La lettrice Sara Grauso ci invia queste immagini del grattacielo di via Nizza, nuova sede della Regione Piemonte.
Il presidente Cirio: “Nei prossimi giorni saranno trasferiti in Piemonte 4 bambini pazienti oncologici con le loro famiglie per essere curati nel nostro ospedale pediatrico. Ancora una volta la nostra Regione modello di cooperazione internazionale e solidarietà”
Il presidente del Piemonte Alberto Cirio ha partecipato oggi alla missione del programma “Food For Gaza”, partita da Ciampino verso Israele in occasione dell’arrivo al porto di Ashod della nave container con a bordo i 15 camion speciali donati dall’Italia, realizzati e allestiti da Iveco, con il supporto attivo della Regione Piemonte, per il trasporto di beni umanitari dentro la Striscia di Gaza e ulteriori 15 tonnellate di aiuti umanitari (non alimentari) donati dalla Cooperazione Italiana.
Il presidente ha accompagnato la professoressa Franca Fagioli (Direttore Dipartimento Patologia e Cura del Bambino dell’ospedale infantile Regina Margherita di Torino) e il dottor Sebastian Asaftei, che resterà nella zona per alcuni giorni. I medici infatti stanno esaminando le cartelle cliniche di alcuni bambini malati oncologici con l’obiettivo, nelle prossime settimane, di poterli trasferire al Regina Margherita. In particolare, si tratta di 4 bambini malati oncologici che saranno ricoverati e accolti insieme alle loro famiglie.
«Ancora una volta il Piemonte è in campo per la solidarietà. A gennaio, al tavolo Food for Gaza abbiamo confermato al governo e al ministro Tajani la disponibilità della nostra Regione ad accogliere fino a undici bambini malati in arrivo dalla Striscia di Gaza. Oggi inizia la fase operativa di questo impegno che vede il coinvolgimento dei nostri medici e del nostro sistema sanitario con l’obiettivo di trasferire, non appena le loro condizioni lo permetteranno, i primi 4 pazienti pediatrici al Regina Margherita di Torino. Grazie alla rete di associazioni sarà anche possibile accogliere le loro famiglie, per assicurare ai piccoli la migliore permanenza possibile. Per il Piemonte questo impegno si inserisce nelle tante operazioni di solidarietà avviate in questi anni», dichiara il presidente della Regione Piemonte, Alberto Cirio ricordando anche l’invio dal Piemonte di un ingente quantitativo di riso destinato alle popolazioni della Striscia di Gaza.
«La missione ha il significato di creare un ponte tra l’ospedale infantile Regina Margherita e i bambini di Gaza tramite l’intermediazione delle forze diplomatiche e dei sanitari israeliani e palestinesi. In particolare siamo pronti ad accogliere nei prossimi giorni 4 bambini affetti da leucemie, linfomi o tumori solidi, il cui trattamento è stato interrotto a seguito dei bombardamenti all’interno della Striscia di Gaza. La presa in carico sarà come per tutti i nostri pazienti inclusiva e terrà conto anche delle esigenze di integrazione nel nostro territorio dei bambini e dei loro accompagnatori, tramite l’aiuto insostituibile del terzo settore, che collabora con la nostra quotidianità», afferma la professoressa Franca Fagioli.
Una disponibilità che conferma la vocazione solidale e accogliente del Piemonte: già la scorsa estate la disponibilità della Regione ha consentito di portare al Regina Margherita un adolescente e un bimbo di 3 anni provenienti da Gaza.
Fin dalla scorsa primavera infatti la Regione, insieme al Comune di Torino, si è era resa disponibile con il Ministero degli Esteri a supportare attivamente le iniziative del governo in risposta all’emergenza umanitaria di Gaza, con il coinvolgimento degli ospedali, in particolare il Regina Margherita per i pazienti più piccoli, e la Protezione civile regionale, per fornire competenze e materiali. Una posizione che conferma quanto avvenuto in passato, quando il Piemonte, con due diversi voli, nel 2022 ha avviato una missione umanitaria che ha consentito di portare a Torino 22 tra bambini e ragazzi malati di tumore in fuga dall’Ucraina dove non era possibile garantire loro le cure a causa della guerra.
Mariachiara Giacosa
Sull’autostrada Ivrea-Santhià, alla stazione di servizio di Viverone sud, due agenti della polizia stradale sono stati aggrediti dal conducente di 26 anni, francese. L’uomo aveva avuto un incidente con una vettura che avrebbe rubato e abbandonato. Ha fatto l’autostop e un furgone lo ha accompagnato alla vicina stazione di servizio. Qui ha cercato di rubare un’altra macchina minacciando il conducente con un coltello. Era presente una volante della Polizia. Il giovane, raggiunto dagli agenti ha preso un martello dal giubbotto e ha colpito uno dei due agenti sulla testa. Il poliziotto gli ha sparato ferendolo e colpendo anche di striscio l’altro agente. L’aggressore è ricoverato alle Molinette. In ospedale anche i due agenti che non sono in pericolo di vita.
Fsp Polizia: “Aggressore operato, un collega in prognosi riservata. Questo lavoro è imprevedibilità, violenza e complessità”
“Sono ore di grande apprensione per lo stato di salute dei colleghi aggrediti a Ivrea da un criminale che li ha presi a martellate. Anche se entrambi non sono in pericolo di vita, quello di loro più seriamente ferito, che ha riportato un grave trauma cranico, è in prognosi riservata. Anche il loro aggressore, dopo essere stato operato, è fuori pericolo. Adesso preghiamo che possano rimettersi al più presto, con il pensiero rivolto ai loro cari catapultati in questo terribile incubo”.
Così Valter Mazzetti, Segretario generale Fsp Polizia di Stato, dopo l’aggressione ai due poliziotti della Stradale alla stazione di servizio di Viverone sud sulla bretella autostradale Ivrea-Santhià.
“Cresce senza sosta la drammatica lista dei tutori della sicurezza feriti in servizio – prosegue Mazzetti -, con una cadenza temporale agghiacciante che ne vede finire in ospedale uno ogni 3 ore e mezza, e con una casistica sempre più variegata, virulenta, subdola. Il caso di oggi conferma drammaticamente questo quadro, da cui emerge come il nostro lavoro sia fatto di assoluta imprevedibilità, violenza cieca, complessità estrema. Bene farebbero a ricordarlo tutti quegli pseudo esperti di sicurezza sempre pronti a pontificare e delegittimare l’operato di chi porta una divisa, contestando un arresto, censurando un inseguimento, criminalizzando una reazione difensiva, tentando di far passare i nostri operatori, fra i migliori del mondo, per incompetenti, violenti e frustrati. Ogni giorno in cui dobbiamo pregare perché un collega guarisca – conclude Mazzetti – sale la rabbia per tutto questo, e la convinzione che questo vizio della ‘critica facile’ passerebbe per incanto se ci si trovasse davvero nei nostri panni”.
L’assessore alla Sanità Federico Riboldi replica ai rappresentanti delle sigle sindacali dei medici dirigenti che, in un loro comunicato, lamentano la delegittimazione della figura medica e lo accusano di “arroganza”.
«Innanzitutto, quella che i sindacati dei medici scambiano per arroganza è una fortissima volontà di abbattere le liste d’attesa, che i cittadini chiedono a gran voce in ogni angolo della Regione ed è un grido di dolore che chi amministra non può ignorare. Grido di dolore che viene da quella parte di persone (compresa tra l’8 e il 12%) che hanno dovuto rinunciare alle cure, i soggetti più fragili della nostra società che non possiamo pensare di abbandonare a loro stessi» afferma Riboldi.
«Sul tema dell’intramoenia si cita una parte della legge (il DL 73/2024 convertito nella legge 104/2024) che ne consente l’operatività, ma si dimentica l’altra parte della normativa che dice chiaramente che in caso di liste d’attesa inaccettabili questa può essere sospesa. Quindi parlare di arroganza quando si applica la legge è fuorviante e fuori luogo. Tuttavia, come ho avuto modo di dichiarare in un’intervista recente, e ribadisco ora, si tratta dell’estrema ratio e di una soluzione che sarà attuata solo dopo che saranno state messe in campo tutte le altre misure che partono dall’esercizio volontario dei turni in orari festivi e serali, per i quali le Aziende sanitarie hanno già raccolto la disponibilità del personale» dichiara Riboldi.
«A riprova del fatto che non delegittimo la categoria dei medici, ricordo che ho affermato pubblicamente, in controtendenza rispetto a molti altri, che nel caso dell’inchiesta giudiziaria sulla gestione dell’intramoenia in Città della Salute si tratta di una minoranza davvero molto esigua di professionisti» conclude Riboldi.
L’asporto di bottiglie e lattine sarà vietato da fine febbraio dalle 21 alle 7 in 19 zone di Torino. Il divieto ad oggi scatta invece alle 23. Il Comune punta a ridurre la vendita di alcolici da parte dei minimarket, per ridurre risse e urla notturne nelle zone della movida. In via Di Nanni, zona pedonale di Borgo San Paolo l’esperimento ha avuto riscontri positivi.
Gli assessori Paolo Chiavarino al Commercio e Marco Porcedda alla Sicurezza hanno annunciato che le zone interessate rientrano in 5 circoscrizioni: Due (Santa Rita e Mirafiori), Cinque e Sei periferia Nord), Sette (Aurora, Vanchiglia e Madonna del Pilone) Otto (borgo Filadelfia e Nizza-Millefonti). Si tratta di vie e piazze specifiche oggetto delle segnalazioni dei residenti. Sarà vietato l’asporto, ma Bar e ristoranti potranno somministrare alcol all’interno.
Grazie a un intervento di chirurgia robotica toracica all’avanguardia
All’ospedale Molinette di Torino salvato un ragazzino di 13 anni, affetto da una rara malformazione polmonare, grazie a un intervento di chirurgia robotica toracica all’avanguardia.
Si tratta di una malformazione adenomatoide cistica polmonare (CCAM), una patologia congenita, di causa ad oggi ignota, cioè una malformazione benigna del polmone con alterazione dello sviluppo dei bronchioli terminali, che subiscono una trasformazione cistica fino a portare a una completa alterazione del parenchima polmonare.
Nei primi anni di vita il paziente ha subito ricorrenti ricoveri per polmoniti e bronchiti, considerata la maggiore suscettibilità dovuta alla malformazione di cui era affetto. Durante l’ultimo ricovero all’ospedale di Mondovì (in provincia di Cuneo) a seguito dell’ennesima polmonite invalidante, i genitori e il figlio hanno preso la coraggiosa decisione di optare per un intervento chirurgico risolutivo.
Trasferito prima nel reparto di Chirurgia pediatrica dell’ospedale Infantile Regina Margherita di Torino e poi nel reparto di Chirurgia toracica dell’ospedale Molinette della Città della Salute di Torino, il ragazzo è stato sottoposto a un delicato intervento chirurgico di lobectomia inferiore destra per via robotica.
L’equipe multidisciplinare era composta dal professor Enrico Ruffini (Direttore della Chirurgia toracica universitaria dell’ospedale Molinette di Torino) e dai dottori Paraskevas Lybéris, Francesco Guerrera e Angelo Zocco, coadiuvata dai chirurghi pediatrici dell’ospedale Regina Margherita dottori Fabrizio Gennari (Direttore di Chirurgia pediatrica del Regina Margherita) e Riccardo Guanà. Di fondamentale importanza è stata la presenza in sala operatoria del dottor Alessandro Buttiglieri dell’Anestesia e Rianimazione universitaria dell’ospedale Molinette (diretta dal professor Luca Brazzi).
Un intervento molto complicato della durata di circa 7 ore. Il polmone, causa la malformazione e le pregresse polmoniti, era tutto adeso alla parete del torace. La sua normale anatomia era completamente alterata, tale da rendere ciascun passaggio chirurgico estremamente preciso e scrupoloso.
Anche questa volta la tecnica robotica, in dotazione all’ospedale Molinette, ha permesso la fattibilità di un intervento cosi complicato e delicato: «È stato asportato solo il lobo malformato – spiega il dottor Lybèris – quindi senza arrecare danni al resto del polmone, in modo tale da non creare delle invalidità nel futuro e garantire un’ottima qualità di vita del ragazzo».
La prima parte del post operatorio si è svolta all’interno della Rianimazione ospedaliera dell’ospedale Molinette, mentre a seguire, dopo un’iniziale degenza nel reparto di Chirurgia toracica delle Molinette, il paziente è stato trasferito all’ospedale Regina Margherita, coordinato dal Dipartimento di Patologia e Cura del Bambino (diretto dalla professoressa Franca Fagioli). E poco dopo dimesso a domicilio.
«Ancora una volta un caso che dimostra le eccellenze della Città della Salute di Torino. L’intervento è stato il risultato di un grande lavoro di squadra» dichiara la Direzione aziendale della Città della Salute di Torino.
«Fare rete e condividere competenze e professionalità deve essere al centro della sanità piemontese – sottolinea Federico Riboldi, Assessore alla Sanità della Regione Piemonte – e la storia del ragazzo tredicenne conferma, ancora una volta, l’efficacia di questo approccio. La buona riuscita dell’intervento è anche la dimostrazione dell’eccellenza che l’AOU Città della Salute e della Scienza di Torino rappresenta per la nostra Regione e di come sia un punto di riferimento a livello nazionale e internazionale».
“I documenti che conserviamo – dice il presidente dell’Associazione Arma di Cavalleria, sezione di Torino – non sono solo parte della tradizione della cavalleria, ma anche segni tangibili della storia d’Italia. Si nota la differenza di comportamento a favore di Askatasuna, che da oltre 25 anni occupa l’edificio di Corso Regina Margherita. Abbiamo bisogno di una sede per non perdere un patrimonio storico-culturale unico”
La sezione di Torino dell’Associazione Nazionale Arma di Cavalleria (ANAC) si trova in una situazione di grave difficoltà, non avendo una propria sede adeguata in cui custodire i preziosi reperti storici che raccontano la storia della cavalleria italiana. Questa carenza strutturale mette a rischio la conservazione di oggetti e materiali di straordinaria importanza storica e culturale, alcuni dei quali potrebbero andare perduti o addirittura distrutti, con un danno incalcolabile per la memoria della cavalleria e della storia d’Italia. Tra questi documenti e cimeli anche una fotografia autografata del Capitano Francesco Baracca, già ufficiale di cavalleria e poi divenuto asso dell’aviazione italiana durante la Prima Guerra Mondiale.
“L’Associazione Nazionale Arma di Cavalleria (A.N.A.C.) – ricorda l’ingegner Claudio Musumeci, presidente dell’Associazione Arma di Cavalleria, sezione di Torino – è stata istituita 1921, quindi dopo alcuni anni dalla fine della prima guerra mondiale con lo scopo di tenere vivi e tramandare i valori, lo spirito e la tradizione della Cavalleria. Successivamente, sono cominciate a nascere le sezioni a livello provinciale, quella di Torino nel 1943. Molto brevemente va ricordato che l’Arma di Cavalleria trae origine dalle unità a cavallo istituite da Vittorio Emanuele II di Savoia nel 1692 con la formazione di reggimenti inquadrati nelle forze armate. Tale scelta fu dettata sia per raggiungere fini politici, sia per assegnare maggiore capacità organizzativa ed offensiva nelle battaglie. Alcune note storiche ricordano che le prime formazioni a cavallo risalgono alcuni anni prima del 1692, con l’assegnazione dei cavalli alle compagnie di archibugieri, venendo così a formare i “dragoni”, prime formazioni militari a cavallo (1683-1690)”.
Musumeci ricorda che “la sezione dell’Associazione Nazionale Arma di Cavalleria di Torino, sta attraversando un periodo di particolare difficoltà, poiché la sede è stata dichiarata “inagibile” dal Comando Infrastrutture; oggi, pertanto, gli associati non possono ritrovarsi e svolgere attività istituzionale interna, sviluppata fino a qualche tempo addietro. Motivo, però, di particolare preoccupazione deriva dal fatto che nella sede sono raccolte e custodite preziosi reperti storici che tracciano la storia della cavalleria italiana. Questa carenza strutturale mette a rischio la conservazione di oggetti e materiali di straordinaria importanza storica e culturale, alcuni dei quali potrebbero andare perduti o addirittura distrutti, con un danno incalcolabile per la memoria della cavalleria e della storia d’Italia, a causa della precarietà condizioni di salubrità fra cui la presenza di accentuata umidità”. Tra questi documenti e cimeli anche una fotografia autografata del Capitano Francesco Baracca, già ufficiale di cavalleria e poi divenuto asso dell’aviazione italiana durante la Prima Guerra Mondiale.
Torino, culla della cavalleria italiana ha una tradizione che, grazie alla Famiglia dei Savoia, fa risalire la propria istituzione, come già ricordato, fin dalla fine del diciassettesimo secolo, periodo che vide gli albori della creazione dell’Arma. La sua importanza, oggi, dal punto di vista agonistico, è indissolubilmente legata anche a Federico Caprilli, il capitano di Cavalleria che, all’inizio del XX secolo, ha rivoluzionato un metodo di cavalcata naturale, influenzando l’equitazione a livello internazionale. Infatti, il metodo cosiddetto “Caprilli” insegna ai cavalieri di seguire, nella corsa, il cavallo senza ostacolarne i movimenti naturali.
“Oggi – continua Musumeci – Torino rappresenta non solo simbolo di questa tradizione, ma anche il punto di riferimento per le future generazioni di cavalieri, appassionati e storici. La sezione torinese dell’ANAC, custodisce numerosi cimeli, uniformi, medaglie, documenti e altri oggetti che raccontano la storia della cavalleria italiana, e che sono di fondamentale importanza non solo per la memoria dell’arma, ma per la memoria collettiva di un’intera nazione. E Torino deve essere interpretata come sede e luogo ideale per la custodia e di questi reperti. Non solo, quindi, motivo di preservare la memoria e ricordare la storia di un’arma di antiche tradizioni, ma anche di riconoscere alla città, tramite questa, il ruolo che ha avuto nello scrivere un capitolo fondamentale nelle vicende militari e sportive dell’Italia. La città, definita culla della cavalleria, merita di essere il luogo in cui questi tesori vengano valorizzati e custoditi per le generazioni future”.
La sezione dell’ANAC di Torino, purtroppo, sta vivendo una situazione di notevole difficoltà, con il rischio che la sua storica raccolta di reperti possa essere dispersa se non si troverà una ubicazione adeguata. La richiesta di una sede sicura e funzionale non è solo un’esigenza interna, ma un appello alla città di Torino e alle istituzioni affinché si facciano carico della responsabilità di conservare un pezzo di storia che appartiene a tutti.
“I reperti che conserviamo – ha spiegato ancora il presidente dell’Associazione Arma di Cavalleria, sezione di Torino – non sono solo parte della tradizione della cavalleria, ma anche segni tangibili della storia d’Italia. Una prima risposta non positiva l’abbiamo ricevuta lo scorso anno dalla dottoressa Michela Favaro, che, alla nostra richiesta ed alla consegna dell’Album fotografico che documenta i cimeli ed i reperti raccolti, ha risposto con la trasmissione di un elenco di immobili, senza comprendere appieno, la portata della richiesta e l’importanza dell’Associazione richiedente”. A tal proposito, il presidente, cita, con rammarico, “la differenza di comportamento del Comune di Torino verso Askatasuna, che da oltre 25 anni occupa l’edificio di Corso Regina Margherita. Per contro allorquando le amministrazioni, Comune di Torino in testa, hanno chiesto supporto per qualche iniziativa, l’Associazione ha sempre aderito mettendo a disposizione il tempo e le risorse degli associati per il bene della comunità. Oggi, però, abbiamo bisogno di un supporto concreto, affinché i segni della storia non vengano cancellati o dimenticati.
Abbiamo bisogno di una sede per la salvaguardia del patrimonio storico-culturale legato alla cavalleria, atto che costituirebbe giusto passaggio del testimone culturale alle future generazioni”.
A Villa Lascaris, a Pianezza, martedì 11 febbraio prossimo, alle 21 verranno discussi nuovi modelli di cooperazione in un incontro dal titolo “Sarà meglio quando … non li aiuteremo più a casa loro”.
La lotta alla povertà estrema rappresenta una sfida globale, cosiccome lo è lo sviluppo sostenibile che tenga conto e rispetti le diverse persone, culture e allo stesso tempo l’ecosistema; in questo quadro la cooperazione internazionale gioca un ruolo chiave. Ma in concreto cosa significa? Quali sono i modelli che hanno, dal dopoguerra ad oggi, ispirato e informato l’azione della cooperazione verso il cosiddetto Terzo Mondo? E sono stati efficaci?
Il secondo appuntamento di ‘Sarà meglio quando’, ciclo di incontri che Villa Lascaris a Pianezza, casa di spiritualità e cultura dell’Arcidiocesi di Torino, organizza e propone, interrogando il presente per tentare di leggere il domani in collaborazione con l’Ufficio Pastorale per la Cultura e il Settimale La Voce e il Tempo, con il progetto editoriale OGzero, pone una domanda “Sarà meglio quando non li aiuteremo più a casa loro?
Protagonista dell’incontro sarà Federico Monica, giornalista, architetto, urbanista specializzato in cooperazione internazionale nell’Africa sub Sahariana, che racconterà i cambiamenti che stanno avvenendo in alcune zone dell’Africa tra problemi, soluzioni nuove e un diverso approccio delle organizzazioni che lavorano in loco.
Intervistato da don Gian Luca Carrega, direttore dell’Ufficio per la Pastorale della Cultura e da Alberto Riccadonna, direttore de La Voce e il Tempo, Federico Monica toccherà diversi temi alla luce del fatto che, nonostante i buoni propositive gli impegni internazionali, gli obiettivi che il mondo si è dato sono lontani dall’essere raggiunti.
In Africa i conflitti continuano, la povertà estrema è ancora una realtà, cosicomme lo sfruttamento selvaggio delle risorse, fenomeni aggravati ulteriormente dalla desertificazione, effetto del cambiamento climatico. Tuttavia proprio l’Africa è il motore di questo cambiamento tangibile, grazie a saperi e competenze in grado di sfrontatezza un mondo I continuo cambiamento, costruendo in armonia con l’ambiente, utilizzando in modo capillare e per noi innovativo le risorse idriche e pensando a modelli di sviluppo diversi da quelli occidentali.
Grazie alla pluriennale esperienza di Federico Monica in Paesi Come Sierra Leone e Mozambico si cercherà di capire, se non sia arrivato il momento di ripensare il paradigma dell’Occidente che insegna, visto che il Terzo Mondo sarà il primo ad aiutare ad affrontare le sfide epocali di un mondo in trasformazione.
L’ingresso agli incontri è libero, previa prenotazione à eventi@villalascaris.it. Per sostenere le attività culturali di Villa Lascaris è gradito un contributo volontario.
Ultimo appuntamento con Sarà meglio quando non ci sarà più l’ONU martedì 25 febbraio alle ore 21con Edoardo Greppi, professore Emerito di diritto internazionale presso l’ateneo torinese.
Mara Martellotta
Aviaria, Coldiretti: «Evitiamo inutili allarmismi»
Riflettiamo su quanto i problemi dell’agricoltura riguardino tutti i consumatori
Coldiretti Torino esprime solidarietà all’allevatore colpito dall’influenza aviaria nel comune di Chivasso. Ma il presidente di Coldiretti Torino, Bruno Mecca Cici precisa: «Il caso di influenza aviaria riscontrato in un allevamento avicolo a Chivasso non deve suscitare allarmismi tra i consumatori. Proprio il rinvenimento dell’animale positivo al virus ci conferma ancora una volta quanto i nostri allevamenti siano assolutamente monitorati in modo costante dai servizi veterinari pubblici».
Coldiretti Torino ribadisce ancora una volta che l’influenza aviaria non si trasmette all’Uomo attraverso il consumo di carne di pollo o di uova. «I consumatori possono continuare tranquillamente ad acquistare pollo e uova senza timore. Piuttosto, casi come questo ci invitano a riflettere quanto sia determinante la nostra agricoltura per il rifornimento quotidiano del nostro cibo: non solo l’allevatore colpito non lavora, ma la filiera alimentare non riceve i suoi prodotti. Una conferma di quanto i problemi dell’agricoltura riguardino tutti».
Coldiretti Torino ricorda che gli allevamenti avicoli sono tra le attività economiche più monitorate con l’obbligo di rispetto di rigorosi protocolli di biosicurezza la cui ottemperanza è certificata e controllata con ispezioni costanti. «In pochi sanno che in un allevamento di polli o di galline ovaiole la salute degli animali è continuamente monitorata. Inoltre, sempre più gli allevamenti hanno accettato di integrare i sistemi di sicurezza aderendo al sistema di controllo di benessere animale e di salute denominato Classifarm indicato dal sistema sanitario europeo su cui Coldiretti organizza iniziative di formazione e di consulenza. Ma questo accade in Italia e in Europa. Non succede lo stesso nei Paesi extra Ue dove non sono in vigore gli stessi sistemi di controllo e di gestione degli allevamenti. Aspetto che deve aprire una riflessione sul diritto dei consumatori a pretendere gli stressi standard di qualità per polli e uova importate».
In provincia di Torino sono presenti 3.800 aziende agricole che allevano polli e galline, molti dei quali di piccole dimensioni e annessi ad altre attività, ma le aziende avicole vere e proprie sono 250 con un milione e 400mila animali allevati. In Piemonte sono oltre 700 le aziende avicole specializzate con circa 18 milioni di animali allevati. Una produzione che serve il consumo locale ma anche i grandi marchi della filiera italiana del pollo.
Come per il resto del mondo, quella di pollo è la carne più consumata anche dai torinesi con un consumo pro capite medio di 14 Kg/anno in costante aumento. Anche la domanda di uova, soprattutto negli utilizzi industriali, è in continuo aumento. Per polli e uova l’Italia e il Piemonte sono autosufficienti: la produzione locale soddisfa l’intera domanda.