ARTE- Pagina 145

Cinque fotografi torinesi per un “ritratto d’asporto”

“Stop selfie. Make a portrait” – www.ritrattidasporto.it

“Il selfie è l’istantanea di un pirla che immortala la sua vanità”: Vittorio Sgarbi dixit. E anche sulla bulimia da selfie (“slang” imperante dell’odierno mondo social, inserito perfino nel prestigioso “Oxford Dictionnary”), lo Sgarbi furioso – come sua consuetudine – va giù pesante e non le manda davvero a dire. Esagerato? Eccessivo? A ognuno il suo giudizio.

Certo è comunque, fatte salve le debite distanze dai folklorici eccessi del verbo sgarbiano, che con lui non si può non essere d’accordo nella denuncia di un marcato e palese “narcisismo” in quell’ossessiva filososofia che guida occhi e mani del bulimico popolo del selfie. Del “selfie ergo sum”, attento di più (inconfutabile dato di fatto) all’apparire che all’essere. E distante, proprio per questo, anni luce dal classico ritratto fotografico, firmato da fografi professionisti, dalla tecnica ineccepibile e attenti a cogliere l’intima essenza, la poesia e l’emozione duratura nel tempo del soggetto ritratto. A sottolinearlo è il progetto “Stop selfie. Make a portrait” ideato dal noto fotografo torinese Silvano Pupella (ultima mostra nello spazio più prestigioso in Italia per la fotografia, la casa dei “Tre Oci” a Venezia), insieme ad altri quattro colleghi ben intenzionati “a sfidare la modernità e a proporre, come nel passato, un ritratto artistico, frutto della passione e dell’esperienza”.

Basta (o per lo meno, calma) con i selfie. Fatti (fare) un ritratto! A dirlo, con Pupella, sono gli amici fotografi Gianni Oliva (reduce dal grande successo dell’ultima personale “Istanti donati” allo spazio d’arte “San Fedele” di Milano), l’eporediese Stefania Ricci, la giovane Federica Bertolino e Andrea Michelini. Immediata l’adesione all’iniziativa anche da parte di “ArtPhotò”, progetto messo in piedi a Torino nel 2016 da Tiziana Bonomo con l’obiettivo di proporre, organizzare e curare eventi legati al mondo della fotografia. Un vero e proprio ritratto “da asporto” (espressione super-citata, ahinoi, in questi tristi tempi di lockdown sanitario) è la proposta dei magnifici cinque. Un ritratto d’autore, stampato e firmato dall’artista-fotografo e consegnato all’istante, dopo lo scatto. Da portare a casa, “ per se’ stessi, per i propri famigliari o come regalo diverso dal solito e sicuramente originale e gradito in occasione soprattutto del periodo natalizio”.

L’iter per aderire a “Stop selfie. Make a portrait” è semplicissimo. Si va sul sito https://www.ritrattidasporto.it , dove è possibile visionare le opere dei fotografi coinvolti, si sceglie il preferito e si prenota telefonando al 351/5423240. Il set su cui si sarà invitati a posare è lo “Spazio Eventa” di via dei Mille 42, a Torino. Naturalmente nel rispetto di tutte le regole imposte dalle normative anti-Covid. “Ed è proprio in questi lunghi mesi di distanziamento sociale – dice Silvano Pupella – che il valore di un ritratto d’autore diventa forte più che mai per fissare un momento intimo di intensa emozionalità. Certo i selfie consentono di avere una grande quantità di immagini, ma di quelle immagini alla fine non rimane nulla se non nella memoria dello smartphone; mentre una fotografia di qualità, stampata come si deve, resta un ricordo che dura nel tempo e questo 2020 sarà un tempo sicuramente e tristemente da ricordare”.

“’ArtPhotò’ – spiega da parte sua Tiziana Bonomo – ha immediatamente aderito all’iniziativa perché crede nei fotografi, nella loro arte, nella loro creatività. La foto scattata da un professionista cela il desiderio di affidarsi a qualcuno che ci ritragga per come desideriamo essere visti e soprattutto ricordati. Per questa ragione ‘Stop selfie. Make a Portrait’ offre la possibilità di scegliere tra autori con occhi, sensibilità ed esperienze diverse in base a come si spinge il desiderio di essere fotografati. Inoltre il set di ‘Spazio Eventa’ è un luogo accogliente che mette a proprio agio anche i più intimiditi dalla macchina fotografica”.

Gianni Milani

***

Nelle foto

– Gianni Oliva: “I 18 anni di Lucia”
– Silvano Pupella: “Ritratto con Charlotte”
– Stefania Ricci: “Tiziana per caso”
– Andrea Michelini: “La schiena di Anna”
– Federica Bertolino: “Ritratto uno”

Carnevale a regola d’arte al Mao, alla Gam e a Palazzo Madama

GAM, MAO e Palazzo Madama invitano a festeggiare il Carnevale all’insegna dell’arte

 

 

Per le giornate del 14-15-16 febbraio, lo staff Education dei tre musei propone alcune divertenti attività pensate per tutta la famiglia da seguire su piattaforma Zoom o in museo: maschere, creature fantastiche e lanterne rosse… Armatevi di colla, forbici e fantasia e divertitevi collegandovi con noi!

 

Inoltre il 12 febbraio il MAO festeggia il Capodanno Cinese e l’inizio dell’anno del bue con un’attività in museo.

 

IL PROGRAMMA:

 

Domenica 14 febbraio ore 17 | attività on line

LANTERNE ROSSE

MAO – Attività per famiglie online

Collegati on line su Zoom scopriremo alcune curiosità del capodanno cinese e della festa delle lanterne, tra le feste orientali più conosciute. Durante l’attività costruiremo insieme le lanterne rosse beneaugurali con carta e cartoncino.

L’attività è a pagamento e con prenotazione obbligatoria

Costo: bambini € 5

Per prenotazione e informazioni tel.  011 4436927 maodidattica@fondazionetorinomusei.it

Le prenotazioni dovranno pervenire entro giovedì 11 febbraio

Per acquistare il laboratorio:

https://www.arteintorino.com/acquisti-online/product/4237-lanterne-rosse.html

 

 

Lunedì 15 febbraio alle 15.00

ANIMALI IN MASCHERA

GAM – Attività per le famiglie online

età dei partecipanti 6-12 anni

In questo momento particolare in cui le attività non si possono svolgere in museo è il museo che viene a casa portando con sé suggerimenti e idee! Come è possibile? Semplice, per Carnevale il Dipartimento Educazione GAM ha preparato un laboratorio on-line per creare insieme una maschera ad arte.

La Maschera piccola opera d’arte, che fa parte della tradizione e della cultura italiana, da sempre rappresenta il senso del mistero, dell’enigma, e pertanto esercita un grande fascino su grandi e piccini; per un attimo, per un giorno ci si può nascondere e diventare qualcun altro, qualcosa d’altro e abbandonarsi al gioco, allo scherzo, alla magia. La maschera e il mascheramento sono temi cari anche alla storia dell’arte sia per la loro rappresentazione sia come oggetto; considerando questo aspetto Il Dipartimento Educazione GAM desidera proporre un momento di gioco e di spensieratezza da fare insieme nei giorni del Carnevale. Osservando alcune opere del Museo ma soprattutto pensando al legame e talvolta all’identificazione che si verifica tra gli uomini e gli animali, evidenziata anche nelle favole o nei racconti della tradizione, si è pensato che per realizzare una maschera di Carnevale particolare e addirittura tridimensionale ci si potesse ispirare al mondo animale.

Collegandoti potrai seguire un percorso virtuale tra le opere del museo in cui vedrai ritratti, autoritratti e… animali, questo sarà lo spunto per realizzare la tua maschera con L’AIUTO DI UN ADULTO!

PROCURATI:

  • stampare file ricevuto su A4
  • cartoncini bianchi di formato A4
  • matita
  • forbici e taglierino
  • pastelli o matite colorate
  • righello
  • colla o scotch
  • nastro o bacchetta (es. bacchetta da palloncini o sushi)

e … tutta la tua fantasia!

La prenotazione deve avvenire entro giovedì 11 febbraio 2021, si riceverà via e-mail oltre al link per il laboratorio on-line anche il pdf per la realizzazione della maschera da stampare per seguire il laboratorio

Buon Divertimento e Buon Carnevale!

Costo attività: 5€. Prenotazione obbligatoria.

Per informazioni e prenotazioni: tel. 011 4429630 infogamdidattica@fondazionetorinomusei.it

Per acquistare il laboratorio:

https://www.arteintorino.com/acquisti-online/product/4238-animali-in-maschera.html

 

 

Martedì 16 febbraio 2021, ore 15

CREATURE FANTASTICHE, DOVE TROVARLE

PALAZZO MADAMA – Attività per famiglie online

Prima ancora che nei libri di fiabe draghi e creature fantastiche hanno popolato, con le loro creste, i lunghi colli, le grandi orecchie e gli sguardi accigliati, le pagine miniate e le sculture medievali.

Un laboratorio condotto in webinar per lasciarsi ispirare dall’arte medievale e immaginare l’aspetto, il verso e i magici poteri di queste antiche creature.

Con cartoncini, colla, forbici e colori creeremo insieme una maschera per far festa a Carnevale e per dare voce a curiosi mostri!

La prenotazione deve avvenire entro lunedì 15 febbraio 2021; si riceverà via e-mail il link per il laboratorio on-line.

Costo: 5 €

Per informazioni: madamadidattica@fondazionetorinomusei.it

Per acquistare il laboratorio:

https://www.arteintorino.com/acquisti-online/product/4239-creature-fantastiche–dove-trovarle.html

 

 

Mercoledì 17 febbraio ore 16

CREATURE FANTASTICHE, DOVE TROVARLE

Palazzo Madama – attività per famiglie in museo

Prima ancora che nei libri di fiabe draghi e creature fantastiche hanno popolato le pagine miniate e le sculture medievali con le loro creste, i lunghi colli, le grandi orecchie e gli sguardi accigliati.

Un laboratorio in museo per lasciarsi ispirare dall’arte medievale e immaginare l’aspetto, il verso e i magici poteri di queste antiche creature.

Con cartoncini, colla, forbici e colori creeremo insieme una maschera per far festa a Carnevale e per dare voce a curiosi e magnifici mostri!

Costo: 7 € per ogni minore partecipante; 8 € adulto accompagnatore (gratuito possessori Abbonamento Musei)

Info e prenotazioni: madamadidattica@fondazionetorinomusei.it t. 011 4429629

 

Inoltre…

 

Venerdì 12 febbraio ore 17

FESTEGGIAMO INSIEME IL CAPODANNO CINESE

MAO – Attività per famiglie in museo

In occasione dei festeggiamenti per il capodanno cinese e l’inizio dell’anno del bue, il MAO vi invita a trascorrere insieme un pomeriggio in museo con un laboratorio a tema realizzato con materiali di recupero e carte colorate.

Adatto a tutte le età

Costo: bambini €7 per l’attività, adulti accompagnatori ingresso ridotto (gratuito con abbonamento musei).

Prenotazione obbligatoria per piccoli gruppi contingentati secondo le disposizioni anticovid.

maodidattica@fondazionetorinomusei.it

011 4436927 entro il giorno precedente

 

Lo straordinario mondo a colori nella fotografia di Robert Capa

In mostra a Torino a palazzo Chiablese 

Con la riapertura al pubblico dei musei italiani si può nuovamentegodere di una grande mostra che la Città di Torino offre ai suoi visitatori su uno dei più importanti maestri della fotografia del Novecento, Robert Capa. È ospitata a Palazzo Chiablese fino al 30 maggio prossimo.

L’esposizione,  che comprende una raccolta di oltre 150 immagini a colori dell’artista, appunti tratti dalle riviste e lettere personali, è nata sulla base di un progetto realizzato da Cynthia Young, curatrice della collezione presso il Centro Internazionale di Fotografia di New York, e si propone di illustrare il particolare approccio di Capa ai nuovi mezzi fotografici, oltre alla sua capacità, assolutamente straordinaria,  di integrare il colore nei reportage, che realizzò tra il 1940 e il 1954, anno della sua morte.

Robert Capa è considerato internazionalmente uno dei più grandi maestri della fotografia in bianco e nero, anche se fino alla morte lavorò anche con pellicole a colori. Alcune sue fotografie furono pubblicate sulle riviste dell’epoca. Protagonista di questa personale è l’opera  a colori di Capa, forse meno nota ma altrettanto interessante, accanto ai problemi tecnici di sviluppo e stampa e a quelli di reperibilità delle pellicole. Nella Relazioneannuale degli azionisti della Magnum del 15 febbraio 1952, Capua esprimeva il suo convincimento relativo a “un sicuro sviluppo verso il colore”. Le fotografie in mostra provengono da diapositive a colori realizzate tra gli anni Quaranta e i Cinquanta. Dopo la scansione i colori sono stati corretti a causa di piccole variazioni che hanno provocato un’alterazione a molte pellicole Ektachome.

Le prime immagini del percorso espositivo risalgono alla seconda guerra mondiale e fanno da contraltare alle più note fotografierealizzate da Capa in bianco e nero. Una delle più celebri e belle,datata 1942, mostra un marinaio intento a fare segnali a un’altra nave di un convoglio alleato durante una traversata atlantica. Nella sezione intitolata “Stati Uniti” viene fatto un passo temporale indietro ed è possibile ammirare  alcuni scatti da lui realizzati per il servizio di Life intitolato “Life goes hunting at Sun Valley with the Gary Coopers band Ernest Hemingway”, comprendente il ritratto dello scrittore nella sua tenuta di Sun Valley, in Idaho, con la bottiglia di liquore in bocca, gli occhiali scuri calati sul naso, e il berretto con visiera e, di spalle la terza moglie Martha Gellhon.

Con il colore Capa sperimentò fino alla fine dei suoi giorni quando, in Indocina, perse la vita saltando in aria mettendo il piede su una mina, durante un servizio fotografico. Le fotografie scattate in Indocina certamente anticipano l’immaginario collettivo della guerra del Vietnam negli anni Sessanta. Gli scatti di Capa sono stati capaci di cogliere anche aspetti di vita comune, se vogliamo persino frivola, come quella di alcuni personaggi dell’alta società americana impegnati nelle loro vacanze invernali sulle Alpi svizzere, austriache e francesi.  Significativi anche i suoi ritratti a personaggi famosi, tra cui l’attrice Ingrid Bergman, durante le riprese del film “Viaggio in Italia”, diretta da Roberto Rossellini, quelli a Orson Welles e John Huston, ma anche quelli ad artisti, quali Pablo Picasso, fotografato in spiaggia con i figli.

“La verità è l’immagine migliore, la miglior propoganda”, affermò Robert Capa. Nelle immagini fotografiche scattate da questo fotografo, nativo di Budapest, non emerge mai alcuna posa, ma, al contrario, la sua straordinaria capacità nel misurarsi con la storia e i conflitti, in quel territorio dove solo la verità può esistere.

Mara Martellotta 

Palazzo Chiablese.

Il colore, l’ultimo amore del fotografo Capa

Aperta fino al 30 maggio 2021

Dal lunedì al venerdì dalle 10 alle 19, chiusura biglietteria ore 18

“I mondi di Mario Lattes # 1”: non solo online

Apre al pubblico la mostra alla Fondazione Bottari Lattes di Monforte d’Alba. Fino a data da definirsi, in base alla situazione pandemica. Monforte d’Alba (Cuneo)

Inaugurata online, causa emergenza sanitaria, il 22 dicembre scorso, la rassegna dedicata dalla “Fondazione Bottari Lattes” alle opere “recuperate” dell’eclettico artista torinese è stata aperta al pubblico, a seguito del passaggio del Piemonte in “zona gialla”, il 10 febbraio scorso presso le sale della stessa “Fondazione” nata nel 2009 a Monforte d’Alba per volontà della moglie Caterina Bottari Lattes proprio con lo scopo primo di mantenere viva la memoria del marito, pittore ma anche scrittore editore e fra i nostri più prestigiosi intellettuali del secondo dopoguerra.
Ferma restando comunque la possibilità di visitarla anche in digitale sul sito www.fondazionebottarilattes.it, assaporata in presenza la mostra permette di entrare con maggiore, quasi tattile, fisicità in un universo, quello di Mario Lattes (Torino, 1923-2001) che, in ogni parte ti giri o rigiri riesce sempre a intrappolarti, attraverso passi larghi dalla realtà alla fantasia all’intima visionarietà, la mente e l’anima. In parete, troviamo così i “soggetti onirici” e le sue “figure archetipe” popolanti atmosfere surreali condivise da oggetti e presenze simboliche (la farfalla, la conchiglia, l’uovo, la mano) messe lì a far memoria dolorosa in un bagno profondo di risentito e amaro umorismo; al pari delle sue “marionette” e dei suoi “alter ego” tutt’altro che giocosi e rassicuranti insieme alle nature morte con “cianfruscole” o cianfrusaglie che il pittore amava collezionare e agli studi di volti e personaggi dai tratti scultorei ed essenziali nella geometrica astrazione delle forme.
Una quarantina le opere esposte: dipinti figurativi, ma con valenze fortemente “visionarie” e surreali, dai tratti marcatamente espressionistici (con forti richiami ai mondi pittorici del francese Odilon Redon o del belga James Ensor), realizzati da Lattes nell’arco temporale che va dal 1959 al 1990. Sono opere mai finora esposte, facenti parte delle nuove acquisizioni recuperate dal fondo di collezionisti privati per accedere al prezioso patrimonio della pinacoteca a lui dedicata nelle sale espositive al primo e al secondo piano della “Fondazione”, accanto ai molti lavori già in essa presenti. Lavori che raccontano, nella quasi totalità, il viaggio nei “mondi di Mario Lattes”, come recita il titolo dell’attuale rassegna con l’aggiunta di quell’ “# 1” , teso a connotarsi come prima tappa di una complessa esplorazione che verrà arricchita nel tempo attraverso ulteriori recuperi, resi disponibili al pubblico a più riprese.
Articolata in quattro sezioni su progetto di Caterina Bottari Lattes, curata da Alice Pierobon con Chiara Agnello e accompagnata da un testo critico di Vincenzo Gatti, la mostra ci racconta, ancora una volta (ma ogni volta è sempre un cammino nuovo, inatteso e coinvolgente come non mai) il tormento, sospeso, gravante ma ampiamente accettabile, di dipinti che – al pari dei romanzi e racconti pubblicati da Lattes fra il 1959 ed il 1985- ampiamente risentono delle vicende e delle ferite dell’anima derivate dal suo essere parte ben senbile e partecipe, sia pure nell’ottica di una laicità mai negata, di quel popolo ebraico vittima di un abominio storico senza pari, sul quale è impossibile calare la fronda dell’oblio. Nell’iter espositivo spiccano alcuni oli su carta intelata, come “Il cardinale” e “Il Re” del ’69, dove il segno anarchico e graffiante pare quasi voler irridere con sarcastico umorismo le immagini del potere; così come quelle “Marionette e manichino” del ’90 che raccontano non di squarci gioiosi legati all’infanzia ma di ricordi che “sono cicatrici di memoria” o come quella figura femminile (?) avvolta nel gorgo di un’umbratile nuvola grigiastra che non ci sembra abbraccio carezzevole ma misteriosa pur se suggestiva prigione del cuore. Dice bene Vincenzo Gatti: “L’accesso ai mondi di Lattes è insidioso.
Occorre adeguarsi alle sue luci e alle sue ombre, intuire l’indefinito pur sapendo che esiste un lato oscuro che non potrà disvelarsi… La complessa trama pittorica che mostra e nasconde, che lamenta e afferma, indica strade segnate dalla conoscenza del dubbio e l’artista, indifferente alla prassi, manipola materie grafiche e pittoriche per giungere a una vertiginosa discesa nelle profondità dove le forme affondano e riemergono mutate”.
La mostra è realizzata con il sostegno di Regione Piemonte.
Gianni Milani
“I mondi di Mario Lattes #1
“Fondazione Bottari Lattes”, via Marconi 16, Monforte d’Alba (Cuneo); tel. 0173/789282 o www.fondazionebottarilattes.it
Fino a data definirsi, relativamente alla situazione pandemica
Orari: merc., giov. e ven. 14,30/17
Nelle foto
– “Senza titolo”
– “Il cardinale”, tecnica mista su carta intelata, s.d.
– Il Re”, tecnica mista su carta intelata, 1969
– Figura con nuvola”, tempera e china su carta intelata, 1970

Rifiorisce il mausoleo della Bela Rosin

Da lunedì 8 febbraio – in occasione di San Valentino. 15 scrittrici, 15 nuove rose, un nuovo cioccolatino per Mirafiori

Madrina dell’evento Anna Peyron Terra Madre Salone del Gusto 2020/21

 

Una nuova iniziativa, nel quartiere di Mirafiori, per Terra Madre Salone del Gusto Slow Food 2021 che abbina prodotti tipici, storia, rose e lettura, caratterizzato dalla sinergia tra associazioni e istituzioni che contraddistingue il quartiere. Nella settimana di San Valentino 2021, in occasione dei 15 anni dalla riapertura (25 settembre 2020), saranno ripristinati i roseti del Mausoleo della Bela Rosin, giardino di lettura delle Biblioteche Civiche Torinesi.

15 nuove piante di rose, scelte da Anna Peyron, celebre vivaista e scrittrice, madrina dell’evento saranno messe a dimora e abbinate ad altrettante scrittrici, scelte dalla community dei social e dei gruppi di lettura delle Biblioteche Civiche Torinesi.

 

L’autrice del libro “Il romanzo della rosa” (add editore) ha selezionato 15 rose diverse, accompagnate da un pensiero che associa le caratteristiche di ogni rosa allo spirito delle scrittrici: Alda Merini, Elsa Morante, Natalia Ginzburg, Oriana Fallaci, Grazia Deledda, Sibilla Aleramo, Amalia Guglielminetti, Maria Bellonci, Anna Maria Ortese, Ada Negri, Antonia Pozzi, Laura Mancinelli, Goliarda Sapienza, Matilde Serao, Lalla Romano.

Su oltre 700 preferenze indicate dalla community, la scrittrice più votata è stata Alda Merini (1931-2009), abbinata alla rosa Scarlet Fire, “una rosa rosso fuoco per rappresentare la passione, l’amore, la sofferenza, il riscatto della donna e della poetessa”.

 

La messa a dimora dei roseti nel giardino del Mausoleo sarà curata dalla Comunità I Passi con la supervisione dei giardinieri della Città di Torino e del paesaggista Stefano Olivari, fondatore del vicino progetto Orti Generali. La piantumazione, chiusa al pubblico per le norme emergenziali vigenti, avviene grazie al sostegno di proGIreg, il progetto europeo per la riqualificazione di città post-industriali attraverso soluzioni basate sulla natura, che a Torino, unica città italiana che partecipa al progetto, sperimenta nature based solutions in un diffuso living lab a Mirafiori.

 

Le parole più affascinanti delle 15 scrittrici si potranno ritrovare all’interno del cioccolatino creato per l’occasione da Giuseppe D’Arrigo della Pasticceria D’Arrigo, una delle quattro pasticcerie di quartiere che producono il Dolce di Mirafiori, il Tronchetto di Caterina, all’interno delle attività di rilancio del quartiere della prima Comunità urbana di Slow Food, Mirafood. Nel mese di febbraio alla Pasticceria D’Arrigo, Corso Traiano 22/B, si potrà acquistare il cioccolatino all’essenza di rosa, creato dall’esperienza del maître chocolatier che per 8 anni ha lavorato in Lussemburgo nella pasticceria che riforniva la Corona del Granducato del Lussemburgo, unico italiano nel 1985 a classificarsi alla finale del Gran Prix International du Chocolat a Parigi.

 

Questo cioccolatino speciale verrà anche regalato con i libri prestati dall’8 al 13 febbraio nella Biblioteca civica Cesare Pavese (via Candiolo, 79 – accesso su prenotazione dal lunedì a venerdì ore 9.00/17.00), al Mausoleo della Bela Rosin (Strada Castello di Mirafiori 148/7, lunedì mercoledì e venerdì 9.00/13.00, mercoledì e domenica 14.00/17.00) e al BiblioBus (venerdì sosta nel cortile dell’IIS Primo Levi, Corso Unione Sovietica 490), grazie al sostegno di Fondazione della Comunità di Mirafiori onlus.

 

Il giardino di lettura del Mausoleo diventerà un luogo in cui passeggiare incontrando, in prossimità delle rose, suggestioni di lettura per (ri)scoprire libri più o meno noti e conoscere scrittrici e figure di donne impegnate e pioniere in alcuni campi, grazie a pannelli in via di realizzazione con il contributo per i testi di volontari e volontarie del Servizio Civile Universale, accompagnati dalle rielaborazioni artistiche delle foto delle scrittrici realizzate dalla giovane Evaluna Lovera. Nel corso dell’estate le pagine delle autrici potranno essere valorizzate anche nel contesto delle attività estive con Assemblea Teatro.

 

Anna Peyron, madrina dell’evento non sarà presente alla messa a dimora del nuovo roseto del Mausoleo della Bela Rosin (12 febbraio ore 14), ma sarà possibile incontrarla nell’evento per la presentazione del suo libro “Il romanzo della rosa”, nella cornice del progetto Leggermente, appena le condizioni di sicurezza lo consentiranno.

 

 

Per TERRA MADRE SALONE DEL GUSTO 2020/2021

Un’iniziativa di Biblioteche Civiche Torinesi in collaborazione con Mirafood – Comunità Slow Food per la valorizzazione del territorio di Mirafiori sud, con il sostegno di proGIreg e della Fondazione della Comunità di Mirafiori.

 

Hanno contribuito a questo evento la scrittrice e vivaista Anna Peyron, il maître chocolatier  Giuseppe D’Arrigo di Pasticceria D’Arrigo, il paesaggista Stefano Olivari, la Cooperativa I Passi, Evaluna Lovera, i volontari del Servizio Civile Universale (Michela Celant, Chiara Donadio, Marta Nicoli, Samuele Satta, Francesca Veglio, Marta Nicoli).

 

“72 balene e altri animali” in mostra a Biella

Riprende in presenza, al “BI-Box Art Space”  la mostra personale di Andrea Antinori. Quattro gli appuntamenti: venerdì 5, 12, 19 e 26 febbraio

Raccontava l’indimenticato Enzo Maiorca: “Continuo a inseguire una bellissima balena bianca, e là dove s’immerge viene fuori l’arcobaleno. Il mio arcobaleno viene fuori non dalla pentola d’oro, ma da questa balena che si va spostando nel mio mare”. Già, la mitica “balena bianca”, odiato nemico del capitanoAchab di melvilliana memoria. Sogno o realtà.

O meta simbolica per il “Re dell’apnea profonda” scomparso a 85 anni nel 2016. “Arcobaleno” di inattesa, immensa felicità per quel suo immergersi e viaggiare roboante per acque oceaniche, con quelle pinne giganti simili a grandi ali votate ai cieli. La stessa, felicità, sia pure in ambiti totalmente diversi, davanti a un foglio a matite, pennelli e colori, che crediamo debba provare il giovane bolognese (nativo di Recanati), Andrea Antinori, illustratore quasi seriale di ben pasciute ma scattanti balene fermate sul foglio con tratti decisi e di limpida perfezione formale.

Sole o volteggianti fuori acqua a ridersela dell’ometto in barchetta intento a lanciare l’amo o di contro in marcia rumorosa e in branco verso lidi lontani e inimmaginabili.

Racconti disegnati da Antinori con egregia maestria di segno e colore, quella riconosciutagli (non solo dal pubblico) ma anche da un buon numero di case editrici italiane e straniere con cui assiduamente collabora, in particolar modo con “Corraini Edizioni”, e che gli ha permesso un anno fa di essere selezionato fra i migliori illustratori della “Fiera Internazionale del Libro per Ragazzi” di Bologna. A raccontarci di questa sua passione e mestiere è la bella personale, “72 balene e altri animali”, a lui dedicata negli spazi di “BI-Box Art Space” di Biella, realizzata con il contributo della biellese “Fondazione Cassa di Risparmio” ed inserita nel progetto “Selvatica.

Natura in festival 2020”. Chiusa nei mesi scorsi per l’emergenza sanitaria, la mostra torna a riaprirsi al pubblico tutti i venerdì di questo mese. In rassegna balene. Soprattutto balene. Ma non solo. Quello di Antinori è “uno zoo che fa immergere i visitatori – dicono i responsabili del progetto – nella magia di storie quasi sempre popolate da animali e che guida bambini e adulti in un viaggio fatto di colori, fantasia e curiosità”.

Un suggestivo viaggio nella natura, da quella selvaggia e marina dove vivono e raramente si lasciano vedere le balene a quella che popola le nostre città. “Con un approccio solo apparentemente fanciullesco – si spiega ancora – Antinori ci restituisce con una meticolosa attenzione scientifica la storia di tanti animali: dalla mitica grande balena bianca di Melville agli animali più curiosi e poco conosciuti, sino a scoprire quelli che vivono ai bordi delle nostre città e che il recente ‘lockdown’ ha portato a riappropriarsi di spazi svuotati della presenza dell’uomo”.

La maggior parte delle illustrazioni derivano dalle pubblicazioni edite da “Corraini” e “Lapis” e sono apparse sui libri “Animali in città”, “Il libro delle balene”, “Altri fili invisibili della natura” e “Piante e animali terribili. Storie degli esseri più pericolosi, velenosi e disgustosi del mondo”.

Gianni Milani

“72 balene e altri animali”
“BI-Box Art Space”, Palazzo Ferrero, corso del piazzo 25, Biella; tel. 3497252121 -3925166749 o www.bi-boxartspace.com
Orari: venerdì 5, 12, 19, 26 febbraio ore 15/19; ingresso gratuito

 

Nelle foto
– “Branco”
– Andrea Antinori
– “Balena”

In mostra alla GAM la fotografica “chiamata alle arti” ideata da Harari e Ranzani

“Photo Action per Torino 2020”  Ideata da Guido Harari e da Paolo Ranzani. Fino al 6 giugno

Dall’immagine “doppia” di David Bowie, cristallizzata in una sorta di desertico paesaggio lunare, opera del ’73 realizzata dall’oggi ottantaduenne fotografo giapponese Masayoshi Sukita a “Il bacio” klimtiano del milanese Mauro Balletti, fino al “mosaico fotografico” attraverso cui il comasco Maurizio Galimberti scompone e ricompone il volto di Johnny Depp e al piccolo “Diego” che procede in bilico su una nuvola a firma del “fotografo delle emozioni” Simone Bramante ( in arte “Brahmino”): sono ben 105 le stampe fotografiche ospitate alla “Wunderkammer” della GAM di Torino, fino al prossimo 6 giugno. Realizzate da grandi e celebri fotografi italiani e internazionali, rappresentano il corpus dell’iniziativa “Photo Action per Torino 2020”, la “chiamata alle arti” ideata, coordinata e curata nel maggio scorso, in piena emergenza sanitaria, dai fotografi Guido Harari e Paolo Ranzani insieme a “Wall Of Sound Gallery” (la prima galleria fotografica in Italia interamente dedicata al mondo della musica e aperta nel 2011 ad Alba dallo stesso Harari) per sostenere il progetto di un “Fondo Straordinario Covid-19” creato dall’Associazione “U.G.I. Onlus”.
All’appello hanno aderito più di 100 fotografi che a titolo gratuito hanno messo a disposizione una loro immagine, proposta per l’occasione ad una cifra simbolica di 100 Euro. Oggi, a pochi mesi dal lancio dell’iniziativa, il fondo ha già raggiunto la cifra record di 70.100 Euro. E la GAM contribuisce al progetto, ospitando in questi mesi le opere realizzate dai fotografi interpellati.
I soggetti delle foto, che vanno da immagini classiche ad altre assolutamente inedite e rese disponibili per la prima volta in occasione di “Photo Action”, spaziano dalle grandi icone del XX secolo (da David Bowie a Savador Dalì a Maria Callas), ai mostri sacri della musica rock e pop (da Bruce Springsteen a Patti Smith, da Ezio Bosso a Lucio Battisti, da Lou Reed e Laurie Anderson a Mick Jagger) per indagare e fermare in immagini memorabili i volti stellari dello spettacolo e della cultura (da Federico Fellini a Massimo Troisi, da Vittorio Gassman a Robert De Niro, da Eduardo De Filippo a Carmelo Bene e a Mario Rigoni Stern). Un posto di rilievo hanno anche i reportages, il mondo della moda e dell’arte, così come la fotografia di ricerca (dai nudi d’autore di Franco Fontana alle scomposizioni fotografiche di Joe Oppedisano fino alle meditazioni visive di Simone Bramante). Grandi, davvero grandi fototografie. E grandi, davvero grandi fotografi. Per una rassegna che si può ben dire rispecchi lo stato dell’arte della fotografia internazionale. E che, dati gli ultimi provvedimenti governativi inerenti all’emergenza sanitaria, potrà essere pienamente fruibile dai visitatori (compresi i possessori di Abbonamento Musei) pagando un biglietto d’entrata simbolico al prezzo di 1 Euro. L’intero ricavato della biglietteria sarà devoluto all’Associazione “U.G.I. Onlus”, così come il ricavato della vendita dei cataloghi. Anche l’ “Associazione Theatrum Sabaudiae” donerà 1 Euro per ogni partecipante alle visite guidate. Inoltre durante il periodo della mostra si potranno acquistare le 105 stampe esposte – un pezzo unico, una sola stampa per immagine – in formato 30x42cm. prenotandole sul sito https://www.photoactionpertorino.org alla cifra di 300 Euro per fotografia, anche in questo caso interamente devoluta.

Gianni Milani

“Photo Action per Torino 2020”
GAM-Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea, via Magenta 31, Torino; tel. 011/4429518 o www.gamtorino.it
Fino al 6 giugno
Orari: merc. e giov. ore 11/19; ven. ore 11/20

 

Nelle foto
– Masayoshi Sukita: “David Bowie, Dan of Hope”, 1973
– Mauro Balletti: “Il bacio”, 2012
– Simone Bramante “Brahmino”: “Diego”, 2017

Andy Warhol é… Superpop!

Alla Palazzina di Caccia di Stupinigi, il “viaggio estroso e colorato” nella vita del mito indiscusso della Pop Art. Mostra riaperta al pubblico e prorogata fino al 25 aprile

Riproponiamo, in occasione della riapertura in presenza e della proroga della mostra, l’articolo già comparso su “Il Torinese” il 28 ottobre scorso, prima della chiusura per emergenza sanitaria dei Musei.

Altroché un quarto d’ora di celebrità! “Nel futuro- diceva lui – ognuno sarà famoso per quindici minuti”. Profezie o pillole di profezia. Non semplice boutade. Ma icone di pensiero buttate lì da un’autentica icona vivente. A pronunciarle Andy Warhol, padre universalmente riconosciuto della Pop Art, che di fama ne ha invece macinata in quantità indescrivibile nei suoi cinquantotto anni di vita, continuando tutt’oggi, a poco più di trent’anni dalla scomparsa, ad esserne compagno fedele, al di là dei tempi, delle mode e in barba ai flussi implacabili dell’oblio.

Secondo artista, pare, più comprato e venduto e quotato al mondo dopo Pablo Picasso, a Andy Warhol (Pittsburgh 1928 – New York, 1987, ultimogenito dei tre figli di modesti immigrati originari di Mikovà, paese dell’odierna Slovacchia), la “Palazzina di Caccia” di Stupinigi dedica la mostra evento “Andy Warhol é…Superpop!”, promossa da “Next Exhibition” e “Ono Arte”, con il patrocinio della “Città Metropolitana Torino”. Per la prima volta nel capoluogo piemontese, si tratta di un’esposizione unica, volta non solo a raccogliere un congruo numero delle più importanti e note opere di Warhol, ma anche a tracciare uno sguardo intimo e curioso su uno degli artisti simbolo del secolo scorso. Oltre settanta le opere ufficiali raccolte per l’occasione fra fotografie, serigrafie, litografie, stampe, acetati e ricostruzioni fedeli degli ambienti e dei prodotti che Warhol amava e da cui traeva ispirazione.

Il percorso espositivo si apre con l’atmosfera degli anni Cinquanta e Sessanta, in cui si raccontano le sue prime importanti esperienza come grafico pubblicitario (lavorando per riviste come “Vogue” e “Glamour”) per poi passare alle opere seriali, dai colori alterati vivaci e forti, icone senza tempo, da “Marylin”, a “The Self Portrait”, a “Mao Zedong” fino a “Cow” e alla celeberrima “Campbell’s Soup”. Ripetizione e serialità. Provocazione. L’idea di un’arte da “consumarsi” come un qualsiasi altro prodotto commerciale. In bella vista nelle sale di un Museo o sugli allettanti scaffali di un qualsiasi centro commerciale.

Del resto, affermava “non è forse la stessa vita una serie di immagini, che cambiano solo nel modo di ripetersi?”. Di grande interesse e suggestione, accanto agli acetati e alle lastre serigrafiche da cui prendevano corpo le sue stampe, sono anche le foto in bianco e nero del fotografo Fred W. McDarrah (Ney York 1926 – 2007) che con i suoi scatti documentò la nascita dell’Espressionismo Astratto e della Beat Generation e che, per oltre trent’anni, immortalò Warhol, non solo attraverso le sue opere ma anche sotto l’aspetto più intimo e umano, all’apice della carriera circondato dalle scatole del detersivo “Brillo”, durante l’inaugurazione di una sua personale, o mentre gira una delle sue pellicole sperimentali (il cinema e la musica, altre sue grandi passioni) o ancora, anni dopo, intento a una delle sue attività preferite: una telefonata. In mostra troviamo anche una replica delle “Silver Clouds”, un’installazione composta da palloncini che fluttuano a mezz’aria circondando il visitatore, creata per la prima volta nel 1966 alla “Leo Castelli Gallery”, dove McDarrah documentò il processo di allestimento.

E come poteva mancare l’Andy comunicatore e istrionico? Primo attore in occasione di vernissage (“Andrei all’inaugurazione di qualsiasi cosa, anche di una toilette”) o intento a far bisboccia in chiassosa compagnia nei locali di maggior tendenza degli States o accogliente padrone di casa nella sua “Silver Factory”, l’ampio locale al quarto piano di un’ex fabbrica di cappelli sulla 47^ strada, l’“open house”, la “fabbrica” dove l’artista produceva la gran parte del suo lavoro, ma anche quartier generale, luogo di ritrovo per un mondo di “originali” che lì si riunivano per rincorrere i principi della Pop Art come stile di vita. Senza pregiudizi, fra attori, drag queen, musicisti e innumerevoli personaggi dello “Star System”, alla sua corte Warhol accolse e lanciò verso i lidi del successo un nutrito gruppo di Superstar, dai “Velvet Underground” a Edie Sedgwick e a Candy Darling.

Il tutto in un’atmosfera sospesa fra sogno e realtà, chiasso, musica e colori, intorno a quello storico “divano rosso”, ricreato nella copia esatta esposta alla Palazzina di Stupinigi, su cui posero le nobili terga artisti come Lou Reed, Bob Dylan, Truman Capote e Mick Jagger. A chiudere il percorso gli scatti del fotografo americano (di origini croate) Anton Perich ai visitatori della “Factory” e le testimonianze di Keith Haring e Jean-Michel Basquiat (il “James Dean dell’arte moderna”), fra i più importanti esponenti del graffitismo americano ed eredi per eccellenza dell’arte del grande Maestro.

Gianni Milani

“Andy Warhol é…Superpop!”
Palazzina di Caccia, piazza Principe Amedeo 7, Stupinigi (Torino); tel. 375/5475033 o www.warholsuperpop.it
Fino al 25 aprile
Orari: dal lun. al ven. ore 10/17,30

 

Nelle foto

– “Marylin”, 1962
– “Mao”, 1972
– “Cow”, 1966
– “Warhol and Brillo Boxes at Stabel Gallery”, 1964, Photo Credit: Fred W. McDarrah/MUUS Collection
– Warhol Lines up a shot”, 1964, Rhoto Credit: Fred W. McDarrah/MUUS Collection
– “Warhol inflates his ‘Silver Clouds’ installation at the Leo Castelli Gallery”, 1966, Photo Credit: Fred McDarrah/MUUS Collection

“Paolo Ventura. Carousel” riapre a Camera

Ha riaperto, in presenza e con un suggestivo ampliamento pittorico, la personale dedicata da “CAMERA” all’eclettico fotografo (ma non solo) milanese. Mostra prorogata fino al 28 febbraio

Fiori. Dipinti in acrilico su carta. Dai colori smorzati, rattenuti su campiture formali ben precise e solide che emergono con voluta evidenza da sfondi monocromatici, quelli che da sempre identificano le fotografie e le opere pittoriche di Paolo Ventura, artista multiforme (fotografo, pittore, scultore, scenografo), prontamente attratto dalla fiabesca visionarietà di racconti surreali, che ne fanno una delle firme più apprezzate in Italia e all’estero. Fiori. Come reliquie silenti e un po’ malinconiche di un mondo naturale spesso preso a schiaffi dall’uomo e dagli eterni venti di guerra.

Che sempre, del resto, sono feroce invenzione della mente umana. Sono queste le nuove ed inedite opere appartenenti alla serie “War and Flowers”, inserita oggi all’interno della mostra “Paolo Ventura. Carousel” inaugurata nei mesi scorsi nelle sale di “CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia” di Torino, chiusa per l’emergenza sanitaria e riaperta e prorogata (dopo l’assegnazione del Piemonte in “zona gialla”) fino al prossimo 28 febbraio: un ricco campionario di oltre 200 fotografie (scelte fra le più significative degli ultimi quindici anni e provenienti da svariate collezioni oltre che dallo studio dell’artista) e 150 “maquette” (fra disegni, modellini, scenografie, maschere di cartapesta e costumi teatrali), cui s’aggiungono ora i lavori di “War and Flowers”, realizzati in queste ultime settimane e con le quali Ventura prosegue la propria ricerca pittorica, iniziata nella scorsa primavera durante il “lockdown” passato in Toscana, nel borgo di Anghiari. Dove, lontano dalla propria macchina fotografica e dagli abituali strumenti di lavoro, rimasti nello studio di Milano, l’artista si è dedicato all’unica attività consentitagli dal ritrovamento di alcuni vecchi acrilici e dai fogli 100×140, reperibili nella cartoleria vicino a casa: la creazione di un diario visivo della quarantena ( “Quarantine Diary” ) in cui la pittura prende il posto della fotografia e cui per stile e tecnica si richiamano in certo senso anche le immagini di “War and Flowers”, caricandosi però di un significato completamente nuovo. I reperti della guerra vengono qui accostati alla delicatezza dei fiori di campo che, nella loro semplicità e complicità, fanno da contraltare alla tragedia che questo lavoro richiama.

Da un punto di vista formale, l’inquadratura ravvicinata e l’uso di sfondo monocromatico che decontestualizza gli oggetti ritratti, ricorda l’impostazione di un’altra serie in mostra: “W.W.I” del 1994, una delle prime opere di Paolo Ventura, pressoché sconosciuta al pubblico prima di quest’occasione e dove i soggetti delle inquadrature sono alcuni reperti della Prima Guerra Mondiale, collezionati dall’artista stesso e fotografati con un approccio documentario, quasi scientifico. “ ‘W.W.I’ e ‘War and Flowers’ costituiscono, in un certo senso, i due estremi della sua produzione, sia da un punto di vista cronologico che linguistico, fra i quali si collocano gli altri lavori in mostra” . La presentazione in anteprima a “CAMERA” di questa selezione da “War and Flowers” anticipa la mostra che si terrà presso la “Galleria Consadori” di Milano, per la quale il progetto è stato realizzato. “E la decisione di installare immagini puramente pittoriche – commenta ancora il direttore di CAMERA, Walter Guadagnini – all’interno di uno spazio dedicato alla fotografia vuole fortemente sottolineare, ancora una volta, la fluidità con cui i diversi linguaggi vengono da Ventura utilizzati all’interno di un percorso che rimane sempre estremamente coerente”.

Gianni Milani

“Paolo Ventura. Carousel”
“CAMERA-Centro Italiano per la Fotografia”, via delle Rosine 18, Torino; tel. 011/0881150 o www.camera.to
Fino al 28 febbraio
Orari: dal lun. al ven. ore 11-20 (chiuso sab. e dom. in base alle norme in vigore).
Prenotazioni online attraverso il sito e visite guidate in diretta su “Zoom”. Per offrire, inoltre, ai giovani un segnale e un’opportunità, per tutto il mese di febbraio speciale tariffa d’ingresso a 1 Euro per i visitatori dai 13 ai 26 anni.

 

Nelle foto

– Paolo Ventura: “War and Flowers”, 2021; Photo Credit Paolo Ventura
– Paolo Ventura: “Ex voto”, 2017; Photo Credit Paolo Ventura

I mondi di Mario Lattes # 1

In mostra (per ora online) alla Fondazione Bottari Lattes di Monforte d’Alba, le opere “recuperate” dell’artista torinese
www.fondazionebottarilattes.it. Monforte d’Alba (Cuneo)

In parete, troviamo i “soggetti onirici” e le sue “figure archetipe” popolanti atmosfere surreali condivise da oggetti e presenze simboliche (la farfalla, la conchiglia, l’uovo, la mano) messe lì a far memoria dolorosa in un bagno profondo di risentito e amaro umorismo; al pari delle sue “marionette” e dei suoi “alter ego” tutt’altro che giocosi e rassicuranti insieme alle nature morte con “cianfruscole” o cianfrusaglie che il pittore amava collezionare e agli studi di volti e personaggi dai tratti scultorei ed essenziali nella geometrica astrazione delle forme.

Sono una quarantina le opere esposte nella mostra, virtualmente inaugurata il 22 dicembre scorso e dedicata a Mario Lattes (Torino, 1923 – 2001) dalla Fondazione Bottari Lattes, nata nel 2009 a Monforte d’Alba (in via Marconi, 16) per volontà della moglie Caterina Bottari Lattes proprio con lo scopo primo di mantenere viva la memoria del marito, pittore ma anche scrittore editore e fra i nostri più prestigiosi intellettuali del secondo dopoguerra.

Dipinti figurativi, ma con valenze fortemente “visionarie” e surreali, dai tratti marcatamente espressionistici (con forti richiami, par di cogliere, ai mondi pittorici del francese Odilon Redon o del belga James Ensor), i dipinti sono stati realizzati da Lattes nell’arco temporale che va dal 1959 al 1990 e, mai esposti prima, fanno parte delle nuove acquisizioni recuperate dal fondo di collezionisti privati per entrare a far parte del prezioso patrimonio della pinacoteca a lui dedicata nelle sale espositive al primo e al secondo piano della Fondazione, accanto ai molti lavori già presenti in collezione.

Lavori che raccontano, nella quasi totalità, il viaggio nei “mondi di Mario Lattes”, come recita il titolo dell’attuale rassegna con l’aggiunta di quell’ “# 1” , teso a connotarsi come prima tappa di una complessa esplorazione che verrà arricchita nel tempo attraverso ulteriori recuperi, resi disponibili al pubblico a più riprese. Articolata in quattro sezioni su progetto di Caterina Bottari Lattes, curata da Alice Pierobon con Chiara Agnello e accompagnata da un testo critico di Vincenzo Gatti, la mostra è per ora ( e fino a quando non riapriranno le porte dei musei ) visitabile solo digitalmente sul sito www.fondazionebottarilattes.it, con una pagina di approfondimento online che verrà aggiornata periodicamente con nuovi contenuti.

Fra i dipinti esposti che (al pari dei romanzi e racconti pubblicati da Lattes fra il 1959 ed il 1985) ampiamente risentono delle vicende e delle ferite dell’anima derivate dal suo essere parte ben senbile, sia pure nell’ottica di una laicità mai negata, di quel popolo ebraico vittima di un abominio storico senza pari, spiccano alcuni oli su carta intelata, come “Il cardinale” e “Il Re” del ’69, dove il segno anarchico e graffiante pare quasi voler irridere con sarcastico umorismo le immagini del potere; così come quelle “Marionette e manichino” del ’90 che raccontano non di squarci gioiosi legati all’infanzia ma di ricordi che “sono cicatrici di memoria” o come quella figura femminile (?) avvolta nel gorgo di un’umbratile nuvola grigiastra che non ci sembra abbraccio carezzevole ma misteriosa pur se suggestiva prigione del cuore. Dice bene Vincenzo Gatti: “L’accesso ai mondi di Lattes è insidioso.

Occorre adeguarsi alle sue luci e alle sue ombre, intuire l’indefinito pur sapendo che esiste un lato oscuro che non potrà disvelarsi. Le teste, gli idoli, i manichini sono icone di un’individualità attonita, consapevoli delle inquietudini che da sempre pervadono l’animo umano. La complessa trama pittorica che mostra e nasconde, che lamenta e afferma, indica strade segnate dalla conoscenza del dubbio e l’artista, indifferente alla prassi, manipola materie grafiche e pittoriche per giungere a una vertiginosa discesa nelle profondità dove le forme affondano e riemergono mutate”.
La mostra è realizzata con il sostegno di Regione Piemonte.

Info: 0173 – segreteria@spaziodonchisciotte.it – WEB fondazionebottarilattes.it | FB Fondazione Bottari Lattes | TW @BottariLattes | YT FondazioneBottariLattes

Gianni Milani

 

Nelle foto:

– “Testa”, olio su tela, 1965
– “Il cardinale”, tecnica mista su carta intelata, s. d.
– “Il Re”, tecnica mista su carta intelata, 1969
– “Marionette e manichino”, olio su carta intelata, 1990
– “Figura con nuvola”, tempera e china su carta intelata, 1970
– “Natura morta con conchiglie”, tempera su carta intelata, 1967