ARTE- Pagina 130

Riaprono in sicurezza castelli e dimore storiche

Sono molteplici i castelli e le dimore storiche presenti sul territorio della provincia di Torino. Luoghi spesso poco conosciuti che conservano un fascino antico, legato a storie, intrighi e passioni e oggi più che mai adatti alla ripartenza. In base alle tendenze attuali, infatti, domina il turismo di prossimità privilegiando gli spostamenti con mezzi propri e scegliendo formule di intrattenimento nel tempo libero all’aria aperta, in luoghi non affollati e spazi incontaminati.

DA DOMENICA 28 GIUGNO VISITE NELLE DIMORE NOBILIARI DEL CANAVESE, PINEROLESE, COLLINA TORINESE E VALSUSA

Al via quindi l’VIII edizione dell’iniziativa “Castelli e dimore in provincia di Torino” realizzata dall’ATL Turismo Torino e Provincia con l’obiettivo di promuovere il patrimonio storico-culturale rappresentato dai castelli e dimore storiche del territorio della Città Metropolitana di Torino con la collaborazione dei proprietari dei castelli, dei Comuni coinvolti e, per il Pinerolese, dell’Associazione Dimore Storiche Italiane.

Si parte DOMENICA 28 GIUGNO – nel rispetto delle misure previste dal Decreto del Presidente della Giunta Regionale relativo alle riaperture del Piemonte – e si prosegue DOMENICA 26 LUGLIO, DOMENICA 30 AGOSTO, DOMENICA 27 SETTEMBRE.

I castelli e le dimore storiche coinvolte sono:

CANAVESE
Castello e Parco di Masino
Palazzo D’Oria a Ciriè
Castello di Foglizzo
Castello dei Conti Frola di Montanaro

PINEROLESE
Castello di Osasco
Castello di Piobesi
Casa Lajolo a Piossasco
Castello di Miradolo a San Secondo di Pinerolo
Palazzotto Juva a Volvera

COLLINA TORINESE
Giardino delle Erbe Aromatiche di Casa Zuccala a Marentino
Castello di Pralormo

VALLE DI SUSA
Torre e Ricetto di San Mauro di Almese
Castello e Borgo Medievale di Avigliana
Castello Contessa Adelaide di Susa

Per visitare i castelli e le dimore storiche è obbligatorio l’uso della mascherina, tenere comportamenti corretti sul piano dell’igiene (la dimora ospitante mette a disposizione idonei mezzi detergenti all’ingresso oppure presso i servizi igienici) e osservare le distanze interpersonali di almeno 1 metro, in particolare negli spazi chiusi.
La prenotazione è obbligatoria via telefono o via mail ai recapiti indicati sulle pagine web e social dei singoli aderenti al fine di garantire piccoli gruppi di visita contingentati a cadenza oraria.
Sarà responsabilità del castello e della dimora storica organizzare l’ingresso contingentato, prevedere un percorso monodirezionale, contrastare il rischio di prossimità tra persone, impedire l’aggregazione negli spazi all’aperto nel rispetto della normativa vigente.
L’ingresso ad alcune dimore storiche è a pagamento, è previsto il biglietto ridotto per i possessori di Torino+Piemonte Card.
Per ulteriori dettagli su tutte le aperture ed iniziative delle singole dimore e sulle modalità di accesso consultare:
https://www.turismotorino.org/it/castelli-e-dimore-storiche-2020 https://www.facebook.com/events/1928439690788647/

“Dalla parte dei Renoir…”

“Per me, in tutto il mondo, non esiste un villaggio comparabile con questo. Qui ho vissuto gli anni più belli della mia infanzia…”. Così il regista Jean Renoir descriveva il suo rapporto con Essoyes, paesino dello Champagne, dove Aline e Pierre-Auguste Renoir acquistarono nel 1896 una casa nella quale, per 30 anni, insieme ai loro figli Pierre, Jean e Claude, trascorsero lunghe estati.

La tranquillità e la serenità del piccolo borgo del quale era originaria la moglie Aline consentiva al pittore impressionista Pierre-Auguste Renoir di realizzare le proprie opere, trovando la propria ispirazione nel paesaggio che lo circondava, nel borgo, nella chiesa e le modelle nelle ragazze del paese che il suo pennello velava di colore, quasi dissolvendone i contorni e, così, eternizzandole.
Renoir aveva aderito alla “Societé anonyme des artistes peintres, sculpteurs, graveurs”, istituita su suggerimento di Pissarro per organizzare esposizioni, della quale facevano parte anche Monet, Sisley, Degas e Berthe Morisot e il 15 aprile 1874 fu tra gli artisti della mostra organizzata presso lo studio del fotografo Nadar, mostra che suscitò l’ilarità di molti critici sostenitori delle linee classiche dei dipinti dell’Accademia e che portò uno di loro a coniare il termine “impressionisti” in spregio al dipinto “Impression, soleil levant” di Claude Monet, definito simile ad una carta da parati.

© Archives Cagnes sur Mer – Renoir peut-être dans son atelier essoyen, vers 1895

La luce, ossessione di Monet, rappresenta uno degli elementi principali anche dei dipinti di Renoir, una luce che accarezza, dissolve, sfuma, attraversa gli edifici, gli alberi, i capelli e la pelle, i volti dei bambini, le carni delle bagnanti opulente, una luce che sembra illuminare dall’interno ogni soggetto e che si riverbera sullo spettatore esterno.  Oggi, a cento anni esatti dalla morte di Pierre-Auguste Renoir tutto ad Essoyes continua ad essere permeato dalla stessa luce dei suoi quadri, influenzato dal suo passaggio. Attraversando Essoyes si ha l’impressione di procedere alla ricerca di un tempo perduto, di quella “parte dei Renoir” che, passo dopo passo, rivela al visitatore le sue storie, quelle dei momenti conviviali di una famiglia felice, quelle dei tanti dipinti realizzati in questi luoghi, ma anche quelle dolorose degli anni di malattia di Renoir, costretto da un’artrite reumatoide su una sedia a rotelle a dipingere con i pennelli legati alle mani, e, infine, a rifugiarsi nel Domaine des Collettes a Cagne sur Mer in Costa Azzurra, alla ricerca di un clima più favorevole alla sua malattia.

Il “percorso Renoir” si snoda nelle vie del borgo, lungo le sponde dell’Aube, nell’atelier che conserva, tra i ricordi, la commovente sedia a rotelle dell’artista, nella casa dove tutto è rimasto intatto, quasi pietrificato dal tempo, fino al cimitero nel quale riposano Pierre-Auguste Renoir, sua moglie Aline e i loro tre figli. Aline si spense a Nizza nel 1915, Pierre-Auguste a Cagne-sur-Mer il 3 dicembre 1919. Inizialmente sepolti nel vecchio cimitero del castello di Nizza, il 7 giugno 1922 vennero trasferiti nel piccolo cimitero di Essoyes, secondo la volontà da loro espressa in vita. I loro figli Pierre, Jean e Claude, condividendo quella stessa volontà, riposano nel cimitero del piccolo villaggio dello Champagne: Claude, il ceramista insieme alla madre, Pierre, l’attore, e Jean, il regista, nella stessa tomba del padre.  La commemorazione per il centenario della morte di Pierre-Auguste Renoir, che si terrà nel camposanto di Essoyes il 3 dicembre prossimo, non rappresenterà soltanto un omaggio al pittore impressionista, ma un tributo a tutta una “famiglia di artisti”.  Quest’anno ricorre anche il 40° anniversario della scomparsa di Jean Renoir.
Al destino piace giocare con le date, mescolare le carte, creare strane coincidenze: 1919 muore Pierre-Auguste, 1979 Jean.

Le “village des Renoir” continua a conservare la stessa serenità dei tempi lontani e, cristallizzato nella sua semplice bellezza, trasmette pace e di tranquillità, quelle stesse sensazioni che emanano i dipinti di Renoir: una pacata, semplice felicità. Scriveva Jean Renoir “Ho girato dei film che ho desiderato girare. Li ho girati con persone che erano più che dei collaboratori, erano dei complici. Ecco, io credo, una ricetta della felicità: lavorare con persone che si amano e che vi amano molto”.  In queste parole viene svelato anche il segreto della gioia di vivere leggera, ma palpabile che emanano le opere di Renoir: sono il lavoro di un artista circondato da persone che lo amavano e che amava molto.

Barbara Castellaro

I fine settimana dei Musei Reali tra visite speciali e lezioni di cucina

Ogni sabato e domenica guide e storici dell’arte di CoopCulture e dell’Associazione “Amici di Palazzo Reale” invitano a scoprire le sale di rappresentanza e il secondo piano di Palazzo Reale. Al Caffè Reale Torino lezioni di cucina e cene speciali

 

Torino, 18 giugno 2020. Con l’arrivo dell’estate riprendono le attività dei Musei Reali, che il 2 giugno hanno riaperto al pubblico gli spazi del complesso museale nel cuore di Torino: ogni sabato e domenica si potranno visitare due percorsi con storici dell’arte e guide di CoopCulture. Il primo itinerario, “Bentornato a Palazzo!”, alle 12 e alle 15, è dedicato alla scoperta delle sale di rappresentanza del primo piano di Palazzo Reale, della collezione dell’Armeria e della Galleria della Sindone, dove è possibile scorgere il restauro “a vista” dell’altare della Cappella. Il percorso, della durata di un’ora, è visitabile in gruppi composti al massimo da 8 persone ciascuno, al costo di 7 euro oltre al biglietto di ingresso ridotto ai Musei Reali. Le visite in piccoli gruppi sono il valore aggiunto dell’attuale esperienza di fruizione, favoriscono un approccio più lento e consapevole, emozionante e gratificante.

 

Il percorso prosegue al secondo piano, alle ore 11.30, 13 e 15.30, nell’Appartamento dei Principi di Piemonte, con il suggestivo affaccio sul terrazzo dal quale ammirare i Giardini Reali e piazza Castello. Le sale, che presentano l’allestimento realizzato per Vittorio Emanuele II e la consorte Maria Adelaide d’Asburgo Lorena, sono arricchite da una piccola esposizione temporanea dedicata alla figura del sovrano, in occasione del bicentenario della nascita. Le visite sono condotte anche dai volontari dell’Associazione “Amici di Palazzo Reale” alle ore 11, 12, 15, 16, 17 e 18, al costo di 7 euro.

 

Le visite guidate a cura dell’Associazione “Amici di Palazzo Reale” sono acquistabili in biglietteria, mentre quelle condotte da CoopCulture si possono anche prenotare online sul sito www.coopculture.it (maggiori informazioni al numero 011 19560449 o via e-mail all’indirizzo info.torino@coopculture.it).

 

Nella suggestiva Corte d’Onore di Palazzo Reale, il Caffè Reale Torino accoglie i visitatori per un momento di ristoro in una cornice unica ed elegante, tra oggetti provenienti dalle collezioni sabaude. A giugno e a luglio la cucina della tradizione piemontese è protagonista di un ciclo di lezioni alla scoperta di specialità del territorio, come flan di spinaci con fonduta (19/6), bagnetto verde e rosso (20/6), verdure ripiene (26/6), savoiardi e tiramisù (27/6), carpione (3/7) e bunet (4/7). Gli incontri si svolgono dalle 17 alle 19 per un numero minimo di 12 persone. Il costo è di 20 euro per gli adulti, 28 euro per chi partecipa con un minore. Ogni venerdì e sabato di giugno è possibile partecipare anche alle cene speciali “Grill and Traditional Arcade”. Informazioni e prenotazioni al numero 335 8140537 o via e-mail all’indirizzo segreteria@ilcatering.net

Osservati da più dimensioni: spiriti e “guardiani di soglia”

Torino, bellezza, magia e mistero     Torino città magica per definizione, malinconica e misteriosa, cosa nasconde dietro le fitte nebbie che si alzano dal fiume? Spiriti e fantasmi si aggirano per le vie, complici della notte e del plenilunio, malvagi satanassi si occultano sotto terra, là dove il rumore degli scarichi fognari può celare i fracassi degli inferi. Cara Torino, città di millimetrici equilibri, se si presta attenzione, si può udire il doppio battito dei tuoi due cuori.

Articolo 1: Torino geograficamente magica
Articolo 2: Le mitiche origini di Augusta Taurinorum
Articolo 3: I segreti della Gran Madre
Articolo 4: La meridiana che non segna l’ora
Articolo 5: Alla ricerca delle Grotte Alchemiche
Articolo 6: Dove si trova ël Barabiciu?
Articolo 7: Chi vi sarebbe piaciuto incontrare a Torino?
Articolo 8: Gli enigmi di Gustavo Roll
Articolo 9: Osservati da più dimensioni: spiriti e guardiani di soglia
Articolo 10: Torino dei miracoli

Articolo 9: Osservati da più dimensioni: spiriti e “guardiani di soglia”

A Torino si ha il sospetto di essere sempre osservati, e forse non è solo un’impressione, dato che nella città ci sono più di dieci mila telecamere. Ma non è unicamente la tecnologia a tenere sotto controllo i Torinesi: fessure e fori misteriosi si aprono a terra, ai bordi delle strade, simili a occhi demoniaci, come le fenditure presenti in via Lascaris, inoltre, dall’alto sembrano controllarci incessantemente quegli strani mostri che numerosi si affacciano dalle pareti delle case, quegli esseri grotteschi ed inquietanti, sempre attenti, e sempre enigmatici. Essi sono visibili soprattutto sui palazzi più antichi, caratterizzati dalla presenza di un particolare elemento ricorrente: mascheroni in stucco, collocati sull’architrave dei portoni oppure sopra o sotto i riquadri delle finestre. Sono i “guardiani di soglia”, e hanno un valore altamente allegorico. Simboleggiano il confine tra il dentro e il fuori, ciò che si può vedere e ciò che deve restare nascosto, e impediscono che entrino in casa persone o presenze indesiderate. Come mai hanno un aspetto bislacco? Davanti ad una figura stravagante non si può trattenere un sorriso, ma così facendo, tutte le intenzioni bellicose svaniscono, e la casa è al sicuro da eventuali malignità. Ma se ci fosse ancora qualcun altro che ci osserva? Qualcuno che noi non possiamo vedere, che ogni tanto ci pare di percepire. Qualcuno che forse ci guarda come fossimo delle ombre con cui non si può interagire?


Torino pullula di spiriti, è sovraffollata di fantasmi che parrebbero non voler abbandonare la meravigliosa città nemmeno varcata l’ultima soglia. C’è chi sostiene di aver visto una strana vecchia in via XX Settembre, chi invece, sempre nella stessa strada, una coppia di fantasmi, deceduti probabilmente nel 1861, in un incendio, tesi nella ricerca dei loro parenti; al Municipio c’è un fantasma che muove gli oggetti ed emette strani rumori; ancora, in via della Basilica, ogni 10 del mese, compare una donna avvolta in una particolare luce, a chi la incontra chiede di essere perdonata di non si sa quale peccato. Presso la Basilica Mauriziana si aggira lo spirito di Pietro Cambiani, un inquisitore assassinato il 2 febbraio 1365; Piazza Palazzo di Città è infestata dal fantasma di un cordaio che si è impiccato legandosi alla sporgenza di un tetto, pare sia un ectoplasma dispettoso, che fa cadere le cose appoggiate al davanzale. Al Castello del Valentino, nelle notti fredde e buie, si può sentire il cocchio di Madama Cristina, trainato da cavalli infernali imbizzarriti, lo si può intravvedere nell’ombra correre fino a gettarsi nel fiume per poi sprofondare. In via San Francesco da Paola c’è il malinconico spirito della “Bela Caplera” (Bella Cappellaia); ancora degli spiriti regali sono stati avvistati presso la Chiesa della Consolata, forse Maria Adelaide di Savoia, mentre Filippo d’Agliè è solito aggirarsi al Monte dei Cappuccini.

L’elenco è ancora lungo. Luci improvvise nella notte, voci che si perdono tra le vie più strette, oggetti che si spostano, anime che non si arrendono a doversi distaccare da questo mondo. E in questa moltitudine di spiriti vi sono anche delle vittime di tragiche storie d’amore, come quella della figlia di “Monsù Druent”, vissuta a Palazzo Barolo. Elena Matilde Provana di Druento, figlia del conte Giacinto Antonio Ottavio Provana di Druento, si sposò con suo cugino, il marchese Gerolamo Gabriele Falletti di Castagnole, il giorno 3 febbraio 1695. Il matrimonio combinato si trasformò, come in una bella favola, in un matrimonio d’amore, tuttavia i due protagonisti non riuscirono ad avere il loro lieto fine. Il giorno delle nozze avvenne un doppio infausto presagio: crollò un pezzo dello scalone del palazzo e la sposa perse la collana che le era stata regalata dalla duchessa Anna Maria di Orléans. Nonostante gli avvertimenti del destino, la cerimonia non venne interrotta. Dall’unione dei due nacquero tre figli. Successe poi che “Monsù Druent” non volle pagare la dote della figlia e se la riprese in casa. Elena impazzì dal dolore e il 24 febbraio del 1701 si suicidò lanciandosi dalla finestra del primo piano. Quell’anno c’era molta neve e il colpo si attutì, la donna non morì sul colpo, ebbe il tempo di essere riportata nel palazzo e di spirare distesa su una panca di pietra che si trovava nell’androne.

Anni dopo, Ottavio Giuseppe Provana, uno dei figli di Elena, incaricò l’architetto Benedetto Alfieri di ristrutturare l’edificio, quest’ultimo, memore dell’infausto avvenimento, decise di inserire per ornare le finestre delle teste di putti, tutti sorridenti, tranne uno, quello posto sotto la finestra da cui si buttò la giovane sventurata. Ogni fantasma degno di nota compare con la luna piena, e quello di Elena non è da meno. Si dice che in quelle circostanze il suo spirito si aggiri, ancora dolorante per le sventure patite in vita, per le sale di Palazzo Barolo, alcune volte in compagnia dello spirito di Silvio Pellico, (1789-1854), anche lui inquilino dell’edificio, dopo la prigionia nella fortezza dello Spielberg.

Con le più che numerose testimonianze di chi giura di aver visto o sentito “qualcosa”, viene quasi naturale crederci. Una delle testimonianze più ravvicinate avvenne nelle gallerie sotterranee della cittadella: un bambino, durante una classica visita guidata, si era staccato dal gruppo e si era perso. Il piccolo aveva iniziato a correre lungo gli angusti corridoi, in preda al panico, finché un gentile signore non lo accompagnò cortesemente fino all’uscita. Un signore con la divisa settecentesca del battaglione Lyonnais. Ma le storie di fantasmi sono innumerevoli, alcune ci commuovono, altre ci fanno paura, perché gli spiriti sono come le persone, alcuni buoni e altri un po’ meno, ma tutti bisognosi di essere compresi.

Alessia Cagnotto

In mostra al MAO di Torino spaccati di vita e di tradizioni maghrebine

“Storie dal Marocco. Oggetti testimoni di identità e memoria”. Fino al 30 agosto

“Corredi e bellezza” è il filo conduttore della rassegna. Esposti troviamo oggetti che sono Storia. Memoria e tradizione. Mai rinnegate, né dimenticate. Ma in ogni istante esibite e vissute in tutte le loro particolarità. In luoghi che sono “altro”. Non patria. Ma nuova terra.

Neppur sempre amica ed accogliente. In cui fermare vite sospese fra un presente e un passato, più o meno remoto, trascritto – attraverso gli oggetti della quotidianità, per l’appunto – in quelle “Storie dal Marocco” che è mostra-progetto nata dalla collaborazione di una ventina di famiglie marocchine dell’associazione torinese “Bab Sahara” (fondata nel 2002 a Carignano e oggi attiva nella Casa del Quartiere di San Salvario a Torino) con le responsabili dei Servizi Educativi del MAO, insieme ad alcune curatrici del Museo Egizio, ed ospitata negli spazi del Museo d’Arte Orientale, fino al prossimo 30 agosto. Obiettivo del progetto, risultato finale di un percorso iniziato nell’autunno dell’anno scorso: portare avanti una riflessione sull’idea di “memoria” e “patrimonio culturale”. Come i reperti archeologici e le opere esposte nei musei sono testimoni di un’identità ben precisa e di una specifica cultura, “allo stesso modo – sostengono i responsabili della rassegna– alcuni oggetti, scelti in mezzo a tanti da chi lascia la propria casa per stabilirsi in un altro Paese, assumono un valore differente e si trasformano in veicoli di trasmissione di una memoria viva, diventando un patrimonio imperdibile di cultura materiale”. E tali sono gli abiti tipici esposti (prezioso, quello da sposa della tradizione berbera), i corredi, le raffinate teiere, il necessario per il rituale dell’hammam o le tajine (piatti di terracotta spesso smaltata o decorata in cui cucinare pietanze di carne e pesce in umido) così come i prodotti e i piccoli oggetti adibiti al makeup. Oggetti partecipi di una sorta di “museo ideale”, selezionati dalle famiglie e in particolare dalle donne marocchine per farne memoria viva del loro Paese, curando- con il personale del Museo di via San Domenico- ogni dettaglio della piccola ma suggestiva mostra, dalla scelta dei materiali all’esposizione in vetrina fino alla scrittura delle didascalie. “Nel passaggio dall’oggetto al suo racconto – dicono ancora gli organizzatori – il patrimonio materiale si è così arricchito di un prezioso aspetto immateriale di ‘memoria’ e ‘testimonianza’: la cultura oggettiva e i ricordi personali delle partecipanti hanno in tal modo preso forma in tante narrazioni legate a oggetti iconici”. In cui raccontarsi, in un “mettersi in mostra” che è voglia e desiderio palese di confronto e dialogo. Mano tesa e voce amica. Per davvero bella da ascoltare.

Gianni Milani

 

“Storie dal Marocco. Oggetti testimoni di identità e memoria”
MAO-Museo d’Arte Orientale, via San Domenico 11, Torino; tel. 011/4436932 o www.maotorino.it
Fino al 30 agosto
Orari: sab. e dom. 10/19 – lun. e mart. 13/20

I nuovi workshop della Pinacoteca Albertina

Alla Pinacoteca Albertina nuovi  workshop artistici con gli insegnanti Giulia Gallo e Enrico Partengo

Un nuovo format su misura a partire dal 19 Giugno e per tutto il mese di Luglio:

“SCEGLI LA PROPOSTA CHE PREFERISCI E DECIDI TU I GIORNI E L’ORARIO. Avrai sempre un Maestro a tua disposizione!”

È possibile seguire le lezioni durante l’orario di apertura della Pinacoteca Albertina: il venerdì, il sabato, la domenica e il lunedì dalle 10 alle 18.

Per garantire la sicurezza, gli iscritti saranno al massimo due per fascia oraria e ciascuno userà esclusivamente il proprio materiale personale. Come sempre, le proposte si rivolgono a tutti, anche ai principianti assoluti.

 

1) Dalla carta alla tela – 12 ore

Un focus sulla tecnica della pittura ad olio, a partire dalla copia dal vero di dettagli tratti dalle opere della collezione della Pinacoteca Albertina.

Saranno affrontate le varie modalità di stesura del colore e di preparazione dei diversi supporti.

4 lezioni da 3 ore

euro 195 (Abbonati Musei) / euro 200 (NON Abbonati).

2) Le forme del disegno – 6 ore

Un approfondimento sul disegno, tramite le tecniche della sanguigna, del carboncino e dell’inchiostro.

Particolare attenzione sarà data alle diverse tipologie di carta che si potranno sperimentare, dalla carta spolvero alla colorata, in varie grammature e texture.

2 lezioni da 3 ore

euro 120 (Abbonati Musei) / euro 125 (NON Abbonati).

Chi fosse interessato a partecipare o desiderasse avere ulteriori informazioni, può contattare l’indirizzo mail pinacoteca.albertina@coopculture.it o telefonare al numero 0110897370 (orario 10 – 18 dal venerdì al lunedì).

La  Pinacoteca è sottoposta a una pulizia costante. Il personale garantirà il distanziamento tra i visitatori ed eviterà qualsiasi forma di assembramento.

L’accesso è previsto dal numero civico 6 di via Accademia Albertina, dove verrà rilevata la temperatura corporea. I partecipanti dovranno obbligatoriamente indossare la mascherina.

Inoltre che saranno in programma per l’estate degli en plein air ai Giardini Reali e al PAV – Parco Arte Vivente.

Accanto alle collezioni dell’Accademia di Belle Arti e alla straordinaria sala dei cartoni gaudenziani, recentemente restaurata, sarà visitabile la mostra Incanti Russi. Opere pittoriche di tradizione dell’Accademia Glazunov di Mosca, prorogata fino al 27 settembre 2020.

Pinacoteca Albertina

Via Accademia Albertina 6

10123 Torino

tel: +39 011 0897370

e-mail: pinacoteca.albertina@coopculture.it

www.pinacotecalbertina.it

Gli enigmi di Gustavo Rol

Torino, bellezza, magia e mistero / Torino città magica per definizione, malinconica e misteriosa, cosa nasconde dietro le fitte nebbie che si alzano dal fiume? Spiriti e fantasmi si aggirano per le vie, complici della notte e del plenilunio, malvagi satanassi si occultano sotto terra, là dove il rumore degli scarichi fognari può celare i fracassi degli inferi. Cara Torino, città di millimetrici equilibri, se si presta attenzione, si può udire il doppio battito dei tuoi due cuori.

Articolo 1: Torino geograficamente magica
Articolo 2: Le mitiche origini di Augusta Taurinorum
Articolo 3: I segreti della Gran Madre
Articolo 4: La meridiana che non segna l’ora
Articolo 5: Alla ricerca delle Grotte Alchemiche
Articolo 6: Dove si trova ël Barabiciu?
Articolo 7: Chi vi sarebbe piaciuto incontrare a Torino?
Articolo 8: Gli enigmi di Gustavo Roll
Articolo 9: Osservati da più dimensioni: spiriti e guardiani di soglia
Articolo 10: Torino dei miracoli

Articolo 8: Gli enigmi di Gustavo Rol

Quando si discute su Torino esoterica certo non si può tralasciare di dire qualcosa riguardo all’enigmatica figura di Gustavo Adolfo Rol. Egli fu uno dei personaggi più discussi, chiamato a giudizio non solo dagli scettici, ma anche dagli stessi studiosi di esoterismo e parapsicologia, difeso a spada tratta da illustri personaggi quali Remo Luigi, Giuditta Dembech e Maria Luisa Giordano, sua assistente per dodici anni. Rol, enigmatico anche nelle dichiarazioni, non si definiva sensitivo, né si vantava delle sue abilità, tuttavia non diede nemmeno mai il consenso affinché le sue sedute fossero registrate o sottoposte a controlli. Egli così rispondeva alle critiche: “Sono la grondaia che convoglia l’acqua che cade dal tetto. Non è quindi la grondaia che va analizzata, bensì l’acqua e le ragioni per le quali “quella pioggia” si manifesta” Rol nasce a Torino il 20 giugno 1903 e si spegne nella stessa città il 22 settembre del 1994. È considerato tutt’oggi come una delle figure più importanti della storia dell’esoterismo occidentale, figura misteriosa, attualmente molto discussa, e non è mai stato possibile né smentire né provare ciò che accadeva durante le sue visite. Egli è comunque riconosciuto come Maestro Spirituale del XX secolo, dotato di grande “carisma” o “siddhi” (“potere spirituale”). È indubbio che, per molti, egli indossò gli abiti del “guru”, pur non cedendo mai allo stereotipo stregonesco, al contrario, abbigliandosi sempre con puntuale eleganza, e da semplice borghese, accentuò questa sua “normalità” apparente, in netto contrasto con la personalità brillante e fuori dal comune che possedeva. Al di là dei poteri che gli sono attribuiti, va detto che Gustavo era uomo di grande cultura, parlava diverse lingue, suonava il pianoforte ed il violino e dipingeva; inoltre, nei modi di fare si dimostrava un vero e proprio “gentleman”, sempre affabile, gentile, cortese. Egli non fondò alcuna setta, non si mise a capo di alcun gruppo mistico, solo si circondava di amici e frequentatori con cui condivideva ciò che aveva appreso. In effetti quella di Rol può sembrare un’esistenza borghese comune: Gustavo cresce in una famiglia agiata, il padre avvocato, la madre figlia del Presidente del Tribunale di Saluzzo, fin da giovane frequenta i migliori salotti torinesi, conosce artisti e personalità di alta cultura, si appassiona alla musica e alla pittura. Nel 1923 si iscrive alla Facoltà di Giurisprudenza presso l’Università di Torino, dove consegue la Laurea nel 1933; sottostà ai voleri familiari e nel 1925 inizia la carriera bancaria. Gustavo si ritrova a lavorare in filiali in giro per il mondo, come Marsiglia, Parigi, Londra, Edimburgo, Casablanca e Genova. Nel 1930 si sposa – nella Chiesa San Carlo di piazza San Carlo a Torino – con un’indossatrice norvegese, Elna Resch-Knudsen, imparentata con il Re di Norvegia; i due si erano incontrati, secondo i canoni delle tradizioni romantiche, a Parigi, nel 1927. Il matrimonio, non coronato dalla nascita di figli, viene portato avanti in piena felice condivisione per oltre sessant’anni. Alla morte del padre, Rol decide di lasciare la carriera bancaria, si dedica ad una serie di viaggi e consegue altre due lauree, una in Biologia medico-clinica, a Parigi, e l’altra in Economia, a Londra. Partecipa alla Seconda Guerra come capitano degli Alpini. In seguito apre a Torino un negozio di antiquariato; a partire dagli anni Settanta la sua prima passione diventa la pittura, e si dedica alla rappresentazione di fiori e paesaggi della collina torinese. Nulla di anticonvenzionale, dunque, al contrario una vita che può anche suscitare una certa ammirazione, e anche un pizzico di invidia. Se non fosse per quel lato misterioso. Intorno agli anni Quaranta, infatti, Rol racconta all’amico scrittore Dino Segre, (Pitigrilli), di aver incontrato a Marsiglia un individuo polacco, il quale era in grado di fermare con la forza di volontà l’orologio della Borsa. A seguito di tale incontro Gustavo si avvicina agli studi spirituali, fino ad elaborare una teoria metafisica sull’associazione di suoni, colori ed elementi. Questo il fatto scatenante, il resto, come si suol dire, è storia.

L’attività di Rol può essere inserita in quella branca di studi che nel XIX secolo veniva chiamata “ricerca psichica”, ovvero le prime investigazioni sul paranormale, definite dallo studio di individui che, indotti in particolari stati, come quello sunambolico, riuscivano a mettersi in contatto con altre dimensioni o realtà. Tuttavia le esperienze del grande esoterista avvenivano senza alcuna alterazione della coscienza. Le sperimentazioni del Maestro si svolgevano alla luce del giorno, generalmente in casa sua, ma non da solo, davanti a persone di vari strati sociali; sono molti coloro che testimoniano a favore delle potenzialità di Rol, (da lui definite “possibilità”), ma altrettanti sono gli scettici, i quali però sembra non abbiano mai avuto il tempo di partecipare al alcuna dimostrazione, tuttavia pronti ad etichettare il Maestro come un bravo illusionista o mentalista. La prima pubblicazione riguardante il Maestro è del 1949, si tratta di un articolo de “La Stampa”, a cura della giornalista Laura Bergagna, testimone della “previsione” di Rol di un tragico incidente aereo, in cui perse la vita il conte Giorgio Cini. A questo articolo ne seguirono poi molti altri. Rol aveva incuriosito giornalisti e studiosi di parapsicologia, i quali lo avevano incitato a sottoporsi a esperimenti controllati, ma Gustavo così aveva risposto: “Ho sempre affermato con decisione di non essere un sensitivo, un veggente, medium, taumaturgo o altro del genere. È tutto un mondo, quello della Parapsicologia, al quale non appartengo”. Non di meno aveva accettato di incontrare sia gli esperti che i cronisti. Gustavo cercò per tutta la vita un discepolo, o un collaboratore, a cui tramandare il suo sapere, qualcuno coraggioso, dotato di umiltà, che potesse sottostare alle sue indicazioni, una persona provvista di maturità spirituale, in grado di assimilare il procedimento psicofisico necessario alla comprensione dei prodigi. Pare che egli si sia messo in contatto con uomini illustri, grandi scienziati, secondo alcuni con lo stesso Einstein, ma sembra che, purtroppo, non abbia trovato terreno fertile. Così disse infine: “Meglio rimanere ignorato da una Scienza ufficiale che non è in grado, per ora, di comprendermi, piuttosto che venire meno a quei principi ai quali mi sono sempre ispirato e con i risultati che tutti conoscono.” D’altro canto, come far incontrare quei mondi così lontani, ossia la metodologia scientifica classica e quella che potrebbe definirsi iniziatico-spirituale ortodossa? Secondo Rol è solo questione di tempo, in un futuro le due discipline confluiranno.

Ma qual era il pensiero di Rol? Proviamo a comprenderlo dalle sue stesse parole: “Ogni cosa ha il proprio spirito le cui caratteristiche stanno in rapporto alla funzione della cosa stessa. Quello dell’uomo però è uno “spirito intelligente” perché l’uomo sovrasta ed è in grado, per quanto lo riguarda, di regolare, se non di dominare, gli istinti che sospingono incessantemente tutto ciò che esiste e si forma”. Interrogato a proposito della “ medianità e dello spirito”, egli rispose che ogni individuo “possiede un certo potenziale di medianità” e aggiunse che con la morte del corpo “l’anima non interrompe la propria attività, poiché lo “spirito intelligente” rimane in essere e anche operante.” (R. Lugli, Gustavo Roll. Una vita di prodigi -Roma, Edizioni mediterranee, 1995.).
Centrale nel pensiero di Rol è anche il concetto di “coscienza sublime”, da lui stesso definita come “una tappa avanzata sulla strada della conoscenza dell’anima, oltre quella sfera dell’istinto esplorata da Freud.”  Un pensiero complesso, vediamo se con le parole di Dino Buzzati riusciamo a comprenderlo meglio: “Rol dichiara di non essere un medium. Rol, cattolico convinto, non crede che l’anima dei morti possa tornare fra noi e manifestarsi. Crede che, all’atto della morte, l’anima torni alle origini, ma sulla terra possa restare un quid, chiamiamolo pure “spirito”, cioè la carica di vitalità e di intelligenza che l’uomo trasmise alle sue opere. Questo “spirito” può, in determinate circostanze, ripetere cose che aveva fatto durante la vita, non mai creare qualcosa di nuovo o rivelare i segreti dell’aldilà.” (D. Buzzati, Un pittore morto da 70 anni ha dipinto un paesaggio a Torino, Corriere della Sera, 11/08/1965) Se il concetto continua ad apparirci non di immediata comprensione, non saremo noi il discepolo che Rol aveva tanto cercato in vita, possiamo tuttavia, se lo riteniamo opportuno, inserirci in quella moltitudine di persone curiose che semplicemente desiderano “saperne di più”. La curiosità è sintomo di intelligenza e questa affermazione non ha bisogno di alcuna prova specifica.

Alessia Cagnotto

Riaprono anche Gam e Mao. Ecco le proposte culturali

Dopo l’apertura lo scorso 28 maggio di Palazzo Madama, anche la GAM, il MAO, la Biblioteca d’Arte e l’Archivio Fotografico della Fondazione Torino Musei sono pronti ad accogliere nuovamente il proprio pubblico dopo oltre tre mesi di chiusura a causa delle misure di contenimento dovute all’emergenza da Covid-19.

 

Con la conclusione dell’analisi svolta con il supporto del Politecnico di Torino e della società Onleco Srl, che ha portato alla revisione delle procedure di sicurezza imposte dall’emergenza sanitaria, sarà di nuovo possibile tornare ad ammirare le opere custodite nelle sale della Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea e del Museo d’Arte Orientale.

 

Al fine di garantire un’offerta culturale più ampia, i tre musei saranno quindi aperti 4 giorni a settimana in modo scaglionato, escluso il mercoledì che sarà l’unico giorno di chiusura di tutti e tre i musei.

Anche gli ingressi alla GAM e al MAO saranno contingentati e, grazie ad alcune semplici norme di comportamento, sarà assicurata una visita piacevole nella massima sicurezza.

 

Quando e cosa si potrà visitare

I musei osserveranno i seguenti giorni e orari di apertura:

 

GAM – venerdì – sabato – domenica – lunedì

MAO – sabato – domenica – lunedì – martedì

Nei giorni infrasettimanali l’orario per tutti i musei sarà dalle 13 alle 20

Il sabato e la domenica dalle 10 alle 19

 

Mercoledì 24 giugno, festa patronale di San Giovanni i tre musei della Fondazione Torino Musei saranno straordinariamente aperti con orario 10 – 20.

 

Alla GAM Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea è prorogata fino al 20 settembre la mostra Helmut Newton. Work, e alla stessa data Cavalli, costumi e dimore. La riscoperta della fiera di Saluzzo di Carlo Pittara che sarà visitabile acquistando il biglietto per la mostra di NewtonDa venerdì 12 giugno sarà aperta al pubblico anche una nuova mostra in Videoteca dedicata a Giuseppe Chiari e il 24 giugno inaugurerà la mostra in wunderkammer Forma/Informe la fase non-oggettiva nella fotografia italiana 1935-1958. (in allegato i comunicati stampa). Rimangono visitabili le collezioni permanenti del 900 e del Contemporaneo.

 

Il MAO Museo d’Arte Orientale riaprirà con due novità: oltre all’esposizione Dipingere l’Asia dal vero dedicata ai dipinti di Savage Landor, prorogata fino al 6 settembre, a partire da sabato 13 giugno il Museo propone al pubblico una nuova rotazione di stampe e dipinti giapponesi su rotolo verticale dal titolo La poesia del paesaggio e il progetto Storie dal Marocco. Oggetti testimoni di identità e memoria, realizzato in collaborazione con il Museo Egizio e l’associazione Bab Sahara di Torino (in allegato i comunicati stampa).

 

A partire da lunedì 22 giugno, apriranno al pubblico anche la Biblioteca d’Arte e l’Archivio Fotografico, a cui si potrà accedere solo su appuntamento.

La Biblioteca avrà la possibilità di accogliere in sala lettura un massimo di 6 persone contemporaneamente e osserverà i consueti orari (dal lunedì al venerdì dalle 10 alle 17). La prenotazione dovrà avvenire telefonicamente al numero 011 4429585.  L’accesso sarà consentito agli studiosi che indosseranno la mascherina e i guanti per tutta la permanenza, previa misurazione della temperatura.

 

Modalità di accesso ai musei

 

Informazioni principali per i visitatori:

  • All’ingresso sarà misurata la temperatura. Non sarà consentito l’accesso al visitatore con temperatura superiore o uguale a 37,5°C. In tal caso anche i suoi eventuali accompagnatori non potranno accedere al museo.
  • L’accesso sarà consentito a un numero contingentato di visitatori finalizzato a garantire un’adeguata distanza interpersonale. Tutti i percorsi di visita saranno guidati da un’apposita segnaletica e dal personale di sala presente.
  • I visitatori in coda e nel corso della visita in museo sono tenuti a mantenere la distanza interpersonale di sicurezza.
  • Per tutta la permanenza in museo sarà obbligatorio indossare correttamente la mascherina.
  • Sono previsti erogatori di soluzione igienizzante idroalcolica a disposizione del pubblico.
  • Pur non essendo obbligatorio, si consiglia l’acquisto dei biglietti d’ingresso in museo su www.ticketone.it

 

La Fondazione Torino Musei assicura la regolare, costante e periodica pulizia e igienizzazione degli ambienti museali.

 

Per informazioni  www.gamtorino.it  www.maotorino.it e www.fondazionetorinomusei.it

“Sfida al Barocco. 1680-1750. Roma Torino Parigi”, un nuovo modo di vedere (e ammirare) un periodo artistico

Sino al 20 settembre nella Citroniera della Venaria Reale 

Duecento capolavori, ospitati nel lungo percorso della Citroniera Juvarriana della Reggia di Venaria (fino al 20 settembre), provenienti non soltanto dai nostri Palazzo Madama e Galleria Sabauda, ma pure dal romano palazzo Barberini come dal Louvre parigino; e poi ancora da Ajaccio e Berlino e la National Gallery di Londra, dal Paul Getty di Los Angeles e da Madrid, dal Metropolitan di New York e dalla Città del Vaticano e dagli Uffizi di Firenze, da Modena come da Pistoia e da Rivoli, da istituzioni pubbliche e private, da enti religiosi e collezioni private.

Non ci sono i nomi di grandissimo successo, quelli dietro cui correre per, sempre più spesso, imbastire nuovamente le folgoranti mostre che vedranno assieparsi – tempi di igienizzanti e mascherine e prenotazioni on line permettendo – folle senza fine, bensì nomi preziosi, significativi, da cercare con attenzione magari inusuale e da ammirare, cui avvicinarsi per ammirarle nel loro più piccolo particolare o significato. Una mostra, questa che è Sfida al Barocco, curata con estrema saggezza e padronanza da Michela di Macco (università di Roma La Sapienza) e Giuseppe Dardanello (Università degli Studi di Torino), riflessivamente antiscolastici nel racchiudere la distesa di dipinti e immense pale d’altare, sculture e arazzi, disegni e incisioni, arredi e oggetti preziosi, entro il 1680, ovvero l’anno della scomparsa di Gian Lorenzo Bernini, e il 1750, compiuto un appagante viaggio tra le capitali francese – quasi feroce nel mantenere un proprio primato, ma pure aperta nei primi decenni del XVIII secolo a guardare ammirata ai colori della pittura veneziana o ai recenti messaggi che giungono da fiamminghi e olandesi, capace di precorrere i secoli successivi, se si guarda con vera ammirazione allo Stagno di François Desportes che guarda ad un futurismo ancora meno che impalpabile nei decenni dell’Arte o al Nudo femminile di schiena di Pierre Subleyras, intenso e inaspettato nella sua sconcertante naturalezza – e papale – Roma è pure da sempre caput mundi, forse assai più pronta alla sfida in opposizione ad ogni antichità e alle recenti voci che ancora si fanno sentire dei grandi maestri del Rinascimento e del Classicismo di un pregnante Barocco -, soffermandosi e ampliando lo sguardo su una Torino che ha inizialmente centrale il nome di Guarino Guarini (in mostra, tra i tanti disegni preparatori, l’unico studio rimasto “di un settore del tamburo e della cupola per la Cappella della Sindone”, conservato presso l’Archivio di Stato torinese) e con la stessa spinta alla sperimentazione e alla libertà di ricerca di Andrea Pozzo (le sue tele torinesi, a Mondovì e a Grazzano Badoglio con una mistica Morte di San Francesco Saverio): sino a giungere al genio del messinese Filippo Juvarra, dal 1714 nominato Architetto regio da Vittorio Amedeo II, che negli spazi reali o nelle chiese della città raccoglie e allestisce “una straordinaria esposizione di arte contemporanea”, da Napoli Venezia e Roma facendo giungere con le loro tele i nomi di Francesco Solimena, Sebastiano Ricci, Francesco Trevisani e Sebastiano Conca.

Un cammino lungo settant’anni, colmo di capolavori su cui soffermarsi, un progetto di ricerca dovuto alla Fondazione 1563 per l’Arte e la Cultura, con il sostegno della Fondazione Compagnia di San Paolo e organizzata dal Consorzio delle Residenze Reali Sabaude. Un cammino allestito da Massimo Venegoni con le luci di Gianbattista Buongiorno, raccomandabili entrambi per la loro compiuta bellezza agli occhi dello spettatore, come è un’esplosione di colori primari l’immagine della mostra, il biglietto di presentazione dovuto ad un modernissimo Leandro Agostini che ha ricavato – per poi ricomporle nella IV di copertina ad esempio della “piccola guida” – certe parti cromatiche di Diana ed Endimione di Pierre Subleyras, un olio proveniente dalla National Gallery londinese, una aerea genialata che alleggerisce con garbo e gusto profondi certa pomposità, certa opulenza, una ricorrente sfarzosità a volte troppo debordanti di quei secoli che abbiamo attraversato.

Sfida anche questa. Come quella degli artisti presenti, alla ricerca di una nuova modernità mai incontrata, sperimentando nuovi linguaggi, immergendosi nelle nuove aree del naturale, dei sentimenti, degli angoli privati occupati dagli atti anche più insignificanti della giornata (magari rispolverati con un pizzico di casalingo erotismo). Non solo la schiena di Subleyras, datata 1732, anche un decennio esatto dopo la Donna che indossa la giarrettiera di François Boucher (l’intero ambiente, il camino acceso e la specchiera, i nastri e le toilette, i pizzi e i nei, la giarrettiera pronta per il decisivo aggiustamento, il gatto con il suo piccolo gomitolo, il siparietto orientaleggiante, l’amica già pronta (per uscire? per ricevere gli ultimi spasimanti?: un’opera quantomai “privata”, commissionata dal conte svedese Carl Gustav Tessin e mai esposta finché l’autore fu in vita, gelosamente riposta nel cabinet riservato del conte); come su tutt’altro verso è ammirevole il Giovane disegnatore di Jean-Siméon Chardin (1738), dalle piccole misure (18 x 15,5 cm), forse una citazione autobiografica, l’espressione di un’età iniziale fatta di stenti, con quel cappotto liso e quell’essere penosamente seduto a terra a ricopiare un più antico ritratto virile. Mescolando in piena libertà il sacro e il profano, Marco Benefial, dipingendo nel 1737 la Visione di santa Caterina Fieschi, allinea la figura di Cristo portatore della croce e incurante di calpestare il proprio sangue con uno squarcio domestico, dove la serva assiste con insistita curiosità al momento fatto di ampia religiosità, di angeli e della piena conversione della santa. Un Barocco senza Barocco, una sfida a 360 gradi. Che appassiona, senza se e senza ma.

“Con grande emozione arriviamo ad un momento lungamente atteso, l’apertura di questa straordinaria e imperdibile mostra Sfida al Barocco, evento culturale ideato per ribadire e attualizzare, nel mondo accademico e nel grande pubblico, un pilastro dell’identità di Torino, cioè l’essere una delle capitali europee del barocco”. Quindici tappe, altrettanti capitoli più un’ouverture a mostrare strade nuove. Dove possono benissimo trovare posto le uccisioni di poveri animali, quell’anatra dal collo verde o quel coniglio con un paio di tordi accanto (ancora Chardin, entrambi): piccoli gioielli, modernissimi scampoli che parlano da soli e che commuovono, frangie di un lungo momento ben più altoloquente e ricco. Ma anche pronto a raccogliere in sé quelle “povertà” forse fino a questo momento ai più sconosciute.

 

Elio Rabbione

 

 Nelle immagini:

 

Pierre Subleyras, “Diana ed Endimione”, 1738 ca, olio su tela, Londra, National Gallery

Claudio Francesco Beaumont, “Deposizione dalla Croce”, 1731 ca, Torino, Chiesa di Santa Croce

Jean-Siméon Chardin, “Giovane studente che disegna”, 1733, olio su tela, Stoccolma, Nationalmuseum

François Boucher, “Donna che si mette la giarrettiera”, 1742, olio su tela, Madrid, Museo Thyssen-Bornemisza

Artissima allestisce “Fondamenta”, 200 opere in vendita

Fondamenta è un progetto di Artissima nato dal lavoro di una fiera in progress, che accoglie l’invito a sperimentare nuove modalità di incontro e comunicazione per reagire alle trasformazioni del presente.

Non é una viewing-room, non è un tour virtuale, non è una mostra. È un progetto collettivo firmato dai curatori di Artissima 2020 e realizzato con le gallerie e per le gallerie, che sono le fondamentali fondamentadella fiera, cuore e fulcro del mercato dell’arte contemporanea.

Fondamenta sarà allestita fino al 5 luglio 2020. Circa 200 opere in vendita, una per galleria, sono presentate su muri portanti virtuali. Ogni muro corrisponde ad una sezione e vi si può accedere cliccando sui bottoni qui sotto. In ogni sezione, attraverso il filtro per prezzo, per artista e la ricerca libera, si potrà navigare fra le opere e per ogni curiosità contattare direttamente la galleria.

https://www.artissima.art/fondamenta/