Accompagnati anche dall’hashtag #piemonte musei aperti, molti musei piemontesi riapriranno al pubblico il 2 giugno, Festa della Repubblica. Sarà un’occasione per il turismo di prossimità, per i cittadini e residenti, di apprezzare nuovamente le ricchezze museali del territorio, dopo la lunga chiusura.
“Anche se dopo il lockdown la riapertura di alcuni musei piemontesi – dichiara Vittoria Poggio, assessore alla Cultura della Regione Piemonte – è stata resa possibile dal decreto dell’esecutivo a partire dallo scorso 18 maggio, coinvolgendo però solo poche realtà museali a causa delle rigide norme di prevenzione sanitaria, si è ora deciso anche solo simbolicamente di far coincidere la ripartenza ufficiale della maggior parte delle attività museali piemontesi con la Festa della nostra Repubblica italiana. Una scelta certamente suggestiva ed evocatrice di grandi ideali culturali e civili che sono poi i valori fondanti di ogni democrazia liberale e moderna.”
“ Come le variegate storie contenute e in mostra presso i musei – prosegue l’assessore alla Cultura – si sposano con la grande storia italiana, così la ripartenza di questo pregiato settore del più vasto patrimonio culturale piemontese, sembra rimandare alla nascita della Repubblica Italiana”.
La riapertura effettiva di tutti i musei piemontesi avverrà tuttavia gradualmente e solo nel rispetto di tutte le norme di sicurezza previste per il personale, i visitatori, gli ambienti e i manufatti conservati ed esposti. Pertanto non tutti i musei apriranno contemporaneamente e non tutti gli spazi saranno subito o interamente fruibili. Inoltre anche i consueti orari di apertura, come anche le tariffe dei biglietti, potranno subire delle lievi variazioni, motivo per il quale è consigliabile informarsi direttamente tramite i consueti canali informativi dei singoli musei, per programmare una visita.
“Non dovremmo mai dimenticare – conclude Vittoria Poggio – come i valori culturali, presenti nelle varie realtà museali, rappresentino la linfa vitale per ogni democrazia, oltre a creare quel senso identitario all’interno di una comunità e di un territorio, e concorrano alla formazione di un senso civico e civile senza i quali nessuno stato democratico può realmente crescere e svilupparsi nel corso del tempo”.
Di Pier Franco Quaglieni / 
In Italia non si votava liberamente da tanti decenni perché già le elezioni del 1924 – i cui brogli erano stati denunciati da Giacomo Matteotti – erano state manipolate dai fascisti anche attraverso il sistema elettorale, assai poco democratico, adottato con la Legge Acerbo. Nel 1946 c’erano quindi tantissimi italiani non abituati a votare in una libera democrazia. Al di là del dubbio dei brogli da parte monarchica, mai documentati in modo convincente, Oliva mette in risalto che se errori, manchevolezze o altro ci furono, ciò fu dovuto anche ad una macchina elettorale non pronta a misurarsi con un referendum: ci fu chi segnalò che cittadini avevano votato due volte, chi lamentò di non aver ricevuto il certificato elettorale, ci fu chi, pur avendolo ricevuto, non poté votare perché non registrato al seggio e chi mise in dubbio l’imparzialità di qualche presidente di seggio.
La stessa campagna elettorale si svolse in modo non sereno, almeno in alcune zone del Nord come Torino. La giovane contessa Buffa di Perrero venne percossa selvaggiamente mentre attaccava dei manifesti monarchici nella città sabauda: un’aggressione che le provocò un’invalidità permanente. I leader monarchici in tante città del Nord non ebbero modo di parlare. I giornali erano tutti schierati per la Repubblica: solo la Nuova Stampa diretta da Filippo Burzio alternava gli articoli filomonarchici del suo direttore con quelli repubblicani di Luigi Salvatorelli.
Scrive lo storico torinese: «La Repubblica nasce così tra ricorsi, sospetti, cavilli e pressioni, con la debolezza della politica da una parte e, dall’altra, la magistratura chiamata ad un ruolo improprio di supplenza». Come scrisse Vittorio Gorresio, allora capocronista del Risorgimento Liberale di Mario Pannunzio, «la folla in piazza Montecitorio chiedeva la bandiera, ma non ne fu esposta nessuna perché non si sapeva quale». La Repubblica nacque quindi nel peggiore dei modi possibili ed ebbe buon gioco il monarchico Giovannino Guareschi a scrivere di «Repubblica provvisoria» anche se alla prova dei fatti le sue origini si riscattarono ampiamente con l’Assemblea Costituente e la redazione di una Carta Costituzionale che ha garantito quasi 70 anni di libertà e di democrazia. Lo stesso Covelli che fu deputato alla Costituente e in molte legislature successive lo riconobbe. Il dato incontestabile è però che una Monarchia non avrebbe potuto reggersi con il consenso di poco più del 50 per cento degli italiani. La Dinastia che aveva fatto il Risorgimento e aveva ceduto (o era stata costretta a cedere) di fronte al fascismo scelse la via dell’esilio.
nuotato controcorrente senza mai scadere nel banale revisionismo che tenta di negare realtà anche assai evidenti e ha cercato di “sdoganare” il fascismo, ma non ha mai speso una parola per i Savoia. È uno storico che con questa opera rivela la sua maturità di studioso, così lontana dalle impostazioni ideologiche di un Quazza e di un Rochat. Quand’era un politico seppe portare nella politica l’equilibrio dello storico e, scrivendo di storia, non si è mai lasciato sedurre dalle sirene delle ideologie che Raimondo Luraghi considerava il veleno letale per la storiografia. Rileggere il suo libro sul referendum del 2 giugno e la fine della Monarchia è il modo migliore per ricordare un fatto storico senza enfasi e polemiche che oggi appiaono superate,ma divisero in due i nostri padri e i nostri nonni.
Fino al prossimo mese di agosto, ingresso gratuito per gli operatori sanitari impegnati nei reparti Covid di tutta ItaliaLi hanno definiti “eroi”. E certo la definizione appare assolutamente adeguata, se si pensa all’impegno e al coraggio – insieme alle competenze e alla quotidiana pervicacia – con cui hanno combattuto “in trincea” ( fino al sacrificio per molti – troppi della loro stessa vita) contro la ferocia di una pandemia – “nemico invisibile” che ha lasciato sul campo, in tutto il pianeta, centinaia di migliaia di vite umane. Per questa ragione, in segno di una più che mai dovuta gratitudine, a tutti i medici, infermieri e OOSS che hanno lavorato e continuano a lavorare nei reparti Covid di tutta Italia, il Museo Nazionale del Risorgimento Italiano di Torino offre l’ingresso gratuito, esteso anche ai loro accompagnatori, nei prossimi mesi di giugno, luglio ed agosto. Un bel modo, non c’è che dire, per il Museo di Palazzo Carignano (via Accademia delle Scienze, 5) per tornare a riaprire i battenti dopo il necessario lockdown imposto dall’emergenza Coronavirus. Cosa che accadrà il prossimo martedì 2 giugno, così come richiesto dalla Città di Torino a tutti i musei con l’intento di creare una giornata che sia una grande festa della cultura.


A partire da mercoledì 3 giugno, ogni giorno un appuntamento online. Fino al prossimo autunno quando il progetto diventerà, se possibile, un vero e proprio Festival ospitato a Biella
A partire da mercoledì 3 giugno fino a ottobre, su Instagram e su Facebook, una serie di incontri, o per meglio dire rendez-vous ( “ContemporaneA rendez vous”) animerà i canali social di “ContemporaneA” con citazioni, illustrazioni, recensioni ma non solo.
Dai social al live. Ecco allora “ContemporaneA Festival”, la “seconda anima” del progetto.