ARTE- Pagina 45

A Diagon Hall, nei Dialoghi tra prosa e poesia, protagoniste le isole

 

 

Diagon Hall ospiterà il 6 marzo prossimo alle ore 21.30 un evento letterario, il quarto appuntamento dei “Dialoghi tra prosa e poesia”incentrato sul tema delle isole, considerate gli antichi porti del mare, un’occasione di salvezza, in ognuna si scopre un diverso microcosmo a sé stante. Questo incontro chiude il trittico legato ai viaggi dell’uomo e alle connessioni di storie che mettono in relazione i diversi popoli. L’incontro è  tenuto da Gian  Giacomo Della porta e Jacopo Marenghi.

Partendo dal mito di Ulisse l’evento si dipanerà saltando tra le note isole dell’Odissea, ognuna di esse rappresentante un preciso simbolo, quali la solitudine, il pericolo,  il rifugio, la civiltà e la partenza.

Le isole protagoniste dell’incontro si avvolgono in un manto  mitico in cui la realtà si fonde e si confonde con l’immaginazionee diventa un sogno d’amore per Pablo Neruda o il rifugio onirico per il poeta Giuseppe Ungaretti, una storia di naufraghi che vedrà attivi grandi personaggi legati al mondo delle isole, come Robinson Crusoe di Defoe e il Morel di Bioy Casares.

Il prossimo ciclo di tre incontri  vedrà protagonisti i temi più  studiati e amati di scrittori e poeti tra i più importanti, da Kafka a Montale fino a Ginsberg.

 

Diagon Hall via San Domenico 47 Torino

 

Mara Martellotta

Il museo di arte moderna e contemporanea di Bolzano dedica una mostra a Ezio Gribaudo

 

 

Ezio Gribaudo sarà in mostra al Museo di arte moderna e contemporanea di Bolzano nella esposizione dal titolo “The weight of the concrete”, a cura di Tom Engels e Lilou Vidal, in collaborazione con Leonie Radine, con la scenografia di Davide Stucchi.

La mostra si aprirà il 23 marzo per concludersi il 1 settembre 2024.

Museion, il Museo di arte moderna e contemporanea di Bolzano, si è dichiarato soddisfatto di esplorare l’eredità culturale dell’artista ed editore Ezio Gribaudo (1929-1922), in una mostra dal titolo “The Weight of the concrete”, che rende omaggio alla sua opera multidisciplinare all’intersezione tra immagine e linguaggio.

Alla luce di una scenografia contemporanea, la sua poetica della materia entra anche in dialogo con voci della poesia sperimentale.

La mostra è prodotta da Grazer Kunstverein in collaborazione con l’archivio Gribaudo di Torino e con Museion.

Il titolo della mostra è preso in prestito da “Il peso del concreto”, libro del 1968 che presenta i primi lavori grafici dell’artista, insieme a un’antologia di poesia concreta a cura del poeta Adriano Spatola.

Al centro di questa pubblicazione e dell’esposizione c’è l’emblematica serie di Logogrifi che l’artista ha sviluppato a partire dagli anni Sessanta, passando dai rilievi su carta assorbente a rilievi in legno e polistirolo. Nel corso della sua vita i Logogrifi hanno costituito un rapporto strettamente personale e intrecciato con l’attività di creatore di libri, nonché con la sua fascinazione per i nuovi processi di stampa industriale, i caratteri tipografici, i giochi linguistici e le matrici di rilievo.

Basati su enigmi linguistici o visivi, i Logogrifi sono simili a puzzle o rompicapo, che prevedono la formazione di nuove parole cambiando la lettera iniziale. Nell’interpretazione di Gribaudo un logogrifo oscilla tra leggibilità e astrazione, a volte tendendo verso forme leggibili e altre volte scalando il mondo enigmatico in cui immagine e linguaggio si fondono comprendendo elementi tipografici (testuali, figurativi e topografici). ‘The Weight of the concrete’ annuncia l’emergere di una nuova grammatica e, di conseguenza, di nuove forme di lettura. Partendo da rilievi acrobatici su carta assorbente, trasformandosi in rilievi in legno e polistirolo e culminando infine in pezzi cromatici con inchiostro tipografico, le opere in mostra interrogano i modi in cui forma, linguaggio e materia continuano a modellarsi e ridefinirsi a vicenda.

Gli esperimenti associativi di Gribaudo con le tecnologie di stampa sono nati dalla sua dedizione per la pubblicazione di monografie di artisti suoi contemporanei, come Francis bacon, Giorgio de Chirico, Jean Dubuffet, Marcel Duchamps e Lucio fontana, nonché dal suo interesse per la stampa popolare, verso giornali, dizionari, atlanti e libri per bambini.

Per evidenziare questa relazione tra la sua attività artistica e quella editoriale, la mostra presenta una selezione unica di pubblicazioni rare e materiali d’archivio di Gribaudo.

La scenografia della mostra è stata realizzata dall’artista italiano Davide Stucchi, che opera nel campo delle arti visive, del design, della moda e della scenografia. L’approccio artistico e gli

interventi di stucchi riecheggiano e amplificano quelli di Gribaudo, utilizzando oggetti ready made e materiali prodotti industrialmente. L’esposizione comprende anche un programma sonoro che si concentra sulla vocalizzazione della poesia sperimentale, per esplorare da una nuova prospettiva le combinazioni di arte visiva, poesia, stampa e design di Gribaudo.

 

Mara Martellotta

Biraghi apre le sue vetrine di Piazza San Carlo all’arte e alla solidarietà: arrivano sei TOH in limited edition

 Interpretati da Nicolò Canova dedicati al “giorno che non c’è”

Da oggi presso il negozio Biraghi di Piazza San Carlo a Torino sono disponibili le opere dell’artista Nicola Russo decorate dall’illustratore torinese Nicolò Canova. Biraghi devolverà Il 10% del ricavato delle vendite alla Fondazione Piemontese per la Ricerca sul Cancro

Torino, 29 febbraio 2024 – Il 29 febbraio è il giorno che non c’è, un’eccezione nel calendario che si ripresenta ogni quattro anni. A partire da questo pensiero, Nicola Russo ha invitato l’artista e illustratore torinese Nicolò Canova a immaginare sei TOH – le ormai iconiche opere d’arte – in un universo parallelo, dove il tempo scorre diversamente, dove il Torèt si rivela in tutti i suoi colori, dove il 29 febbraio diventa un giorno di festa universale: la festa delle diversità.

 

Da oggi le vetrine del negozio Biraghi di Piazza San Carlo a Torino ospiteranno le sei opere in limited edition firmate da Nicolò Canova. La Biraghi devolverà il 10% del ricavato della loro vendita alla Fondazione Piemontese per la Ricerca sul Cancro di Candiolo.

 

Biraghi sceglie così di continuare a valorizzare le eccellenze piemontesi, sia nella loro veste enogastronomica – con oltre 1.200 referenze della regione in vendita – che in quella artistica, rafforzando la collaborazione con l’artista Nicola Russo, che nell’agosto 2023 ha portato i primi TOH a occupare una delle tredici vetrine del negozio, con grande riscontro da parte di torinesi e turisti.

 

«Abbiamo scelto di aprire il negozio Biraghi in piazza San Carlo a Torino con l’obiettivo di renderlo un punto di riferimento per la città e una vetrina per le innumerevoli eccellenze che la nostra regione offre ai turisti» afferma Claudio Testa, Consigliere d’Amministrazione di Biraghi S.p.A. «La collaborazione con Nicola Russo rappresenta un esempio di come sinergie locali possano creare valore per la città, sostenendo la Ricerca e valorizzando l’arte e la bellezza».

 

Nicola Russo, artista e direttore creativo di Minimarket Studio, ha commentato: «Ogni anno durante il mese di febbraio mi chiedo sempre come sarebbe stato nascere il 29, il giorno che non c’è, un giorno forse magico, fuori dal tempo. Da qui l’idea di creare una serie speciale del TOH che potesse giocare con questo tema, e per farlo ho scelto di invitare Nicolò Canova, un’artista che stimo moltissimo umanamente e professionalmente. Ero certo che il tema avrebbe scatenato il suo pensiero creativo e il risultato sono 6 pezzi unici meravigliosi dedicati alle meravigliose diversità che ci circondano».

 

«Come artista» afferma Nicolò Canova «ho sempre amato le sfide creative; quella che mi è stata lanciata da Nicola Russo è stata entusiasmante. Il mio ragionamento, per ideare queste 6 opere in edizione limitata, è partito dal concetto di “tempo in più” che c’è nell’anno bisestile; sono 24 ore che diventano un’eccezione sul calendario. Ho immaginato un universo parallelo, dove il tempo scorre diversamente, dove il Toh si rivela in tutti i suoi colori, come fosse composto da sfumature, persone e ambienti onirici, diversi dall’ordinarietà del quotidiano. All’alba di questo mondo al di là del tempo, le anomalie, le eccezioni, le diversità, le irregolarità, gli errori, i difetti e le imperfezioni vengono riconosciuti nella loro dignità, in quanto sono gli ingredienti che ci fanno essere le singolarità uniche e irripetibili che siamo».

 

Gianmarco Sala, Direttore Fondazione Piemontese per la Ricerca sul Cancro, ha aggiunto: «Siamo grati a Biraghi per essere nuovamente al nostro fianco con questa bella iniziativa. E’ grazie alla solidarietà di tante aziende, enti, associazioni e privati che la Fondazione continua a far crescere l’Istituto di Candiolo – IRCCS con nuovi spazi dedicati alla ricerca e alla cura, a disposizione di medici, ricercatori e soprattutto dei pazienti e delle persone a loro vicine, con l’obiettivo di curare sempre più persone e sempre meglio».

 

«È importante fare rete» sottolinea Andrea Bettarelli, Responsabile Fundraising e Comunicazione della Fondazione Piemontese per la Ricerca sul Cancro «per raggiungere importanti traguardi tenendo sempre a mente quanto il legame con il territorio sia da sempre alla base del successo di Candiolo».

Gli appuntamenti della Fondazione Torino Musei

1-7 marzo 2024

 

 

VENERDI 1 MARZO

 

Venerdì 1 marzo ore 16

FERRO, CEMENTO, VETRO E COLORI: MATERIALI E TECNICHE NELLE COSTRUZIONI LIBERTY

Palazzo Madama – visita guidata

Liberty: nuovi modi di costruire e nuovi materiali da utilizzare per esprimere linee fluide e curve sinuose. Gli architetti di inizi Novecento utilizzarono in modo del tutto nuovo il vetro, il ferro, l’acciaio o materiali “altri” come il litocemento. Finalità assoluta: infondere sensazione di leggerezza.

Una visita di approfondimento ricca di informazioni pratiche per meglio comprendere le tecniche e le architetture degli edifici Liberty che si ammirano in città.

Costo: 6 € per il percorso guidato + biglietto di ingresso al museo secondo tariffe (gratuito con Abbonamento Musei e Torino Piemonte Card).

Info e prenotazioni: t. 011 5211788 (lun-dom 9-17.30); prenotazioniftm@arteintorino.com

 

 

SABATO 2 MARZO

 

Sabato 2 marzo ore 15

MUSHI NO KOE. “Voce di insetto”

MAO – Visita guidata alla collezione giapponese e intervento musicale – primo appuntamento

A cura di Theatrum Sabaudiae in collaborazione con Il Fauno Bianco

Come l’Occidente immagina l’Oriente?

In accordo con la narrazione musicale che si fa tramite dell’essenza poetica dei suoni degli insetti evocatori del trascorrere delle stagioni, elemento ricorrente nelle arti tradizionali giapponesi, e il cui senso di transitorietà emana dalle sculture di ispirazione buddhista, la visita guidata alla galleria del MAO dedicata al Giappone sarà orientata ad avvicinare i visitatori alla ricerca artistica e spirituale giapponese tramite una selezione delle opere in esposizione.

Segue l’intervento artistico-musicale de Il Fauno Bianco, sul modo in cui la musica contemporanea occidentale descrive il Giappone e sulle tematiche più care all’arte giapponese (l’incedere del tempo e delle stagioni e le creature che le abitano), attraverso la presentazione al pubblico di pagine musicali tratte dal repertorio europeo novecentesco e contemporaneo, come il ciclo Mushi no Koe, scritto su haiku di Bashō dal compositore Giorgio Colombo Taccani, per Danilo Pastore (controtenore) e Vanja Contu (arpista).

Prenotazione obbligatoria entro mercoledì 28 febbraio, l’iniziativa verrà attivata al raggiungimento di un numero minimo di partecipanti fino ad esaurimento posti disponibili.

Informazioni e prenotazioni: 011.5211788 – prenotazioniftm@arteintorino.com (da lunedì a domenica 9.30 – 17.30)

Costo: 38 € a persona

Costi aggiuntivi: biglietto di ingresso al museo; ingresso gratuito per possessori di Abbonamento Musei.

Appuntamento 15 minuti prima dell’inizio

 

Il Fauno Bianco è il frutto dell’incontro fra Danilo Pastore (controtenore) e Vanja Contu (arpista) e ha come scopo la ricerca di modalità espressive non convenzionali, attraverso l’approfondimento del repertorio musicale contemporaneo (con l’esecuzione di brani appositamente scritti per questa formazione o per i suoi membri) e la rilettura del repertorio musicale del ‘900 in una chiave inedita, data dal particolare accostamento fra l’arpa e la voce di controtenore. Il Fauno Bicorne, divinità romana a cui il duo deve il nome, è una creatura mitica, a metà fra realtà terrena e iperuranica. È il connubio fra l’apollineo (dimensione che l’accostamento fra arpa e voce formalmente richiama) e il dionisiaco (dimensione che questo progetto intende esplorare); la musica che ne scaturisce è dunque “bicorne”: duale, dicotomica, totipotente. Attualmente collabora con artisti dalle esperienze varie e diverse (Fabio Zammito, arti figurative; Andrea Leonessa e Francesco Parolo, arti visive), offrendo un’esperienza artistica fluida e totale. Ogni membro di questo gruppo si è distinto nel suo campo, partecipando a festival e rassegne artistiche nazionali e internazionali e vincendo bandi di progetto e residenze artistiche, fra cui: residenza artistica internazionale ArtOmi Music (New York), bando Ora X della Fondazione Compagnia di San Paolo (regione Piemonte), residenza artistica Invasioni Contemporanee (regione Marche). Attualmente, Il Fauno Bianco è artista in residenza presso il Museo d’Arte Orientale di Torino (MAO), dove è impegnato nel suo nuovo progetto Mushi no Koe (Voce di insetto), volto a indagare, tramite improvvisazioni e creazioni site-specific, le declinazioni più sottili dei rapporti tra musica e natura, con particolare riferimento al micro e macro-universo entomologico.

 

Sabato 2 e domenica 3 marzo ore 10 – 17

I COLORI DELL’INVERNO: BACCHE ELLEBORI E SEMPREVERDI

Palazzo Madama – workshop di acquerello botanico con Angela Petrini

Agrifoglio, pungitopo, edere ed ellebori saranno i soggetti del workshop dedicato alla flora che ravviva il quieto inverno. Rappresentare la lucentezza delle foglie coriacee dell’agrifoglio, la delicatezza dei fiori dell’elleboro saranno gli obiettivi che raggiungeremo attraverso lo studio attento del chiaroscuro e dei colori nella vasta gamma di tonalità sfoggiate dalla natura e proposte dalle varietà presenti nel giardino di Palazzo Madama.

Il corso ha una durata di 12 ore ed è accreditato per l’aggiornamento degli insegnanti (legge 170 del 21/03/2016 art. 1.5).

 

Angela Petrini, affermata acquerellista botanica, ha ottenuto il Diploma con lode in disegno e acquerello botanico dalla Society of Botanical Artists nel Regno Unito nel 2010, tra i suoi riconoscimenti più significativi la Golden Medal ricevuta dalla eminente Royal Horticultural Society al RHS London Orchid & Botanical Art Show 2018.

 

Materiale occorrente: acquerelli; pennelli tondi a punta fine numeri 4, 2, 0; matita HB; gomma morbida; carta liscia satinata 300 gr. formato 30×40 circa. A chi non avesse il materiale l’insegnante può fornire carta, pennelli e colori necessari per lo svolgimento del seminario al costo di 5 €. È necessario segnalarlo al servizio prenotazioni.

 

Costo: € 140 / ogni incontro

Posti disponibili per ogni appuntamento: 8
Prenotazione obbligatoria: tel. 011 4429629; e-mail: madamadidattica@fondazionetorinomusei.it

 

 

DOMENICA 3 MARZO

 

Domenica 3 marzo ore 16

HINA MATSURI, LA FESTA GIAPPONESE DELLE BAMBOLE

MAO – attività famiglie

L’appuntamento è dedicato alla ‘Festa delle bambole’ o ‘Festa delle Bambine’, Hina Matsuri, che ricorre ogni anno il 3 marzo. Dopo una passeggiata nella collezione giapponese del museo, scopriremo insieme il significato e le usanze di questa festa e realizzeremo un modellino in carta di soggetti a tema.

Consigliato dai 6 anni in su.

Costo: bambini € 7, adulti accompagnatori ingresso ridotto alle collezioni.

Prenotazione obbligatoria entro il venerdì precedente l’attività: t. 0114436927-8 oppure maodidattica@fondazionetorinomusei.it

 

 

MERCOLEDI 6 MARZO

 

Mercoledì 6 marzo ore 18

GERANI E PELARGONI

Palazzo Madama – conferenza botanica a cura di Edoardo Santoro

Il colore rosso dei balconi cittadini fioriti è ormai una consuetudine grazie ai fiori sudafricani del Pelargonium, quello che d’abitudine chiamiamo geranio e che in realtà non ha quasi nulla a che fare con i gerani europei, numerosi e frequenti in prati e boschi dal mare alla montagna. Infatti è solamente a metà del 1700 che compare nelle serre reali il cosiddetto ‘Geranio zonale’ che oggi, grazie anche a inverni miti, trionfa fiorito in quasi ogni stagione. Per chi ha un giardino e non vuole correre rischi ci sono invece infinite possibilità di scelta coi Geranium rustici, riportati in auge da abili giardinieri che ne hanno fatto il piatto forte del giardino all’inglese.

La conferenza è l’ultima del ciclo Le piante nella storia del giardinovolto a svelare aspetti storici, botanici e ornamentali di piante che nei secoli hanno avuto un ruolo fondamentale in giardini, parchi e orti botanici.

Costo: €15

Prenotazione obbligatoria.

Info e prenotazioni: t. 011.4429629 (dal lun. al ven. 09.30 – 13.00; 14.00 – 16.00) oppure scrivere a madamadidattica@fondazionetorinomusei.it

 


Theatrum Sabaudiae
 propone visite guidate in museo
alle collezioni e alle mostre di Palazzo Madama, GAM e MAO.
Per informazioni e prenotazioni: 011.52.11.788 – prenotazioniftm@arteintorino.comhttps://www.arteintorino.com/visite-guidate/gam.html
https://www.arteintorino.com/visite-guidate/mao.html
https://www.arteintorino.com/visite-guidate/palazzo-madama.html

Cancellata la mostra di Fernando Botero a Torino

 

Si sarebbe dovuta tenere al Mastio della Cittadella

È stata annullata la mostra che si sarebbe dovuta tenere al mastio della Cittadella dedicata a Fernando Botero, scomparso il 15 settembre scorso, dal titolo “Ricordando Fernando Botero: Via crucis. La passione di Cristo”. L’esposizione si sarebbe dovuta aprire dal 20 aprile prossimo, organizzata dalla società Navigare Srl e curata dalla storica dell’arte Simona Bartolena.

“In seguito alla morte del maestro – ha scritto la direttrice Maria del Rosario Escobar- il Consiglio di Amministrazione del Museo di Antioquia, proprietario per donazione della serie Via Crucis, riunitosi di recente, ci ha chiesto di restituire le opere costringendoci a interrompere la tournée prevista. L’eventoprevedeva l’esposizione di 60 opere, tra cui 27 dipinti e 33 disegni preparatori che ripercorrono uno degli aspetti più intimi della produzione del Maestro.

“La società Navigare che opera per la produzione, l’organizzazione e l’allestimento di mostre d’arte di livello internazionale – ha dichiarato il titolare Salvatore Lacagnina – perfar fronte all’inattesa cancellazione da parte del Museo Nazionale dI Medellin ( città natale del Maestro) anticiperà  il progetto che stava preparando su Henri de Toulouse Lautrec”

 

Mara Martellotta

AFRICA. Le collezioni dimenticate, successo di visitatori

/

Sono stati 20.832, per una media giornaliera di 198, i visitatori che nei 105 giorni di apertura effettiva hanno apprezzato le 160 opere in gran parte inedite – sculture, utensili, amuleti, gioielli, armi, scudi, tamburi e fotografie storiche – provenienti dalle collezioni delle residenze sabaude e dal Museo di Antropologia di Torino, con prestiti dal Museo delle Civiltà di Roma e da Palazzo Madama – Museo Civico d’Arte Antica di Torino.

L’esposizione è stata curata da Elena De Filippis, Enrica Pagella e Cecilia Pennacini, ideata e prodotta dai Musei Reali con la Direzione Regionale Musei Piemonte e il Museo di Antropologia ed Etnografia dell’Università di Torino, in collaborazione con il Museo delle Civiltà di RomaCoopCulture e con il contributo di Tuxor SpA.

“Oltre la materia”: Daniela Rosso Prin e Marco Palma alla galleria Malinpensa by La Telaccia

Informazione promozionale

Si è aperta martedì 23 aprile , per concludersi il 7 maggio prossimo, presso la galleria Malinpensa by La Telaccia la mostra intitolata “Oltre la materia”, dove vengono poste a confronto due tecniche , quella dell’artista piemontese Daniela Rosso Prin e dell’artista lombardo Marco Palma. Entrambi hanno partecipato con successo a diverse mostre personali, collettive, Expo d’arte e concorsi, Biennali e premi nazionali e internazionali.

Nell’artista Marco Palma gli accostamenti dei materiali di scarto con gli elementi pittorici investono la superficie della tela con forme animate dal movimento gestuale e dalla linearità delle forme geometriche. L’artista valorizza le sue opere con effetto plastico spaziale assoluto in cui si riflettono contenuti profondi e una libertà di invenzione in continua esecuzione.

La sua è una pitto-scultura di notevole e particolare elaborazione materica, che diviene un mezzo per trasmettere all’osservatore messaggi di vera evoluzione e di particolare elaborazione materica. Nel suo iter la forza creativa si raddoppia con l’uso del LED, effetti luminosi penetrano in una dimensione di gioco della luce suggestiva in cui l’equilibrio del collage misto su tela alimenta un’arte senza limiti.

L’artista Marco Palma risulta capace di recuperare materiali non più in uso per realizzare le sue opere e riesce a interpretare con pieno personalismo un impianto compositivo molto rigoroso.

Daniela Rosso-Prin è un’attenta osservatrice capace di interpretare la scena paesaggistica con una forte carica emozionale e una stesura dell’olio su tavola davvero magistrale, tanto da mettere in evidenza una vibrante e personale interpretativa mai fine a se stessa. Le sue opere, intrise di mirabili effetti chiaroscurali, di notevole spessore cromatico e di dinamismo del tratto segnico, evidenziano una pittura altamente comunicativa in cui la resa formale vive in una perfetta simbiosi con l’atmosfera poetica.

L’artista Daniela Rosso Prin affronta il tema naturalistico con validità tecnica e conseguente manualità, regalando ai soggetti vigorosi accenti cromatici determinanti nel suo percorso che conferisce una personalità e originalità uniche. Si tratta di un’arte che si avvale di emozioni e di sentimenti puri dove il fruitore non potrà fare a meno di ammirare una natura assolutamente ricca e comunicativa che prende vita e ci travolge appieno sia di sensazioni sia di valori contenutistici, umani e ambientali.

 

Galleria Malinpensa by La Telaccia corso Inghilterra 51. Torino

Orario dal martedì al sabato dalle 10.30 alle 12, 16 alle 19.

Tel 0115628220

 

Mara

“La pittura dell’invisibile”, ultimi giorni nelle sale della “Fondazione Amendola”

Dedicata a Piero Rambaudi in dialogo con altre iconiche figure dell’arte astratta torinese

Fino al 28 febbraio

Figura di primo piano dell’astrattismo torinese, su Piero Rambaudi (Torino 1906 – 1991) era ingiustamente calato il silenzio da ben ventiquattro anni. L’ultima grande personale torinese a lui dedicata risale, infatti al 1999, a cura della “Galleria del Ponte” e della “Martano” con testi critici di Pino Mantovani e Franco Fanelli. Un’inspiegabile trascuratezza, cui ha oggi lodevolmente rimediato la “Fondazione Giorgio Amendola” di via Tollegno, a Torino, esponendo una trentina di opere dell’artista, assiduo frequentatore in gioventù di laboratori artigiani e dello studio di Leonardo Bistolfi, poste in dialogo – per un arco cronologico che va dalle ricerche artistiche del dopoguerra fino ai primi anni Settanta del secolo scorso – con quelle di altre sei fondamentali figure dell’arte astratta subalpina (ma non solo): dalla lirica visione geometrica di Albino Galvano e di Mario Davico alla ricerca materica di Paola Levi Montalcini (gemella del “Premio Nobel” Rita) e a quella che fu tenebra dell’anima di Carol Rama, fino al concretismo di Filippo Scroppo e all’“astrazione dinamica” di Gino Gorza.

Visibile fino a mercoledì 28 febbraio e curata da Luca Motto, “la mostra – sottolinea Prospero Cerabona, presidente della Fondazione –  è realizzata grazie alla generosa collaborazione di collezionisti privati ed enti come la ‘Galleria del Ponte’ di Torino e la ‘Civica Galleria Filippo Scroppo’ di Torre Pellice e si inserisce a pieno titolo nel filone espositivo, da anni consolidato da parte della ‘Fondazione Amendola’, dedicato alla riscoperta di importanti figure della scena artistica torinese, non sempre ricordate come sarebbe loro dovuto”. Assolutamente centrato il titolo della rassegna,“La pittura dell’invisibile”. Titolo che, subito, ci introduce al concetto di “fare arte” proprio di Rambaudi, al significato di un lavoro singolarmente incentrato “più sul processo, che nell’esito”, frutto di una formazione di bottega che sempre gli incollerà addosso un fortissimo interesse per i “materiali” (soprattutto cartacei) e la loro “elaborazione”, portandolo sempre più a desistere dal ritenere la propria attività artistica come una “professione”: dal 1924 al 1956 fu infatti direttore delle “Cartiere Bosso” di Mathi e, sempre in quest’ottica, ebbe anche a collaborare con l’“Istituto di Matematica” del “Politecnico” di Torino, per individuare tutte le possibili varianti di un tema, concretizzatesi nelle tele di fine anni ’80 in quelle sue caratteristiche geometrie dei “frattali”, dove “ogni idea suggerisce e permette la realizzazione di altre e così quasi all’infinito”. Folgorazione sulla via di Damasco per l’artista, è l’incontro con l’opera astratta di Paul Klee, che conobbe a Berna nel ’32, e di cui assorbe appieno il concetto filosofico di un’arte il cui compito “non è tanto quello di rappresentare il visibile, ma rendere visibile ciò che non lo è”.

 

Al pittore tedesco (con cittadinanza svizzera), lo legano anche la scelta e la sperimentazione di supporti “industriali”  – che vanno dalla più tradizionale tela ad olio, alla carta di giornale, alla juta o a cartoncini di ogni qualità e spessore – così come quelle “risonanze di colore” (richiamo al “colorfield painting” statunitense) in cui prendono forma tempere e chine e inchiostri su carta eseguiti a strisce o a geometrici irregolari blocchi, quadrati e piani “grigliati” che portano a quelle “variazioni policrome” che, a metà degli anni ’50, costituiranno l’esperienza centrale del lavoro di Rambaudi. Di cui la retrospettiva non dimentica di  proporre anche gli inizi, prevalentemente dedicati ad  un’attività scultorea (dagli anni ’30 fino agli anni del secondo conflitto mondiale) ancora parzialmente figurativa – volti e mani, i soggetti più cari all’artista – in cui Aldo Passoni vedeva chiara “la lezione di un Arturo Martini o di un Fritz Wotruba, ma le cui linee strutturali pur addensate già denunciano la presenza di elementi modulari pronti ad aprirsi per invadere interamente lo spazio”. Ecco allora la sezione dedicata agli anni ’50 con “monocromi” dell’inizio del decennio e raffinatissimi “Collages”, realizzati “con carte – scriveva lo stesso Rambaudi – differenziate tra loro, non solo dal colore ma dalle caratteristiche (ruvide, lucide, grossolane o fini), loro stesse sovente la genesi dei miei ‘collages’”.

In mostra anche i lavori prodotti nel periodo di intensa collaborazione con la Galleria torinese “Notizie” gestita da Luciano Pistoi: dalla serie “Le Varianti” agli oli più materici della prima metà del decennio ‘60. La mostra si chiude con alcuni lavori, fine degli anni ’60, vicini alle coeve ricerche programmatiche “dove la dimensione scientifica e matematica di progettazionediviene predominante sulla pittura”.

Gianni Milani

“Piero Rambaudi. La pittura dell’invisibile”

“Fondazione Giorgio Amendola”, via Tollegno 52, Torino; tel. 011/2482970 o www.fondazioneamendola.it

Fino al 28 febbraio

Orari: dal lun. al ven. 9,30/12,30 – 15,30/19,30; sab. 9,30/12,30

Nelle foto: “Nero”, china su carta, 1950; “Collage”, carte colorate su cartoncino, 1956, “Testa d’uomo”, gesso, 1937; “Le terre rosse”, olio su tela, 1959

“IAAD. Dialogues”. Fra arte e design, alla torinese “CRAG Gallery”

Un confronto a più voci della “community IAAD.”

Dal 29 febbraio all’8 marzo

Installazioni, video, progetti fotografici. Giovani voci per nuove narrazioni in un contesto di arte contemporanea in cui s’incrociano, e non s’intralciano, nuovi linguaggi tecnici in una “connivenza operativa” assolutamente singolare e intrigante non poco. Si intitola “Dialogues”, la prima  mostra collettiva degli artisti provenienti dalla “community IAAD.” selezionati attraverso un processo di open call all’interno dell’Istituto di via Pisa 5D, a Torino , organizzata da “IAAD. – Istituto d’Arte Applicata e Design”, in collaborazione con “CRAG – Chiono Reisova Art Gallery” di via Parma, e curata da Lucrezia Nardi, docente universitaria presso lo “IAAD.” con cattedra di “Storia dell’Arte Contemporanea e Fenomenologia”. Che spiega: “Ogni anno, ‘IAAD.’ sceglie un valore specifico come catalizzatore per opere e progetti artistici. Quest’anno, la tematica proposta è il ‘dialogo’ , diventando così un’ esplorazione condivisa da parte degli artisti emergenti che hanno lavorato nell’interstizio tra arte e design, proponendo una lettura personale e innovativa della tematica e partendo dal loro ‘background’ come designer, uscendo quindi dal loro contesto operativo più tradizionale”.

Sei i giovani artisti della “Generazione Z” selezionati e presentati, fino a venerdì 8 marzo, alla “CRAG”, Galleria guidata dal 2016 da Elisabetta Chiono (avvocato specializzato in “Diritto dell’Arte” e presidente di “TAG-Torino Art Galleries”) e da Karin Reisovà (architetto), che condivide la direzione artistica e l’evoluzione della Galleria, il cui “focus” è lo “scouting” di giovani artisti, per i quali la Galleria vuole anche essere uno “spazio per progetti sperimentali e curatoriali”.

L’itinerario alla “scoperta” del giovane sestetto si apre con “I stand perfectly still to avoid detection”Menzione speciale, a firma di Marta Maiolo (2001), si tratta di un progetto di “mixed media” (collage e fotografia), che intende sviluppare il tema dell’io e dell’altro “esplorando l’ipotesi di un dialogo che è, di fatto, un incontro”. C’è buona conoscenza tecnica dei mezzi, inventiva da vendere e la capacità di privilegiare l’ironia a processi di melliflua emozionalità. Decisamente meglio!

Anche Claudia Nobile (2002) propone un progetto installativo “dialettico ed ironico”, titolo “Pensavo Tipo” (lingua generazionale, eccome), “una descrizione leggera ma attenta dei dubbi di un certo stadio dell’esistenza, quello dei momenti di passaggio”. Un po’ di sana e intelligente riflessione non guasta mai!

Linea decisamente riflessiva anche per Alessandro Gioia (2000) in “Censored” che traduce il tema del “dialogo” in un’esplorazione sulla censura e sulla società dell’immagine, dove i “pixel design” della censura “nascondono la facile reperibilità delle stesse immagini nel nostro tempo digitale”.

Un rigoroso, ma personale, tecnicismo contraddistingue “Breccia” di Nicolò Ricci (2001) dove i tre scatti del progetto, ingranditi e “stressati” attraverso un processo di stampa scultorea “enfatizzano il dialogo estetico tra le costruzioni architettoniche e il naturale costituito dal cielo”.

In chiusura, Claudia Vivalda (2002), con la video-proiezione “Connessioni – Small Talks” e (altra menzione speciale) Giovanni Migliorucci (2002) con la video installazione interattiva “Stage”, che unisce la tecnologia del “TouchDesigner” a una restituzione “tramite un tubo catodico, mostrando un ecosistema che si modifica attraverso l’interazione esterna”.

I sei giovani artisti selezionati per la mostra alla “CRAG Gallery” dimostrano, ancora una volta, quanto lo “IAAD. – Istituto d’Arte Applicata” sia davvero uno dei principali poli di educazione e alta formazione in Italia e in Europa nell’ambito del design. Entrare in “IAAD.” significa fare parte (essere “community”) di un network internazionale che fa capo ad “AD Education”, leader in Francia tra le realtà private legate all’insegnamento del design e delle arti applicate e tra i protagonisti del settore in Europa. Il Gruppo conta 21 scuole, 72 sedi, 36mila studenti/studentesse, 2.600 docenti e un sistema didattico integrato, in 5 lingue, composto da circa 160 corsi suddivisi fra percorsi triennali e “Master”.

g.m.

“IAAD. Dialogues”

“CRAG Gallery”, via Parma 66/D, Torino; tel. 335/1227609 o www.cragallery.com

Dal 29 febbraio all’8 marzo

Orari: da merc. a sab. 15/19

Nelle foto:

–       Marta Maiolo: “I stand perfectly stile to avoid detection”

–       Nicolò Ricci: “Breccia”

–       Alessandro Gioia: “Censored”

–       Giovanni Migliorucci: “Stage”

La grande bellezza: “Moroni (1521 – 1589). Il ritratto del tempo”

Due opere soltanto sarebbero sufficienti a definire la grande bellezza, i sentimenti di chi guarda, gli incanti, le presenze e le tante storie, i ritratti soprattutto con la loro perfezione, della mostra “Moroni (1521 – 1589). Il ritratto del tempo” ospitata sino al primo aprile (val bene un viaggio, per gli appassionati) nelle sale delle Gallerie d’Italia milanesi, di fronte alla Scala, un centinaio di dipinti esposti, accompagnati da armature, libri, medaglie, disegni, con i prestiti tra l’altro del Louvre e del Prado e della National Gallery londinese e con la cura di Arturo Galansino e Simone Facchinetti, i quali dopo i successi delle precedenti mostre sul ritrattista bergamasco cinquecentesco, l’uno nel 2014 a Londra e l’altro cinque anni dopo alla Frick Collection di New York, sono divenuti i campioni d’eccellenza in territorio moroniano. Senza tema di smentita, una delle più belle mostre viste in questi ultimi anni, importante e ampia, ricca di quei volti che ti catturano per l’energia ed il realismo, assolutamente lontani dall’idealizzazione, che sprigionano, per l’intensità, per l’immediatezza che scava nei caratteri e nei comportamenti, per l’esattezza di particolare che coltiva in sé come qualcosa di modernamente fotografico, e di quegli abiti che ti rimandano con intelligente e persuasiva dolcezza ad un’epoca, di quella ampia sala al cui interno gli abiti neri (il nero come colore della elegante nobiltà) delle tele sono una sequenza difficilmente dimenticabile, suggestiva altresì per quei precisi disegni che ti rimandano, e che puoi decifrare, alle opere definitive poste non lontano, per le grandi pale d’altare che ne sono una parte non indifferente, anche se non è quella la vetta dell’arte di Moroni, e per i rapporti che sono corsi tra l’artista e altri famosi suoi compagni di percorso e d’epoca.

Due opere soltanto, “Il sarto” e il “Cavaliere in rosa”, entrambi oli su tela, campioni di ricchezze tattili, di campi dove l’occhio s’avvicina per gustare meglio, avvalorati entrambi in mostra, posti come sono nella fuga di corridoi e di aperture che fanno da cornice. Il ritratto, il primo, di un “venditore di pannine”, un tessuto di lana venduto a pezzi, alle prese con il proprio lavoro, un’anonima parete alle spalle e un taglio obliquo di luce di sapore caravaggesco, di quel Caravaggio che certo Moroni pittoricamente precede, un ragazzo che potremmo pensare poco più che trentenne, signorilmente abbigliato, un paio di calzoni rossi a sbuffo secondo la moda spagnola del XVI secolo, un giubbotto o farsetto chiaro riccamente lavorato che lascia intravedere un colletto pieghettato e due simili polsini che fuoriescono dalle maniche. Un piccolo anello al mignolo della mano destra, forse un vezzo forse il segno di un qualche agio. Forse ha appena staccato dalla cinghia di cuoio le grosse forbici che sono il punto di partenza del proprio lavoro, ha già segnato con il gesso bianco il pezzo di panno che poi taglierà: ma è stato disturbato e si è fermato, distolto da una parola di chi gli sta di fronte, forse dell’artista stesso che lo sta ritraendo. La cifra di un artista felicemente riscoperto, un esempio di verità inimmaginabile, di sorpresa ad ogni istante, di preziosa introspezione psicologica, caro e inseguito dalla committenza, capace di far nascere in noi una sensibilità fuori di quanto avremmo immaginato.

L’altro, proveniente da palazzo Moroni a Bergamo, ritrae il ventiquattrenne Gian Gerolamo Grumelli, giurista e ricco di incarichi politici e onorificenze, forse in occasione delle nozze con Isotta Brembati, poetessa, amante del canto e della musica, perfetta conoscitrice del francese, dello spagnolo e del latino, ritratta in due diversi momenti da Moroni (entrambi i ritratti sono presenti in mostra), nella prima metà degli anni Cinquanta, l’uno a figura intera e l’altro a mezza figura, dove abbondano abiti eleganti e gioielli e acconciature ricercate. Il “cavaliere”, curatissimo nell’aspetto, sguardo attento e indagatore, espresso in un elegante abito color corallo nella giubba, un colore indicato come “rosa seca”, nei calzoni alla foggia castigliana e nelle calze fermate da giarrettiere, nelle calzature, attraversata ogni parte dell’abito da ricchi filamenti d’argento visti come sontuosi ricami, impugna in eroica posa cappello piumato e spada. L’ambientazione ha le sembianze del muro di cinta di un giardino, che lascia intravedere, tra piccoli reperti d’archeologia e foglie d’edera che indicano fedeltà, un ristretto orizzonte, uno dei pochi concepito da Moroni, abituato assai più a chiudere i propri personaggi in ristretti quanto chiusi ambienti.

Ma, chiaramente, non soltanto questi. Perché attraggono “Il maestro di scuola” proveniente dalla Washington National Gallery, figura sghemba sulla sua poltrona, con quelle mani e quel libro dove tiene il segno che prepotenti escono dalla zona scura dell’abito, il “Ritratto di Alessandro Colonna” (dal Kunsthistorisches Museum viennese), opera di un Moroni trentenne – in piena epoca di Concilio – a tramandare lo scultore trentino, mentre in abiti da lavoro, le maniche rimboccate, gli avambracci e i muscoli in bella vista, regge una piccola statuetta antica nella testimonianza della propria attività e delle radici a cui guarda con amore; il “Ritratto di gentiluomo ventinovenne” e quello di Antonio Novagero (datato 1565), insigne uomo di Bergamo (“cum Bergomi praeturam sustineret MDLXV”, si legge alla base della tela, su di un piedistallo su cui il soggetto poggia la mano), al centro di lotte cittadine, elegante nell’abito rosso lasciato intravedere sotto il vistoso soprabito bordato di pelliccia, da cui appare un antico cache-sexe estremamente pronunciato, irriverente; quello di Giulio Gilardi (1548 circa), proveniente da San Francisco, l’ampio abito scuro fatto di ombre e di piccole schegge di luci, la mano sinistra poggiata su di un libro, i grandi volumi alle sue spalle, l’interno dell’ambiente, tutti a rammentarci della strada dell’originalità che Moroni aveva prepotentemente intrapreso, e quello di Michel de l’Hôspital, dall’Ambrosiana milanese, anche lui impellicciato e non soltanto per questo buon compagno del Novagero. E poi ancora appartenenti della media e alta borghesia e della nobiltà, dame della buona società, badesse, affettuosi padri con i loro bambini, prelati e insegnanti e studiosi, sconosciuti e ben riconoscibili, in tutti s’intrecciano vicende private e storie pubbliche, gli accadimenti lombardi e non soltanto di un secolo fatto di cultura e di armi e di personaggi che Moroni ha tramandato in una galleria di visi e di luci e di atteggiamenti e di rimandi, un lungo percorso dove non mancano le presenze di Tiziano e di Tintoretto (una solenne “Ultima Cena”), dove trova giusto spazio il suo maestro Moretto (“Sposalizio di Santa Caterina d’Alessandria”), la cui bottega l’artista del “Sarto” frequentò almeno sino al 1543, più o meno ventenne, e nel ricordo i bresciani Savoldo e i Romanino come Lorenzo Lotto, ampliando anche noi a quell’”occhio lombardo” di cui parlava Mina Gregori.

Questo e molto altro appartiene alla mostra milanese, un affascinante successo, uno sguardo su un artista – ripeto, magnificamente riscoperto – che colpisce per la sua elegante completezza, un percorso che attraversa anni di attività e un lungo periodo storico, per l’immagine e per le tante immagini che lo spettatore riporta con sé, per le aree suggestive, culturalmente piene, dentro le quali il lungo tragitto è suddiviso. Concludendo con “Il sarto”, là dove avevo iniziato, con le parole che, in dialetto, scrisse un’ottantina d’anni dopo, di puro apprezzamento, Marco Boschini, veneziano, anche pittore e incisore, cartografo e restauratore e buon tramite circa l’acquisto di tele per principi e danarosi collezionisti: “Ghè dei ritrat, ma in particolar / quel d’un sarto sì belo, e sì ben fato / che ‘l parla più de qual si sa Avocato, / l’ha in man la forfe, e vu ‘l vede’ a tagiar.” Una visita alle Gallerie e ve ne potrete rendere sicuramente conto.

Elio Rabbione

Nelle immagini: Giovanni Battista Moroni, “Ritratto di sarto” (Il tagliapanni), 1572-75 circa, The National Gallery, Londra; “Ritratto di Gian Gerolamo Grumelli” (Cavaliere in rosa), 1560, Palazzo Moroni, coll. privata Lucretia Moroni, Bergamo; “Ritratto di Alessandro Colonna”, 1551-52 circa, Kunsthistorisches Museum, Vienna; “Ritratto di ventinovenne”, 1567, Accademia Carrara, Bergamo; una delle sale della mostra delle Gallerie d’Italia di Milano.