Considerazioni dopo l'arresto del presunto assassino. Allora i media non colsero il fatto che si era trattato del primo omicidio di un magistrato al Nord

La memoria di Bruno Caccia a Ceresole d'Alba dove il magistrato aveva profondi legami

bruno cacciaLa municipalità di questo comune del Roero, al confine con la Città Metropolitana di Torino (Carmagnola è a breve distanza) negli anni gli ha dedicato gli impianti sportivi, qui si sono tenute alcune commemorazioni, e a parlare di lui è venuto anche Giancarlo Caselli, che negli anni gli è succeduto alla guida della procura torinese

 

L’arresto del sessantaduenne, panettiere nella borgata Parella di Torino, originario di Gioiosa Jonica, in quanto sospettato di essere il presunto assassino di Bruno Caccia, è rimbalzata su tutti i media nazionali e non. Sarà ora la Giustizia a dover fare il proprio corso e gettare così piena luce sull’omicidio del procuratore della Repubblica di Torino avvenuto il 26 giugno del 1983, in quello che, in un primo tempo (si era nel pieno degli “Anni di piombo”) sembrò un delitto legato al terrorismo, ma che successivamente si rivelò come deciso dalla ndrangheta. Oltre a Torino c’è un altro luogo dove la notizia dell’arresto del presunto omicida ha avuto un notevole rilievo, ed è Ceresole d’Alba. Qui la sua famiglia aveva (ed ha tuttora) un casa, dove il magistrato si recava spesso e aveva forti legami.

 

E qui tornano spesso i familiari. I suoi figli, Paola, Cristina e Guido, infatti, non hanno mai cessato di chiedere che venga fatta completamente luce sul delittuoso fatto che gli portò via il padre, in una giornata di fine luglio di tanti anni fa. La municipalità di questo comune del Roero, al confine con la Città Metropolitana di Torino (Carmagnola è a breve distanza) negli anni gli ha dedicato gli impianti sportivi, qui si sono tenute alcune commemorazioni, e a parlare di lui è venuto anche Giancarlo Caselli, che negli anni gli è succeduto alla guida della procura torinese. Su Bruno Caccia è stata incentrata una tesi di laurea del ceresolese (non abita più in paese ma ha mantenuto un forte legame con le sue origini) Piermario Demichelis, che si è laureato in Lettere all’Università di Torino con Nicola Tranfaglia. “Avevo tredici anni – spiega il professor Demichelis – ma ricordo bene il giorno in cui avvenne il delitto e quanto era stimato Caccia in paese”. Nel suo interessante elaborato affrontò il fenomeno della diffusione delle mafie al Nord ed in Piemonte, poi analizzò la vicenda  legata a Bruno Caccia dal momento dell’efferato delitto sino alla pronuncia della Corte di Cassazione, infine, venne fatta l’analisi di come il delitto venne sottovalutato dagli organi di informazione. “Mi ha colpito come questa notizia ebbe un riscontro massiccio sugli organi di informazione sino al momento in cui venne seguita la pista del terrorismo e come, invece, quando questa cadde venne trattato come un caso di cronaca”.

 

In sostanza i media non colsero il fatto che si era trattato del primo omicidio di un magistrato al Nord, nel caso un procuratore della Repubblica, al di fuori delle regioni ad alta intensità di malavita organizzata. C’erano stati certo i casi del procuratore di Palermo Scaglione e di Rocco Chinnici, ma erano in Sicilia. E Il procuratore di Genova, Coco, era caduto con la sua scorta qualche anno prima, ma sotto il piombo delle Brigate Rosse, quindi tutt’altro tipo di delitto. Adesso l’auspicio, a Ceresole d’Alba, come a Torino, come ovunque, è che il procedimento che è stato aperto possa finalmente fare totalmente luce su questa tragica vicenda.

 

Massimo Iaretti