CULTURA- Pagina 122

I gruppi di lettura del Circolo dei lettori approdano sul web e diventano Extra 

gruppi di lettura della Fondazione Circolo dei lettori approdano sul web e diventano Extra per offrire a lettori e lettrici approfondimenti a tutto tondo su libri, autori, artisti e filosofi. Letteratura concentrata:

questo lo slogan che accompagna i gruppi di lettura Extra, cicli di quattro o sei incontri per i quali sarà sufficiente acquistare un biglietto che darà accesso al gruppo nella duplice versione diretta o on demandLeggere insieme non è mai stato così semplice. Episodi di letteratura concentrata con conduttori d’eccezione, un invito a concentrarsi sulla cultura, veicolo di scoperta e incontro, anche online, per andare a fondo e interrogarsi sul presente e su noi stessi attraverso parole e immagini.  Leggi con noi!

 

istruzioni per l’uso:

– scegli il gruppo (anche più di uno!);

– acquistalo su vivaticket;

– arriva via mail il biglietto con un codice;

– quando è il giorno e l’ora dei singoli appuntamenti clicca “guarda” e inserisci il codice per far partire il video;

– se non riesci a vederlo in diretta, puoi farlo on demand (i passaggi sono gli stessi);

– se compri 3 Gruppi Extra hai diritto a uno sconto per l’acquisto o il rinnovo della Carta Plus (con cui puoi partecipare ai Gruppi di lettura che durano tutto l’anno).

 

 

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“E allora le foibe?” Progetto Cantoregi dialoga con Eric Gobetti

A Racconigi, per il “Giorno del ricordo”, sul libro edito da Laterza Da mercoledì 10 febbraio, video intervista online

WEB www.progettocantoregi.it/ FB @associazioneprogettocantoregi/ YT Progetto Cantoregi
Racconigi (Cuneo)

Un incontro online. Con lo studioso e storico torinese Eric Gobetti e con l’obiettivo di proporre un momento di riflessione e di raccoglimento attorno al “Giorno del ricordo”, solennità civile nazionale, che il 10 febbraio di ogni anno rinnova la memoria delle vittime italiane dei massacri delle foibe, a opera del regime comunista jugoslavo tra il 1943 e il 1947, e la memoria dell’esodo dalle proprie terre di istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra. Girata a Racconigi negli spazi della “Soms” di “Progetto Cantoregi”, la video intervista (da mercoledì 10 febbraio, sul sito e sui social di “Progetto Cantoregi”) illustra la ricerca che sta alla base del nuovo libro di Gobetti “E allora le foibe?” pubblicato da Laterza: un prezioso contributo per meglio comprendere gli scenari storici e i fatti che caratterizzarono uno degli avvenimenti più dolorosi della storia italiana del Novecento, un capitolo buio, sul quale per tanto tempo è calato il silenzio.
A Eric Gobetti – studioso di fascismo, seconda guerra mondiale, Resistenza e storia della Jugoslavia nel Novecento, nonché più volte collaboratore con il canale televisivo “RaiStoria” e autore sempre per Laterza di “Alleati del nemico. L’occupazione italiana in Jugoslavia (1941-1943) – chiediamo il perché del titolo: “Perché – risponde Gobetti – ‘E allora le foibe?’ è diventato il refrain tipico di chi sostiene il risorgente nazionalismo italico e vuole zittire l’avversario”. Ma di cosa parliamo quando parliamo di foibe? Cosa è successo realmente? Ancora Gobetti: “’Decine di migliaia’, poi ‘centinaia di migliaia’, fino a ‘oltre un milione’: a leggere gli articoli dei giornali e a sentire le dichiarazioni dei politici sul numero delle vittime delle foibe, è difficile comprendere le reali dimensioni del fenomeno. Negli anni, tutta la vicenda dell’esodo italiano dall’Istria e dalla Dalmazia è diventata oggetto di polemiche sempre più forti e violente. Questo libro è rivolto a chi non sa niente della storia delle foibe e dell’esodo o a chi pensa di sapere già tutto, pur non avendo mai avuto l’opportunità di studiare realmente questo tema”. Quale, dunque, il messaggio che il libro vuole trasmettere? “Questo ‘Fact Checking’ non propone un’altra verità storica precostituita – conclude lo scrittore – non vuole negare o sminuire una tragedia. Vuole riportare la vicenda storica al suo dato di realtà, prova a fissare la dinamica degli eventi e le sue conseguenze. Con l’intento di evidenziare errori, mistificazioni e imbrogli retorici che rischiano di costituire una ‘versione ufficiale’ molto lontana dalla realtà dei fatti. È un invito al dubbio, al confronto con le fonti, nella speranza che questo serva a comprendere quanto è accaduto in quegli anni terribili”.

Gianni Milani
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Info: 335.8482321 – 338.3157459 – www.progettocantoregi.it – info@progettocantoregi.i Fb Progetto Cantoregi – Tw @cantoregi – IG Progetto Cantoregi.

Riapre il Museo del Risorgimento

Dalla prossima settimana sarà possibile tornare a visitare anche il Museo Nazionale del Risorgimento Italiano, che sarà aperto il giovedì e venerdì dalle ore 10 alle ore 18. Si inizia giovedì 11 febbraio.

Con il passaggio in zona gialla e la possibilità prevista di aprire i musei dal lunedì al venerdì, anche il Museo Nazionale del Risorgimento Italiano tornerà ad accogliere i visitatori a partire dalla prossima settimana tutti i giovedì e venerdì dalle ore 10 alle ore 18. Si inizia dunque giovedì 11 febbraio.

L’ingresso sarà secondo le consuete tariffe e riduzioni. Fino alla fine di febbraio entreranno gratuitamente tutti i visitatori con meno di 26 anni di età.

L’attuale situazione di emergenza sanitaria impone il rispetto di precise norme che possano garantire la visita in totale sicurezza. Per accedere al Museo sarà obbligatorio indossare una mascherina a copertura di naso e bocca. All’ingresso saranno disposti dispenser con i disinfettanti per le mani. Ciascun visitatore sarà sottoposto al controllo della temperatura corporea che non dovrà essere superiore ai 37,5° C.  All’interno delle sale occorrerà mantenere la distanza interpersonale di oltre un metro ed evitare assembramenti.

Per i gruppi superiori alle cinque persone è possibile prenotare scrivendo una mail a prenotazioni@museorisorgimentotorino.it

Tutte le info su www.museorisorgimentotorino.it

Luci spente a San Marco

Com’è triste Venezia senza carnevale! E proprio quest’anno che la città lagunare compie 1600 anni di vita! Anche i tanti piemontesi abituè del carnevale di Venezia devono quest’anno rassegnarsi a causa dell’emergenza sanitaria. Salta l’agognato soggiorno nel periodo clou del carnevale di febbraio.

Niente maschere, niente balli, niente sfilate, niente allegria tra le calli e nella famosa piazza: solo nostalgia, silenzio e fascino che a Venezia non manca mai, neppure in simili circostanze. Alluvioni, acqua alta, pandemia, crollo del turismo, piazza San Marco deserta, gli storici caffè chiusi, che disastro per la città più bella del mondo! Bandiere a mezz’asta, si direbbe, ma il Mose finalmente funziona, almeno quello…Venezia vietata ai turisti tranne ai pochi beati che hanno la seconda casa in laguna e possono raggiungerla lo stesso se proprio non c’è un lockdown totale e drastico. Vivere il carnevale a Venezia nei giorni centrali della manifestazione non è in realtà molto semplice. Chi c’è stato sa bene che si cammina a fatica per la presenza di decine di migliaia di turisti che in fila indiana puntano verso piazza San Marco. Con il vaporetto certo si arriva prima ma la gente è stipata come le sardine in saor..Il fulcro del carnevale è la celebre piazza dove si ammirano le maschere più belle ma l’anima autentica del carnevale serpeggia nei vicoli, spunta nelle calle, su ponti e ponticelli, nei canali e nelle fondamenta dove intere famiglie veneziane escono dai portoni delle loro abitazioni con i costumi tradizionali, abbelliscono gondole e barchette e vanno a trovare i loro amici rigorosamente vestiti a festa. Non sarà il carnevale più bello al mondo ma sicuramente è quello più ricco di fascino, di mistero e di storia. Sono infatti trascorsi nove secoli dal primo documento ufficiale che fa riferimento a questa festa. Si tratta di un attestato del 1094 del doge Vitale Falier in cui si fa cenno per la prima volta a giochi e divertimenti pubblici. In una carta del doge si parla di bagordi carnascialeschi in occasione della visita in città di Enrico IV, l’imperatore di Canossa. Niente festa quest’anno ma spazio agli anniversari, i 1600 anni di vita di Venezia, 421-2021. La città nacque attorno al ponte di Rialto, dove si sviluppò il primo insediamento veneziano che risalirebbe al 25 marzo 421 con la consacrazione della chiesa di San Giacomo sulle rive del Canal Grande. Le sponde di Rialto, vero cuore economico della città, erano unite da un ponte di barche prima della costruzione di un ponte di legno. Ma non furono tempi facili: i barbari, dagli Unni ai Longobardi, si avvicinavano alla laguna. Il terrore spinse gli abitanti della terraferma a mettersi in salvo in laguna per sfuggire agli invasori. Venezia diventerà una delle città più potenti dell’Occidente medievale.
Filippo Re

Riapre il Castello reale di Moncalieri

Giovedì 4 febbraio riapre al pubblico il Castello Reale di Moncalieri. Ci sono anche gli appartamenti di Vittorio Emanuele II, Maria Letizia e Maria Clotilde tra i luoghi della cultura che, con il passaggio del Piemonte in zona gialla, tornano visitabili dopo il periodo di chiusura iniziato a novembre.

Confermate ovviamente le misure di sicurezza già adottate in precedenza. Ovvero: ingressi contingentati a gruppi guidati (massimo di 8 persone), obbligo di prenotazione on line tramite il Consorzio delle Residenze Reali Sabaude, rilevazione della temperatura corporea, obbligo di mascherina. Le disposizioni nazionali vigenti confermano l’obbligo di chiusura degli spazi museali nei fine settimana: il Castello di Moncalieri sarà di conseguenza visitabile ogni giovedì e venerdì dalle 10 alle 18 (ultimo ingresso alle 17). Biglietto intero: 7€ Ridotto: 5€.

“Dopo oltre tre mesi, riapriamo le porte del nostro Castello – commenta il Sindaco di Moncalieri, Paolo Montagna – ed è una bellissima notizia, un grande segnale di speranza. E’ fondamentale sostenere la cultura in questo momento difficile, perché sarà alla base della nostra ripartenza. E c’è grande voglia di tornare a vivere e frequentare le nostre bellezze. Ringrazio Polo Museale del Piemonte, Consorzio delle Residenze Reali Sabaude e Carabinieri del 1° Reggimento per il lavoro di squadra che ha garantito la riapertura”.

“Finalmente riprendono le visite alla residenza più amata da Vittorio Emanuele II, e monumento simbolo della comunità moncalierese – la notizia è accolta con soddisfazione dall’assessore alla Cultura e alle Residenze Reali Laura Pompeo – Nell’incertezza che caratterizza questa fase si tratta di un segnale molto positivo, rivolto non solo ai tanti che sono parte attiva delle proposte culturali del territorio, ma alla comunità tutta”. Insieme alle iniziative per rendere fruibile il Parco Storico del Castello, di recente acquisito al patrimonio cittadino, la riapertura degli appartamenti reali va incontro alla voglia di normalità diffusa “e all’entusiasmo del pubblico, che non è mai venuto meno – conclude Pompeo – come dimostrano gli incoraggianti dati di affluenza registrati nelle poche settimane di apertura del 2020, tra luglio e settembre”.

Lingua, linguaggio, società digitale: se ne parla a Giovedì Scienza

QUANDO LA PAROLA CONTA PIÙ DEI FATTI. Lingua, linguaggio, società digitale

Giovedì 4 febbraio 2021 ore 17.45

Su www.giovediscienza.it

Con Vera Gheno, Sociolinguista specializzata in comunicazione digitale Andrea Moro, Scuola Universitaria Superiore IUSS Pavia

Contano più le parole o i fatti? Siamo abituati a pensare che le sole parole, senza fatti concreti a supporto, servano a poco. Ma è davvero così? In un periodo in cui accadono moltissime cose e se ne parla ancora di più, dove si trova il limite tra fatti e parole?

Oggi la parola umana è articolata in circa 6000 lingue: quali proprietà neurologiche del cervello hanno reso possibile ciò? Che cosa si intende per “lingue artificiali” e quali rapporti possono esistere tra intelligenza artificiale e linguaggio umano? A queste e molte altre domande risponderanno la sociologa Vera Gheno e il Prof. Andrea Moro, il 4 febbraio in diretta streaming su www.giovediscienza.it.

Un viaggio all’interno del linguaggio e della società digitale per capire che, a volte, le parole possono essere più rilevanti dei fatti, e altre, che i soli fatti semplicemente non bastano.

 

Vera Gheno

Sociolinguista specializzata in comunicazione digitale e traduttrice dall’ungherese, ha collaborato per vent’anni con l’Accademia della Crusca. Attualmente lavora con la casa editrice Zanichelli ed è docente a contratto all’Università di Firenze. Nel 2019 ha pubblicato Potere alle parole. Perché usarle meglio (Einaudi), La tesi di laurea. Ricerca, scrittura e revisione per chiudere in bellezza (Zanichelli), Prima l’italiano. Come scrivere bene, parlare meglio e non fare brutte figure (Newton Compton), Femminili singolari. Il femminismo è nelle parole (EffeQu). Da qualche mese conduce, con Carlo Cianetti, il programma di Radio1 Rai  Linguacce.

Andrea Moro

Professore ordinario di linguistica generale alla Scuola Universitaria Superiore IUSS di Pavia, studia il rapporto tra la struttura delle lingue umane e il cervello. È stato varie volte visiting scientist al MIT, che ha iniziato a frequentare come studente Fulbright dalla fine degli anni ottanta, e alla Harvard University. Studiando il verbo “essere” ha scoperto strutture simmetriche nelle lingue umane e, utilizzando delle grammatiche artificiali, ha fornito prove sperimentali che le regole del linguaggio sono condizionate dall’architettura neurobiologica del cervello. Tra i suoi libri divulgativi I confini di Babele (Il Mulino, 2015) e Parlo dunque sono (Adelphi, 2013), Breve storia del verbo “essere” (Adelphi, 2008), Le lingue impossibili (Cortina, 2017). Ha scritto un romanzo, Il segreto di Pietramala (La nave di Teseo, 2018) che ha vinto il premio internazionale “Flaiano” per la narrativa nel 2018.

La 35a edizione di GiovedìScienza è ideata e organizzata da Associazione CentroScienza Onlus, con il patrocinio di Città di Torino e Città metropolitana di Torino, il sostegno della Fondazione Compagnia di San Paolo e il contributo di: Fondazione CRT, Banca d’Alba, Camera di commercio di Torino, UniCredit Spa. Partner Istituzionali: Università degli Studi di Torino, Politecnico di Torino, Accademia delle Scienze di Torino, Consiglio Nazionale delle Ricerche CNR e Istituto Nazionale di Fisica Nucleare INFN. Supporto alla comunicazione scientifica e regia streaming TAXI1729. L’iniziativa si svolge nell’ambito del Sistema Scienza Piemonte. Social Media Partner: Torinoscienza. Sponsor tecnici: Teatro Colosseo, TopiXi. Ufficio stampa MAYBE

www.giovediscienza.it

L’arcobaleno delle emozioni

Il libro di Silvia Cavallo dedicato ai più piccoli affronta, attraverso la storia di Luna, un tema delicato e complesso.

“Mamma quando scrivi un libro tutto per noi?”. E’ così che è nata l’dea di creare un libro unico e speciale che parlasse ai bambini di un argomento molto delicato come le emozioni.

Silvia Cavallo, appassionata di scrittura da sempre, ha coronato il suo sogno e quello delle sue figlie scrivendo un libro che, attraverso una fiaba, spiega e illustra, in coppia con Monica Blunda e le sue bellissime immagini, quel mondo articolato e profondo fatto di stati mentali e fisici non sempre di facilecomprensione e gestione. Il ruolo delle emozioni infatti, sia nella sfera privata che in quella sociale, rappresenta un tema   complesso e intimo; talvolta, purtroppo, viene suggerito ai bambini, consapevolmente o inconsapevolmente, di reprimerlee questo può risultare controproducente, tutte le emozioni in realtà, sono fondamentali per maturare, passo dopo passo, consapevolezza ed equilibrio.

Questo è il prezioso messaggio racchiuso nell’ultimo libro della scrittrice torinese, già autrice dei romanzi (Bestseller Amazon) “Chiedimi se sono felice” e “C’è il sole, fuori”.

“L’arcobaleno delle emozioni” (Edizioni Effetto, dicembre 2020) è la storia di Luna, piccola e dolcissima abitante dell’isola di Gioia dove tutti vivono serenamente fino al giorno in cui l’enorme re del buio arriva ad avvolgere le cose e le personerendendole tristi. Da quel giorno Luna e il suo inseparabile uccellino Nanù partono per un viaggio emozionante, decisi a riportare la luce e la gioia sulla loro isola. In questo viaggio fantastico e avventuroso incontreranno le emozioni e i colori che le identificano. Riusciranno, con l’aiuto di simpatici e buffi compagni d’avventura, a portare a termine la loro missione?

Il messaggio, attuale e autentico, ribadisce come tutte le emozioni, non solo quelle “positive”, sono fondamentali poichèse vissute, elaborate, riconosciute e superate, permettono a grandi e piccini di sconfiggere il buio e far tornare un arcobaleno di luce e gioia.

“Un’emozione espressa”, spiega l’autrice, “se riconosciuta ed accettata come tale, è spesso un punto di forza, più che di debolezza. Non a caso, ne “L’arcobaleno delle emozioni” un ruolo fondamentale viene dato alla lacrima, da sempre ritenuta simbolo di fragilità, ma che in realtà può portare a ritrovare l’equilibrio con se stessi e con gli altri.”

Maria La Barbera 

“Amare è poesia”, la nuova raccolta poetica di Pinuccia Matta

Il sentimento amoroso e la poesia. Una dicotomia in cui non sempre è facile indicare quale dei due fattori preceda l’altro, vale a dire se l’amore venga espresso nella poesia o se la poesia sia essa stessa un atto d’amore verso l’universo.

Questo connubio è alla base della produzione poetica di Pinuccia Matta, autrice di un recente volume dal titolo “Amare è poesia” (Aletti Editore). Da sempre amante dell’arte e impegnata nel seguire la galleria d’arte e antiquariato di famiglia, Mattarte, con sede a Verolengo, Pinuccia Matta si è ispirata, nelle sue liriche, all’amore, inteso nell’accezione dell’amor cortese, tipico del Dolce Stil Novo. Questo sentimento, generato dal profondo del cuore, trova la sua espressione più felice proprio nella parola poetica e rappresenta la chiave di volta per l’essere umano per potersi avvicinare al divino.

La stessa autrice ama, infatti, definirsi “stilnovista” nei suoi versi, che sono musicali e al tempo stesso intimistici, capace di comunicare una filosofia di vita che risulta tanto più preziosa e esemplare in tempi difficili come quelli che stiamo vivendo, una filosofia ispirata alla gentilezza, al rispetto, alla fede e alla speranza che da questa si apre.
La raccolta di liriche rappresenta anche una silloge capace di trasformare in poesia esperienze autobiografiche, quali la visita a Malta, l’incontro a Medjougorie con la dimensione spirituale, i momenti vissuti e sofferti, e gli incontri che hanno contribuito alla sua evoluzione interiore e personale.

Pinuccia Matta è partita dal cuore e dal profondo dell’anima per affidare alla scrittura poetica la sua esperienza di vita e il suo impegno nel comunicare l’amore intorno a sé.
La sua raccolta di poesie ‘Amare è poesia’ è online sul sito della Biblioteca delle Suore Montevergine, in occasione della Fiera del Libro giunta alla sua seconda edizione. L’autrice ha anche partecipato nell’agosto 2019 alla rassegna Libri nel Borgo Antico di Bisceglie.

Il testo di poesie di Pinuccia Matta è visibile sulla piattaforma della Fiera, accessibile sul sito www.bibliotecasuoremontevergine.it e su www.adelinodimarino.com

Mara Martellotta

Andy Warhol é… Superpop!

Alla Palazzina di Caccia di Stupinigi, il “viaggio estroso e colorato” nella vita del mito indiscusso della Pop Art. Mostra riaperta al pubblico e prorogata fino al 25 aprile

Riproponiamo, in occasione della riapertura in presenza e della proroga della mostra, l’articolo già comparso su “Il Torinese” il 28 ottobre scorso, prima della chiusura per emergenza sanitaria dei Musei.

Altroché un quarto d’ora di celebrità! “Nel futuro- diceva lui – ognuno sarà famoso per quindici minuti”. Profezie o pillole di profezia. Non semplice boutade. Ma icone di pensiero buttate lì da un’autentica icona vivente. A pronunciarle Andy Warhol, padre universalmente riconosciuto della Pop Art, che di fama ne ha invece macinata in quantità indescrivibile nei suoi cinquantotto anni di vita, continuando tutt’oggi, a poco più di trent’anni dalla scomparsa, ad esserne compagno fedele, al di là dei tempi, delle mode e in barba ai flussi implacabili dell’oblio.

Secondo artista, pare, più comprato e venduto e quotato al mondo dopo Pablo Picasso, a Andy Warhol (Pittsburgh 1928 – New York, 1987, ultimogenito dei tre figli di modesti immigrati originari di Mikovà, paese dell’odierna Slovacchia), la “Palazzina di Caccia” di Stupinigi dedica la mostra evento “Andy Warhol é…Superpop!”, promossa da “Next Exhibition” e “Ono Arte”, con il patrocinio della “Città Metropolitana Torino”. Per la prima volta nel capoluogo piemontese, si tratta di un’esposizione unica, volta non solo a raccogliere un congruo numero delle più importanti e note opere di Warhol, ma anche a tracciare uno sguardo intimo e curioso su uno degli artisti simbolo del secolo scorso. Oltre settanta le opere ufficiali raccolte per l’occasione fra fotografie, serigrafie, litografie, stampe, acetati e ricostruzioni fedeli degli ambienti e dei prodotti che Warhol amava e da cui traeva ispirazione.

Il percorso espositivo si apre con l’atmosfera degli anni Cinquanta e Sessanta, in cui si raccontano le sue prime importanti esperienza come grafico pubblicitario (lavorando per riviste come “Vogue” e “Glamour”) per poi passare alle opere seriali, dai colori alterati vivaci e forti, icone senza tempo, da “Marylin”, a “The Self Portrait”, a “Mao Zedong” fino a “Cow” e alla celeberrima “Campbell’s Soup”. Ripetizione e serialità. Provocazione. L’idea di un’arte da “consumarsi” come un qualsiasi altro prodotto commerciale. In bella vista nelle sale di un Museo o sugli allettanti scaffali di un qualsiasi centro commerciale.

Del resto, affermava “non è forse la stessa vita una serie di immagini, che cambiano solo nel modo di ripetersi?”. Di grande interesse e suggestione, accanto agli acetati e alle lastre serigrafiche da cui prendevano corpo le sue stampe, sono anche le foto in bianco e nero del fotografo Fred W. McDarrah (Ney York 1926 – 2007) che con i suoi scatti documentò la nascita dell’Espressionismo Astratto e della Beat Generation e che, per oltre trent’anni, immortalò Warhol, non solo attraverso le sue opere ma anche sotto l’aspetto più intimo e umano, all’apice della carriera circondato dalle scatole del detersivo “Brillo”, durante l’inaugurazione di una sua personale, o mentre gira una delle sue pellicole sperimentali (il cinema e la musica, altre sue grandi passioni) o ancora, anni dopo, intento a una delle sue attività preferite: una telefonata. In mostra troviamo anche una replica delle “Silver Clouds”, un’installazione composta da palloncini che fluttuano a mezz’aria circondando il visitatore, creata per la prima volta nel 1966 alla “Leo Castelli Gallery”, dove McDarrah documentò il processo di allestimento.

E come poteva mancare l’Andy comunicatore e istrionico? Primo attore in occasione di vernissage (“Andrei all’inaugurazione di qualsiasi cosa, anche di una toilette”) o intento a far bisboccia in chiassosa compagnia nei locali di maggior tendenza degli States o accogliente padrone di casa nella sua “Silver Factory”, l’ampio locale al quarto piano di un’ex fabbrica di cappelli sulla 47^ strada, l’“open house”, la “fabbrica” dove l’artista produceva la gran parte del suo lavoro, ma anche quartier generale, luogo di ritrovo per un mondo di “originali” che lì si riunivano per rincorrere i principi della Pop Art come stile di vita. Senza pregiudizi, fra attori, drag queen, musicisti e innumerevoli personaggi dello “Star System”, alla sua corte Warhol accolse e lanciò verso i lidi del successo un nutrito gruppo di Superstar, dai “Velvet Underground” a Edie Sedgwick e a Candy Darling.

Il tutto in un’atmosfera sospesa fra sogno e realtà, chiasso, musica e colori, intorno a quello storico “divano rosso”, ricreato nella copia esatta esposta alla Palazzina di Stupinigi, su cui posero le nobili terga artisti come Lou Reed, Bob Dylan, Truman Capote e Mick Jagger. A chiudere il percorso gli scatti del fotografo americano (di origini croate) Anton Perich ai visitatori della “Factory” e le testimonianze di Keith Haring e Jean-Michel Basquiat (il “James Dean dell’arte moderna”), fra i più importanti esponenti del graffitismo americano ed eredi per eccellenza dell’arte del grande Maestro.

Gianni Milani

“Andy Warhol é…Superpop!”
Palazzina di Caccia, piazza Principe Amedeo 7, Stupinigi (Torino); tel. 375/5475033 o www.warholsuperpop.it
Fino al 25 aprile
Orari: dal lun. al ven. ore 10/17,30

 

Nelle foto

– “Marylin”, 1962
– “Mao”, 1972
– “Cow”, 1966
– “Warhol and Brillo Boxes at Stabel Gallery”, 1964, Photo Credit: Fred W. McDarrah/MUUS Collection
– Warhol Lines up a shot”, 1964, Rhoto Credit: Fred W. McDarrah/MUUS Collection
– “Warhol inflates his ‘Silver Clouds’ installation at the Leo Castelli Gallery”, 1966, Photo Credit: Fred McDarrah/MUUS Collection

Dario Argento e il fascino irresistibile di Torino

Dalle recenti polemiche con gli ebrei italiani sulle minacce alla figlia Asia da parte del Mossad israeliano (https://amp.ilgiornale.it/news/cronache/

mossad-e-incubi-dario-argento-1463849.html qui la aspra requisitoria di Vittorio Sgarbi) al passato riferimento all’occupazione nazista di Torino, nel lungo piano sequenza di ” Profondo Rosso”, in cui compare l’hotel Nazionale di piazza Cln dove nel 1943 la Gestapo ne aveva fatto il suo quartier generale, nel cinema e nella biografia di Dario Argento han sempre convissuto l’ebraismo dei mitici Luxardo materni, la cristianità della sua educazione religiosa e l’esoterismo magico di cui é cultore, fino a farne la cifra del suo cinema in generale e Torino la location ideale del suo genio intellettuale e cinematografico. Da villa Scott in prima collina, a piazza Solferino, fino alla Galleria d’arte moderna,  la nostra città ha sempre esercitato per il regista romano un fascino irresistibile fino a girarvi anche ” Il Gatto a nove code” e ”Quattro mosche di velluto grigio”. Sensitivi, pratiche di stregoneria, chiromanti e assassini di ogni tipo sono intepretati sempre da attori italiani e stranieri di vaglia, come la Clara Calamai dei telefoni bianchi, il David Hemmings reso famoso da ”Blow Up” di Michelangelo Antonioni, un giovane esordiente Gabriele Lavia fino alla seconda moglie da poco scomparsa Daria Nicolodi e Karl Malden. Da un passato giovanile militante contestatore di estrema sinistra amico di Piperno e Scalzone alla macchina da presa, Dario Argento si innamora della Augusta Taurinorum durante un viaggio in città con il padre e viene attratto dal suo stile ibrido liberty- barocco e dalla sua atmosfera metafisica e razionale, fredda e teutonica. La ” tedescheria d’Italia” come la definì Zino Zini diviene sfondo di riprese in steadycam, carrellate e dissolvenze incrociate, primi piani di occhi sbarrati dal terrore, uccisioni misteriose nel buio, scene di suspense e litri di sangue sparsi su scalinate di marmo, ascensori a grate e nebbiose giornate. Negli anni ‘70 della Torino di Giovanni Arpino e delle lotte operaie. Oggi arrivato ai suoi ottant’anni Dario ricevendo un premio alla carriera all’ ultimo festival del Cinema di Roma intervistato  ha detto:  ” il mio antidoto alla paura in tempi di covid é la preghiera e la sua compagna di sempre, la solitudine contemplativa” musa di tanti suoi soggetti per il grande schermo. Dove oggi la realtà supera ogni immaginazione il messaggio dell’Argento uomo resta quello di sempre : credere contro l’assurdo, come diceva Blaise Pascal.

Aldo Colonna