ARTE- Pagina 41

Addio a Mario Mazza, devoto cantore del Monferrato

Con la scomparsa di Mario Mazza Casale ha perso un devoto cantore del Monferrato, tema costante della sua pittura da quando, nel 1960, si trasferì dalla Calabria nella nostra città.

Con ancora negli occhi e nel cuore il mitico mare di Crotone, gli aspri boschi, i suggestivi ulivi antropomorfi, il sentore delle mimose di Montagna Piana, trovò rimedio alla nostalgia della sua terra immergendosi nella bellezza del nostro paesaggio collinare.

Qui ritrovò la gioia di vivere e di dipingere cangianti vigneti autunnali, calde distese di girasole, fantastici tramonti sul Po e vecchi filari di gelsi, che ancora si trovano nella nostra campagna, sulle rive di rogge in cui si riflettono gialle giunchiglie tra il riverbero del sole.

Ogni angolo del Monferrato è stato osservato e dipinto con l’entusiasmo della scoperta trasformatosi presto in un amore viscerale e in riconoscenza per la terra che gli ha dato la possibilità di passare, da semplice decoratore, a vero e proprio pittore.

Uomo semplice e modesto, ma non modesta la sua arte, allievo del chiarista Giuseppe Campese e dell’espressionista Alberto Bertazzi, Mazza apprese da loro  i segreti del mestiere per poi procedere verso un suo singolare Realismo fatto di immagini non convenzionali e transitorie bensì universalizzate come archetipi, forme di vita sedimentate e durature nel tempo.

Il suo lungo percorso artistico si avvale di innumerevoli collettive e personali in diverse città italiane, in particolare a Casale, basta ricordare la mostra al Castello Paleologo e l’ultima, come premio alla carriera del 2023 nello splendido edificio settecentesco del Ricovero cittadino.

Molti i riconoscimenti, dal conferimento del “Campidoglio d’Oro” a Roma nell’Accademia Burckhardt all’acquisto del suo bellissimo quadro “Vento tra gli ulivi” nel Museo d’arte contemporanea di Crotone.

Giuliana Romano Bussola

(Da “Il Monferrato”)

FOTO. Paesaggio monferrino

Una Pasqua di cultura nei musei di Torino

Moltissimi i visitatori – turisti e torinesi – durante il ponte pasquale nei musei di Torino

Da venerdì 29 marzo a lunedì 1° aprile 2024, sono state 21.850 le persone che hanno visitato le collezioni dei Musei Reali (16.039), la mostra L’Autoritratto di Leonardo. Storia e contemporaneità di un capolavoro (2.919), allestita fino al 30 giugno alla Biblioteca Reale, e l’esposizione dedicata a Giovanni Francesco Barbieri detto il Guercino(2.892), in corso alle Sale Chiablese, fino al 28 luglio.

Un risultato che supera di 5.558 unità, il dato relativo al weekend di Pasqua dello scorso anno.

L’Autoritratto di Leonardo. Storia e contemporaneità di un capolavoropropone un’occasione eccezionale per conoscere ed esplorare da vicino l’opera di Leonardo da Vinci e ammirare alcuni dei suoi capolavori conservati nel patrimonio dei Musei Reali.

Allestita nelle due sale-caveau della Biblioteca Reale, realizzate nel 1998 e nel 2014 con il sostegno della Consulta per la Valorizzazione dei Beni Artistici e Culturali di Torino, l’esposizione, in una versione totalmente inedita curata da Paola Salvi, docente all’Accademia di Belle Arti di Brera, si propone di inquadrare storicamente il celeberrimo Autoritratto di Leonardo da Vinci a partire dagli anni della sua realizzazione, seguendo le tracce che ne documentano la conoscenza nel secondo Cinquecento e nel primo Ottocento, prima del suo arrivo alla Biblioteca Reale di Torino, e la successiva consacrazione e divulgazione.

A impreziosire questo racconto per immagini, la Galleria Sabauda dedica per la prima volta una sala a venti opere eseguite da pittori leonardeschi – allievi, seguaci e imitatori del Maestro – nelle quali si evidenzia l’attualità della lezione di Leonardo.

La rassegna, dal titolo GUERCINO. Il mestiere del pittore, con oltre 100 opere di Guercino e di artisti coevi, provenienti da più di 30 importanti musei e collezioni – tra cui il Prado e il Monastero dell’Escorial – presenta la grande arte del Maestro emiliano e insieme raccontare il mestiere e la vita dei pittori del Seicento, in un affascinante, grande affresco del sistema dell’arte.

Sono ben 16.500 le persone – 1.500 in più rispetto allo scorso anno – che hanno visitato il Museo Nazionale del Cinema alla Mole Antonelliana da venerdì 29 marzo al 1 aprile, giorno di Pasquetta.

Numeri record confermati dalla biglietteria online sold-out da più di un mese, tant’è che si è reso necessario allungare l’orario di apertura per soddisfare le numerose e incessanti richieste. E, nonostante la pioggia battente degli ultimi giorni, si sono formate dalle lunghe code fuori della Mole per acquistare gli ultimi biglietti rimasti, con tempi di attesa superiori alle 3 ore.

Marzo si è inoltre confermato il mese che ha avuto più visitatori al Museo Nazionale del Cinema dalla sua apertura, con la cifra record di oltre 93.000 presenze, polverizzando il precedente record di 92.000 dell’aprile 2017.

“Sono numeri ottimi, strabilianti, ottenuti grazie alla mostra di Tim Burton e alle iniziative incentivanti che il Museo Nazionale del Cinema sta portando avanti con una politica museale attenta e ad ampio raggio – sottolinea Enzo Ghigo, presidente del Museo Nazionale del Cinema. Siamo particolarmente orgogliosi della risposta del pubblico, ancora una volta il vero protagonista di questo successo: il record assoluto di marzo 2024, con oltre 93.000 presenze, non fa altro che confermare il trend positivo del 2023, anno in cui il museo ha avuto ben 755.000 visitatori, altro record assoluto dalla sua apertura”.

“La mostra di Tim Burton è strabiliante e altrettanto fantastici sono i risultati che stiamo ottenendo – dichiara Domenico De Gaetano, direttore del Museo Nazionale del Cinema. È andata oltre le nostre migliori aspettative, eravamo consapevoli che un personaggio come lui potesse attrarre tantissimi visitatori di tutte le età: per la prima volta sono i figli a chiedere ai genitori di portarli al museo a vedere la mostra, quando quasi sempre capita il contrario. È un messaggio bellissimo che ci rende tutti soddisfatti e ci motiva a continuare in questa direzione”.

 

Durante le festività di Pasqua da venerdì 29 marzo a lunedì 1° aprile i visitatori al MAUTO – Museo Nazionale dell’Automobile sono stati di quasi 10 mila, circa il 20% in più rispetto all’affluenza dello scorso anno con 8.100 ingressi.

 

Un buon risultato ottenuto sia grazie alle attività che il Museo ha organizzato in questi giorni, come le visite guidate, le attività dedicate alle famiglie e l’iniziativa promozionale legata al simulatore di guida, sia grazie al richiamo delle due mostre in corso, che termineranno domenica 7 aprile: Drive Different. Dall’Austerity alla mobilità del futuro” – cinquant’anni di politiche sulla mobilità, di ricerca tecnologica sui  motori, di progettazione delle nuove aree urbane, di innovazione nel trasporto pubblico e di invenzioni futuristiche – e “Pagani. 25 anni di cuore, mani e passione”, che ripercorre l’avventura imprenditoriale di Horacio Pagani, iniziata negli anni Sessanta in Argentina e proseguita nel cuore della Motor Valley italiana.

 

Sono 15.400 le persone che hanno visitato, negli stessi giorni le collezioni permanenti e le mostre in corso alla GAM – Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea, al MAO Museo d’Arte Orientale e a Palazzo Madama – Museo Civico d’Arte Antica.

Triplicati i numeri rispetto allo scorso anno, anche grazie al grande successo delle mostre Hayez. L’officina del pittore romantico alla GAM, in chiusura nel weekend di Pasqua, di Liberty. Torino capitale a Palazzo Madama e Tradu/izioni dall’Asia al MAO.

In particolare, sono stati 7.037 i visitatori della GAM1.861 quelli del MAO e 6.440 quelli di Palazzo Madama.

“Insurrezioni. Fotografie di una protesta”, a Torino nelle stanze di “Flashback Habitat”

Tre storie di attivismo, tra giornalismo e fotografia, raccontate in 150 scatti in mostra

Fino al 2 giugno

Sapete cosa rappresenta ancora oggi un “ombrello giallo” ad Hong Kong? Nulla di bello e gioioso come forse farebbe intendere la solare cromia del parapioggia. Bensì, al contrario, potrebbe riportarci indietro nel tempo di una decina d’anni, quale simbolo di una protesta pacifista, diventata un vero e proprio atto rivoluzionario compiutosi in due tempi, nel settembre del 2014 (per 79 giorni) e nel 2019 (con le condanne al carcere dei leader dei manifestanti, fra cui anche un congruo numero di studenti), e passato alla storia come la “rivoluzione degli ombrelli” (“Umbrella Movement”). I cittadini di Hong Kong, ex-colonia  britannica e dal 1997  “regione amministrativa speciale” della Cina, chiedevano a Pechino di rispettare la promessa di mantenere un sistema politico democratico con diritto di voto alle elezioni. Proteste pacifiste di piazza, quelle messe in campo dai manifestanti, cui il governo rispose con una dura repressione attraverso l’uso di cannoni ad acqua,  spray al peperoncino e gas lacrimogeni, contro i quali i manifestanti dovettero usare proprio quegli “ombrelli”, divenuti icona mondiale della lotta popolare e vero e proprio simbolo politico della protesta. Protesta coraggiosa e più che legittima contro la tirannia di un’oppressione politica sorda ad ogni richiamo democratico, di cui troviamo cristallizzati i momenti più salienti e significativi negli scatti del torinese Enrico Gili, classe ’73, fotografo giramondo che, proprio in quegli anni si trovava a vivere ad Honh Kong e che seppe documentare “con garbo ed eccezionale sensibilità” la genesi e lo sviluppo dell’“Umbrella Movement”.

Foto scattate in pieno campo di lotta (stampate su carta simile a quella utilizzata dai manifestanti per i loro slogan) e che troviamo oggi esposte, sotto il titolo di “Yellow Movement” e con la curatela di Patrizia Bottallo, nella mostra aperta, fino al prossimo 2 giugno, a Torino negli spazi di “Flashback Habitat”, in corso Giovanni Lanza 75. Titolo “Insurrezioni. Fotografie di una protesta”, la rassegna, sotto la complessiva direzione artistica di Alessandro Bulgini, curiosamente propone “tre modi di fare e raccontare rivoluzioni e proteste in un’unica mostra”. Una vera e propria “tripersonale”, i cui protagonisti sono, accanto ad Enrico Gili ( di cui s’è detto), l’americano – fra i più grandi “street photographer” contemporanei – Chris Suspectcon “Path to Insurrection” (su progetto di Jacopo Buranelli) e il giornalista e attivista Angelo Quattrocchi (Cantù, 1941 – Roma, 2009) con “WOUNDED KNEE Indiani alla riscossa”, mostra curata da Luca Simeoni. In tutto sono ben 150 le foto esposte, con “un allestimento – spiega Bulgini – pensato a stanze alternate per far sì che i tre racconti si contaminino a vicenda andando a formare un racconto più complesso e sfaccettato”.

Così, accanto alle sequenze degli “ombrelli gialli”, ci troviamo con Chris Suspect, al 6 gennaio del 2021, con la rivolta di “Capitol Hill”, quando la furiosa calca dei manifestanti pro Trump fa irruzione a Washington nel “Campdoglio” per tentare di impedire la proclamazione di Joe Biden a Presidente degli States. “Path to Insurrection” racconta la manifestazione, unica nella storia statunitense, in una sorta di “saga a capitoli” con immagini in bianco e nero che paiono riflettere le grandi pellicole hollywoodiane (da Coppola a Stone a Tarantino) in cui si dipana la lunga matassa “di situazioni, ideologie, tentativi politici e rivoluzionari che compone la storia americana”.

E in America restiamo ancora con “WOUNDED KNEE Indiani alla riscossa”, con il racconto, attraverso gli scatti di Angelo Quattrocchi, di quel febbraio del 1973 quando circa 200 nativi americani (Oglala Sioux) della riserva di Wounded Knee – Sud Dakota (già occupata nel 1890) decisero di ribellarsi agli abusi e al non rispetto dei trattati da parte degli Stati Uniti.  “Furono settanta giorni di guerra, in cui pochi guerrieri, con qualche vecchio fucile, combatterono contro mille agenti della FBI, la polizia Indiana (fatta di rinnegati), la CIA e i carri armati. Il grande momento (tutti i giornali del mondo ne parlarono) in cui gli indiani, il popolo più bello del mondo e il più oppresso, voltarono pagina e storia, buttandosi alla riscossa. E da allora combattono ancora contro l’uomo bianco, per essere liberi e per essere un popolo”. Parole scritte dallo stesso Quattrocchi nell’omonimo libro (ne ha scritti una ventina) seguito alla realizzazione delle foto: “Wounded Knee: indiani alla riscossa”(Golena Edizioni, 2012).

Gianni Milani

“Insurrezioni. Fotografie di una protesta”

Flashback Habitat – Ecosistema per le Culture Contemporanee, corso Giovanni Lanza 75, Torino; tel. 393/6455301 o www.flashback.to.it

Fino al 2 giugno

Orari: ven. sab. dom. 11/19

Nelle foto: Enrico Gili “Baricades” e “Young woman”, 2014; Chris Suspect “Jaunary 6, 2017-2021; Angelo Quattrocchi “Dennis Banks parla alla stampa”, 1973

Ri-connessioni, alla Sandretto memoria e ricordi dei paesi d’origine

Fino al 14 aprile la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo ospita la mostra Ri-connessioni, che nasce dalla collaborazione tra il Comitato regionale per Diritti i Umani e Civili e la Fondazione stessa. La mostra presenta le opere di Arvin Golrokh (Teheran, 1992), Bahar Heidarzade (Teheran, 1981) e Ahmad Nejad (Lahyjan, 1968), artisti e artiste nati in Iran e residenti a Torino.

È accompagnata da un programma artistico ed educativo, da studio visit, visite laboratorio ed è documentata da una pubblicazione. Si propone dunque come una piattaforma, pensata per promuovere azioni volte a offrire occasioni di visibilità, promozione e approfondimento delle ricerche degli artisti e delle artiste, favorendo il coinvolgimento del pubblico torinese e delle comunità di riferimento in città.
“Con questa iniziativa ci poniamo l’obiettivo di ampliare e consolidare l’impegno del Comitato nella promozione e nella tutela dei diritti umani e civili – ha spiegato il presidente del Consiglio regionale e del Comitato, Stefano Allasia –  in particolar modo anche in considerazione dell’attuale periodo storico e dei cambiamenti nel quadro geopolitico internazionale, in cui è sempre più sentita la necessità di far conoscere, rendere effettivi e garantire con maggior forza tali diritti sia in tempo di pace che in tempo di guerra”.
“Da cinque anni il Comitato coinvolge numerosi attori del territorio e ha promosso iniziative con al centro il tema dei diritti negati da regimi illiberali o coinvolti in conflitti e dell’oppressione della condizione femminile. Abbiamo inoltre valorizzato artisti che riscontrano difficoltà a esercitare nei loro paesi d’origine, in cui i diritti umani, il mondo dell’arte e della cultura sono fortemente compromessi”, hanno aggiunto i vicepresidenti del Comitato Sara Zambaia e Giampiero Leo.
La mostra è concepita come uno spazio polifonico, nel quale riflettere sui meccanismi di conservazione e di trasmissione della memoria. Attraverso la pittura e la fotografia, le opere esposte offrono alla sguardo stratificazioni di tempi, luoghi ed esperienze e fanno luce sulla natura del ricordare e sulle sue implicazioni nella vita di tutti i giorni. Tema che accomuna le pratiche artistiche di Arvin Golrokh, Bahar Heidarzade e Ahmad Nejad, è la memoria dei ricordi del paese d’origine, specchio del passato e patrimonio inalienabile di immagini che contribuiscono a connotare l’identità di ciascun artista.
Durante il processo di estrazione del ricordo, le immagini esposte risalgono in superficie e diventano frame nei quali il passato si innesta all’esperienza soggettiva del presente per costruire nuove narrazioni.
Coinvolti in vari di processi elaborazione, manipolazione, sovrapposizione e cesura, i ricordi sono rimodellati alla luce del presente. La nuova città, Torino, diventa un terreno d’incontro tra esperienze quotidiane e passate; ed è proprio in questo scambio che emergono opere che racchiudono vissuto, realtà e nuovi immaginari che raccontano storie intime e al tempo stesso condivisibili da tuttə.

Nel ricucire i passaggi della propria storia, ciascun artista declina quest’intreccio tra memoria e vita quotidiana secondo logiche diverse. Ahmad Nejad predilige un approccio processuale e astratto. Attraverso il suo lavoro rielabora storie, leggende e tradizioni della cultura del suo Paese, trasmettendo emozioni e atmosfere senza rivelare esplicitamente la fonte. Alcune opere di Nejad, come la serie Prime tracce (2023-2024), svelano la lenta preparazione del supporto pittorico con la stratificazione del colore come metafora del processo di emersione mnemonica. In altri lavori, come Una porta sull’Altrove (2023), una trama intricata di forme, materiali e colori ha il potere di richiamare ricordi e visioni oniriche.
Bahar Heidarzade alterna la dimensione pittorica astratta all’intervento su materiale fotografico. Le tele della serie Dieci Anni (2019-2021), realizzate con acrilici e smalti, ripercorrono emozioni associate a traumi ed eventi taciuti, depositate negli strati più profondi della memoria e resi secondo un codice cromatico. Nella serie Memoria (2018- in corso), sviluppata a partire da fotografie di persone sconosciute reperite in vari angoli della città, l’artista rinviene tracce della propria infanzia all’interno di immagini di altre persone. Le fotografie sono così in grado di risvegliare nell’artista sensazioni assopite e di ricostruire un passato nostalgico.
Arvin Golrokh produce immagini ancorate alla memoria sociale dell’Iran. Evitando rappresentazioni dirette e didascaliche, le sue tele di grande formato Gli arroganti (2023) e Profeti Svergognati (2023) scompongono e frammentano le forme in immagini vivide e non immediatamente riconoscibili. Così elaborata, la figurazione appare svincolata da specifici contesti politico-sociali che tuttavia rappresentano la fonte di ispirazione dei lavori.

In dialogo tra passato e presente, Ri-connessioni si presenta come un’occasione per avviare una riflessione critica. I lavori esposti sono punti di snodo tra memoria individuale e memoria pubblica, e invitano chi guarda a esplorare e riconsiderare il proprio rapporto con il passato e con le narrazioni storiche.

Fondazione Sandretto Re Rebaudengo / Bookshop via Modane 16, Torino www.fsrr.org Ingresso gratuito Giovedì: 20-23, da venerdì a domenica 12-19

“A tu per tu con Leonardo”, in mostra a Torino il famoso ritratto del “Genio Universale”

Per tre mesi, quell’austero volto senile, il più celebre al mondo, torna a fissarci severo negli spazi della “Biblioteca Reale” di Torino

Fino al 30 giugno

Scriveva il “Genio Universale” nei fogli del suo “Codice Atlantico”, la più ampia raccolta di disegni e scritti di Leonardo, datata 1478 – 1518: “Quel volto che in pittura riguardò in viso al maestro che lo fa, riguarda sempre tutti quelli che lo veggano”. E quanto ci aveva visto giusto il Maestro di Anchiano – Vinci (dove nacque nel 1452 per morire in Francia, ad Amboise, nel 1519)! Ancora oggi, quel suo volto senile, con barba e capelli lunghi, i solchi delle rughe in fronte e il piglio accigliato e severo, l’“Autoritratto” più celebre al mondo – realizzato a sanguigna su carta databile 1517 – è infatti impresso indelebile nei nostri occhi e nella nostra mente e continua a fissarci. Anche senza averlo dinanzi.

De Agostini Picture Library VB000614

Immagine di eterna potenza, inamovibile, cui solo la sua – sempre sua! – “Monna Lisa” (1503 – 1506) può fare il “paio”. L’appuntamento è quindi di quelli epocali, il quarto sotto i cieli di Torino con il Genio di Vinci e della durata, non solo di pochi giorni come successo in passato, ma di ben tre mesi. Dal 28 marzo scorso a domenica 30 giugno, infatti, i subalpini “Musei Reali”ospiteranno la mostra “L’autoritratto di Leonardo. Storia e contemporaneità di un capolavoro”, riproposta, attraverso l’incontro con le opere del Maestro conservate alla “Biblioteca Reale”, nel format “A tu per tu con Leonardo” e in versione totalmente inedita. Fra le ben 60 opere esposte, delle quali 15 originali di Leonardo, spiccano 6 fogli del “Codice Atlantico”, realizzati in Francia, nel periodo in cui lavorava all’“Autoritratto”, provenienti dalla “Veneranda Pinacoteca e Biblioteca Ambrosiana” (1517 – 1518), in cui si rivela appieno l’intima condivisione di studi con Francesco Melzi, l’allievo che erediterà il suo immenso lascito di “fogli” che l’artista-scienziato avrebbe voluto diventassero libri sulle tante discipline che lo avevano impegnato in vita.

Di grande interesse e stupefacente perfezione grafica anche altri “fogli” appartenenti alla “Biblioteca Reale”: dal “Codice sul volo degli uccelli” agli “Studi di insetti” e sui “cavalli” (per Leonardo il più nobile fra gli animali) compiuti in relazione a progetti di “statue equestri” per Francesco Sforza, Gian Giacomo Trivulzio e in Francia per Francesco I. Opere mai realizzate.

Arricchito da numerosi prestiti, provenienti da prestigiose Istituzioni italiane e da collezioni private, il percorso espositivo, curato da Paola Salvi (docente all’“Accademia” di Brera e ferma sostenitrice dell’autenticità e della datazione – più volte in passato messe in dubbio – del “volto” leonardesco) é completato da una nutrita selezione di dipinti, disegni, incisioni, matrici calcografiche e fotolitografie che documentano la fortuna del celebre “disegno di Torino” dal Cinquecento al Novecento.

A impreziosire il racconto, la “Galleria Sabauda” dedica, inoltre, per la prima volta una sala a venti opere eseguite da pittorileonardeschi – allievi, seguaci e imitatori del Maestro – nelle quali si evidenzia l’attualità della lezione di Leonardo. Non solo. In mostra troviamo anche una selezionata rassegna di 15 sculture di Giuliano Vangi (Barberino di Mugello – Firenze, 1931 – Pesaro 2024), segnate da una peculiare intensità espressiva, tesa a completare con uno sguardo contemporaneo l’ambito della raffigurazione del volto. A testimoniare la conoscenza dell’“Autoritratto” prima dell’acquisto da parte del re Carlo Alberto di Savoia Carignano nel 1839, sono preziosi in mostra anche due “fogli” conservati nel “Gabinetto dei Disegni e Stampe” delle “Gallerie dell’Accademia” di Venezia, parte della collezione di Giuseppe Bossi (1777 – 1815), poliedrico artista neoclassico e segretario dell’“Accademia di Brera”.

Esperienza eccezionale per il peso artistico, storico e culturale delle opere esposte, la mostra è resa peculiare anche per le suggestive “installazioni multimediali” e per il famoso “video” che racconta il viaggio” dell’ Autoritratto” e del Codice sul volo degli uccelli” in un “microchip” a bordo del “Rover Curiosity”, lanciato da “Cape Canaveral” il 26 novembre 2011: grazie a un’idea di Silvia Rosa-Brusin del “TGR Leonardo” della RAI, accolta dalla “NASA”, Leonardo è approdato così anche su “Marte” il5 agosto 2012 e sta esplorando il “pianeta rosso” da 12 anni. E dove mai potrà ancora arrivare? Certo, a saperlo, il Genio di Vinci ne avrebbe esultato non poco. Magari con malcelata gioia e un pacato sorriso … alla “Gioconda”.

Gianni Milani

“L’Autoritratto di Leonardo. Storia e contemporaneità di un capolavoro”

Musei Reali – Biblioteca Reale, piazza Castello 191, Torino; tel. 011/19560449 o www.museireali.it

Fino al 30 giugno

Orari: da mart. a dom. 9/19

 

Nelle foto: Leonardo da Vinci “Autoritratto”, pietra rossa su carta, ca. 1517 – 1518/ “Codice Atlantico”, ludo geometrico, foglio 307/ “Studio delle gambe posteriori del cavallo”, pietra rossa con tocchi di matita nera”, ca. 1508/ Giampietrino: “Cristo portacroce”, olio su tela, post 1500/ Giuliano Vangi: “Uomo con le mani al viso”, legno policromo, 2000

Ritorno a casa. Il cofano ritrova smalto

Palazzo Madama – Museo Civico d’Arte Antica di Torino attiva dal 28 marzo al 31 dicembre 2024 un’importante campagna di crowdfunding per acquisire cinque smalti di Limoges provenienti dal cofano di Guala Bicchieri, capolavoro identitario del museo.

 

Le cinque staffe – elementi metallici con decoro floreale in smalto champlevé – originariamente decoravano il coperchio o il retro del celebre cofano del cardinale Guala Bicchieri (1160-1227), fondatore dell’abbazia di Sant’Andrea di Vercelli, legato di papa Innocenzo III, diplomatico, bibliofilo e collezionista.

Palazzo Madama conserva il capolavoro delle raccolte artistiche di Guala, il cofano ligneo decorato da medaglioni in oreficeria e smalto, con animali fantastici e scene profane.

Quest’opera, donata dal cardinale per legato testamentario alla sua abbazia, rimase a Vercelli fino al 1824, quindi entrò in una collezione privata e venne infine acquistata da Città di Torino e Regione Piemonte nel 2004.

Tuttavia, alcuni degli elementi in rame e smalto che lo impreziosivano in origine risultano oggi mancanti: verosimilmente trafugati durante la permanenza dell’opera nella chiesa di Sant’Andrea di Vercelli, tra il XIII e il XVIII secolo. In particolare sono andati perduti i dieci medaglioni del coperchio, i dieci che ornavano il retro, oltre a diverse staffe e cantonali (elementi in rame e smalto champlevé, anch’essi con decoro floreale, che rivestivano gli spigoli del cofano).

 

Nel 2019 un antiquario di Parigi contatta il Museo del Louvre per sottoporgli i cinque smalti in questione, e subito dopo Palazzo Madama, cui propone in vendita le cinque staffe: uguali per dimensioni, decoro e colori a quelle che decorano il fronte e i fianchi del cofano di Guala Bicchieri e quindi verosimilmente provenienti da quest’opera. Per poter verificare tale ipotesi, il conservatore di arti decorative Simonetta Castronovo si reca in sopralluogo presso la galleria francese per esaminare le opere, e quindi organizza con il Dipartimento di Chimica dell’Università di Torino una campagna di indagini diagnostiche (analisi XRF), per approfondire lo studio scientifico delle staffe: l’indagine XRF, non invasiva, permette infatti di leggere con precisione la composizione chimica dello smalto e le tecniche di lavorazione del vetro.

Le verifiche e le analisi compiute hanno rilevato che le staffe ora in possesso della galleria parigina coincidono esattamente per dimensioni e disegno degli elementi floreali con quelle ancora presenti sul cofano di Palazzo Madama; e che la loro composizione chimica è identica a quella degli smalti del cofano Bicchieri; la quale, a sua volta, è assai particolare e costituisce un unicum nell’ambito della produzione di Limoges. Un insieme di dati che permettono quindi di confermare la provenienza di questi frammenti dal cofano di Palazzo Madama. La loro acquisizione consentirebbe così di ricollocarli sul retro del cofano, oggi spoglio, e di andare a ricomporre il decoro originario dell’opera. Un’operazione di restituzione filologica.

Riprese a questo punto le trattative con Parigi, a fine del 2023, Palazzo Madama ha ritenuto di procedere, per quest’importante acquisizione, con una campagna di crowdfunding, su modello di quella compiuta nel 2013 sul servizio da tè, da caffè e da cioccolata con stemma Taparelli detto“Servizio d’Azeglio”, campagna che ebbe un particolare successo permettendo al museo di raggiungere la cifra richiesta e di acquisire l’opera nell’arco di pochi mesi.

In questa occasione Palazzo Madama si appoggerà alla piattaforma Rete del Dono, attraverso la quale sarà possibile fare le donazioni online.

Oggi, giovedì 28 marzo 2024, viene lanciata la campagna, che si articolerà in conferenze, video,storytelling. La cifra richiesta dall’antiquario è 50.000 € e la scadenza per arrivare a tale importo è fissata a fine dicembre 2024.

 

Dal sito di Palazzo Madama, a partire da oggi, è possibile accedere, tramite apposito link, alla pagina dedicata sulla Rete del Dono. Qui sono assicurate tutte le tipologie di pagamento: carte di credito, bonifici bancari, Pay Pal, Satispay. Rete del Dono emetterà automaticamente le ricevute ai donatori, inviandole via mail. Le donazioni possono inoltre beneficiare dell’Art Bonus: un incentivo fiscale che consente una detrazione, fino al 65%, per chi effettua donazioni a sostegno del patrimonio culturale pubblico italiano.

 

Sono naturalmente previsti reward specifici per tutti i donatori: che vanno dall’iscrizione del nome del donatore sul donor wall del sito di Palazzo Madama, all’emissione di ingressi omaggio in museo, fino alla visita guidata delle collezioni e del palazzo, fuori orario, con il Direttore.

Gli appuntamenti culturali della Fondazione Torino Musei

VENERDI 29 MARZO

 

Venerdì 29 marzo ore 16

LA CASA LIBERTY: ARREDI, OGGETTI E DESIGN DI INTERNI

Palazzo Madama – visita guidata

Una tendenza che arrivò a coinvolgere tutte le arti e tutti gli ambienti. La visita condurrà idealmente in uno spazio vissuto e arredato secondo i canoni della nuova moda. Non più soltanto finestre e angusti terrazzini ma eleganti bow-windows, dove allineare mobili raffinati e godere di intensa luce filtrata da ampie vetrate. Soprammobili, vetri, lampade, sedie in legno modellato con fluida morbidezza. Innovazioni nella lavorazione e nelle forme: si affronteranno tutti questi temi, per illustrare al meglio tutte le arti.

Costo: 6 € per il percorso guidato + biglietto di ingresso al museo secondo tariffe (gratuito con Abbonamento Musei e Torino Piemonte Card).

Info e prenotazioni: t. 011 5211788 (lun-dom 9-17.30); prenotazioniftm@arteintorino.com

LUNEDI 1 APRILE

CHIUDE HAYEZ. L’officina del pittore romantico

GAM – ultimo giorno per visitare la mostra

Chiude il giorno di Pasquetta la grande mostra che la GAM di Torino dedica al genio romantico di Francesco Hayez, accompagnando il pubblico alla scoperta del mondo dell’artista, all’interno dell’officina del pittore, per svelarne tecniche e segreti. Un percorso originale che pone a confronto dipinti e disegni, con oltre 100 opere provenienti da prestigiose collezioni pubbliche e private cui si aggiungono alcuni importanti dipinti dell’artista custoditi alla GAM. L’esposizione “Hayez. L’officina del pittore romantico” è organizzata e promossa da Fondazione Torino Musei, GAM Torino e 24 ORE Cultura – Gruppo 24 ORE, a cura di Fernando Mazzocca ed Elena Lissoni, in collaborazione con l’Accademia di Belle Arti di Brera, da cui proviene un importante nucleo di circa cinquanta disegni e alcuni tra i più importanti dipinti, molti dei quali si trovavano nello studio del pittore, per quarant’anni professore di pittura all’Accademia.

Tutte le info

DOMENICA 31 MARZO E LUNEDI 1 APRILE (PASQUA E LUNEDI DELL’ANGELO)

 

A PASQUA E PASQUETTA I MUSEI SONO APERTI

Durante le festività di Pasqua la GAM, il MAO e Palazzo Madama saranno sempre aperti: l’occasione giusta per trascorrere le festività immersi nell’arte e nella bellezza e per visitare le mostre e le collezioni permanenti approfittando delle aperture straordinarie del lunedì di Pasquetta.

Orari di apertura di tutti e tre i musei: dalle 10 alle 18 (le biglietterie chiudono alle 17)


Theatrum Sabaudiae
 propone visite guidate in museo
alle collezioni e alle mostre di Palazzo Madama, GAM e MAO.
Per informazioni e prenotazioni: 011.52.11.788 – prenotazioniftm@arteintorino.com

https://www.arteintorino.com/visite-guidate/gam.html
https://www.arteintorino.com/visite-guidate/mao.html
https://www.arteintorino.com/visite-guidate/palazzo-madama.html

Chiude a Pasqua la mostra I Macchiaioli  al Mastio della Cittadella di Torino

Ultimi sette giorni per la rassegna, organizzata da Navigare srl,  che nelle giornate festive del 31 marzo e 1° aprile sarà aperta dalle 9.30 19.30 con orario continuato

 

Ultima settimana per la mostra I Macchiaioli e la pittura en plein air tra Francia e Italia in corso al Museo Storico Nazionale d’Artiglieria – Mastio della Cittadella di Torino. L’esposizione, organizzata dalla società Navigare srl e curata dalla storica dell’arte Simona Bartolena, sarà aperta anche nella giornata di Pasqua, domenica 31 marzo e di lunedì in Albis, del 1° aprile.

La rassegna, che presenta numerosi prestiti di opere pittoriche, provenienti da collezioni private e dalla collezione Palazzo Foresti di Carpi, riunendo circa 90 dipinti di 30 artisti prevalentemente italiani, con alcune opere di pittori francesi come Troyon, Rousseau, Daubigny, Dupré, Millet e Corot, osserverà un orario continuato nelle giornate festive con accesso dalle ore 9.30 alle ore 19.30.

Al termine di questa mostra, che ha superato i 10.000 ingressi, inizieranno a Torino, nella stessa sede, gli allestimenti per l’esposizione dal titolo: “Henri de Toulouse Lautrec – il mondo del circo e Montmartre”, che aprirà al pubblico il 20 aprile. La rassegna sarà realizzata con il patrocinio di Città di Torino e Regione Piemonte e condivisa Difesa Servizi, la partecipata del Ministero della Difesa, che si occupa della valorizzazione degli asset del Dicastero, tra i quali il Museo Storico Nazionale d’Artiglieria – Mastio della Cittadella.

La grande stagione dell’informale è protagonista della mostra “Torino anni ’50”

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E’ ospitata al Museo di Arti Decorative Accorsi-Ometto, curata da Francesco Poli

 

Il Museo di Arti Decorative Accorsi-Ometto, dopo le esposizioni dedicate alla pittura dei primi trent’anni del ‘900, prosegue la propria indagine sull’arte del XX secolo prendendo in esame il periodo compreso tra il secondo dopoguerra e gli inizi degli anni ’60. All’indomani delle tragiche vicende belliche, nell’ambito di un clima di generale rinnovamento ideologico e culturale, anche nel campo delle arti figurative assistiamo in Italia a un processo accelerato di trasformazione e di apertura nei confronti delle più aggiornate tendenze internazionali, dal postcubismo all’astrattismo, fino alla stagione dell’informale risalente agli anni ’50.

La mostra, curata da Francesco Poli, concentra la sua attenzione su una fase fondamentale per il rinnovamento della scena artistica di Torino, che si apre alle tendenze internazionali, diventando uno dei centri della grande stagione dell’informale. Negli anni ’50, come in tutta Europa, anche in Italia si afferma un nuovo linguaggio di libera espressività soggettiva, che si oppone al novecentismo del ventennio precedente, e travalica l’acceso dibattito fra realismo e astrattismo geometrico dell’immediato dopoguerra.

Il ruolo di Torino in campo artistico si consolida con l’inaugurazione della nuova sede della Galleria Civica di Arte Moderna, e crescerà nei decenni successivi con l’apertura di molte importanti gallerie, tra cui Martano, Sperone, Stein, Persino e Tucceusso, del restauro del castello di Rivoli della nascita di Artissima e delle Fondazioni Sandretto Re Rebaudengo e Merz. Nel 1952 il critico francese Michel Tapié definisce questa nuova tendenza pittorica “informale”, proprio per sottolineare la frattura con l’arte precedente. L’energia del gesto, simile a quella dell’Action Painting americana e la diretta vitalità della materia pittorica, rappresentano gli aspetti principali dell’informale europeo. Torino, insieme con Milano, Roma e Venezia era destinata a diventare uno dei centri propulsivi dell’arte contemporanea, capace di trovare le proprie radici nella dinamicità delle ricerche artistiche e nell’attività espositiva di questo periodo.

Il rinnovamento culturale e l’apertura internazionale di Torino negli anni ’40 e ’50 sono stati segnati da importanti eventi espositivi: “Arte francese d’oggi” (1947); “Arte italiana d’oggi. Premio Torino” (1947), organizzato da Mastroianni, Moreni e Spazzapan a Palazzo Madama; la mostra dell’Art Club all’Unione Culturale nel 1949, con 280 autori italiani e stranieri; la serie di sette rassegne “Italia-Francia” curate da Carluccio e altri critici alla Promotrice di Belle Arti nel decennio 1951-1961. Nel 1959 Michel Tapié curava la mostra “Arte Nuova. Esposizione internazionale di pittura e scultura” insieme a Luciano Pistoi e Angelo Dragone al Circolo degli Artisti, momento culminante della stagione informale. Sempre Tapié curò nel 1962, alla Promotrice, l’esposizione “Incontro a Torino. Pittori d’America, d’Europa e del Giappone”.

Nell’esposizione del 1959 al Circolo degli Artisti, accanto ai più famosi artisti dell’Action Painting e dell’informale, tra cui Pollock, De Kooning, Kline, Tapié, Fautrier, Wols, il gruppo Gutai, Fontana, Burri, Vedova, accompagnano anche esponenti torinesi quali Spazzapan, Rambaudi, Cherchi, Assetto, Garelli e Carena. Di straordinaria vivacità è l’avventura d’avanguardia del Laboratorio Sperimentale di Alba, per una Bauhaus immaginata (1955-1957) e dell’Internazionale Situazionista (1957-1960), fondato da Pinot Gallizio, Piero Simondo e Asger Jorn. Sempre ad Alba si sarebbe tenuto nel 1956 il primo Congresso degli artisti liberi, a cui partecipò anche il filosofia, scrittore, cineasta francese Guy Debord. Lavori di Jorn, Constant, Gallizio, Simondo, Rada, Kotic, Wolman e Garelli furono esposti in una mostra al Politeama Corino.

Diverse sono state le gallerie torinesi che hanno svolto un ruolo cruciale nel sostenere gli artisti emergenti o affermati in quel periodo. Alla galleria Bussola, diretta dal critico Luigi Carluccio, oltre a maestri delle avanguardie storiche come Klee, Kandinskj e Braque, espongono Umberto Mastroianni, Mattia Moreni, Luigi Spazzapan, Franco Garelli e giovani artisti quali Francesco Casorati, Mauro Chessa, Francesco Tabusso, Nino Aimone e in particolare Piero Ruggeri, Sergio Saroni e Giacomo Soffiantino, che costituiscono il gruppo di punta dell’informale torinese, collegato agli “ultimi naturalisti”, secondo la teorizzazione del critico Francesco Arcangeli.

Nel percorso espositivo si trovano oltre settanta opere di una cinquantina di artisti italiani e stranieri. Tra i pittori e gli scultori attivi nell’ambito torinese ci sono gli astrattisti del MAC (tra cui Albino Galvano, Filippo Scroppo, Carol Rama, Paola Levi Montalcini), e i protagonisti dell’informale come Luigi Spazzapan, Umberto Mastroianni, Mattia Moreni, Piero Ruggeri, Sergio Saroni, Giacomo Soffiantino, Mario Merz, Pinot Gallizio e Piero Simondo.

L’ampia selezione di artisti a livello internazionale e che espongono in quegli anni a Torino, e che sono presenti in mostra, comprende grandi nomi come Lucio Fontana, Afro, Giuseppe Capogrossi, Alberto Burri, Emilio Vedova, Gillo Dorfles, Jean Fautrier, Pierre Soulages, Georges Mathieu, Hans Hartung, Anthony Tapié, Jean Paul Riopelle, Asger Jorn, Pierre Alechinsy, Karel Appel, Imaï e Onishi.

La mostra, che si inaugura martedì 26 marzo dalle 18 alle 21, sarà aperta dal 27 marzo fino al primo settembre 2024.

Museo di Arti Decorative Accorsi-Ometto, Via Po 55, Torino

 

Mara Martellotta

Micaelica©, Valentina Gigante rivisita i santuari dell’arcangelo Michele

Valentina Gigante, artista veneziana d’origine, dai molti interessi e dalle molte sfaccettature – curioso il suo sito, che contempla esclusivamente, se abbiamo visto bene, la lingua inglese e che allinea ai quattro venti gli sberleffi della Marilyn warholiana o quelli della ragazza di Vermeer, le sette spade che trafiggono il cuore di Maria, le modernizzazioni di Biancaneve e Cenerentola ragazze sfacciate, la donna musulmana con la testa agghindata dalla corona della Statua della Libertà americana, gli eccessi dei selfie: tutto rigorosamente in chiave pop, moderna e coloratissima -, ormai un ampio profilo, ha tenuto nel 2006 la sua prima personale in Australia, partecipando in seguito a collettive e progetti internazionali, tra i quali, nel 2019, “Artem Organizational Creativity and Sustainability” in Germania. È ospite in questi giorni (lo rimarrà sino al 31 marzo, ma non è detto che la piccola mostra non continui: visite dal martedì al giovedì dalle 10 alle 18 e sabato, sempre previa prenotazione – esperienze@fioredentro.com) del LOFT5 di via Pralungo a Torino, dando vita ad un’idea di Mariachiara Martina, imprenditrice impegnata nella valorizzazione del Made in Italy e nel patrimonio culturale e artistico italiano attraverso il marchio torinese Fioredentro™.

“Micaelica©. Sulla via di San Michele Arcangelo e i suoi santuari” s’intitola la mostra che “vuole essere, al contempo, esposizione artistica e momento speciale per approfondire la figura dell’Arcangelo Michele, il suo ruolo nella storia, di ieri e di oggi, e la linea sacra che vede perfettamente allineati tutti i santuari a lui dedicati, dall’Irlanda sino al Medio Oriente”, sette santuari dall’irlandese Skelling Michael alla Cornovaglia, da Mont Saint Michel alla nostra Val di Susa, dal Gargano alla greca isola di Symi per scendere al Monte Carmelo in Israele.

“L’intero progetto – dice l’artista – a partire dallo sviluppo dell’idea, a cui ho aderito senza incertezza, alla fase esecutiva, è stato per me come una lunga e profonda meditazione: ripercorrere la storia di quei luoghi mi ha dato forza e rettitudine, come se ogni opera rappresentasse un punto energetico, una tappa del valore che stavo sviluppando attraverso la mia interpretazione delle immagini e dei colori.”

Michele visto come angelo esorcista, guaritore e taumaturgo in Oriente, guerriero e difensore in Occidente allineato a Odino per far breccia nella evangelizzazione dei Longobardi, la lunga spada sguainata o riposta nel fodero: un tema che Gigante ripropone attraverso cinque belle immagini dell’Arcangelo, di piccolo formato e di diverso fondale, dall’oro all’argento al bronzeo, viste sotto differenti angolazioni, nette, quasi scolpite, riportando felicemente la memoria alla sommità di Castel Sant’Angelo o, più vicino a noi, a vicende cinquecentesche che più hanno a che fare con la nostra città, alla statua di Emanuele Filiberto del Marocchetti. Una figura di devozione che nei secoli ha trovato spazio in vari luoghi oggi visto con gusto e personalità dall’artista, attraverso la nettezza delle linee, l’importanza delle superfici e la componente smagliante e piacevolmente narrativa dei colori, un sacro “divertissement” che accompagna l’occhio di chi guarda. Un percorso pittorico, nato “sorseggiando un buon calice di vino bianco in una fredda sera invernale” sottolineano ideatrice ed esecutrice, che attraversa Storia e nazioni con questi sguardi dall’alto pronti a incorniciare tappe inserite quasi con allegria nella nostra quotidianità.

e. rb.

Nelle immagini, opere di Valentina Gigante: “San Michele”, “Mont Saint Michel” e “Sacra di San Michele”.