ARTE- Pagina 15

I Templari in Val di Susa

 Andare in montagna significa anche scoprire la storia delle nostre vallate, dei nostri borghi, della gente che ci abita, di tradizioni e costumi che sembravano perduti ma che in realtà sono ancora vivi e presenti e ci raccontano storie che neanche conoscevamo.

Recarsi per esempio in Val di Susa, così vicina a Torino e così ricca di memorie storiche, significa ripercorrere fatti ed eventi che affondano le radici ben prima dell’era cristiana. Da Annibale che con 30.000 uomini e 37 elefanti da battaglia valicò nel 218 a.C. il Moncenisio o forse il Monginevro, ma non si escludono altri passaggi come sul Piccolo San Bernardo o addirittura sul Monviso, ad Augusto che a Susa, 2000 anni fa, di ritorno dalla Gallia, si fermò a Segusium (Susa romana) per fare la pace con le bellicose tribù delle Alpi Cozie. Da Costantino il Grande che nel 312, proveniente dalla Britannia e diretto a Roma, scese a Susa per sbaragliare le truppe dell’usurpatore Massenzio fino a Carlo Magno che alle Chiuse di Susa (le rovine delle fortificazioni sono ancora parzialmente visibili) sconfisse nel 773 i Longobardi di Desiderio che il torinese Massimo d’Azeglio ha illustrato in un prezioso bozzetto. Grande storia, grandi eventi hanno segnato la Val di Susa ma ci sono anche storie minori o anche solo oggetti e simboli che ci ricordano il passaggio da queste parti di personaggi altrettanto importanti. Come i Templari che spuntano ovunque, come i funghi in Val Sangone, e spesso vengono visti in luoghi dove in realtà non sono mai stati. E proprio una leggenda valsusina narra che i Templari sarebbero saliti alla Sacra di San Michele arrampicandosi, a piedi e a cavallo, sul monte Pirchiriano ottocento anni fa. I Cavalieri del Tempio si sarebbero ritrovati nell’antica abbazia per trattare il passaggio di alcuni monaci alla Confraternita esoterica e religiosa dei Rosacroce. Tre croci incise nella pietra accanto alla porta dell’Abbazia, la Porta di Ferro, dimostrerebbero l’attendibilità dell’incontro. È probabilmente solo un racconto popolare ma tra il Piemonte e i Templari, ordine religioso-militare fondato nel 1119, poco dopo la prima Crociata, c’è sempre stato un forte legame storico. Si sa infatti con certezza che i Templari furono presenti in molte città e paesi del Piemonte, tra cui, Cuneo, Alba, Ivrea, Moncalieri, Torino, Chieri, Casale, Vercelli e Novara. Anche in Val di Susa è stato registrato un certo via vai di templari. Da fonti storiche risulta che il più antico insediamento templare, risalente al 1170, fu presumibilmente quello di Susa e presenze templari sono state individuate nella vicina San Giorio, a Villar Focchiardo e a Chiomonte. Sorprendente e imprevisto è stato il ritrovamento negli anni Novanta, da parte di alcuni esperti guidati dalla studiosa Bianca Capone Ferrari, di alcune croci templari nel piccolo comune di San Giorio, alle porte di Susa. Una croce è murata nella facciata della canonica che in tempi antichi era quasi certamente una fortezza da cui si controllavano i movimenti nella valle attaversata dalla Dora Riparia mentre sull’arco del portale laterale di una cappella del XIII secolo, che si trova nei pressi della chiesa parrocchiale, risplende un’altra croce templare. Si ritiene pertanto probabile che a San Giorio fosse presente un presidio militare dei Cavalieri rosso-crociati a difesa della valle e del ponte sulla Dora. È stato finora impossibile accertare il luogo esatto dell’insediamento templare a Susa (forse si tratta della chiesa di Santa Maria della Pace sulla Dora), tuttavia esistono documenti che confermano la presenza in città di una “domus templi”, come dimostra la magnifica croce a otto punte scolpita in un fianco della cattedrale di San Giusto.

Filippo Re

(foto LIGUORI)

La linea che veglia su chi è stato: il Cimitero Monumentale

Oltre Torino: storie miti e leggende del torinese dimenticato

È l’uomo a costruire il tempo e il tempo quando si specchia, si riflette nell’arte

L’espressione artistica si fa portavoce estetica del sentire e degli ideali dei differenti periodi storici, aiutandoci a comprendere le motivazioni, le cause e gli effetti di determinati accadimenti e, soprattutto, di specifiche reazioni o comportamenti. Già agli albori del tempo l’uomo si mise a creare dei graffiti nelle grotte non solo per indicare come si andava a caccia o si partecipava ad un rituale magico, ma perché sentì forte la necessità di esprimersi e di comunicare. Così in età moderna – se mi è consentito questo salto temporale – anche i grandi artisti rinascimentali si apprestarono a realizzare le loro indimenticabili opere, spinti da quella fiamma interiore che si eternò sulla tela o sul marmo. Non furono da meno gli autori delle Avanguardie del Novecento che, con i propri lavori “disperati”, diedero forma visibile al dissidio interiore che li animava nel periodo tanto travagliato del cosiddetto “Secolo Breve”. Negli anni che precedettero il primo conflitto mondiale nacque un movimento seducente ingenuo e ottimista, che sognava di “ricreare” la natura traendo da essa motivi di ispirazione per modellare il ferro e i metalli, nella piena convinzione di dar vita a fiori in vetro e lapislazzuli che non sarebbero mai appassiti: gli elementi decorativi, i “ghirigori” del Liberty, si diramarono in tutta Europa proprio come fa l’edera nei boschi. Le linee rotonde e i dettagli giocosi ed elaborati incarnarono quella leggerezza che caratterizzò i primissimi anni del Novecento, e ad oggi sono ancora visibili anche nella nostra Torino, a testimonianza di un’arte raffinatissima, che ha reso la città sabauda capitale del Liberty, e a prova che l’arte e gli ideali sopravvivono a qualsiasi avversità e al tempo impietoso.

 

Torino Liberty

Il Liberty: la linea che invase l’Europa
Torino, capitale italiana del Liberty
Il cuore del Liberty nel cuore di Torino: Casa Fenoglio
Liberty misterioso: Villa Scott
Inseguendo il Liberty: consigli “di viaggio” per torinesi amanti del Liberty e curiosi turisti
Inseguendo il Liberty: altri consigli per chi va a spasso per la città
Storia di un cocktail: il Vermouth, dal bicchiere alla pubblicità
La Venaria Reale ospita il Liberty: Mucha e Grasset
La linea che veglia su chi è stato: Il Liberty al Cimitero Monumentale
Quando il Liberty va in vacanza: Villa Grock

Articolo 9. La linea che veglia su chi è stato: il Cimitero Monumentale

Il Liberty al Cimitero Monumentale
Il Cimitero Monumentale, un tempo chiamato Cimitero Generale, si trova a Nord della città, in una zona non lontana dalla Dora Riparia, nell’area del Regio Parco. Nel 1827 la città di Torino ne deliberò l’edificazione decidendo di situarlo lontano dal centro abitato, in sostituzione del piccolo cimitero di San Pietro in Vincoli, nel quartiere Aurora. L’opera si poté attuare grazie alla donazione di 300 mila lire piemontesi del marchese Carlo Tancredi Falletti di Barolo. Aperto nel 1828, su progetto dell’architetto Gaetano Lombardi, con disegno a pianta quadrata dagli angoli smussati, il Monumentale fu presto ingrandito con una parte aggiunta a cura dell’architetto Carlo Sada Bellagio, collaboratore di Pelagio Palagi e vincitore del concorso per la realizzazione della chiesa dedicata al primo vescovo torinese, San Massimo. Seguirono poi necessari ampliamenti, e negli anni tra Ottocento e Novecento l’alta società borghese di Torino affidò a celebri scultori il mandato per la costruzione di imponenti edicole funerarie, a solenne affermazione del prestigio raggiunto dalle singole famiglie. Proprio l’estetica Liberty, sintesi raffinata di natura, tecnica e arte, riuscì ad interpretare il compianto pietoso verso il defunto, delineando il triste tema della morte attraverso pure ed efficaci metafore di una grande arte funeraria.

Tra le opere che possiamo visionare in rigoroso e rispettoso silenzio vi è il Monumento Porcheddu, dedicato al grande ingegnere Giovanni Antonio Porcheddu, che ha introdotto in Italia la tecnica delle costruzioni in cemento armato. Figura essenziale per l’imprenditoria torinese, alla sua impresa si devono imponenti opere, quali l’immenso Stadium del 1911 (demolito nel 1946), il progetto dello stabilimento Fiat Lingotto del 1922, il Ponte Risorgimento a Roma. Il monumento, realizzato dallo scultore Edoardo Rubino e dal decoratore Giulio Casanova, è composto da un semplice sacello marmoreo su cui è posto un corpo femminile, lievemente ricoperto da un lenzuolo che ne lascia scoperto il volto e che scivola appena oltre i bordi del sepolcro. Da una parte e dall’altra di questo, quattro figure femminili, due per ciascun lato, vegliano il feretro: quelle che stanno dal lato del capo porgono su questo le mani un poco rialzate come in segno di protezione, dall’altro lato una delle due donne veglia sul corpo con il capo reclino e l’altra alza il braccio sorreggendo una lampada. La compostezza delle figure lascia trasparire una sobrietà di sapore classico, nei gesti, nei panneggi, nella postura, mentre un delicato senso di pietas avvolge con intensità l’intera struttura compositiva. Sullo sfondo compare una particolare croce con tralci stilizzati di rose nella parte verticale e motivi dorati nel lato orizzontale. Al centro della croce una corona di rose bianche è posta intorno all’inquadratura dorata con la scritta “IHS” (sigla intesa come “Gesù salvatore degli uomini”, ma in realtà è la trascrizione latina abbreviata del nome greco di Gesù). Sulla volta del portico che accoglie il gruppo scultoreo, un cielo stellato d’oro mosaicato su fondo blu inquadra una grande croce.

Un’altra opera che richiama la mia attenzione in questo luogo di assordante silenzio è il Monumento Kuster, realizzato da Pietro Canonica nel 1921. Esso mostra una figura femminile con abito succinto che, inarcando la schiena, si solleva con il busto in posa quasi teatrale, ed emerge da un giaciglio posto di fronte ad una croce. I suoi lunghi capelli sono scompigliati dal vento che gonfia anche un drappo posto sulla croce e agita le foglie morbidamente rappresentate sulla bronzea stele verticale. Tra le note di tristezza e di intenso pathos, vi aleggia in primo piano la spettacolarità della scena, la figura si pone come la “divina” del cinema muto, la nuova arte che nei primi anni del Novecento andava affermandosi in città.La protagonista del Monumento Roggeri è una fanciulla inginocchiata e piegata dal dolore, le mani le coprono il volto, e i capelli fluenti e raccolti dietro il capo le scendono fin oltre la schiena. Il lungo abito, movimentato dal panneggio di morbide linee, scende e si posa sul basamento in travertino e in parte lo ricopre. La nota di un patire intenso e irrefrenabile è il messaggio che viene dalla donna che, inginocchiata e chiusa al mondo, sembra pregare, tormentata da un affanno senza fine. Su di un lato, si intravvede appena la firma di O.Tabacchi, allievo di Vincenzo Vela, al quale succederà nella cattedra di scultura presso l’Accademia Albertina di Torino.

È ancora un’altra fanciulla ad essere al centro della composizione funebre del Monumento Maganza, posta tra colonnine in marmo verde Roja, una giovane dal volto delicato, da cui traspare una espressione affranta; una sottile tunica le avvolge lieve il corpo esile, ha un’acconciatura alla moda, con i capelli corti, il volto, appena piegato e reclinato sulla mano sinistra, sembra voler trasmettere un messaggio di triste rimpianto. Alle spalle, marmorei tralci di fiori e, dietro, la croce. Soffermiamoci ancora sull’opera che si trova sulla sinistra, entrando dall’ingresso principale del Cimitero. Si tratta di un gruppo statuario che comprende una figura velata da un ampio panneggio, rappresentata mentre sta per avvolgere in un abbraccio simbolico una giovane figura femminile in piedi, con le braccia abbandonate lungo il corpo e il capo reclinato su una spalla. Dal basamento crescono steli e boccioli di rosa che paiono voler avvolgere i corpi sovrastanti: si tratta di una sintesi di decorazione Art Nouveau, completata dalla dedica dei committenti. L’opera fu eseguita da Cesare Redduzzi, scultore affermato e insegnante di scultura presso l’Accademia Albertina, più noto ai Torinesi come l’autore dei gruppi scultorei allegorici: l’arte, il lavoro, e l’industria, collocati nel 1909 a coronare le testate verso corso Moncalieri del ponte dedicato a Umberto I.
Moltissimi sono i monumenti funebri di squisito gusto Liberty davanti ai quali sarebbe opportuno soffermarsi, e numerose le figure femminili modellate con l’estetica della Nuova Arte, o che, con il loro atteggiamento da “dive” affrante del cinema muto, sorvegliano le anime di chi non c’è più e accompagnano silenziose gli sguardi di chi le va a trovare.

Alessia Cagnotto

La performance di FUJI|||||||||||TA al MAO Museo d’Arte Orientale

Terzo appuntamento del public program Evolving Soundscapes

nell’ambito della mostra Haori

 

A cura di Chiara Lee e freddie Murphy

Martedì 1 luglio ore 18:30

MAO Museo d’Arte Orientale, Torino

L’edizione di Evolving Soundscapes nell’ambito della mostra Haori. Gli abiti maschili del primo Novecento narrano il Giappone chiude con la performance di FUJI|||||||||||TA.

FUJI|||||||||||TA è un sound artist di base in Giappone, la cui ricerca si concentra sull’esplorazione del suono ai limiti di ciò che è udibile.

Il suo lavoro e la sua estetica sono in continua evoluzione: nelle performance, FUJI|||||||||||TA

incorpora suoni sintetici e ambientali per dar vita ad ambienti acustici complessi, in cui le texture si intrecciano e si trasformano come organismi viventi. Corpo, oggetti ed elementi si fondono nella costruzione dello spazio, generando un’esperienza che coinvolge l’ascoltatore a un livello fisico.

Nella sua pratica, l’artista si interfaccia con fenomeni naturali come aria e suoni minimali in risposta al suo interesse nel voler dar voce a rumori inesplorati, ispirandosi alla musica classica giapponese (gagaku).

L’uscita dell’album iki per l’etichetta culto Hallow Ground nel 2020 ha avuto un ottimo successo di critica, che lo ha portato sui palchi di Rewire Festival (NL), Big Ears Festival (US), Bourse de Commerce (FR) tra gli altri.

 

Ingresso incluso nel biglietto di mostra.

Assonanze, dalla carta all’acciaio Corten

Cinque artisti alla Galleria del Ponte, sino al 15 luglio

 

Scrivevo, soltanto un paio di mesi fa, della mostra che Stefano e Stefania Testa – della Galleria del Ponte – avevano ideato, con la cura di Armando Audoli, intorno alla figura di Clotilde Ceriana Mayneri, scomparsa a ottantatré anni nel marzo del 2023, “uno sguardo completo alla sua parabola artistica”, punto d’orgoglio per i responsabili nell’accrescerne sempre più l’interesse e sottrarla a quelle oscurità dentro cui post mortem ricadono certi artisti (“Molti l’hanno guardata, nessuno l’ha vista”, era il titolo della mostra, già di sfiducia se si pensa di voler guardare alle spalle di una esistenza intera). Quindi “un approfondimento, quel riconoscimento che le è dovuto” davanti alle “forme” in bronzo e a quelle terrecotte ricercate come a quei diversi materiali che vanno ben oltre “un semplice assemblaggio”, scrivevo: “sono ricordi tutti colti per intervalli, suggestioni, incontri fortuiti, scelte improvvise, affermazioni di sensazioni, emozioni che nessun altro capirebbe, sono il filo rosso che la lega alla sua scrittrice dell’animo, la Dickinson; quasi la ricerca musicale all’interno del mondo della natura”. In questi giorni (e fino al 15 luglio) Ceriana Mayneri occupa ancora alcuni spazi della medesima galleria, in buona – anzi, buonissima – compagnia, di Sandro Cherchi, di Franco Garelli, di Umberto Mastroianni, e di Riccardo Cordero (unico vivente del gruppo, è nato ad Alba nel 1942, ancora nuove opere in Italia e all’estero), in una mostra dal titolo “Impressioni oltre la materia”, dal vivace interesse, riflessione che vuole esplorare dentro quel rapporto stretto che intercorre – “quasi sempre indissolubile” – tra la scultura e i lavori su carta, o su altri supporti che mettano comunque in relazione il fare tridimensionale dell’artista con una tensione verso la bidimensionalità.”

Qua e là, mentre ci si aggira attraverso le sale, si percepisce con forza sempre maggiore quanto l’idea prima di una scultura venga posata nelle proprie due dimensioni per ampliarsi poi al pensiero “massiccio” dell’autore che coinvolge i valori plastici e i conseguenti “materiali diversi, differenti tecniche e l’uso del colore, pur restando sempre e soltanto ‘scultura’, anche se non a tutto tondo e non ‘plasmata’ nella materia” come noi la riconosciamo. Pertanto ecco lì diversi “ragionamenti intorno alla scultura”, di cinque artisti legati in vario modo al territorio piemontese, una decina di opere su carta esposte o fatte con la carta, come nel caso della “contessina Clotilde”, o ancora lavori che vedano l’uso di materiali cartacei, come i cartoni operati e dipinti di Mastroianni. Dalle pareti agli angoli più interni delle stanze il passo è breve per ammirare quel singolo esempio, al massimo due, di ogni singolo artista di un operato che definiremo davvero “scultura”, posto in dialogo con quella che è stata la propria radice.

Quindi gli assemblage di Ceriana, un polimaterico come “Crimea” del 2012 raggiungere la bidimensionalità attraverso carte e intrecci, fili colorati e quasi impercettibili rami, sovrapposizioni, scritture e rimandi linguistici che guardano a Emily Dickinson, pezzi di natura disposti poeticamente per guardare all’intimità. Da pensare all’interno di un ventennio che corre tra i Cinquanta e i Settanta le opere di Sandro Cherchi (è morto nel 1998, genovese di nascita ma torinese d’adozione, uno dei protagonisti della scultura informale italiana ed europea, un rapporto privilegiato con il disegno fin dagli anni di “Corrente”, piccola rivista fondata a Milano nel 1938 da Ernesto Trecani appena diciassettenne, punto di riferimento di un’azione artistico-culturale collettiva), una cartella di disegni – monocromi o alcune volte interessati da interventi di colore -, tecniche miste su carta con sagome umane, veloci e raffinate, che ruotano attorno a “Cassandra”, bronzo del 1955. Sono realizzati tra il 1960 e il ’66 i dieci pezzi inediti di Franco Garelli (nativo di Alba e trasferitosi a Torino con i genitori all’indomani della Grande Guerra, una laurea in Medicina e Chirurgia, scomparso nel 1973), interessanti smalti e collage su carta e tecniche miste su cartoncino, sovrapposizioni dove spiccano i bianchi e i gialli, vivacemente squillanti, o quelle ampie macchie rosate che s’alternano al nero (“Collage”), esperimenti che lo trasportano a una realtà esplicitamente tridimensionale, di cui qui è esempio “Nastri” del 1961. Personalità di spicco nel panorama della cultura e della scultura torinesi del Novecento, Mastroianni ci offre il misteri di tante atmosfere, “La foresta impenetrabile “ e “Vascello fantasma”, entrambi del 1967, su carta incisa, sbalzata e strappata, ne sono i validi esempi, mentre “Maternità”, bronzo del 1962, “restituisce tutta la forza espressiva del gesto plastico di Mastroianni, in grado di essere al tempo stesso delicato e brutalmente incisivo.”

Di Riccardo Cordero – ancora una nascita ad Alba, classe 1942, allievo di Cherchi e Garelli – in mostra opere che ricoprono un arco d’anni che va dal 1964 sino ai giorni nostri (progetti eseguiti con grafite, carbone, carbone pressato, sanguigna e rari interventi di spray), dove il visitatore non dovrà lasciarsi sfuggire il “Giocatore di baseball”, carbone e acrilico su carta del 1964, espresso con grande vitalismo nella scelta del bianco nero e grigio, con un nervosismo di tratti che ben lascia individuare il guizzo dinamico del campione; come le linee ricurve e verticali e le semicirconferenze dei progetti “053” e “054” accompagnano facilmente al recente bozzetto in acciaio Corten per la scultura “Aletai”, ispirata all’omonimo meteorite ritrovato nel 1898 nella regione settentrionale dello Zinjiang, in Cina. Sottolineava – e ampliava – Martina Corgnati in occasione della mostra “Giganti dell’età del ferro. 1960 – 2013”, realizzata al Filatoio di Caraglio dodici anni fa: “Non a caso, già nel 1964, si affaccia nella sua elegantissima produzione un interessante elemento di rottura: penso a quei giocatori di baseball, o di football, a quegli astronauti che l’artista realizza per lo più in poliestere, dichiaratamente artificiali e violenti. Questi ometti dotati di elmetti che li rendono simili a guerrieri, sembrano parenti stretti, o meglio eredi, delle creature ‘nucleari’ inventate da Enrico Baj negli anni Cinquanta per rappresentare l’umanità futura. Ecco, ancora una volta, un riferimento alle avanguardie milanesi e anche all’umanesimo implicito in quelle ricerche che risalivano all’inizio del decennio precedente e che attribuivano all’arte una intensa responsabilità dell’uomo, della civiltà e della natura.”

In occasione della mostra, da segnalare, in galleria, oggi giovedì 26 giugno alle ore 18, una conversazione dal titolo “Anima Corpo Materia”, a cura di Ettore Ghinassi.

Elio Rabbione

Nelle immagini: Riccardo Cordero, “Studio giocatore baseball”, 1964, carbone e acrilico su carta, cm 70 x 49,8; Franco Garelli, “Collage”, tecnica mista su carta, 1960; Clotilde Ceriana Mayneri, “Mosaico”, tessere musive e ferro, s.d.

Il Cartoliniere alla Confraternita

Sono circa 400, fra cartoline disegni ed incisioni, le opere di Antonio Mascia esposte ad Acceglio alla “Confraternita di Chiappera”

Fino al 10 luglio

Chiappera – Acceglio (Cuneo)

Origini bolognesi, classe 1960. Al secolo, Antonio Mascia. In arte, l’“Artigliere Cartoliniere” o il “Dragone Cartoliniere”, appellativi derivatigli dal suo essere, da anni, “disegnatore ufficiale” e “socio volontario” dell’Associazione “Amici del Museo Pietro Micca e dell’Assedio di Torino del 1706”, con tanto di uniforme appartenente ai “Dragoni del Piemonte”. Vesti sotto le quali Mascia ha di recente esposto, in una suggestiva mostra (circa 200 opere originali, tutte realizzate a mano, fra cartoline, disegni, incisioni, quadri, taccuini, perfino una cassetta postale e un tamburo) al “Mastio della Cittadella” di Torino. Lì, anche se prevalentemente ristrette al mondo militare sabaudo, abbiamo conosciuto le sue opere, decisamente originali, decisamente suggestive, decisamente oceani di fantasia. “Ironico giocoliere dell’immagine”, attratto in particolare e in modo viscerale alla realizzazione di cartoline illustrate, campo dov’è imbattibile per perizia tecnica e geniale inventiva, Mascia è oggi – e fino a giovedì 10 luglio – ospitato con una ricchissima personale nella sede settecentesca della “Cappella di San Gregorio” appartenente alla Compagnia della Confraternita dei “Disciplinanti del Gonfalone” di Borgata Chiappera, frazione della cuneese Acceglio, in Valle Maira.

Fra i momenti clou del calendario di eventi culturali pensati per l’estate accigliese 2025 dalla “MAMO Educational Foundation” (Fondazione No Profit nata nel 2019, operante nel campo dell’educazione e della formazione accessibile a tutti), in collaborazione con l’“Accademia Albertina di Belle Arti” di Torino, sotto il patrocinio del “Comune di Acceglio” e dell’“Ufficio Beni Culturali della Diocesi di Saluzzo”, la rassegna torna piacevolmente a ripresentarci mondi che attingono al reale trasformandolo, attraverso gesti e colore, in universi di pura innocente infantile fantasia, dove esseri umani, natura e mondo animale paiono aver trovato la più perfetta sintesi di un vivere comune in cui parole come pace, gioco, gioia hanno ancora un senso nel guidare la normale quotidianità dell’esistenza. Oggi così brutalmente messa all’angolo. In fondo, basta poco. Un semplice picnic dai mille colori e dalle mille risate (fra buon cibo, bicchieri di vino che van giù ch’è un piacere, bikini e improbabili “canottierone” da battaglia a contenere gli eccessi di grasso di “panzuti” omini e omoni gaudenti in piena festa); o ancora aquiloni, velieri, fiori e fanciulle spinte in magici voli dal semplice innocuo alitare di un bimbo o di un omone barbuto accanto a un altro impeccabile in abito tirato, occhialini e cravatta. Disegni policromi, incisioni, acrilici, sculture e installazioni, ma soprattutto le sue cartoline: in mostra sono loro (antico strumento di comunicazione – la prima pare essere stata emessa dalle Poste dell’Impero Austro – Ungarico il 1° ottobre del 1869) a guidare la più attenta visita. Realizzate a penna biro e colorate con matite, le tematiche variano e svolazzano in piena libertà. A dar di briglia alla pura invenzione, l’assoluto equilibrio dei giochi cromatici. “Disegno cartoline – sottolinea lo stesso Mascia – da anni. Le ho scelte come modalità d’espressione perché fanno parte di un taccuino di viaggio immaginario, inoltre sono semplici e comprensibili a tutti … Sono delle miniature, piccoli quadri, ma per me diventano disegni volanti. Le prime risalgono al 1980 e sono state realizzate per la mia fidanzata di allora, diventata mia sposa. Avevo promesso di scriverle tutti i giorni! Ma io non sono uno scrittore”.

In mostra tutte le cartoline sono corredate – cosa di certo particolarmente gradita ai filatelici o ai semplici collezionisti e appassionati delle cartoline postali – da un apposito “annullo postale” ideato per l’occasione dal “Cartoliniere” e accompagnato da una originale “cartolina invito” e da un “manifesto”. Inoltre (attenzione!), sabato 5 luglio, dalle 11 alle 17, il pubblico sarà accolto da una vera e propria “postazione da campo” organizzata da Poste Italiane all’interno della quale si svolgeranno le procedure ufficiali di annullo con il timbro della mostra sulle cartoline invito. Una preziosa “cassetta postale da viaggio” è già stata messa disposizione nella giornata inaugurale, domenica 8 giugno. Saranno anche messe in vendita decine di cartoline (editate in questi anni) e ben visibili sull’inconfondibile raccoglitore espositivo.

Scrive Antonio Musiari, curatore della rassegna: “Nelle cartoline di Mascia si condensano microracconti in cui i luoghi e le persone circondano da sempre l’operato dell’artista alle prese con una particolare forma d’arte che alcuni hanno voluto accostare alla ‘Mail Art’ seppure sia più giusto ritenere che egli disegni le cartoline per un naturale processo di conoscenza del mondo attuato secondo una personale visione”. Parole pienamente condivisibili.

Gianni Milani

“Il Cartoliniere alla Confraternita”: Confraternita di Chiappera – Acceglio (Cuneo); tel. 376/2183156

Fino al 10 luglio /Orari: giov. – dom. 15/19

Nelle foto: Antonio Mascia “Picnic a Chiappera” Big cartolina; Antonio Mascia; “NORDsudEST”; “Un, due, tre, GIOIA!”

La Street Art approda al Forte di Bard con Banksy e altri esponenti del movimento

Dal 21 giugno al 2 novembre  approda al Forte di Bard una mostra diffusa per un totale di 50 opere dalle origini del graffitismo e dei primi pionieri, come Taki 183 e Seen, alle opere dei grandi nomi della Street Art, come Banksy, Obey e JR, che hanno condotto il movimento a un riconoscimento globale.  La street Art nacque a New York per merito di alcuni ragazzi che realizzarono dei graffiti. Il primo fu Taki 183, al secolo Demetrius, insieme a un altro newyorchese Richard Mirando, noto come Seen e writer stakanovista.
Oggi alcune opere di questi writer vengono battute all’asta per decine di milioni di dollari.

Approda in Val d’Aosta la mostra dal titolo “Street Art Revolution. Banksy e compagni: itinerari d’arte”, il cui progetto espositivo è stato curato da Patrizia Cattaneo Moresi e promosso dal Forte di Bard, in collaborazione con 24 Ore Cultura.
La rassegna è  articolata in sei sezioni e propone una cinquantina di opere più un intervento artistico realizzato  direttamente sulle pareti allestite da Edoardo Ettorre.
Attraverso le sei sezioni della mostra si ripercorre lo sviluppo e l’esplosione del movimento artistico della Street Art, un percorso espositivo che guarda anche alla scena francese, italiana ed europea in generale e che mette in luce non soltanto l’evoluzione stilistica e tecnica del movimento, ma la sua capacità di confrontarsi con le frontiere sociali, politiche e culturali. Compaiono i graffiti illegali delle metropolitane e opere celeberrime, come il disegno “Girl with Balloon” di Banksy o il poster di Frank Shepard Fairey, alias Obey, diventato l’immagine non ufficiale della campagna politica di Barack Obama durante le sue elezioni presidenziali. L’itinerario d’arte non è soltanto presente all’interno del Forte nella Sala delle Cannoniere, ma toccherà  anche spazi esterni attraverso due opere site specific, realizzate da Raul e la crew di artisti Truly Design, abbracciando il territorio della Bassa valle e toccando i Comuni di Donnas, Pont Saint Martin e Perloz con opere inedite che prenderanno forma nel corso della mostra e che portano la firma di Damiano Mengozzi, Madame e Hintes.

Mara Martellotta

Grafica ed Ex Libris, appuntamento a settembre

XVI BIENNALE “GRAFICA ED EX LIBRIS” 2025 – CASALE MONFERRATO

Il “Gruppo Arte Casale” comunica che la XVI edizione della Mostra Collettiva Biennale Internazionale GRAFICA ED EX LIBRIS” si terrà presso le Sale Chagall del Castello dei Paleologi a Casale Monferrato (AL) dal 13 settembre al 5 Ottobre 2025, con il Patrocinio del Comune e della Regione Piemonte.

Hanno aderito 100 artisti incisori provenienti da varie nazioni con 500 opere.

Questi i nomi dei partecipanti Italiani: Lorenzo Alessandri, Aro Maria Altieri, Ettore Antonini, Antonio Barbato, Pio Carlo Barola, Laura Berruto, Diego Bianconi, Modesto Bicocca, Om Bosser, Lucia Caprioglio, Antonio Carena, Camilla Casalino, Luigi Casalino, Gianpaolo Cavalli, Ilenio Celoria, Gian Franco Civitico, Fausto De Marinis, Albina Dealessi, Giovanni Dettori, Federica Fiorenzani, Maria Grazia Focanti, Carlo Iacomucci, Renato Luparia, Maurizia Marini, Piero Martina, Umberto Mastroianni, Valerio Mezzetti, Ivo Mosele, Roberta Omodei Zorini, Giorgio Parena, Stefano Patrone, Maria Rosaria Perrella, Antonio Pesce, Gennaro Pisco, Giuseppe Pitruzzello, Amelia Platone, Luisa Porporato, Cecilia Prete, Giorgio Ramella, Maria Teresa Rizzuti, Ubaldo Rodari, Laura Rossi, Agim Sako, John Sale, Sergio Saroni, Gianfranco Schialvino, Egle Scroppo, Filippo Scroppo, Salvatore Simone, Michele Stragliati, Mario Surbone, Francesco Tabusso, Gianni Verna, Elisabetta Viarengo Miniotti, Remo Wolf.

Questi i partecipanti stranieri: Ruslan Agirba Ucraina, Rajmond Aszkowski Polonia, Martin Baeyens Belgio, Roger Benetti Messico, Jiri Brazda Repubblica Ceca, Natalija Cernecova Lettonia, Deborah Chapman Canada, Irina Chebykina Yelagina Montenegro, Mykhailo Drimaylo Ucraina, Elena Hlodec Francia, Gunter Hujber Rep. Ceca, Emily Hung Cina, Jelena Jovancov Montenegro, Sergey Kirnitskiy Ucraina, Peter Kocak Slovacchia, Mariya Kolyshkina Russia, Vojtek Kowaslczyk Polonia, Irina Kozub Russia, Wieslawa Kurdek Polonia, Vladislav Kvartalny Bielorussia, Guy Langevin Canada, Torill E. Larsen Norvegia, Victor Lipkin Israele, Regina Lippl Germania, Vladimir Lupandin Russia, Daniel Maillet Svizzera, Leo Maillet Germania, Yaroslav Makarov Russia, Marius Martinescu Francia, Hristo Naidenov Bulgaria, Maria Noble Russia, Ovidiu Pecta Romania, Liudmila Prokhorova Russia, Svetlana Ryabova Russia, Mauricio Schvarzman Argentina, Vera Stanishevskaja Estonia, Leonid Stroganov Russia, Masaaki Sugita Giappone, Olga Tereshenko Bielorussia, Aliaksandr Ulybin Bielorussia, Vladimir Vereschagin Russia, Cleo Wilkinson Australia, Ayaka Yamada Giappone, Marziya Zhaksygarina Kazakhstan, Ying Zhou Cina,Vladimir Zuev Russia.

GAM, MAO e Palazzo Madama, San Giovanni al Museo

SAN GIOVANNI AL MUSEO

24 giugno alla GAM, al MAO e a Palazzo Madama

 

Martedì 24 giugno ingresso a 1€ per le collezioni permanenti e

tariffa ridotta a 1€ per le mostre temporanee di GAM, MAO e Palazzo Madama.

 

 

La Fondazione Torino Musei celebra la Festa di San Giovanni con una promozione che coinvolge GAM, MAO e Palazzo Madama (eccezionalmente aperto il martedì).

Martedì 24 giugno 2025 nei tre musei della Fondazione sarà possibile visitare le collezioni permanenti e le mostre collegate al prezzo simbolico di 1€; con un supplemento di 1€ per accedere alle mostre temporaneealla GAM FAUSTO MELOTTI. Lasciatemi divertire!, le mostre del contemporaneo: ALICE CATTANEO. Dove lo spazio chiama il segno e Giosetta Fioronial MAO Haori. Gli abiti maschili del primo Novecento narrano il Giappone, e a Palazzo Madama Visitate l’Italia. Promozione e pubblicità turistica 1900–1950.

La tariffa a 1€ sarà applicata anche ai titolari di Abbonamento Musei, che non potranno utilizzare le tessere.

Ingresso gratuito per i possessori della Torino Card.

I tre musei saranno aperti con orario continuato 10:00-18:00

 

Cosa si può visitare:

 

Alla GAM: oltre alle collezioni permanenti e al Deposito vivente sono visitabili le mostre temporanee FAUSTO MELOTTI. Lasciatemi divertire! (+1€) e le mostre del Contemporaneo: ALICE CATTANEO. Dove lo spazio chiama il segno e Giosetta Fioroni nello spazio della Videoteca (+1€)

Al MAO: i visitatori possono visitare le cinque gallerie delle collezioni permanenti, le mostre temporanee Adapted Sceneries Paesaggi da sogno. Le 53 stazioni della Tokaido e la mostra temporanea Haori (+1€).

Palazzo Madama: in aggiunta alle collezioni permanenti, sono visitabili le mostre temporanee Jan Van Eyck e le miniature rivelate e Bianco al femminile, oltre all’esposizione temporanea Visitate l’Italia! (+1€).

LE VISITE GUIDATE E IL WORKSHOP

GAM

martedì 24 giugno ore 10:30 | Seconda risonanza. Ritmo, struttura e segno

martedì 24 giugno ore 12 | Mostra Fausto Melotti. Lasciatemi divertire!

martedì 24 giugno ore 15 e ore 16:30 Workshop Messaggi ad arte tutte le info

 

MAO

martedì 24 giugno ore 15 | Di seta e di carta. Narrazioni artistiche tra Giappone e Corea

martedì 24 giugno ore 16:30 | L’India e il sud-est asiatico, il tetto del mondo, poi fino al Mediterraneo

 

PALAZZO MADAMA

martedì 24 giugno ore 15 | Da castello a museo

martedì 24 giugno ore 16.30 Mostra Visitate Italia

 

 

Costi visite guidate: 7 € a partecipante.

Costo workshop: 5€ a partecipante

Prenotazione consigliata, disponibilità fino ad esaurimento posti.

Info 011 5211788 – prenotazioniftm@arteintorino.com  (da lunedì a domenica 9.30 – 17.30)

“Into the Light”, dall’alba al tramonto mostre e incontri alla Reggia di Venaria

Into the Light è il filo conduttore di tutta la programmazione della Venaria Reale a partire dal 21 giugno 2025, primo giorno d’estate con eventi espositivi, incontri, approfondimenti e iniziative speciali dedicate.

Into the Light contraddistingue significativamente fino al prossimo anno le attività della Reggia e dei suoi Giardini.
Il grande tema della “luce” nell’arte, di particolare importanza in generale in età barocca, si esprime alla Reggia attraverso i suoi capolavori architettonici: la Galleria Grande, la Cappella di Sant’Uberto e la Citroniera di Filippo Juvarra.
La programmazione di Into the Light mira ad esaltare le caratteristiche intrinseche che connotano la Reggia per riproporre al pubblico l’Italian Royal Experience nelle diverse declinazioni ed ambiti di interesse (culturali, di svago e benessere).

La Reggia Into the Light

La programmazione rivolta al tema della luce ha inizio sabato 21 giugno con Into the Light. Ouverture nella “Galleria della luce”
La Reggia con i suoi suggestivi spazi aperta ad un’esperienza unica e affascinante dall’alba al tramonto, in occasione del solstizio d’estate, il 21 di giugno.

Dal 21 giugno al 31 agostoFrames
Installazioni multuimediali, con proiezioni luminose che si sovrappongono alle tele della Sala di Diana. Progetto di Davide Ferrario, in collaborazione con il Museo Nazionale del Cinema di Torino.

Domenica 22 giugnoIl miracolo della luce
Conversazione con l’astrofisica Ersilia Vaudo Scarpetta presso la Sala di Diana.

Dal 28 giugno al 31 agostoAnthony McCall. Solid Light
Le “sculture luminose” di McCall, scenografici fasci di luce in dialogo con gli ambienti barocchi e le prospettive della Reggia. Mostra in collaborazione con Tate, UK.

Dal 28 giugno al 30 agostoSere d’Estate alla Reggia
Feste, sogni, arte e visioni con i Giardini illuminati da migliaia di candele.
Ogni venerdì e sabato e giovedì 14 agosto la Reggia prolunga l’orario di apertura al pubblico fino alle 23, con biglietto speciale. I Giardini, ospitano spettacoli e musica dal vivo, e offrono piacevoli momenti di relax e aperitivo al tramonto.

Come anteprima delle Sere d’Estate sabato 28 e domenica 29 giugno, la grande musica jazz internazionale di Jazzarìa, giunta alla seconda edizione, con protagonisti Ray Gelato & The Giants feat. Emma Smith nella prima serata, e la leggendaria voce di Dee Dee Bridgewater feat. Fabrizio Bosso nella seconda serata.

Centri estivi 
La programmazione prevede anche attività e laboratori dedicati tema della luce per i Centri estivi durante la prima parte della giornata: tutti i giorni feriali dalle ore 9.30 alle 11.

Into the Light in autunno
La programmazione prosegue in autunno con Lectio sul tema della luce, ciclo di incontri, e la pubblicazione di un libro sulla Galleria Grande, spazio della luce per eccellenza di tutta la Reggia, che analizzerà l’opera di Juvarra sotto il profilo storico e architettonico.

Into the Light in inverno
Immaginaria e Sere di Natale alla Reggia
L’evento natalizio di Immaginaria dal 6 dicembre 2025 al 6 gennaio 2026, organizzato in collaborazione con la Città di Venaria Reale, rappresenta la celebrazione finale di Into the Light con il progetto di Luminographie dell’artista italo-francese Gaspare Di Caro che prevede spettacolari proiezioni luminose sulle facciate della Reggia e nel borgo antico cittadino.

Into the Light: l’arte contemporanea della Venaria Reale
Il tema della luce era già stato sviluppato alla Venaria Reale con interventi d’arte contemporanea tuttora presenti:

  • l’opera cinematografica di Peter Greenaway, Ripopolare la Reggia, è parte integrante del percorso di visita.
  • Il Giardino delle Sculture Fluide di Giuseppe Penone nel Parco Basso con l’opera visivamente più rilevante Direzione verso la luce.
  • Dove le stelle si avvicinano di una spanna in più di Giovanni Anselmo presso il Gran Parterre.
  • Rendez-vouz di Grazia Todari posizionata lungo il percorso di visita della Reggia, una fotografia di grandi dimensioni dominata dalla luce nella quale l’artista raffigura le capsule di Gemini 6 e Gemini 7 sospese nello spazio barocco della Galleria Grande.
  • Assembly di Marinella Senatore, grande installazione di luce che si ispira alle tradizionali luminarie del Sud Italia, esposta presso la Cascina Medici del Vascello.
  • Storyboard. Paladino alla Reggia di Venaria, opera dell’artista Mimmo Paladino che mette insieme pittura e disegno, scultura e installazione e gli effetti luminosi del cinema.
  • La piazza illuminata dal designer e architetto Michele De Lucchi con i particolari lampioni a LED “La Venaria” che illuminano la piazza della Repubblica antistante la Reggia.

L’omaggio di Torino a Giuseppe Mazzini

Alla scoperta dei monumenti di Torino / Oggi il plumbeo monumento si erge fiero in mezzo a quella che è diventata una delle piazzette pedonali della città più “bazzicate” dai giovani, che hanno fatto della maestosa scultura e dei gradoni perimetrali del suo basamento, uno spontaneo ed appartato punto di ritrovo

 

Collocato in via Andrea Doria, angolo via Dei Mille, precisamente sullo spiazzo di confluenza tra le due vie, Giuseppe Mazzini viene raffigurato in una scultura bronzea, seduto in atteggiamento pensoso, avente una mano poggiata a sostenere il capo e l’altra su un pastrano adagiato sulle gambe. Il piedistallo lapideo è ornato da simboli della classicità rappresentati superiormente da due tripodi, collocati ai lati della statua e inferiormente, da pannelli bronzei disposti in sequenza. Nel pannello centrale è rappresentata la lupa capitolina nell’atto di allattare i gemelli, in riferimento alla Repubblica Romana, mentre sui restanti prospetti figurano corone di lauro che circondano i nomi dei principali sostenitori di Mazzini. Il sottostante basamento presenta, anteriormente, dei gradini simmetrici in ascesa verso la scultura. Nato a Genova il 22 giugno 1805 (quando Genova era ancora parte della Repubblica Ligure annessa al Primo Impero Francese), Mazzini è stato un patriota, uomo politico, filosofo e giurista italiano. Costituì a Marsiglia nel 1831 la Giovine Italia, fondata sui principi di “Dio e popolo” e “pensieri e azioni” volti a promuovere l’indipendenza della penisola dagli stati stranieri e la costituzione dell’Italia fondata sui principi della repubblica. Anche se osteggiato dal protrarsi dell’esilio forzato e dai contrasti in patria con la ragione di stato (promossa da Camillo Benso Conte di Cavour e da Giuseppe Garibaldi), Mazzini perpetuò il suo impegno politico che contribuì in maniera decisiva alla nascita dello Stato Unitario Italiano.

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Nello stato riunificato risiedette nell’ultimo decennio della sua vita come “esule di patria”, sotto falso nome; morì a Pisa il 10 marzo del 1872. In Torino come in altre numerose città della nazione, quale atto di riconoscimento al suo impegno, fu eseguito postumo il monumento in suo onore. Per quanto riguarda la città di Torino, nell’intenso programma delle manifestazioni svolte nella città per il giubileo dell’Unità d’Italia, nel 1911, venne istituito un apposito Comitato per erigere un monumento in memoria di Giuseppe Mazzini, distintosi come uno dei principali rappresentanti del Risorgimento italiano. L’iniziativa, promossa dalla Sezione Repubblicana Torinese, sorse in concomitanza alla ricorrenza del quarantesimo anniversario dal decesso del patriota genovese, di cui erano in corso i preparativi per le celebrazioni. Il Comitato sottopose all’Amministrazione comunale la domanda di aderire all’iniziativa ma la proposta venne osteggiata in quanto, si affermava, fosse avanzata da un gruppo partitico; per non pregiudicare l’esito della richiesta venne costituito un nuovo Comitato dichiarante l’estraneità ad ogni questione politica. Nel 1913 l’istanza di questo nuovo Comitato venne favorevolmente accolta dal Consiglio Comunale. Assunse l’incarico per l’ideazione del complesso scultoreo, Luigi Belli, docente presso la regia Accademia Albertina di Belle Arti ed esecutore di significative opere nella città. Belli accettò l’incarico senza richiedere alcun compenso per la sua attività (consapevole forse che sarebbe anche stata la sua ultima opera data l’avanzata età) ma domandò unicamente il rimborso per le spese sostenute nella realizzazione della proposta.

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Nonostante la rinuncia dell’artista, il bozzetto dell’opera venne approvato stimando un importo considerevolmente superiore a quello stabilito per l’esecuzione del monumento, quindi per arginare i limiti economici incorsi, l’Amministrazione concesse una agevolazione per il pagamento del dazio sui materiali, contrattò con il Ministro della Guerra in Roma per l’acquisizione del bronzo necessario ad un prezzo agevolato, mentre il Comitato promosse una pubblica sottoscrizione presso municipi, istituti civili e militari nazionali. Successivamente i modelli in creta a scala reale della statua e di un altorilievo, furono inviati alla fonderia scelta dal Belli, con sede presso Milano, per eseguirne la fusione in bronzo; la statua bronzea ed il relativo modello in gesso, vennero recapitati a Torino, su un carro ferroviario atto al trasporto speciale, l’11 maggio 1917. Il complesso scultoreo fu posto in opera, nonostante fosse privo dell’altorilievo rappresentante la “Libertà” (non consegnata forse a causa di un compenso non corrisposto dal Comitato), figurando ugualmente come un altare alla repubblicana libertà. L’inaugurazione della scultura commemorativa dedicata a Mazzini si svolse il 22 luglio 1917. La cerimonia del monumento si celebrò in presenza di autorità nazionali e cittadine, in una città dall’atmosfera poco festosa a causa della popolazione mobilitata sui fronti della Prima Guerra Mondiale. Oggi il plumbeo monumento si erge fiero in mezzo a quella che è diventata una delle piazzette pedonali della città più “bazzicate” dai giovani, che hanno fatto della maestosa scultura e dei gradoni perimetrali del suo basamento, uno spontaneo ed appartato punto di ritrovo.

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(Foto: www.museo.torino.it)

Simona Pili Stella