Presentati ad Alba i tre volumi “Opere di Mario Lattes”, pubblicati per la prima volta insieme, a vent’ anni dalla morte dell’autore
Venerdì 19 novembre
Alba (Cuneo)
Spirito libero ed eclettico, pittore scrittore editore e intellettuale fra i più raffinati del nostro secondo dopoguerra, Mario Lattes(Torino, 1923 – 2001) seppe unire in tutta la sua vita, con grande iltelligenza e creatività, imprenditorialità e umanesimo. Doti che Lattes seppe sfruttare in larga abbondanza e a riconoscimento delle quali è dedicato l’incontro “L’impresa di fare cultura. Mario Lattes editore e scrittore”, organizzato dalla “Fondazione Bottari Lattes” in occasione di “Alba Capitale della Cultura di Impresa 2021”. L’appuntamento sarà anche l’occasione per presentare per la prima volta ad Alba il cofanetto in tre volumi “Opere di Mario Lattes”, edito da “Olschki” e pubblicato lo scorso maggio. L’incontro è per venerdì 19 novembre alle ore 18 al “Pala Alba Capitale”, in piazza San Paolo, e prevede gli interventi di Caterina Bottari Lattes, presidente della “Fondazione Bottari Lattes”, Simone Lattes, amministratore delegato della Casa Editrice, Mariarosa Masoero e Giovanni Barberi Squarotti, coordinatori dei tre volumi in cofanetto. Moderatore il giornalista Roberto Fiori. L’appuntamento sarà trasmesso anche in diretta streaming sui canali Facebook di “Confindustria Cuneo” e “Fondazione Bottari Lattes” e sul canale Youtube di “Confindustria Cuneo”. Per prenotazioni: www.alba2021.confindustriacuneo.it “Mario – sottolinea Caterina Bottari Lattes, moglie dell’artista – è stato un esempio di creatività anche in ambito editoriale, un editore innovativo e creativo. Nel lavoro alla casa editrice, a cui si dedicava con passione e competenza ammirevoli, ha coniugato efficienza e slanci inventivi che hanno saputo consolidare la ‘Lattes’ nel panorama editoriale italiano. Sono onorata di aver collaborato per diversi anni al suo fianco contribuendo all’evoluzione della casa editrice”.
Il cofanetto che sarà presentato venerdì 19 novembre é suddiviso in tre volumi e riunisce, a vent’anni dalla morte, il complesso degli scritti, editi e inediti di Mario Lattes, permettendo di conoscere per la prima volta nella sua effettiva estensione e nel suo rilievo la presenza di Lattes nella scena letteraria del secondo Novecento. Fortemente voluto da Caterina Bottari Lattes, l’edizione è stata diretta da Giovanni Barberi Squarotti e da Mariarosa Masoero e raccoglie numerosi testi di Lattes che erano andati dispersi nel corso degli anni e un corpus importante di materiale inedito, riuniti grazie a un’attenta revisione portata avanti secondo criteri filologici, anche sulla base delle carte autografe conservate negli archivi personali presso la casa editrice “Lattes” e la “Fondazione Bottari Lattes” (recentemente riordinati e tutelati dalla Soprintendenza). I tre volumi comprendono: 6 romanzi ( “La stanza dei giochi” del 1959, l’inedito “L’esaurimento Nervoso” scritto tra il 1964 e il 1965, “ Il borghese di ventura” del 1975, “L’incendio del Regio” del 1976candidato al Premio Strega 1977, “L’amore è niente” del 1982, “Il Castello d’Acqua” uscito postumo nel 2004 e ora pubblicato nell’ultima redazione messa a punto dall’autore), più di 60 racconti (tra cui la raccolta “Le notti nere”), le poesie, due opere teatrali, la tesi di laurea “Il Ghetto di Varsavia” e i tanti articoli, saggi e recensioni scritti da Lattes per diverse testate italiane, fra le quali “La Gazzetta del Popolo” e la rivista da lui fondata, “Questioni. Ogni volume è accompagnato da un importante corredo di illustrazioni, che comprenderiproduzioni di appunti, manoscritti, dattiloscritti e lettere di Mario Lattes, in cui schizzi e disegni arricchiscono il contenuto, oltre che di opere pittoriche selezionate tra quelle che più hanno attinenza con i temi dei testi affrontati negli scritti.“Opere di Mario”Lattes si inserisce tra le iniziative e i progetti che celebreranno nel 2023 i 100 anni dalla nascita di Lattes, la cui vita e la cui opera rappresentano un unicum nel panorama culturale del secondo Novecento non solo piemontese, e i 130 anni dalla nascita della casa editrice “Lattes”, fondata nel 1893 a Torino dal nonno di Mario Lattes, Simone.
Per info: “Fondazione Bottari Lattes”, via Marconi 16, Monforte d’Alba (Cuneo); tel. 0173/789282 o www.fondazionebottarilattes.it /FB Fondazione Bottari Lattes/ TW @BottariLattes/ YT FondazioneBottariLattes
g.m.
Nelle foto
– “Opere di Mario Lattes” (Olschki Editore)
– Mario Lattes
Il titolo è “Compagni di viaggio 2” e fa seguito al primo “Compagni di viaggio”, inventato nell’aprile del 2017 ed ospitato sempre nelle sale del seicentesco “Palazzo Lomellini”, oggi vero epicentro della cultura e dell’arte carmagnolese. Ma non solo. In mezzo alle due collettive, altre rassegne, fino allo stop dettato dall’emergenza pandemica, e quasi tutte curate con un impegno e una passione senza limiti dall’amico Elio Rabbione, presidente dell’Associazione “Amici di Palazzo Lomellini” nata sette anni fa con l’intento di organizzare eventi espositivi di qualità in collaborazione con le realtà artistiche più significative operanti sul e per il territorio.
questa o a quell’opera”. Compito perfettamente riuscito. Meno semplice il mio, nel citare – gioco forza – alcuni artisti, anziché altri.
Un viaggio nel tempo. In braccio alla memoria. Intrigante e di particolare raffinatezza esecutiva nelle trasparenze del gesto liberatorio, l’immagine di “Francy”, olio su tela di Dede Varetto; così come “le spirali dorate” e “i profili e i piumaggi perfetti” di Angela Betta Casale, accanto ai simbolici abbracci arborei di Antonio Presti, agli acciai e ai legni di Mario Mondino e ai colori accesi dell’informalità di Bruno Molinaro. L’iter prosegue citando (a grandi passi – e non me ne vogliano gli artisti non menzionati e pur degni d’interesse) con le opere, pagine di singolare poesia, di Daniela Bertolino, con i “labirinti circolari” di Isidoro Cottino, i deliziosi acquerelli di Eleonora Tranfo, la “felicità affidata ai colori dei fiori” di Adelma Mapelli e
di Mariarosa Gaude, fino al delicato ma intenso e di forte profondità emozionale del femminile ritratto in acrilico di Guglielmo Meltzeid. E via ancora. Con una panoramica che prosegue, in un alternarsi di opere abbondantemente ripaganti le fatiche degli organizzatori.
Vincenzo Buonaguro unisce nei suoi soggetti fotografici, quali quelli intitolati “Polvere di stelle”, “Giorno” e “Spirale”, la spontaneità dell’immagine alla costante sperimentazione tecnica, unite all’esigenza di comunicare allo spettatore una rappresentazione intrisa di significati e di sensibilità. L’artista propone, infatti, un percorso fatto di messaggi provenienti dal mondo della natura e che invitano al suo rispetto, senza tralasciare i suoi veri valori, il tessuto poetico e il vissuto evocati da visioni cariche di simbolismo. Le sue opere fotografiche risultano ricche di fantasia e progettualità, capaci, al tempo stesso, di recuperare una dimensione di narrazione umana e emotiva con cui l’artista conquista il pubblico, invitandolo a scoprire sensazioni uniche. Il contrasto tra pieni e vuoti evidenzia un senso di movimento e tridimensionalità presente nella sua opera e capace di dimostrare una visione fotografica innovativa.
Mostra travagliata come poche altre, quella dedicata alle “opere recuperate” di Mario Lattes – pittore, scrittore, editore e personaggio di spicco nel mondo culturale piemontese, e non solo, del secondo dopoguerra – dalla “Fondazione Bottari Lattes”, aperta per rendergli giusta memoria dalla moglie Caterina nel 2009, a Monforte d’Alba, in via Marconi 16 (tel. 0173/789282). Inaugurata online, causa emergenza sanitaria, il 22 dicembre dell’anno scorso, la rassegna é stata aperta al pubblico, a seguito del passaggio del Piemonte in “zona gialla”, il 10 febbraio e da lunedì primo marzo, di nuovo trainata dal passaggio della Regione in “zona arancio”, in visione web. E l’apri-chiudi non s’è fermato. Dal 4 novembre scorso, infatti la retrospettiva è ritornata ad aprire le porte al pubblico, pur continuando a rimanere visitabile anche on line sul sito
presenti. Lavori che raccontano, nella quasi totalità, il viaggio nei “mondi di Mario Lattes”, come recita il titolo dell’attuale rassegna con l’aggiunta di quell’ “# 1” , teso a connotarsi come prima tappa di una complessa esplorazione che verrà arricchita nel tempo attraverso ulteriori recuperi, resi disponibili al pubblico a più riprese. Articolata in quattro sezioni su progetto di Caterina Bottari Lattes, curata da Alice Pierobon con Chiara Agnello e accompagnata da un testo critico di Vincenzo Gatti, la mostra ci racconta, ancora una volta (ma ogni volta è sempre un cammino nuovo, inatteso e coinvolgente) il tormento, gravante ma ampiamente accettabile, di dipinti che – al pari dei romanzi e racconti pubblicati da Lattes fra il 1959 ed il 1985- risentono delle vicende e delle ferite dell’anima derivate dal suo essere parte ben senbile e partecipe, sia pure nell’ottica di una laicità mai negata, di quel popolo ebraico vittima di un abominio storico senza pari, sul quale è impossibile calare la fronda dell’oblio. Nell’iter espositivo spiccano alcuni oli su carta intelata, come “Il cardinale” e “Il Re” del ’69, dove il segno anarchico e graffiante pare quasi voler irridere con sarcastico umorismo le immagini del potere; così come quelle “Marionette e manichino” del ’90 che raccontano non di squarci gioiosi legati all’infanzia ma di ricordi che “sono cicatrici di memoria” o come quella spettrale figura de “L’enfant et le sortilege” del ’67, incubo emergente da ragnatele di sogni ed emozioni che sono per Lattes eterne prigioni del cuore. Dice bene Vincenzo Gatti: “L’accesso ai mondi di Lattes è insidioso. Occorre adeguarsi alle sue luci e alle sue ombre, intuire l’indefinito pur sapendo che esiste un lato oscuro che non potrà disvelarsi”.
Classe ’86, di origini palermitane, Salvatore Vitale è un artista visivo, ma anche editore e docente, residente oggi a Zurigo. E proprio dal risiedere in uno dei Paesi, la Svizzera, noti per essere politicamente e socialmente fra i più sicuri al mondo, deriva il suo interesse ad esplorare le strutture di potere, la mediazione tecnologica e l’influenza di questi elementi nella società. Così, quando nel 2014 gli svizzeri votarono a favore di un’iniziativa popolare federale “contro l’immigrazione di massa”, l’immigrato Vitale sentì il bisogno di mettere mano ad un progetto teso ad esplorare le misure di sicurezza nazionale del Paese che lo ospitava, concentrandosi “su istruzioni, protocolli, burocrazie e soluzioni concrete adottate”, da lui visualizzate in fotografie, diagrammi e illustrazioni grafiche. Nel 2015, quel progetto dal titolo “How to Secure a Country” riceve un premio dallo “Swiss Arts Council” e oggi ne troviamo testimonianza nella “Project Room” di “CAMERA-Centro Italiano per la Fotografia” di Torino. Prima personale dell’artista palermitano in un’istituzione italiana, la mostra è curata da Giangavino Pazzola, con il sostegno della “Fondazione Svizzera per la Cultura Pro Helvetia” in collaborazione con OGR Torino e la Galleria “Ncontemporary” di Milano. Oltre quaranta le opere esposte realizzate con differenti media e appartenenti a due nuclei di lavori, relativi ad altrettante ricerche di lungo periodo realizzate da Vitale a partire dal 2014 sino ad oggi. La maggior parte di esse appartengono alla serie “How to Secure a Country +” (2014 – 2019), racconto quasi didattico, neutro e acritico del sistema di sicurezza nazionale svizzero esplorato dal suo interno. “Articolando il discorso in diversi capitoli, Vitale ricostruisce un quadro esaustivo – sottolineano gli organizzatori – del sistema di sicurezza di uno stato, portando lo spettatore a riflettere sull’idea di protezione nella relazione tra autorità e individuo”. Incluse nel percorso espositivo, sono anche due opere del progetto “Persuasive System”, ricerca iniziata dall’artista nel 2020, e attualmente ancora in corso, incentrata sul tema dell’influenza della sorveglianza digitale nel controllo sociale degli individui. E proprio in quest’ottica, nella “Corte Est”, antistante l’ingresso principale di OGR Torino, è stata ospitata l’installazione di tre telecamere di sorveglianza che registrano in tempo reale il passaggio delle persone in una area delimitata, e segnalata per mezzo di un segno grafico, in conformità con le direttive europee. Le immagini sono state trasmesse contestualmente in diretta sia sui grandi schermi allestiti nel foyer di OGR (rimossi dopo la prima settimana di mostra) sia in due monitor installati a “CAMERA”, tutt’oggi in funzione, per “rafforzare così l’idea di pervasività della sorveglianza nella vita sociale odierna”. Sempre a “CAMERA” troviamo anche l’installazione di un “video-essay” realizzato per l’occasione da Vitale, con il quale viene messa in scena la rievocazione di un esperimento sociale sul comportamento delle persone. “Combinando immagini fisse e in movimento, filmati d’archivio, dati fattuali e testo, l’opera si avvale della ‘metafora dell’aeroporto’ per svelare i paradossi connaturati alla logica della sorveglianza sistemica, evidenziando la necessità di porre maggior attenzione ai processi di omologazione dei comportamenti collettivi e dei sistemi che regolano la loro formazione”.
A completamento della mostra, Salvatore Vitale terrà un incontro aperto al pubblico il 25 novembre alle ore 18.30 a “CAMERA” e dal 26 al 27 novembre un workshop teorico-pratico, “The Narrative Impulse”, in cui condurrà i partecipanti nella creazione di un progetto narrativo costruito mediante la combinazione della fotografia con media diversi come suono, video, piattaforme social, web, immagini d’archivio. Per informazioni e iscrizioni,
Attraverso settanta opere viene raccontata l’avventura di sette artisti italiani che, arrivati nella Ville Lumière, in momenti diversi, per vivere, lavorare e fondersi in quell’atmosfera artistica di grandi movimenti e di immensi pittori, espongono insieme per la prima volta nel 1928: Giorgio De Chirico, Alberto Savinio, Massimo Campigli, Filippo De Pisis, Renè Paresce e Gino Severini. Parigi, in quegli anni, mantiene intatto il proprio fascino e si conferma capitale dell’arte e delle arti. Montparnasse ha, ormai, definitivamente sostituito Montmartre quale cuore pulsante della vita culturale parigina. Picasso, Braque, Soutine, Pascin, Aragon, Cocteau, Dalì, Man Ray vivono e lavorano nel quartiere, animano le notti alla Cupole e stravolgono l’arte. Modigliani è morto nel gennaio 1920, ma la sua straordinaria leggenda e la forza espressiva delle sue opere continuano a influenzare il mondo culturale parigino. E’ in questo luogo meraviglioso, come definirà Breton la Parigi di quegli anni che les italiens dipingono alla ricerca di conferme e aperti a nuove influenze.
Accompagnato dalle fotografie e dalla musica di quegli anni spensierati, lo spettatore si immerge in un percorso espositivo multiforme che desta in lui emozioni e sensazioni diverse, trasportandolo in mondi lontani, immoti e quasi pietrificati, in vie brucianti di vita, in paesaggi assolati, in ambienti dove il tempo sembra essersi fermato. Stanza dopo stanza, sezione dopo sezione, si incontrano l’ossessiva ricerca e reinterpretazione del mito classico di De Chirico, le immagini surreali e inquietanti di Savinio, le donne dagli occhi grandi che riemergono da qualche dipinto parietale di micenea memoria di Campigli, le pennellate calligrafiche, avvolgenti e malinconiche di De Pisis, le forme cubiste di Paresce, i dolenti Pulcinella di Severini che tanto ricordano gli arlecchini e gli acrobati del Picasso del periodo blu e rosa e le tensioni plastiche di Mario Tozzi.
Anche quest’anno la Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea CRT ha rinnovato il proprio sostegno ad Artissima – Internazionale d’arte contemporanea, procedendo all’acquisizione di 12 nuove opere realizzate da artisti che andranno a implementare la storica Collezione della Fondazione e saranno concesse in comodato gratuito ai due principali musei torinesi. Cinque lavori selezionati di Micol Assäel, Giuliana Rosso, Francis Offman e Gokula Stoffel saranno destinati ai progetti curatoriali del Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, mentre sette opere di Chiara Camoni, Pesce Khete e Davide Sgambaro arricchiranno le proposte espositive della GAM – Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino.
Ci ha lasciati nel giugno di un anno fa Elisabetta Viarengo Miniotti (Torino 1937-2020). Aveva dipinto per una vita intera, ritagliandosi uno spazio prestigioso e assolutamente meritato nel panorama dell’arte piemontese e non solo. Arte di figurazione, carica di pathos e di singolare forza innovativa nel trasformare il reale in narrazione di segno e colore lasciati correre in vibrante, materica libertà. Per arrivare all’essenza poetica delle cose. Per raggiungere con il cuore ciò che agli occhi non è dato sempre di vedere. Nota soprattutto come artista della stampa incisa, di notevole valore e piacevolezza sono pur anche i suoi oli, così come gli acquerelli e i disegni. A dimostrarlo, ancora una volta, la retrospettiva a lei dedicata nella sala mostre del Collegio “San Giuseppe” di Torino, con la curatela di Alfredo Centra, Donatella Taverna e Francesco De Caria.
cortecce e intrighi di rami e radici”, all’intimità di un “guardarsi dentro” per offrire spazi larghi all’immaginazione e alla poesia.
Fino al 9 novembre