La grande bella dimora sulle alture di Cerrina, avvolta nel verdeggiante giardino che declina sull’esaltante scenario di campi e vigneti del Suol D’Aleramo come Carducci definì il Monferrato, può essere considerata una vera e propria “Casa della vita”, se con questo termine si vuole indicare il luogo in cui si conserva ogni cosa concresciuta con chi vi abita.
L’artista siciliano, tra i più noti nel campo dell’arte contemporanea, che abita qui dal 2001, vi ha trasferito il ricordo della vita precedente ricreando l’atmosfera intima della casa natale di Acireale attraverso i mobili e gli oggetti che l’hanno visto crescere.Le vetrinette colme di variopinte e preziose ceramiche di Caltagirone, le rustiche anfore in terracotta, l’ammaliante pupo siciliano, il leggendario Orlando protagonista della Chanson de Roland trattato dai pupari, i giocattoli dell’infanzia e, appesi alle pareti, i primi dipinti figurativi e i bozzetti delle scenografie di cui è stato maestro, basti pensare ai lavori per “Le sedie” di Jonesco, “il vangelo secondo San Matteo” di Pasolini, il “Viaggio” di De Sica, parlano della formazione ricevuta in una famiglia amante della bellezza, della cultura, della musica e dell’arte figurativa.
Il nostalgico ricordo della sorella scomparsa prematuramente è confermato dalla cosa più cara, il pianoforte su cui suonava, posto in un angolo appartato
conservato con religiosa dedizione accanto alle fotografie che la ritraggono giovane e bella.La sensibilità di Tornatore si riversa anche sulla natura e sugli animali, tra i tanti che possiede quelli ritenuti i più fedeli amici sono i 7 cani e i 4 cavalli che lo ripagano con momenti di spensieratezza.
Appagato dagli innumerevoli successi ottenuti in ogni parte del mondo, dai lunghi soggiorni in centri propulsivi come Roma, Venezia e soprattutto Parigi dove ha frequentato i più grandi maestri delle avanguardie e ha allestito uno studio ancora oggi esistente, traferendosi nel cuore del Monferrato ha assaporato la
tranquillità della vita semplice senza il clamore e la mondanità che disturberebbero la sua predisposizione alla meditazione.
Per questo ha allestito lo studio in cui lavora senza sosta ogni giorno in un angolo tranquillo e appartato della casa in modo da non avere distrazioni e continuare il percorso artistico volto alla ricerca della luce attraverso la rappresentazione delle sue visioni interiori di mondi invisibili, eppure possibili se ha facoltà di immaginarli. Partendo dai cicli precedenti delle Cosmocromie, Archecromie e Topocromie caratterizzate dalla geometrizzazione astratta, senza dimenticare le Iconocromie, definite “Naturalismo astratto” dal critico veneziano Toni Toniato, il geniale artista sta sperimentando la nuova tecnica dell’aggiunta dell’oro ai colori per far brillare maggiormente il colore-luce anche al buio.
L’atelier dove costantemente Tornatore si dedica a pittura, scultura, incisione, è un vero e proprio laboratorio dove s’intrecciano intuizione, meditazione e
sperimentazione non basata su basi scientifiche bensì su una sua personalissima percezione cosmologica della natura e dell’universo. Al di là della grande finestra si delineano l’incantevole visione del paesaggio monferrino e il giardino dove gareggiano il verde delle conifere, il giallo e l’arancio degli agrumi di Sicilia con l’esaltante rosso delle foglie dell’acero che si accende miracolosamente, dopo il riposo invernale, nella bella stagione. Tutto è di stimolo al personalissimo infinito viaggio nell’indagare i misteriosi fenomeni del creato attraverso opere che denotano uno stile unico e immediatamente riconoscibile.
Giuliana Romano Bussola
Cinque enormi pannelli (18,50 x 3,20 m.), in cui c’è tutto il “dolore antico” e il “coraggio di esistere” del “suo” Sud. Il “Telero Lucania ‘61”, è stato giustamente scritto, è il suo epico “Cristo si è fermato a Eboli” (1945) trasferito su tela, un intenso appassionato viaggio all’interno della “Questione Meridionale”. Scrittore, pittore, intellettuale torinese, di certo fra i più autorevoli meridionalisti del Novecento, Carlo Levi (Torino 1902 – Roma, 1975), dipinse il “Telero”– dedicato alla memoria di Rocco Scotellaro, il sindaco poeta di Tricarico cui Levi si legò di fraterna amicizia durante l’esilio lucano impostogli dal regime fascista – su invito di Mario Soldati per rappresentare la Basilicata alla grande mostra organizzata a Torino per il primo Centenario dell’Unità d’Italia. L’opera è oggi esposta nel “Museo Nazionale d’Arte Medievale e Moderna della Basilicata” sito a Matera in Palazzo Lafranchi”, mentre una mirabile riproduzione fotografica in formato reale possiamo ammirarla a Torino nelle sale espositive della “Fondazione Giorgio Amendola” di via Tollegno. Fondazione che, fino al prossimo 28 febbraio e in concerto con l’“Associazione Lucana Carlo Levi”, ospita anche – in occasione dei 120 anni dalla nascita di Levi e dei 60 dall’esecuzione del “Telero” – una mostra dedicata a “I volti del ‘900 nei ritratti di Carlo Levi”. Un percorso per immagini (sono una quarantina i dipinti esposti) che raccontano un mondo legato a Levi da forti vincoli ideologici e di comune pensiero ed empatia umana, realizzato con tratti pittorici di assoluta essenzialità, accompagnata a un’intensa e tattile vigorosità espressiva. Un modo per celebrare – dicono alla Fondazione – l’“anno leviano” . Che vede anche la pubblicazione di un ampio e documentato catalogo a cura di Pino Mantovani e Cesare Pianciola con un testo poco noto di Norberto Bobbio – e con scritti di Filippo Benfante, Stefano Levi Della Torre e Luca Motto – e un ciclo di incontri organizzati in collaborazione con il “Centro Studi Piero Gobetti” in agenda fino a tutto il prossimo febbraio. Il primo degli appuntamenti, realizzato per la presentazione del catalogo e coordinato dalla professoressa Giorgina Bertolino, si è tenuto lo scorso 9 dicembre; il prossimo, incentrato proprio su “Il Telero e la situazione italiana intorno al 1961”, è in programma per giovedì 13 gennaio, ore 17,30, con l’intervento dello storico Marco Revelli e del critico d’arte Pino Mantovani. “Il professor Revelli – sottolinea Domenico Cerabona, direttore della Fondazione – si soffermerà sulla situazione sociale italiana degli anni Sessanta, in cui si inseriscono le celebrazioni per il Centenario dell’Unità d’Italia, mentre Pino Mantovani approfondirà il significato storico-artistico del ‘Telero’ di Levi, di questo straordinario ‘torinese del Sud’, ‘intellettuale contadino’, pittore, scrittore e politico attraverso le cui opere, ancor oggi, è possibile dialogare sul difficile rapporto Nord-Sud e sul complesso fenomeno dell’emigrazione”.
Per accedere all’evento, sarà necessario essere in possesso del “green pass”, fino ad esaurimento posti. L’incontro sarà trasmesso anche sulla pagina facebook della Fondazione. Altri due appuntamenti sono in programma per il 24 febbraio (ore 17,30) e fra febbraio e marzo con data ancora da definire. Il primo verterà sulla “formazione politica” di Carlo Levi nella Torino di Gobetti e Gramsci (con Cesare Pianciola e Giovanni De Luna), il secondo prevede, invece, un dibattito sul film del 2019 “Lucus a lucendo. A proposito di Carlo Levi”, di Enrico Masi e Alessandra Lancelotti.