al sapiente lavoro della prestigiosa manifattura fiorentina.

Un disegno a tempera dal Fondo Chierese“Serra e Carli” del Novecento è stato infatti studiato nella storica manifattura fiorentina per realizzarne la versione in trama e ordito. Il progetto “Nodo Chieri-Firenze” si è articolato in elaborazione del disegno tecnico per la tessitura del motivo originale su telaio jacquard, previa foratura e legatura e montaggio dei cartoni, inserimento dei ferri a telaio e infine tessitura e cimatura. Il risultato – vedere per credere! – è uno splendido velluto tagliato, prodotto in tre varianti colore blu, rosso, verde.

“Coniugando – spiega Melanie Zefferino, presidente della ‘Fondazione Chierese Museo del Tessile’ – le diverse tradizioni di due eccellenze manifatturiere, quella di Chieri più orientata al cotone e quella della ricca Firenze, più focalizzata su lana e seta, si è completato il percorso creativo appena abbozzato in un disegno del XX secolo che era rimasto solo rappresentazione grafica di una ‘idea per stoffa’. La sua realizzazione contemporanea oltre Chieri, infonde nuova linfa vitale all’ ‘Archivio Storico’ dell’Ente fondato nel 1997 da Armando Brunetti (1934-2015) con l’intento di preservare la cultura del tessile per le generazioni a venire”.

Al contempo, l’iniziativa congiunta presentata ad “Archivissima 2023” è un arricchimento, senza alcun dubbio, anche per la “Fondazione” fiorentina che deve la sua esistenza a Fidalma Lisio (1910-2001), la quale ha voluto salvaguardare e trasmettere l’“Arte della Seta” trasformando la “Manifattura” di Giuseppe Lisio in “Fondazione” nel 1971 portandola nel nuovo millennio.

Il “nodo” che lega l’“Archivio di Chieri” alla “Tessitura di Firenze” è frutto di una collaborazione che può esser vista “come un ‘viaggio’ fra due città a forte vocazione tessile ma anche fra due realtà che coniugano memoria storica e sviluppi contemporanei”. In quest’ottica, il Progetto ben si inserisce nel quadro tematico “Carnet de voyage” di “Archivissima”, dove “il viaggio è esplorazione … un andare – sottolineano ancora gli organizzatori – che non esisterebbe senza il racconto di ciò che è stato”. Così le trame immaginate in un disegno e tessute a telaio sono divenute “segni vivi, in cui risuonano emozioni, senza cui tutto resterebbe segno muto”.

g.m.

Ingresso libero

Per info: Fondazione Chierese per il Tessile e per il Museo del Tessile”, via Giovanni De Maria 10, Chieri (To), tel. 329/4780542 o www.fmtessilchieri.org

Vittorio Sereni e il “respiro” del lago

E’ stato un autore parco, componendo solo quattro raccolte di versi distanziate nel tempo. Tra la prima e l’ultima passarono quarant’anni: dall’esordio nel ’41 con Frontiera, a Diario d’Algeria del 1947, a Gli strumenti umani del 1965 fino a Stella variabile del 1981, due anni prima della morte

La “sua” Luino , qualche anno fa, ne ha celebrato il centenario con una originalissima regata velica sul lago al tramonto. Sulla vita e l’opera poetica di Vittorio Sereni, si sono susseguiti iniziative, dibattiti, convegni. Il suo, dopo quello di Piero Chiara, è il secondo centenario che si è celebrato nella capitale della sponda magra del lago Maggiore. Grande poeta e intellettuale di rango, tra i fondatori della rivista “Corrente” nel 1938, espressione dei giovani ermetici milanesi, traduttore e critico acuto, prima capo ufficio stampa alla Pirelli e poi direttore letterario alla Mondadori ( per la quale, e per primo, diresse la collana “I Meridiani”), Vittorio Sereni  è stato un autore parco, componendo solo quattro raccolte di versi distanziate nel tempo.

Tra la prima e l’ultima passarono quarant’anni: dall’esordio nel ’41 con Frontiera, a Diario d’Algeria del 1947, a Gli strumenti umani del 1965 fino a Stella variabile del 1981,due anni prima della morte. La poesia di Sereni offre un respiro largo, profondo ma, agli inizi, risente del “richiamo” del lago a Luino. E’ lì che nasce, nel 1919,  da padre campano ( funzionario di dogana)  e da madre luinese. Lì frequentò la scuola elementare e lì tornò spessissimo da adulto per incontrare i vecchi amici e per trascorrervi le vacanze. La vicinanza  della Svizzera, la vita della comunità che s’articolava tra il lago e il tracciato di una delle più antiche strade ferrate del nord-ovest dell’Italia unita com’era la Novara – Pino, prossima in quel punto a varcareil confine, hanno influenzato la prima raccolta poetica di Sereni, Frontiera, del 1941.

Già nel titolo si coglie la sintesi di avventura e d’inquietudine, tipica di una città di confine che è ponte tra genti e lingue, paesi e culture. Basta leggere alcuni versi di “Terrazza” per rendersene conto: “Improvvisa ci coglie la sera/ Più non sai dove il lago finisca/ un murmure soltanto sfiora la nostra vita/ sotto una pensile terrazza/  Siamo tutti sospesi a un tacito evento questa sera/  entro quel raggio di torpediniera/ che ci scruta poi gira se ne va”. E’ il lago  che, verso nord, si stringe, s’inabissa tra pareti di roccia alta e grigia, richiamando alla memoria i sentieri  di montagna e i valichi , i viandanti e i contrabbandieri. Quel lago che Vittorio Sereni e Piero Chiara , così simili e così diversi, ci hanno insegnato ad amare.

 

Marco Travaglini

 

Giordano Bruno Guerri intervistato da “La Stampa”

IL COMMENTO  Di Pier Franco Quaglieni

L’intervista a  Giordano Bruno Guerri su “La Stampa  del 2 giugno  rappresenta qualcosa di importante sia perché è un fatto davvero inusuale che il giornale di Giannini dia voce a personalità libere come Guerri, sia perché  essa chiarisce in modo inequivocabile la posizione dello storico e dello scrittore, attuale presidente del Vittoriale. Guerri ha spiegato  in modo ineccepibile che occuparsi in termini storici di fascismo , non significa affatto essere  nostalgici. L’accusa di aver sdoganato il fascismo con la sua opera storica colpì in primis Renzo  De Felice e venne rivolta a tutti coloro che con il necessario distacco storico si occuparono del Ventennio e vennero accusati di revisionismo.
L’aver scritto di Bottai, di Marinetti, di D’Annunzio “per cambiare una vulgata sbagliata“ è  stato il  nobile compito che Guerri si è assunto ,infrangendo la feroce egemonia culturale che ha gravato pesantemente sulla cultura italiana per decenni. Guerri ha anche dichiarato di detestare il fascismo ed ha aggiunto che sarebbe stato “ un furioso antifascista durante il regime “ l’unica scelta che resta importante perché esserlo oggi senza rischi, anzi con molti vantaggi,  appare del tutto fuori tempo. L’antifascismo dei molti che cambiarono camicia dopo il 25 aprile 1945 ,andando in soccorso ai vincitori, come diceva Flaiano, non ha nulla di eroico, anzi esprime il più volgare opportunismo che non riguardò  solo gli intellettuali ma tanti italiani qualunque. Ernesto Rossi che subì’ carcere e confino ,scrisse in una lettera a Salvemini che molti a Firenze salutavano con il pugno chiuso perché, se avessero aperto la mano, sarebbe caduto in terra il distintivo fascista che avevano appena tolto dal bavero.
Guerri ha evidenziato nell’intervista come l’egemonia culturale del PCI  appaia un fatto storico indiscutibile. De Gasperi e i partiti laici scelsero la gestione del  potere, Togliatti rivolse la sua attenzione alla cultura che finì di prostrarsi al PCI : gli intellettuali – ha ricordato Guerri – “non sono leoni e sappiamo bene da dove vengono , dal Rinascimento stipendiati da un signore”.
Guerri ha anche spiegato come Berlusconi abbia  sottoscritto un tacito accordo con la sinistra, tenendo per se’ le televisioni e la cultura di massa. Il resto lo ha lasciato alla sinistra.” Secondo Guerri” non ha mai usato Mondadori o Einaudi a fini politici perché a lui non interessava. Sarebbero stati strumenti formidabili; anche sotto Berlusconi la cultura alta di destra è rimasta orfana.”Una verità sui limiti abissali di Forza Italia che ha i premiato spesso gli sprovveduti e gli incolti, lasciandosi scappare i “professori”, ma non soltanto quelli.
Nell’ intervista Guerri (che ha appena pubblicato un nuovo libro su D’Annunzio “Gabriele  D’Annunzio. La vita come opera d’arte” – Rizzoli 2023 ) ha anche  spiegato le distanze del Vate dal fascismo  come è ormai assodato dalla storiografia più seria. Guerri ha anche raccontato  un episodio emblematico: “Quando sono arrivato al Vittoriale fuori c’erano bancarelle con paccottiglia varia, i gagliardetti, gli Eja Eja Alalà, i manganelli, le magliette con la scritta “me ne frego“. Prima gli imposi di vendere  anche le magliette con Che Guevara. Quando scadde la concessione, sono riuscito a far rimuovere le bancarelle e a Gardone non si trova più un accendino con il duce. Per questo mi sono inimicato un sacco di gente a destra, prima di tutti Casa Pound.”
Conosco Guerri ed ho letto quasi tutti i suoi libri. Egli è davvero un intellettuale libero e la sua laicità è davvero un aspetto importante della sua opera. E’ un chierico che non ha tradito, se vogliamo evocare il grande e dimenticato  libro di Julien Benda.

A Ivrea inizia “La grande invasione. Festival della lettura”

Incontri, lezioni, reading teatrali, rassegne stampa, musica, show: tutte le forme della lettura si riuniscono per l’XI edizione del “Festival”

Da giovedì 1 a domenica 4 giugno

Ivrea (Torino)

I libri tornano “grandi protagonisti” e pacifici “invasori” della Città, da giovedì 1 a domenica 4 giugno, con l’XI edizione de “La grande invasione. Festival della lettura di Ivrea”, curata da Marco Cassini e Gianmario Pilo, con Marianna Doria e Ludovica Giovine per “La piccola invasione”, dedicata ai lettori più giovani.Sull’importanza dell’evento, dedicato alla memoria di Paolo Bisone (fotografo e amico del Festival) a dirla lunga sono, da subito, i numeri:  più di cento gli ospiti in programma, di cui quattro internazionali, per un totale di 120 incontri, 6 mostre e 36 lezioni.

Si parte, dunque, giovedì 1° giugno, alle 18, nel Cortile del “Museo Garda”, dove  nell’ambito dell’inaugurazione, la classe 2023 del Master “Il lavoro editoriale” della “Scuola del Libro”presenta e intervista (in collaborazione con la “Fondazione Bellonci”) i finalisti del “Premio Strega”. A chiudere la prima giornata saranno Alessandro Bergonzoni e Gabriele Romagnolicon un dialogo sulla scrittura e sulla lingua italiana, dal titolo Lingua, linguaggio, linguaccia”.

Il programma completo (con location e orari) e tutte le informazioni sono disponibili sul sito www.lagrandeinvasione.it

 

Tre sono quest’anno le “Case Editrici” ospiti ( “Accento”, “Il Post” ed “Il Castoro” per “La piccola Invasione”) e quattro gli ospiti internazionali: Nickolas Butler che presenta con Giulio D’Antona “Storie dal Wisconsin” (Black Coffee); Bernardine Evaristo nata a Londra nel 1959 da madre inglese e padre nigeriano, che con “Ragazza, donna, altro” (SUR) è stata la prima scrittrice afrodiscendente britannica a vincere il “Booker Prize” e a raggiungere la vetta della classifica dei best seller nel Regno Unito; Andrés Montero (Santiago del Cile, 1990), che presenterà il suo “La morte goccia a goccia” (Edicola Ediciones), “Premio Miglior Opera Letteraria 2022” in Cile e “Premio Academia Chilena de la Lengua”; sarà a Ivrea anche Sheena Patel, il cui romanzo d’esordio Ti seguo (Atlantide, 2022) si è recentemente aggiudicato il “British Book Award 2023” come romanzo rivelazione dell’anno.

Non mancheranno, nelle matinée del Festival le consuete “Lezioni” di storia, scienza, letteratura e molto altro, per un totale di 36 incontri. Da segnalare, in particolare, gli incontri con Silvia Bencivelli, Stefania Auci Giusi Marchettache si alterneranno in tre lezioni dedicate rispettivamente a “Storie di medicina spericolata”, al “Vocabolario amoroso negli autori siciliani” e alle “Principesse. eroine del passato e femministe di oggi”.

Come ogni anno, inoltre, il pubblico di Ivrea potrà conoscere le sei voci emergenti, selezionate e intervistate da Martino Gozzi ed Alessio Torino, nonché assistere ai “Dialoghi” fra un nutrito gruppo di scrittori (impegnati quest’anno su “In che modo si scrive di temi che la nostra società considera un tabù?) e agli “Incontri in Libreria”, alla “Azami” e alla “Mondadori”.

Il tradizionale momento di chiusura della giornata quest’anno è affidato a Matteo B. Bianchi, che nel suo “B.B. Show” avrà come ospiti Luciana Littizzetto e Arisa. Inoltre sabato 3 giugno, nel Cortile del “Museo Garda”, a fine serata si terrà l’Invasione Party 2023”, con il concerto di Kento e Dj Fuzzten, con Dj 1969 alla consolle. Per tutta la serata, il pubblico potrà gustare le specialità del “food truck” di Mocho.

L’agenda degli eventi comprende anche mostre  d’arte e vari spettacoli teatrali che si concluderanno domenica sera al “Teatro Giacosa”, quando Mariangela Gualtieri darà voce al rito sonoro “Il quotidiano innamoramento”.

Ai lettori più giovani e alle loro famiglie è dedicata “La piccola invasione”, con più di trenta autori e autrici che prenderanno parte ai 75 incontri previsti in città e nelle scuole. Casa editrice ospite di questa edizione è “Il Castoro”, che nel 2023 festeggia i suoi 30 anni di attività. Nell’anniversario della nascita (1923) di Italo Calvino, la domenica mattina le famiglie potranno anche rivivere la vicenda del “Barone rampante”, grazie allo spettacolo allestito da Umberto Poli e la “Cooperativa Alce Rosso”. L’evento di chiusura della “Piccola invasione” si terrà domenica pomeriggio al “Teatro Giacosa” con lo spettacolo “ Storie a perdi collo”, a cura della Compagnia “Faber Teater”.

g. m.

Nelle foto:

–       Cortile “Museo Garda”, ph. Luisa Romussi

–       “Teatro Giacosa”, ph. Luisa Romussi

In arte, Tegamini: intervista a Francesca Crescentini

E’ l’inizio del 2010 quando Francesca Crescentini, in arte Tegamini- piacentina doc trapiantata a Milano– decide di fondare un blog a metà tra un diario di bordo e un contenitore curioso. Ad oggi è una delle content creator culturali più seguite con account che conta più di 207 mila followers e la fama di bookblogger tra le più influenti d’Italia. Francesca per anni ha militato nel marketing editoriale e ha lavorato come digital copywriter, ma dal 2016 si è dedicata alla carriera di traduttrice e quella- appunto- di creatrice di contenuti digitali. Libri ma anche tanto altro, come il racconto di aneddoti di vita quotidiana di lavoratrice freelance e mamma. Il suo entusiasmo le ha permesso di arrivare al pubblico e conquistare anche i più scettici, guadagnandosi una popolarità frutto di intelligenza e simpatia.

Ospite al Salone del Libro 2023, Francesca ha preso parte come relatrice alle conferenze Il libro oltre il libroe “I ferri del mestiere. Autopromuoversi con i social network”, oltre a partecipare al firma- copie del libro della casa editrice Revue Dessinée Italia per cui Tegamini ha ideato una rubrica dedicata proprio ai libri.

Al Salone dei Libro hai fatto un po’ di tutto: dal lavoro per tirare in piedi lo stand alla trafelata trottolina che documenta e intervista chiunque. Come vivi ora il fatto di essere dall’altra parte della barricata in qualità di ospite speciale?

Sono molto contenta perché adesso è molto più riposante, ma è stato utile poter assistere a tutto il percorso creativo: dallo studio degli spazi per allestire lo stand all’ideazione del segnalibro. Adesso me lo vivo cercando quello che mi piace e questo aspetto mi diverte. Inoltre apprezzo poter raccontare quello che faccio o ad aiutare gli altri a descrivere il proprio lavoro: per me è un grande onore.

Sei sempre stata legata al Salone del Libro quindi.

Sì, l’ho sempre vissuto con grande entusiasmo anche quando collaboravo per le case editrici e la sua realizzazione comportava un duro sforzo. Scegliendo un lavoro che amo, la fatica si smussa e- per tale ragione- questo evento ha sempre rappresentato una grande gioia.

Sui social hai riposato una tua intervista in chi hai detto che tra i tuoi tre libri del cuore c’è quello di Niccolò Ammaniti (Ti prendo e ti porto via). Hai avuto modo di leggere anche il suo ultimo romanzo (La vita intima)?

Sì, l’ho letto e mi è piaciuto molto. Ho avuto modo di riscoprire l’Ammaniti che mi ricordavo cioè quello più “caciarone”: è stato un gradito ritorno. L’ho poi seguito nelle sue avventure televisive e mi ho apprezzato anche questo suo filone. Insomma un ritorno che mi ha portato grande gioia.

Oltre ad essere una traduttrice e una content creator, sei anche una giovane mamma di due bambini piccoli. Come fai a coniugare questi due ruoli?

Faccio fatica come tutti ovviamente. SopraTtutto durante l’ultimo anno (in cui è nato il suo ultimo figlio) è diventato molto difficile organizzarsi anche perché mancano dei supporti strutturali avendo i nonni che abitano lontani. Spero diventi più semplice prossimamente con l’inizio del nido. Ci sono delle grandi gioie, però, che compensano la fatica.

Valeria Rombolà

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La Fondazione ricorda Martin Amis

 

VINCITORE DELLA QUARTA EDIZIONE DEL PREMIO LATTES GRINZANE NEL 2014

(Monforte d’Alba, 21 maggio 2023). La Presidente Caterina Bottari Lattes e la Fondazione ricordano Martin Amis, scomparso nelle scorse ore e vincitore del Premio Speciale Lattes Grinzane nel 2014.

Amis, considerato una delle più influenti e innovative voci della letteratura britannica, vivace critico del conformismo sociale, ha tenuto una straordinaria lectio magistralis in occasione della cerimonia di ritiro del Premio ad Alba, incentrata sulla figura di Primo Levi.

 

Nelle parole della sua lectio troviamo un messaggio prezioso che Martin Amis ha lasciato a tutti noi:

Gli scrittori muoiono due volte: muoiono quando muore il loro talento (come più o meno inevitabilmente accade), e muoiono ancora quando anche il loro corpo muore. […] Fortunatamente, però, l’estinzione non è sempre definitiva. […] I libri rimangono, continuano a vivere. […] Il corpo fisico può essersene andato, ma il corpus dello scrittore è pronto per l’immortalità.

 

Nella foto Caterina Bottari Lattes e Martin Amis, vincitore del Premio speciale Lattes Grinzane 2014

Il significato letterario e il valore civile di Gustaw Herling

Oggi  alle ore 10,15 alla sala Indaco del padiglione Oval   del Salone del Libro verranno presentati  gli scritti italiani  di Gustav Herling editi da Bibliophilis.
Per comprendere il significato letterario  e il valore civile  di Gustaw Herling bisogna liberarsi delle letture ideologiche del Novecento e  riprendere in mano l’opera dello scrittore e pubblicista polacco e napoletano, ponendosi in una dimensione storica e letteraria che renda giustizia all’intellettuale che non piego’ la schiena di fronte alle “utopie assassine“ del secolo scorso, come diceva un tempo Barbara Spinelli.
Herling, che partecipò alla resistenza nel 1940  in difesa della Polonia libera aggredita da tedeschi e sovietici , subì le atroci sofferenze dell’internamento nei gulag sui quali scrisse ,per primo, il grande libro “Un mondo a parte“ che avrebbe meritato il “Nobel“. Nel 1942 partecipò alla guerra di liberazione dell’Italia occupata dai tedeschi e combatte’ valorosamente a Monte Cassino nell’Armata polacca del generale Anders. A Napoli conobbe Benedetto Croce di cui aveva studiato l’opera e anni dopo ne sposò la figlia Lidia, considerandosi un  esule polacco che non poteva accettare l’asservimento della sua patria al sistema sovietico. Ho conosciuto personalmente Gustaw e ho potuto constatare come la sua dirittura morale e la sua limpidezza fossero assolute nel difendere i valori della libertà  rispetto a tutti i pericoli totalitari, senza le strane dimenticanze di tanti intellettuali italiani che passarono dal fascismo al comunismo un po’ troppo disinvoltamente. Ricordo le parole che mi disse una volta nei riguardi degli assassini del commissario Luigi Calabresi. Herling bollo’ con parole di fuoco i circa ottocento intellettuali che firmarono il manifesto che armo’ la mano dei suoi sicari. Lui che aveva pagato di persona due volte, era un uomo intransigente,onesto e giusto . Dal 2000 riposa vicino a Benedetto Croce nel cimitero di Poggioreale nella stessa cappella laicissima del più grande pensatore italiano del secolo scorso. In Italia non fu ben accolto e subì anche delle meschine angherie. Ma non si piegò mai al conformismo di quegli anni. I suoi scritti italiani , oltre cinquecento articoli e saggi pubblicati tra il 1954 e il 2000 sul “Mondo“ di Pannunzio, sul “Corriere della Sera”  e su altri giornali e riviste, rivelano un percorso intellettuale controcorrente sempre modulato sull’esperienza della sua “duplice vita“ di scrittore  tra letteratura e impegno civile. Herling è stato davvero uno dei pochi autori autenticamente europei del Novecento che contribuì a creare una coscienza europea fondata sul rifiuto di ogni totalitarismo. Lo scrittore che considero ‘ l’Italia una seconda patria,  ebbe un tardivo riconoscimento con la pubblicazione di un “Meridiano” a lui dedicato e con una lapide sulla sua casa napoletana di via Crispi, voluta dal Presidente della Repubblica Napolitano d’intesa con le autorità polacche. A Torino non fu mai molto apprezzato e ricordo le ironie su di lui di certo mondo intellettuale editoriale  e accademico. Solo la comunità polacca torinese  e il Centro “Pannunzio” lo hanno apprezzato insieme alla professoressa polacca dell’ Università di Torino Krystyna  Jaworska e Jas Gawronski, giornalista e parlamentare europeo. Con Ignazio  Silone, Nicola Chiaromonte ,Mario Pannunzio e pochi  altri ha rappresentato quella che Marco Pannella definì la nobiltà dell’ impegno politico e intellettuale dell’Italia di allora.  Se la cultura si è liberata dai bavagli , come mi disse una volta Piero Ostellino, e’ merito del gruppetto di “visi pallidi“, come essi  venivano definiti  con sarcasmo. Tra tutti il più meritevole è stato  Herling contro cui venne anche  avanzata l’ipotesi di una estradizione dall’Italia , pur essendo un perseguitato politico nel suo paese di origine. Oggi possiamo leggere la sua opera, apprezzando anche il valore letterario dei suoi libri e dei suoi scritti andando oltre le ideologie che hanno dilaniato il mondo novecentesco tra rivoluzioni, dittature e guerre.  Ha un grande significato che sua figlia Marta, segretario generale dell’Istituto italiano di studi storici di Napoli, prosegua nel duplice impegno di ricordare il padre  e il nonno nel mitico Palazzo Filomarino in cui insegno’ il Vico,  risiedette Benedetto Croce  e divenne il crocevia della più importante vita culturale italiana ed europea del Novecento.
PIER FRANCO QUAGLIENI

Salone del Libro, il Centro Pannunzio presenta gli scritti italiani di Gustaw Herling

LUNEDÌ 22 MAGGIO ALLE ORE 10,15 al Salone Internazionale del libro, Sala Indaco, si terrà un convegno dedicato a Gustaw HERLING dal tema “UN PONTE SULL’EUROPA: Gli scritti italiani di Gustaw Herling”. Saluti di Marta HERLING e Pier Franco QUAGLIENI. Interverranno Alessandro AJRES, Alberto CAVAGLION, Cesare PANIZZA. Introdurrà Krystyna JAWORSKA. Gustaw Herling-Grudziński, scherzando, si definiva un “polacco-napoletano”. Era infatti nato a Kielce, nel sud della Polonia ed è morto (e sepolto) a Napoli, dove era vissuto dal 1955, dopo aver sposato, in seconde nozze, Lidia, figlia di Benedetto Croce. Nel 1940, dopo la spartizione della Polonia tra tedeschi e russi, fu arrestato dai sovietici ed inviato in un campo di lavoro da cui uscì nel 1942. In seguito si arruolò nell’esercito polacco che combatteva a fianco degli alleati e che nel dicembre 1943 sbarcò in Italia e combattè, tra l’altro, a Monte Cassino. Basandosi sulle sue esperienze nel Gulag, Herling ha scritto uno dei libri più importanti del Novecento: “Un mondo a parte”, pubblicato dopo molte traversie. Gli “SCRITTI  ITALIANI”, imponenti per quantità, per significato e contenuti, testimoniando il  suo esilio in Italia, divenuta per lui una “seconda patria”. In queste pagine si rivelano principii e valori che connotano tutta l’opera di Herling e la sua “duplice vita di scrittore”: fra letteratura e impegno politico, sempre al servizio della verità, unita alla crociana “religione della libertà”.

Palazzina di Caccia di Stupinigi: La Mode Illustrèe

Domenica 21 maggio

 

Per Life, istantanee di vita di corte, uno spaccato sulla moda attraverso i secoli e il laboratorio per famiglie “Royal Paper Dools”

 

 

L’uso di crinoline, gorgiere, busti, parrucche caratterizzava la moda a corte. La storia del costume attraverso i secoli è il tema di Life, istantanee di vita di corte che domenica 21 maggio farà rivivere uno spaccato di vita quotidiana ricostruito il più fedelmente possibile. Dalle 10 alle 18.30 con “La Mode Illustrèe” si scoprirà la vita a palazzo di una corte dedita al loisir, alla moda e allo stile, tra grandi battute di caccia e nozze regali.

Alle 15 è in programma un laboratorio per famiglie dal titolo “Royal Paper Dools” di costruzione di bambole di carta.  

L’evento è realizzato in collaborazione con l’associazione Le Vie del Tempo.

INFO

Palazzina di Caccia di Stupinigi

Piazza Principe Amedeo 7, Stupinigi – Nichelino (TO)

Domenica 21 maggio

La Mode Illustrèe

Dalle 10 alle 18.30:

Life, istantanee di vita di corte, compreso nel biglietto di ingresso

Ore 15.45:

Laboratorio per famiglie “Royal Paper Dools”

Prezzo del laboratorio: 8 euro, oltre al costo del biglietto di ingresso

Biglietto: 12 euro intero; 8 euro ridotto; gratuito minori di 6 anni e possessori di Abbonamento Musei Torino Piemonte, Royal Pass e Torino+Piemonte Card

Prenotazione per il laboratorio entro il venerdì precedente

Info e prenotazioni: 011.6200634 stupinigi@info.ordinemauriziano.it

www.ordinemauriziano.it

Giorni e orario di apertura: da martedì a venerdì 10-17,30 (ultimo ingresso ore 17); sabato, domenica e festivi 10-18,30 (ultimo ingresso ore 18).

Quando in Piemonte c’erano i Templari

Dal cuneese a Tenda, da Acqui ad Alessandria, da Asti a Casale, da Chieri a Ivrea, da Novara a Moncalieri, dalla Val Susa a Torino e a Vercelli, i Templari hanno cavalcato pianure e montagne piemontesi attraversando da nord a sud anche le strade della nostra regione.

Avevano precettorie e magioni, ospizi e domus, al servizio di pellegrini e forestieri, e piazzavano i loro insediamenti vicino ai fiumi, in campagna, nei pressi dei valichi alpini, in paesi e città, in zone frequentate da viaggiatori e mercanti vicine alle arterie principali del Piemonte che i Cavalieri del Tempio potevano controllare agevolmente. Difendevano abbazie, conventi e monasteri dall’assalto di briganti e banditi, raccoglievano fondi, alimenti e armi da inviare ai Cavalieri che combattevano in Terra Santa al tempo delle Crociate.

Sono numerosi i luoghi dove vissero i Templari in Piemonte, come si vede nella mappa a fianco. Il più antico insediamento templare in Piemonte, ai piedi del sistema viario alpino, era quello di Susa, datato 1170, con un ospedale per i pellegrini dedicato a Santa Maria a cui ne seguirono tanti altri, San Giorgio Canavese, Biandrate, Mondovì, Fossano, Alba, Vercelli, Ivrea, Savigliano, Testona, Casale e Tortona, solo per citarne alcuni. Una domus templare che offriva assistenza ai pellegrini si trovava al Colle di Tenda mentre a Cavallermaggiore sorgeva un grande centro templare, la commenda di San Giovanni della Motta, oltre al cascinale di San Bartolomeo, detto “castello dei Templari”. Ad Alessandria, in posizione strategica tra il Bormida e il Tanaro, la chiesa di Santa Margherita nel rione Bergoglio era una mansione templare passata dopo il 1312 all’Ordine giovannita, i futuri cavalieri di Malta.

Ad Asti gli studiosi concordano sul fatto che Santa Maria del Tempio, che sorgeva lungo l’attuale corso Alfieri, era l’insediamento più importante della città mentre a Casale Monferrato i Templari, che facevano riferimento alla precettoria di Santa Maria del Tempio alla periferia della città, si erano stanziati lungo il Po per proteggere i pellegrini che andavano a pregare sulla tomba di Sant’Evasio. Cavalieri rossocrociati presenti anche a Chieri dove si insediarono verso la fine del 1100 nella chiesa di San Leonardo la cui domus templare conserva tuttora la facciata in cotto con un grande rosone e il portone decorato con formelle che riproducono croci latine alternate a croci di Malta.

A Ivrea esisteva un convento di Templari presso San Nazario che passò poi ai Cavalieri di Malta e secondo gli storici potrebbe trattarsi del più antico insedimento templare in Italia. Alle porte di Torino i Cavalieri del Tempio si stanziarono nella grande mansione di Sant’Egidio di Testona, vicino al Po, nel 1196. Oggi resta la chiesa, più volte ristrutturata, e una lapide ricorda l’origine templare. Cavalieri del Tempio presenti anche a Nizza Monferrato nel Duecento e a Novara con le domus di Santa Maria e di San Guglielmo che nel secolo successivo passarono all’Ordine degli Ospedalieri di San Giovanni.

A Vercelli invece i Templari possedevano la chiesa di San Giovanni d’Albareto nell’attuale piazza Camana che fu abbattuta nell’Ottocento. Mentre a Savigliano il documento più antico che certifica la presenza dei Templari in città risale al 1181, in Val Susa l’Ordine del Tempio arrivò verso la fine del XIII secolo. Oltre a Susa, nella vicina San Giorio si trovano alcune croci templari murate nella facciata della canonica e sopra il portone di un’altra cappella di fronte alla chiesa parrocchiale. A Torino i cavalieri rossocrociati si erano stabiliti nella magione di Santa Margherita e possedevano case e beni nei sobborghi di Vanchiglia, di San Solutore e in Val San Martino.

A Moncalieri, dai documenti disponibili, emerge una presenza templare molto attiva nel Duecento mentre a Villastellone i Templari possedevano la magione di San Martino della Gorra. “I Templari in Piemonte” dell’antropologo Massimo Centini e “Quando in Italia c’erano i Templari” della studiosa Bianca Capone Ferrari sono due eccellenti libri, ricchissimi di informazioni e note storiche su luoghi, personaggi e vicende dei Templari in terra subalpina. Il volume di Bianca Capone, in particolare, è dedicato “alla memoria della Cavalleria templare, immolatasi eroicamente per la difesa di San Giovanni d’Acri nel 1291, ultimo baluardo cristiano in terra d’Oltremare”.

Filippo Re