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Gli appuntamenti culturali nei musei della Fondazione

AGENDA APPUNTAMENTI FONDAZIONE TORINO MUSEI

27 agosto – 2 settembre 2021

 

 

VENERDI 27 AGOSTO

 

Venerdì 27 agosto ore 16.30 – 17.30

LIBRI E GIARDINI

Palazzo Madama – appuntamento nel Giardino Botanico Medievale

Un pomeriggio, in compagnia del curatore botanico Edoardo Santoro, con una cesta da cui pescare a sorpresa alcuni libri scritti da famosi giardinieri o giardiniere, intellettuali, personaggi dello spettacolo, che mettono le mani in terra e raccontano esperienze di giardinaggio, piante curiose o avventurosi viaggi botanici.

Costo: € 4 (max 10 persone)

Info: il giardino è visitabile con un biglietto dedicato (5€, gratuito Abbonamento Musei e Torino + Piemonte Card) oppure con il biglietto di ingresso al museo.

Prenotazioni: madamadidattica@fondazionetorinomusei.it

 

 

DOMENICA 29 AGOSTO

 

Domenica 29 agosto chiude l’esposizione

TOASEAN DESIGN

MAO

Chiude l’esposizione TOAsean Desing, il progetto che rinnova anche per il 2021 la collaborazione fra l’Istituto Europeo di Design e il MAO. L’esposizione mette in mostra i progetti realizzati dagli studenti del 2° anno del corso Triennale in Design del Gioiello e Accessori di IED Torino, ispirati alle opere del museo, insieme ad alcuni pezzi realizzati da undici eccellenze artigiane piemontesi selezionate dalla CNA Torino, la Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della Piccola e Media Impresa.

L’incontro con statue e oggetti, provenienti da mondi ed epoche lontane, ha innescato il processo creativo: attraverso uno sguardo attento e una ricerca approfondita, i giovani designer hanno progettato gioielli e accessori, pezzi unici che declinano suggestioni estetiche e simboli culturali in chiave contemporanea.

www.maotorino.it

LUNEDI 30 AGOSTO

 

Lunedì 30 agosto chiude la mostra

LA MADONNA DELLE PARTORIENTI DALLE GROTTE VATICANE

Palazzo Madama

Lunedì 30 agosto chiude al pubblico l’esposizione La Madonna delle Partorienti dalle Grotte Vaticane realizzata da Antoniazzo Romano (1435-1508) alla vigilia del Giubileo del 1500, che si trovava in origine nel transetto meridionale della vecchia basilica vaticana, sopra l’altare della cappella Orsini. Durante i lavori per la costruzione del nuovo San Pietro, l’affresco fu staccato dalla parete e nel 1574 fu collocato in una nicchia dietro un altare a ridosso del muro che divideva l’antica chiesa dal cantiere del nuovo San Pietro. Qui continuò a raccogliere la devozione dei fedeli e, soprattutto, delle donne in attesa del parto. Rimosso anche da questo luogo nel 1605, venne poi portato nelle Grotte Vaticane e nel 1616 trovò definitiva collocazione in una cappella appositamente ricavata sotto il pavimento della basilica.

L’opera viene esposta in anteprima assoluta al pubblico dopo un lungo e complesso restauro.

Ultima settimana per vedere l’opera prima del suo definitivo rientro in Vaticano.

www.palazzomadamatorino.it

 

Lunedì 30 agosto chiude la mostra

RITRATTI D’ORO E D’ARGENTO. Reliquiari medievali in Piemonte, Valle d’Aosta, Svizzera e Savoia

Palazzo Madama

Lunedì 30 agosto chiude al pubblico la mostra dossier Ritratti d’oro e d’argento, a cura di Simonetta Castronovo. L’esposizione presenta una galleria di busti reliquiario dal Trecento al primo Cinquecento, provenienti da tutte le diocesi del Piemonte e raffiguranti santi legati alle devozioni del territorio e alle titolazioni di determinate chiese locali, oltre ad alcuni esemplari dalla Svizzera e dall’Alta Savoia.

Documentati già dall’XI secolo per contenere la reliquia del cranio di certi santi, i busti sono a tutti gli effetti dei ritratti in oreficeria, solitamente in rame o in argento dorato, spesso arricchiti da pietre preziose, vetri colorati e smalti.

Chi non avesse ancora avuto l’opportunità di visitare l’esposizione, può farlo in quest’ultima settimana di apertura.

www.palazzomadamatorino.it

MERCOLEDI 1 SETTEMBRE

 

Mercoledì 1 settembre dalle 19 alle 24

UNA NOTTE ALLA GAM

GAM – Evento di Club Silencio

 

Mercoledì 1˚ settembre Club Silencio torna dalle vacanze e riparte con il suo primo evento della stagione. L’appuntamento sarà con il format Una notte al Museo negli spazi della GAM – Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea dove sarà possibile visitare la Collezione permanente del ‘900 ma soprattutto la mostra temporanea “Viaggio controcorrente. Arte italiana 1920-1945”.  Dalle 19 alle 24 nel cortile della Galleria sarà possibile sorseggiare un buon drink e godersi dal tramonto all’imbrunire una sera di fine estate, il tutto accompagnati da un piacevole sottofondo musicale. Con un biglietto unico di 6€ sarà inoltre possibile visitare la Collezione permanente del ‘900 e la Mostra temporanea “Viaggio controcorrente”, dedicata ai 25 anni di storia compresi tra il primo dopoguerra e la fine della Seconda guerra mondiale, un periodo molto ricco per la storia dell’arte italiana. La mostra sostiene una raccolta fondi in favore della Fondazione Piemontese per la Ricerca sul Cancro Onlus in occasione dei suoi 35 anni di attività. L’ultimo accesso all’evento è alle 23, con visita alle 22:30. Per partecipare è obbligatorio accreditarsi online, specificando una precisa fascia oraria di ingresso, al fine di garantire il rispetto della distanza interpersonale nelle operazioni di accoglienza. L’evento è stato progettato nel pieno rispetto delle disposizioni normative vigenti, pertanto per partecipare è necessario essere in possesso di certificazione verde (Green Pass) COVID-19 valida corredata da documento d’identità; verrà rilevata la temperatura dei partecipanti all’ingresso, sarà obbligatorio l’utilizzo della mascherina e dovrà essere mantenuta la distanza interpersonale di 1 metro.

INFO UTILI

Per accedere all’evento è necessario accreditarsi  qui

Mercoledì 1˚ settembre 2021, 19:00-24:00

Ultimo accesso all’evento ore 23:00, con visita ore 22:30

Ingresso + prima consumazione 10€

Visita alla Collezione permanente del ‘900 + Mostra temporanea “Viaggio controcorrente” 6€

Asti, la Rotonda e i Cavalieri di Malta

Asti e il suo passato, dal Medioevo all’epico Cinquecento, dalle rovinose invasioni del Barbarossa ai pellegrini e ai crociati diretti in Terra Santa fino ai valorosi Cavalieri astigiani che combatterono con l’Ordine di Malta contro i turchi

Al fondo di corso Alfieri una “Rotonda” medioevale con pianta ottagonale ricorda la chiesa del Santo Sepolcro di Gerusalemme. Fu costruita, nei primi decenni del 1100, a imitazione della celebre chiesa della Città Santa, sulla scia dell’entusiasmo e dell’esaltazione della conquista di Gerusalemme nella prima crociata. La “Rotonda” fa di Asti una piccola “Gerusalemme italiana”, una delle tante Gerusalemme d’Italia disseminate sul territorio della penisola. Gerusalemme è ovunque in Italia, si direbbe. La presenza musulmana nei luoghi santi e l’avanzata in Asia degli ottomani nel Quattrocento avevano reso più complicato e rischioso il tradizionale pellegrinaggio dei cristiani verso la città di Gesù. Per sostituire il cammino religioso in Terra Santa sorsero così i Sacri Monti, di cui il Piemonte è costellato, una serie di cappelle collocate sulle fiancate delle montagne per riprodurre i luoghi santi gerosolimitani oppure vennero edificate in varie città riproduzioni della Rotonda dell’Anastasis o dell’edicola del Santo Sepolcro.

 

La Rotonda astigiana, purtroppo oggi soffocata dal traffico della zona, fa parte del complesso del Battistero di San Pietro o Chiesa di San Pietro in Consavia, costituito in origine da quattro edifici eretti tra il XII e il XIV secolo nel borgo omonimo, che per molti secoli ospitò i Cavalieri gerosolimitani di San Giovanni. Asti stessa fu sede del Priorato Gerosolimitano di Lombardia (comprendeva Piemonte, Liguria, Lombardia, Parma e Piacenza) il cui Priore risiedeva nella chiesa di San Pietro in Consavia. La Rotonda vuole essere una copia del luogo santo, fatta costruire dal vescovo Landolfo quasi mille anni fa, per dare la possibilità a molte persone di seguire un pellegrinaggio nella propria regione, che era molto meno pericoloso, meno lungo e meno costoso di quello in Palestina. All’interno della Rotonda si trovano otto colonne collegate tra loro da archi circolari e un fonte battesimale marmoreo del Cinquecento. Nei secoli successivi il complesso fu utilizzato come Battistero e subì molte ristrutturazioni che alterarono la sua architettura caratteristica e solo negli anni Trenta un restauro conservativo riportò la chiesa alla sua antica struttura medievale.

 

Attualmente il complesso del Battistero di San Pietro è costituito da tre edifici: la chiesa quadrata di San Pietro del Quattrocento, la Rotonda, innalzata come chiesa del Santo Sepolcro, con la torre del XII secolo e il chiostro, una parte del quale era occupato dall’ospedale dei pellegrini, e una Casa Priorale, sede oggi del Museo archeologico e paleontologico. Furono numerosi i Cavalieri astigiani che combatterono in Oriente per l’Ordine di San Giovanni di Gerusalemme, fin dai tempi della sua nascita nel 1113, e tanti furono quelli che difesero l’isola di Malta dal Grande Assedio della flotta ottomana nel 1565, una delle pagine gloriose della storia militare dell’Ordine. Tra questi ultimi si ricordano in particolare Giovanni Francesco Pelletta, morto combattendo per difendere il forte di Sant’Elmo, Vasino Malabaila e Giorgio Cacherano che diede, tra l’altro, un ingente contributo per la costruzione della città della Valletta. Va ricordato anche Pietrino del Ponte, priore di Asti, che giunse a Rodi all’inizio del Cinquecento, partecipò alla trionfale battaglia navale di Alessandretta del 1509 e diventò Gran Maestro dell’Ordine di Malta dal 1534 al 1535, anno della sua morte, succedendo a Philippe Villiers de l’Isle Adam. È sepolto nella concattedrale di San Giovanni a Malta. Sir Steven Runciman, nella sua monumentale Storia delle Crociate, ci parla anche di un altro famoso astigiano vissuto nel Trecento. Si tratta di Enrico d’Asti, della nobile famiglia astese dei Comentina, patriarca latino di Costantinopoli. Al comando di una squadra navale cristiana Enrico d’Asti sconfisse l’emiro di Smirne che infestava le acque dell’Egeo con atti di pirateria. Dopo l’occupazione della città i cavalieri cristiani cercarono di invadere anche l’entroterra ma furono sconfitti. Enrico d’Asti morì da martire e fu beatificato dalla chiesa cattolica. Le sue spoglie si trovano nel Duomo di Asti.

Filippo Re

 

Ritornano i workshop della Pinacoteca Albertina con il PAV Parco Arte Vivente

PAESAGGIO A TRATTI DI MATITA

Ritornano gli appuntamenti con i workshop organizzati dalla Pinacoteca Albertina in collaborazione con il PAV Parco Arte Vivente.

 

Il Parco Arte Vivente è un Centro sperimentale d’arte contemporanea, concepito dall’artista Piero Gilardi e diretto da Enrico Bonanate. Il PAV comprende un sito espositivo all’aria aperta e un museo interattivo inteso quale luogo d’incontro e di esperienze di laboratorio rivolte al dialogo tra arte e natura, biotecnologie ed ecologia, tra pubblico e artisti.

I partecipanti ai laboratori avranno la possibilità di sperimentare il disegno in tutte le sue forme più gestuali (grafite, carboncino, sanguigna, inchiostro, su piccoli e medi formati) e la pittura ad acquerello.

 

Sabato 28 agosto

Disegno a inchiostro, matita e acquerello

 

Materiali (a cura dei partecipanti):

matita HB, penne grafiche (esempio penne fineliner) con punta di diversa grandezza mm 04, 05, 06, acquerelli godet, tavolozza, fazzoletti, carta acquerello 300 grammi liscia, pennelli per acquerello n. 12 o n. 14, bicchiere per acqua, scotch di carta, supporto rigido su cui disegnare (esempio cartone, masonite formato A4/A3).
Sgabello per sedersi ed eventuale cavalletto pieghevole.

Domenica 5 settembre

Disegno a carboncino fusaggine, sanguigna in stick

Materiali (a cura dei partecipanti):

matita HB, 2B, 4B, gomma pane, carboncino matita, carboncino fusaggine, sanguigna stick, fogli spolvero 50×70 cm (da tagliare all’occorrenza), fissativo, supporto rigido su cui disegnare (esempio cartone, masonite formato A4/A3).
Sgabello per sedersi ed eventuale cavalletto pieghevole.

COSTO: 10 euro + biglietto di ingresso al PAV (2 euro, gratuito con l’Abbonamento Musei)

 

ORARIO: dalle 15 alle 18

 

DOVE: PAV Parco Arte Vivente, via Giordano Bruno 31, Torino

Prenotazione obbligatoria.

Ciascun partecipante userà esclusivamente il proprio materiale personale.

Le nostre proposte si rivolgono a tutti, anche ai principianti assoluti.

In applicazione del DL 23 luglio 2021, n. 105, articolo 3, all’ingresso saranno richiesti il GREEN PASS COVID-19 (in formato digitale o cartaceo) e un documento di riconoscimento.

 

 

Per informazioni e prenotazioni:

PINACOTECA ALBERTINA

pinacoteca.albertina@coopculture.it

tel. 0110897370 (tutti i giorni dalle 10 alle 18, escluso il mercoledì)

Visita all’abbazia di Novalesa

Nel silenzio infinito della Val Cenischia, sferzato solo dal vento, a pochi chilometri da Susa, otto monaci proseguono il loro cammino di spiritualità e di lavoro alla Novalesa, la storica Abbazia fondata 1300 anni fa dai Benedettini che vi giunsero nella prima metà del secolo VIII.

A quel tempo era una potenza religiosa e politica. Vi abitavano i monaci, apparteneva al regno dei Franchi che la difesero, la ingrandirono e l’arricchirono e Carlo Magno vi soggiornò più volte prima del grande scontro con i Longobardi alle Chiuse di Susa. L’Abbazia di Novalesa, fondata nel 726, fu per secoli un grande centro di spiritualità e luogo di incontro tra culture diverse. Poi dalle montagne circostanti spuntarono le scimitarre dei saraceni che piombarono sull’Abbazia saccheggiandola e incendiandola. Poche anime scamparono alla strage dei primi “jihadisti” della storia. L’abate e i monaci fuggirono in tempo a Torino e si nascosero in una chiesetta che sarebbe diventata il Santuario della Consolata. A secoli di splendore seguì un lungo periodo di abbandono e di declino che iniziò nel Duecento. La potenza della Val Susa divenne la Sacra di San Michele sul Pirchiriano che soppiantò la Novalesa. Nel Seicento nell’Abbazia di Novalesa si trovava solo più un monaco e per riportare in vita il monastero furono chiamati i Cistercensi. Ma l’entusiasmo durò poco tempo. Nell’Ottocento la fondazione monastica fu soppressa e i monaci allontanati.

Negli anni Settanta la Provincia di Torino acquistò l’Abbazia e la consegnò nuovamente ai benedettini. Dopo lunghi lavori di restauro la Novalesa è tornata, già da tempo, all’antico splendore come dimostrano le foto di una visita all’Abbazia fatta in questi giorni. Si vedono la chiesa abbaziale dei Santi Pietro e Andrea, il piccolo suggestivo chiostro, ricco di simboli e dimora dei monaci, zona di assoluto silenzio e che quindi si può vedere solo di sfuggita. All’esterno dell’Abbazia si ammirano quattro cappelle, un po’ isolate e immerse nel verde della valle, Santa Maria, San Salvatore, San Michele e soprattutto quella dedicata a Sant’Eldrado che fu abate tra l’822 e l’840. Un vero gioiello d’arte con le pareti e le volte coperte da uno straordinario ciclo di affreschi (secolo XI) dominato da un solenne Cristo Pantocratore, con episodi della vita del Santo. Sono tanti, tantissimi i turisti che visitano la Novalesa ogni anno. Sono possibili solo visite guidate, con offerta libera, senza prenotazione, tutti i giorni, da lunedì a venerdì (escluso giovedì) alle 10,30, 15,30 e 16,30. Sabato e domenica ore 10,30, 11,30, 15.00 e 16.00. La prenotazione è invece obbligatoria per gruppi e scolaresche.
Filippo Re

“A.B.O. Transitando” E’ della regista torinese Irene Dionisio il ritratto filmico di Achille Bonito Oliva

Inserito nella mostra a lui dedicata al Castello di Rivoli

“Il critico deve porsi nudo di fronte all’arte, spogliato di ogni abito ideologico, di ogni pre/giudizio”. Detto fatto. Nudo nudo. E non solo metaforicamente. Ma proprio ignudo, come mamma l’aveva fatto in quel di Caggiano (nel Salernitano) il 4 novembre del 1939.

Eccolo dunque, Achille Bonito Oliva (il grande critico e curatore di eventi espositivi, fra i più enciclopedici, provocatori e trasgressivi del mondo artististico contemporaneo, nonché teorizzatore riconosciuto e venerato delle “Transavanguardie”) porsi ridanciano davanti all’obiettivo fotografico, d’ogni abito svestito, e steso a pancia in giù (ovviamente!) su un bel divano a fiori. Fotografia scattata nel 1981 per la rivista “Frigidaire”. E gesto ripetuto nel 1989 e nel 2011, citato perfino da Giorgio Gaber nello spettacolo “Anni affollati” dell’ ’81. L’immagine è un “frame” del ritratto filmico di Achille Bonito Oliva firmato dalla filmmaker torinese Irene Dionisio dal titolo “A.B.O. Transitando” ed inserito nella mostra “A.B.O. THEATRON. L’arte o la vita” dedicata all’illustre critico – main sponsor Gucci e media partner Rai Cultura/Rai Cinque – ospitata, fino al 9 gennaio 2022, al “Museo d’Arte Contemporanea” di Rivoli. C’è anche un’impronta tutta subalpina, dunque, in quella che certamente é oggi una delle rassegne più interessanti e curiose del panorama artistico torinese. Giovanissima, classe 1986, Irene Dionisio si muove fra cinema e arte visiva, includendo nella propria attività – ricca di mostre e di importanti Premi a livello internazionale, fra gli ultimi il “Premio Bertolucci” nel 2020 e l’“American Dream Fellowship for Artist” nel 2021 – anche la realizzazione di video-installazioni, documentari e film di finzione. In “A.B.O. Transitando” è lo stesso Achille Bonito Oliva, intervistato nella sua casa romana, a condurre in un viaggio (scandito da documenti d’archivio, video e fotografie) che ripercorre, per capitoli, le tappe di una vita decisamente poliedrica che l’ha visto poeta, storico dell’arte, critico e curatore. Fra i più eccellenti, estrosi e bizzarri. “Il mio volto è stato raffigurato molte volte, ovviamente si parla di ritratti. Ma io ho fatto sempre in modo che risultasse un autoritratto. Non per un’espropriazione dell’artista che lo realizza, ma per il fatto che se l’artista è creatore, il critico è creativo”, dice Bonito Oliva all’inizio del percorso, quasi a voler condurre lo spettatore, anche questa volta, verso un affresco inatteso. E’ del resto noto quanto disse di lui lo storico dell’arte Giulio Carlo Argan: “Achille da curatore avrebbe superato tutti in velocità”. “L’intelligenza innovatrice di Achille Bonito Oliva – dichiara a sua volta Irene Dionisio – ha sempre vissuto la lateralità del tempo. E’ sempre stata capace di tradire il presente con una profonda capacità di nomadismo, eclettismo e multidisciplinarietà”. In tempi rapidissimi. Precedendo tutto e tutti. “Transitando” con consapevolezza e lucida ironia e “ginnica” scioltezza di movimenti (di corpo e mente), prima di tutti, in epoche e discipline solo in apparenza tanto diverse. Così “A.B.O. Transitando” ne racconta l’arte e la vita, catturando il suo desiderio di essere “un eterno bambino, privo di sensi di colpe” e di vivere “nell’eterno ritorno, senza timore di un qualsivoglia futuro”. “Quello realizzato da Irene Dionisio per la mostra al Castello di Rivoli – ricorda il direttore del Museo Carolyn Christov-Bakargiev – è un ritratto filmico che viaggia nei tratti più salienti di un curatore particolarmente espressivo, istrionico, sperimentale ed al contempo enciclopedico e comportamentale”. Certo uno dei passi meglio riusciti di una mostra assolutamente curiosa e particolare, per la quale Bonito Oliva ha donato al CRRI (Centro Ricerca Castello di Rivoli) il proprio archivio personale, mettendolo a disposizione degli studiosi d’arte, e la “Maison Gucci” ha realizzato la divise per il personale che accoglie al Museo i visitatori. Mostre nella mostra. E direttore d’orchestra quel gran geniaccio, unico e irripetibile, di A.B.O.

Gianni Milani

Nelle foto
– “A.B.O. nudo”, foto credit Sandro Giustibelli 
– Irene Dionisio
– Achille Bonito Oliva, fine anni Cinquanta

Al MAO di Torino, l’arte del gioiello e dell’accessorio incontra l’Oriente

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“TOAsean Design”. Fino al 29 agosto

Gioielli e monili vari progettati da giovanissimi, promettenti designer e ispirati alle antiche culture orientali. Alcuni lasciati liberi di spaziare all’inverosimile, navigando verso esiti di assoluta, fantasiosa e incontrollata futuribilità. Come la“Supervidere” (alla latina), strabiliante “parure” formata da un visore e da due grandi anelli in plexiglas rosso e acciaio inox. L’antico è totalmente alle spalle e le porte del futuro (più o meno immaginabile) del tutto spalancate.

Siamo davanti a uno dei pezzi realizzati dagli studenti del secondo anno del corso triennale in “Design del Gioiello e Accessori” di IED – Istituto Europeo di Design di Torino, ispirati alle opere del MAO-Museo d’Arte Orientale ed esposti fino al prossimo 29 agosto, insieme ad alcuni pezzi realizzati da undici eccellenze artigiane piemontesi nel “Salone Mazzonis” dello stesso Museo di via San Domenico. La mostra dal titolo “TOAsean Design” torna dunque a rinnovare anche per quest’anno la collaborazione fra IED e MAO e vede la sua realizzazione grazie al contributo della “Fondazione CRT”, nell’ambito dell’omonima iniziativa sostenuta da Camera di Commercio Italia Myanmar, per promuovere il design italiano in Oriente e rafforzare il rapporto  culturale fra l’Italia e i Paesi del Sud Est Asiatico. Sette gli studenti – designer coinvolti. Folgorante per loro è stato l’incontro con statue e oggetti provenienti da mondi ed epoche tanto lontane, dalle immagini scultoree del Buddha, ad ori e argenti di inestimabile pregio, piuttosto che dalla figura del dio Ganesh con corpo umano e testa di elefante come dalle immagini del divino Krishna, manifestazione terrena del dio Vishnu, intento a suonare il flauto omaggiato dalle “gopi” o “giovani mandriane”.Stimoli eccezionali per muovere occhi e mani e fantasia, in un mix assolutamente fruttuoso nella progettazione di gioielli ed accessori presentati in mostra quali pezzi unici declinati in chiave totalmente contemporanea. Al fianco dei giovani “magnifici sette”, troviamo anche quest’anno undici imprese artigiane appartenenti alla “CNA Torino – la Confederazione Nazionale dell’Artigianato Piccola e Media Impresa” – che, oltre a supportare tecnicamente la realizzazione delle opere degli studenti, hanno progettato o rivisitato anch’esse altrettanti oggetti preziosi delle loro collezioni sulla base di suggestioni provenienti dalle opere custodite al MAO, portando così in rassegna undici creazioni che testimoniano appieno la competenza e la creatività delle imprese artigiane piemontesi. Supervisore del progetto, Daniela Bulgarelli, coordinatrice del corso triennale in “Design del Gioiello e Accessori” di IED-Torino che afferma: “La sinergia tra design e artigianato ha permesso agli studenti IED di lavorare al fianco degli artigiani torinesi, facendo esperienza diretta di tradizioni d’eccellenza del territorio e acquisendo competenze legate a particolari lavorazioni grazie al confronto con specifici materiali, processi e tecniche di produzione”. Mentre dal MAO si ribadisce: “L’esposizione è il risultato di solide relazioni da noi costruite nel tempo con importanti attori istituzionali del territorio e, grazie al supporto della Camera di Commercio Italia Myanmar, diventa un’interessante occasione di promozione per gli studenti e per le eccellenze artigiane piemontesi, che avranno la possibilità di far conoscere il proprio lavoro a livello nazionale e internazionale”.

Gianni Milani

“TOAsean Design”

MAO-Museo d’Arte Orientale, via San Domenico 11, Torino; tel. 011/4436932 o www.maotorino.it

Fino al 29 agosto

Orari: merc. giov. ven. 13/20; sab. e dom. 10/19

 

Nalle foto
– Giuliana Noto: “Reversal”, realizzato dall’artigiano Paola Bellinzoni
– Marta Baccuini: “Supervidere”, realizzato dall’artigiano Evgenia Elkind

Ultimi giorni per la mostra di Pellegrin alla Venaria

Ultimi 10 giorni per visitare la mostra Paolo Pellegrin. Un’antologia, ospitata alle Sale delle Arti della Reggia di Venaria, che chiuderà i battenti domenica 29 agosto prossimo.

L’esposizione, aperta al pubblico lo scorso 1° ottobre, presenta oltre 200 fotografie realizzate direttamente negli scenari dei principali conflitti armati che dilaniano il mondo, purtroppo tornati drammaticamente alla ribalta con le recenti vicende che riguardano l’Afghanistan. I toccanti reportage di Paolo Pellegrin indagano e tendono a dare risalto al modo in cui gli uomini reagiscono a guerre e massacri, documentando situazioni come la fuga, l’esodo dei rifugiati, i tentativi di ricostruire una nuova vita fra macerie e speranza. Un’occasione imperdibile per vivere e riflettere quasi in presa diretta su fatti ed eventi che riguardano tutti noi.

(foto Mario Alesina)

I segreti della Gran Madre

Torino, bellezza, magia e mistero

Torino città magica per definizione, malinconica e misteriosa, cosa nasconde dietro le fitte nebbie che si alzano dal fiume? Spiriti e fantasmi si aggirano per le vie, complici della notte e del plenilunio, malvagi satanassi si occultano sotto terra, là dove il rumore degli scarichi fognari può celare i fracassi degli inferi. Cara Torino, città di millimetrici equilibri, se si presta attenzione, si può udire il doppio battito dei tuoi due cuori.

Articolo1: Torino geograficamente magica
Articolo2: Le mitiche origini di Augusta Taurinorum
Articolo3: I segreti della Gran Madre
Articolo4: La meridiana che non segna l’ora
Articolo5: Alla ricerca delle Grotte Alchemiche
Articolo6: Dove si trova ël Barabiciu?
Articolo7: Chi vi sarebbe piaciuto incontrare a Torino?
Articolo8: Gli enigmi di Gustavo Roll
Articolo9: Osservati da più dimensioni: spiriti e guardiani di soglia
Articolo10: Torino dei miracoli

Articolo 3: I segreti della Gran Madre

La città di Torino è tutta magica, ma ci sono dei punti più straordinari di altri, uno di questi è la chiesa della Gran Madre di Dio, o per i Torinesi, ël gasometro. La particolarità del luogo è già nel nome, è, infatti, una delle poche chiese in Italia intitolate alla Grande Madre. L’edificio, proprietà comunale della città, venne eretto per volontà dei Decurioni a scopo di rendere onore al re Vittorio Emanuele I di Savoia che il 20 maggio 1814 rientrò in Torino dal ponte della Gran Madre (la chiesa sarebbe stata edificata proprio per celebrare l’evento), fra ali di folla festante. Massimo D’Azeglio assistette all’evento in Piazza Castello. Il dominio francese era finito e tornavano gli antichi sovrani. Il passaggio del Piemonte all’impero francese aveva implicato una profonda trasformazione di Torino: il Codice napoleonico trasformò il sistema giuridico, abolì ogni distinzione e i privilegi che in precedenza avevano avvantaggiato la nobiltà, la nuova legislazione napoleonica legalizzò il divorzio, abolì la primogenitura, introdusse norme commerciali moderne, cancellò i dazi doganali. La spinta modernizzatrice avviata da Napoleone con il Codice civile fu di grande impatto e le nuove norme commerciali furono fatte rispettare dalla polizia napoleonica con un controllo sociale nella nostra città senza precedenti. Tuttavia il carattere autoritario delle riforme napoleoniche relegava i Torinesi a semplici esecutori passivi di ordini imposti dall’alto e accrebbe il malcontento di una economia in difficoltà. Quando poi terminò la dominazione francese non vi fu grande entusiasmo, né vi fu esultanza per l’arrivo degli Austriaci. L’8 maggio 1814 le truppe austriache guidate dal generale Ferdinand von Bubna-Littitz entrarono in città, e prontamente rientrò dal suo esilio in Sardegna il re Vittorio Emanuele I, il 20 maggio dello stesso anno. Il re subito volle un immediato ritorno al passato, ossia all’epoca precedente il 1789, abrogando tutte le leggi e le norme introdotte dai Francesi. Il nuovo regime eliminò d’un tratto il principio di uguaglianza davanti alla legge, il matrimonio civile e il divorzio, e reintrodusse il sistema patriarcale della famiglia, le restrizioni civili riservate a ebrei e valdesi e restituì alla Chiesa cattolica il suo ruolo centrale nella società. Il 20 maggio 1814 fu recitato un Te Deum nel Duomo di Torino per celebrare il ritorno del re, che si fermò a venerare la Sacra Sindone. L’autorità municipale festeggiò il ritorno dei Savoia costruendo una chiesa dedicata alla Vergine Maria nel punto in cui il re aveva attraversato il Po al suo rientro in città. A riprova di ciò sul timpano del pronao si legge l’epigrafe “ORDO POPVLVSQVE TAVRINVS OB ADVENTVM REGIS”, (“L’autorità e il popolo di Torino per l’arrivo del re”) coniata dal latinista Michele Provana del Sabbione.

La chiesa, di evidente stampo neoclassico, venne edificata nella piazza dell’antico borgo Po su progetto dell’architetto torinese Ferdinando Bonsignore; iniziato nel 1818, il Pantheon subalpino venne ultimato solo nel 1831, sotto re Carlo Alberto. L’edificio ubbidiva all’idea di una lunga fuga prospettica che doveva collegare la piazza centrale della città, Piazza Castello, alla collina. La chiesa è posta in posizione rialzata rispetto al livello stradale, e una lunga scalinata porta all’ingresso principale. Al termine della scalinata vi è un grande pronao esastilo costituito da sei colonne frontali dotate di capitelli corinzi. All’interno del pronao vi sono ai lati altre colonne, affiancate da tre pilastri addossati alle pareti. Eretta su un asse ovest-est, con ingresso a occidente e altare a oriente, essa presenta orientazioni astronomiche non casuali: a mezzogiorno del solstizio d’inverno, il sole illumina perfettamente il vertice del timpano visibile dalla scalinata d’ingresso. Il timpano, sul frontone, è scolpito con un bassorilievo in marmo risalente al 1827, eseguito da Francesco Somaini di Maroggia, (1795-1855) e raffigura la Vergine con il Bambino omaggiata dai Decurioni torinesi. Ai lati del portale d’ingresso sono visibili due nicchie, all’interno delle quali si trovano i santi San Marco Evangelista, a destra, e San Carlo Borromeo, a sinistra. Fanno parte dell’edificio due imponenti gruppi statuari, allegorie della Fede e della Religione, entrambi eseguiti dallo scultore carrarese Carlo Chelli nel 1828. Sulla sinistra si erge la Fede, rappresentata da una donna seduta, in posizione austera, con il viso serio, sulle ginocchia poggia un libro aperto che tiene con la mano destra, con l’altra, invece, innalza un calice verso il cielo. Spunta in basso alla sua destra un putto alato, che sembra rivolgersi a lei con la mano sinistra, mentre nella destra tiene stretto un bastone. Dall’altro lato si trova la Religione, raffigurata come una matrona imperturbabile e regale: stringe con la mano destra una croce latina e sta seduta mentre guarda fissa l’orizzonte, incurante del giovane che la sta invocando porgendole due tavole di pietra bianca. I capelli sono ricci, e sulla fronte, lasciata scoperta dal manto, vi è una sorta di copricapo, come una corona, su cui compare un simbolo: un triangolo dal quale si dipartono raggi. Spesso, con un occhio al centro del triangolo, il simbolismo è usato in ambito cristiano per indicare l’occhio trinitario di Dio, il cui sguardo si dirama in ogni direzione, ma anche in massoneria è un importante distintivo iniziatico. Perfettamente centrale, ai piedi della scalinata, è l’imponente statua di quasi dieci metri raffigurante Vittorio Emanuele I di Savoia. La torre campanaria, munita di orologio, venne costruita sui tetti dell’edificio che si trova a destra della chiesa nel 1830, in stile neobarocco.

Entrando nella chiesa ci si ritrova in un ampio spazio tondeggiante e sobrio, c’è un’unica navata a pianta circolare, l’altare maggiore, come già indicato, è posto a oriente, all’interno di un’abside semicircolare provvista di colonne in porfido rosso. Numerose sono le statue che qui si possono ammirare, ma su tutte spicca la figura marmorea della Gran Madre di Dio con Bambino, posta dietro l’altare maggiore, il cui misticismo è incrementato dalla presenza di raggi dorati che tutta la circondano. Nelle nicchie ai lati, in basso, vi sono alcune statue simboliche per la città e per i committenti della chiesa, cioè i Savoia. Oltre a San Giovanni Battista, il patrono della città, anch’egli con una grande croce nella mano sinistra, S. Maurizio, il santo prediletto dei Savoia, Beata Margherita di Savoia e il Beato Amedeo di Savoia. La cupola, considerata un capolavoro neoclassico piemontese, sovrasta l’edificio ed è costituita da cinque ordini di lacunari ottagonali di misura decrescente. La struttura è in calcestruzzo e termina con un oculo rotondo, da cui entra la luce, del diametro di circa tre metri. Sotto la chiesa si trova il sacrario dei Caduti della Grande Guerra, inaugurato il 25 ottobre 1932 alla presenza di Benito Mussolini. La bellezza architettonica dell’edificio nasconde dei segreti tra i suoi marmi. Secondo gli occultisti, la Gran Madre è un luogo di grande forza ancestrale, anche perché pare sorgere sulle fondamenta di un antico tempio dedicato alla dea Iside, divinità egizia legata alla fertilità, anche conosciuta con l’appellativo “Grande Madre”. Iside è l’archetipo della compagna devota, per sempre fedele a Osiride, simbolo della consapevolezza del potere femminile e del misticismo, il suo ventre veniva simboleggiato dalle campane, lo stesso simbolo di Sant’Agata. Si è detto che Torino è città magica e complessa, metà positiva e metà maligna, tutta giocata su delicati equilibri di opposti che sanno bilanciarsi, tra cui anche il binomio maschio-femmina. Questo aspetto è evidenziato anche dalla contrapposizione tra il Po e la Dora che, visti in chiave esoterica, rappresentano rispettivamente il Sole, componente maschile, e la Luna, componente femminile. I due fiumi, incrociandosi, generano uno sprigionamento di forte energia. Altri luoghi prettamente maschili sono il Valentino e il Borgo Medievale, che sorgono lungo il Po e sono anche simboli di forza; ad essi si contrappone la zona del cimitero monumentale, in prossimità della Dora, legata alla sfera notturna e femminile. L’importanza esoterica dell’edificio non termina qui, ci sono alcuni che sostengono ci sia un richiamo alle tradizioni celtiche con evidente allusione a un ordine taurino nascosto tra le parole della dedica: se leggiamo l’iscrizione a parole alterne resta infatti la dicitura: Ordo Taurinus. Ma il più grande mistero che in questa chiesa si cela è tutto contenuto nella statua della Fede. Secondo gli esoteristi, la donna scolpita in realtà sorreggerebbe non un calice qualunque ma il Santo Graal, la reliquia più ricercata della Cristianità, e con il suo sguardo indicherebbe il luogo preciso in cui esso è nascosto. Allora basta capire dove guarda la marmorea giovane -secondo alcuni la stessa Madonna – e il gioco è fatto! Sì, peccato che chi ha scolpito il viso si sia “dimenticato” di incidervi le pupille, così da rendere l’espressione della figura imperscrutabile, e il Graal introvabile. Se non per chi sa già dove si trovi.

Alessia Cagnotto

Tra cielo e terra

DAL PIEMONTE

E’ stata inaugurata sabato 14 agosto nel Salone San Giuseppe la mostra personale di Alessandra Benini ‘Tra Cielo e Terra. Inno alla Bellezza del Creato’ che si protrarrà tutti i giorni, escluso lunedì, dalle 10 alle 12 e dalle 15 alle 19.

Alessandra Benini, nata in provincia di Ferrara, è una pittrice autodidatta e appassionata dell’arte in genere. Le sue opere sono la memoria storica del patrimonio di ricordi sulla pittura impressionistica cui si ispira.

Il tutto per sensibilizzare il pubblico verso l’arte, il Creato ed il suo Creatore e trasmettere attraverso i dipinti le emozioni di un’artista che ama e rispetta natura e bellezza. In occasione dell’inaugurazione il rettore di Crea, monsignor Francesco Mancinelli ha tenuto una breve allocuzione

Massimo Iaretti