AMBIENTE- Pagina 39

Rifiuti, più risorse per le bonifiche e la raccolta differenziata

Sul bilancio regionale verranno chiesti un milione di euro nel 2023 per le bonifiche dei siti orfani (quelli dove il responsabile dell’inquinamento non è individuabile) e l’aggiunta di 800 mila agli 1,7 milioni già a bilancio per la raccolta differenziata nel 2023.

Lo ha annunciato l’assessore regionale all’Ambiente, Matteo Marnati, in chiusura del dibattito generale sul Piano regionale per la gestione dei rifiuti urbani e di bonifica delle aree inquinate in Quinta commissione, presieduta da Angelo Dago.

Nella discussione sono intervenuti diversi consiglieri.

Tra le perplessità avanzate sul piano, Sean Sacco (M5s) ha sottolineato quella sulla “dimensione degli impianti che non sarebbe idonea a soddisfare la sola necessità piemontese e che darebbe spazio all’arrivo di rifiuti da altre regioni”.

Silvana Accossato (Luv) ha rimarcato la necessità di avere ingenti risorse per la bonifica dei siti orfani e ha ricordato la grande importanza della “diminuzione quantitativa dei rifiuti, perché migliora l’andamento delle altre filiere. Bisogna incidere maggiormente tenuto conto della diminuzione della popolazione”.

“Gli obiettivi del piano precedente non sono stati tutti raggiunti – ha affermato Giorgio Bertola (Ev) – e i nuovi non sono sufficientemente sfidanti, anche in relazioni alle performance dei diversi territori. Le pratiche più virtuose devono essere patrimonio comune”.

Il Partito Democratico, per voce di Domenico Ravetti e Domenico Rossi chiede “di condividere una battaglia politica per ottenere fondi che non abbiamo, va data particolare attenzione al caso Piemonte. Dobbiamo alzare i nostri obiettivi e pensare che gli impianti di termovalorizzazione si possono fare solo se veramente necessari”.

In chiusura l’assessore ha chiarito che il piano non comprende l’utilizzo di rifiuti provenienti da fuori regione e vuole affrontare anche la questione dei rifiuti speciali.

Le perplessità di Legambiente su Ski Dome a Cesana: “Progetto che non tiene conto della crisi climatica”

Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta esprime forti dubbi sul progetto presentato  sulla“pista da sci al coperto più lunga d’Europa”

 

Pochi giorni fa è stato presentato al Sindaco della Città Metropolitana di Torino Stefano Lo Russo un progetto che prevede la realizzazione dell’impianto sciistico coperto più lungo d’Europa sulle rovine di quella che fu la pista di Bob olimpica di Cesana. L’amministrazione comunale valsusina ha commissionato una prima bozza di fattibilità del progetto che prevede lo smantellamento della pista il suo interramento e la realizzazione di uno Ski Dome lungo 870 metri e largo 60 con due piste per la discesa.

“Il progetto dello Ski Dome di Cesana – dichiara Giorgio Prino, Presidente di Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta – ci coglie di sorpresa. Speravamo che fosse chiara a tutti la situazione di emergenza climatica ed ecologica e quali fossero le attività da mettere in campo per contrastarla. Questo progetto, al netto dell’impianto fotovoltaico previsto che punta all’autosussistenza della struttura, si pone al di fuori di qualsiasi attività di tutela ambientale: invece di puntare alla rinaturalizzazione (o alla messa a fattore comune) di un territorio fortemente compromesso, si punta alla sua privatizzazione con un nuovo impattante consumo di suolo; invece di procedere verso un utilizzo della risorsa idrica condizionato da una forte cautela e tutela della stessa, si punta ad un consumo indiscriminato a fini puramente ludici. Così come presentato il progetto Ski Dome è fortemente impattante, in una realtà come quella alpina che va tutelata, salvaguardata e valorizzata nella sua integrità”.
 

Rifiuti, in Piemonte nel 2021 raggiunto e superato l’obiettivo per la raccolta differenziata

 

L’assessore all’Ambiente Marnati: “I dati dimostrano che il lavoro che stiamo facendo insieme ai consorzi sta portando risultati sempre migliori. I miei complimenti ai piemontesi senza i quali non potremmo raggiungere queste importanti percentuali sempre in crescita”.

Nel corso del 2021 è stato raggiunto, e superato, l’obiettivo di raccolta differenziata del 65% ed è stata confermata la tendenza alla diminuzione dei rifiuti indifferenziati, che registrano complessivamente una contrazione di 1,5% rispetto all’anno precedente.

Continua dunque, in modo costante, la crescita in termini percentuali della raccolta differenziata che nel corso del 2021 ha guadagnato, rispetto al 2020, 1,4 punti percentuali passando così dal 64,5% al 65,9%.

Ogni cittadino piemontese, nel corso del 2021, ha separato con la propria raccolta differenziata circa 330 chilogrammi di rifiuti (nel 2020 erano stati 310).

L’indicatore più significativo per verificare l’efficacia della raccolta differenziata e delle attività di riduzione di rifiuti è il quantitativo pro capite di rifiuto indifferenziato prodotto: le province di Asti, Biella, Cuneo, Novara e Vco hanno raggiunto l’obiettivo di riduzione fissato a 159 chilogrammi per abitante.

“I dati ufficiali del 2021, dimostrano che il lavoro che stiamo svolgendo insieme ai consorzi sta portando risultati sempre migliori – afferma l’assessore regionale all’Ambiente Matteo Marnati – Ed è anche la dimostrazione, come spesso abbiamo dichiarato, che la raccolta differenziata ci permette di recuperare materiale da riciclare e quindi, da una parte avere un minore impatto sull’ambiente e dall’altra potenziare le filiere dell’economia circolare”. “Un ringraziamento e un plauso particolare ai piemontesi – conclude – senza i quali non potremmo raggiungere queste importanti percentuali sempre in crescita”.

Le frazioni maggiormente raccolte pro capite nel 2021 sono: carta (70 kg), frazione organica (65 kg), vetro (42 Kg), sfalci e potature (33 Kg), plastica (33 Kg).

A livello di province l’obiettivo del raggiungimento del 65% di raccolta differenziata, previsto dalla normativa nazionale e dal piano regionale dei rifiuti, viene superata da tutte le province ad esclusione di quella di Alessandria e della Città Metropolitana di Torino che si attestano, rispettivamente, sul 62,5% e 61,3% per Città Metropolitana.

A livello di comuni, quelli che nel 2021 hanno superato quota 65% di differenziata salgono a 679 (erano 637 nel 2020) pari al 57,5% dei comuni piemontesi, la maggior parte dei quali – circa l’85% – ha meno di 5mila abitanti.

Per quanto riguarda il dato di raccolta differenziata riferito ai comuni capoluogo, anche per il 2021, il primato spetta a Verbania (con il 78,85%), seguita da Biella (78,07%), Novara (73,73%), quindi Vercelli (73,29%), Cuneo (69,11%), Asti (67,24%). Chiudono la “classifica” Torino con 53,34% e Alessandria (46,84%).

A livello Consortile, per quanto riguarda la percentuale di raccolta differenziata, l’obiettivo del 65% è stato raggiunto, o superato, da 17 Consorzi su 21. Il podio spetta al Consorzio del Medio Novarese (con l’85%) seguito dal Chierese (82%), Basso Novarese e Albese-Braidese (entrambi con il 76%).

Restano al di sotto del 65% i consorzi Alessandrino, Area Vasta Torino, Acea Pinerolese e Canavesano.

C’era una volta l’Adriatico

L’Adriatico, un mare oggi più che mai crocevia dei destini del mondo, al centro di interessi strategici ed economici che coinvolgono le grandi potenze, la Cina in particolare, che con la “Nuova Via della Seta” mira a potenziare i suoi collegamenti commerciali con gran parte del pianeta e soprattutto con l’area mediterranea.

Robert Kaplan, analista politico e consigliere di vari presidenti americani, sia democratici che repubblicani, viaggia lungo le coste dell’Adriatico, da una parte e dall’altra, da Rimini a Trieste, da Rijeka a Corfù, in un originale itinerario che unisce la ricostruzione storica e il racconto giornalistico, memorie letterarie e analisi geopolitica per raccontare il Mare Adriatico e le sue frontiere che oggi tornano al centro della scena mondiale. Mescolando storia e letteratura, geografia e religione Kaplan spiega la genesi di “Adriatico, un incontro di civiltà”, il libro edito da Marsilio, e guarda con preoccupazione alla potenza russa che invia la sua flotta nel Mediterraneo e alla Cina il cui vasto impero marittimo minaccia di travolgere il mondo europeo. “Perché l’Adriatico sta per essere collegato al Mar Cinese meridionale e all’Oceano Indiano, sottolinea l’autore, elementi centrali di un commercio globale che si sta rapidamente sviluppando da Hong Kong a Trieste attraverso i porti dell’Oceano Indiano”. Il disordine internazionale cresce, le minacce diventano più pericolose e la posta in gioco è sempre più alta: dalla recenti scoperte del gas nel Mediterraneo orientale alla battaglia per il petrolio in una Libia divisa in due dove russi e turchi dettano legge. Più di sei Paesi affacciati sull’Adriatico attendono di sapere chi sfrutterà le ricchezze del sottosuolo e quale consorzio controllerà i gasdotti previsti, alcuni dei quali potranno entrare in Europa proprio attraverso l’Adriatico che sta diventando il mare in cui convoglieranno interessi geopolitici e commercio internazionale. Visitando varie città Kaplan traccia una serie di connessioni originali e audaci che dalla contemplazione di una chiesa a Rimini lo condurrà a Corfù, perfetta “sintesi di Italia e Grecia e quindi dell’Adriatico”. Dialogando con autorevoli scrittori e membri dei governi locali come l’ex presidente albanese Sali Berisha, rivivono fatti e vicende più vicine a noi o del tutto dimenticate. L’autore tocca anche Ravenna, Venezia, Trieste, Lubiana, Zagabria, Dubrovnik, Tirana e Durazzo partendo dalla convinzione che l’Adriatico è il luogo dove “la dicotomia tra Occidente e Oriente è oggi ancor meno evidente. Più che uno scontro questo è un concerto di identità e culture diverse, “cattolici e ortodossi, musulmani ed ebrei, Impero romano d’Occidente e d’Oriente, Mediterraneo e Balcani raggiungono nell’Adriatico una fusione stimolante”. Per comprendere la grande sfida in atto tra le potenze del terzo millennio bisogna iniziare, secondo l’autore, dalla conoscenza dei dettagli. A questo punto Kaplan visita le rovine di Mistrà, una città medioevale greca perché in questo luogo “nacque l’ispirazione di Bisanzio”. Mistrà era una città della Morea, nel Peloponneso meridionale, fu la capitale del Despotato bizantino e divenne la seconda città più importante dell’Impero dopo Costantinopoli. Dalle rovine di Mistrà alle strade di Rimini affollate di migranti provenienti da ogni continente Kaplan vede un’Europa in continua trasformazione a causa delle migrazioni e con un confine meridionale segnato non nel Mediterraneo ma, come scriveva lo storico Fernand Braudel, nel deserto del Sahara, il luogo dove oggi si ammassano le carovane dei migranti che tentano disperatamente di raggiungere le coste europee. “Un fenomeno migratorio che, secondo Kaplan, continuerà a definire l’Europa nel XXI secolo e l’afflusso di africani e arabi a cui abbiamo finora assistito è solo l’inizio.”
                                                                                          Filippo Re

Al Politecnico progetto di sviluppo di strutture  innovative per velivoli sostenibili

La tecnologia sarà sviluppata nel progetto MIMOSA, avviato a fine dicembre per ridurre l’impatto ambientale e l’utilizzo di materie prime nella produzione di strutture aeronautiche

 

È stato avviato ufficialmente al Politecnico di Torino, guidato dal professor Giorgio De Pasquale, il progetto MIMOSA (Multimaterial airframes based on 3D joints between AM metals and carbon-fiber composites) – finanziato dall’Unione Europea con il programma “Horizon Europe” – che nei prossimi tre anni porterà alla industrializzazione di una nuova tipologia di struttura aeronautica per i velivoli di nuova generazione. Il team che si occuperà del progetto, composto da sei aziende e due centri di ricerca, coordinato dal professor De Pasquale (docente dello Smart Structures and Systems Lab presso il Dipartimento di Ingegneria Meccanica e Aerospaziale-DIMEAS del Politecnico di Torino), comprende, oltre all’Ateneo piemontese, importanti aziende del panorama italiano come la multinazionale LeonardoTÜV ItaliaBytest, la startup F3nice ed altri partner dei settori dell’industria meccanica e dei materiali. Il progetto MIMOSA ha l’obiettivo di preparare il terreno alle prossime generazioni di velivoli, che seguiranno necessariamente criteri di produzione a ridotto impatto ambientale e minor fabbisogno di materie prime. La riduzione dell’inquinamento e dell’impiego di sostanze nocive sarà un preciso target di progetto, non solo per quanto riguarda il volo, ma anche per tutta la filiera produttiva del velivolo e per il suo smantellamento a fine servizio. In quest’ottica  è necessario ripensare alle modalità di produzione, trasporto e assemblaggio delle strutture che compongono il velivolo, cercando di ridurre il più possibile le fasi intermedie, integrare i processi e contenere la dispersione geografica delle forniture. Analogamente a fine vita, è necessario recuperare quanti più materiali possibili, rigenerarli e convertirli in nuove strutture. Questa esigenza, oltre che per motivi ambientali, sarà sempre più impellente anche per accrescere l’indipendenza da materie prime che potrebbero essere precluse da instabilità geopolitiche.

“Questi ambiziosi obiettivi necessitano di soluzioni tecnologiche innovative, che guardino a processi produttivi di nuova generazione e cerchino di integrarli in modo efficace, affidabile, economico e scalabile industrialmente – osserva il professor Giorgio De Pasquale – Proprio in questo senso, il progetto MIMOSA porterà alla produzione, sfruttando brevetti specifici del Politecnico, di strutture multi-materiale composte da leghe metalliche e materiali compositi senza elementi intermedi (adesivi o rivetti) mediante l’integrazione di manifattura additiva metallica, trattamenti superficiali al plasma e fibre di carbonio. A fine servizio, le strutture realizzate con la tecnologia MIMOSA potranno essere rigenerate grazie a un processo di “atomizzazione” che riduce gli scarti metallici in polvere a granulometria e composizione controllate, che diviene una materia prima “secondaria” per gli stessi processi di additive manufacturing.”

Essendo la normativa in ambito aeronautico molto severa, un particolare sforzo del consorzio sarà rivolto, oltre alla ottimizzazione tecnologica in sé, alla predisposizione di linee produttive idonee a soddisfare i requisiti per le forniture a livello internazionale. I processi speciali coinvolti sono ad oggi solo marginalmente regolamentati, e si prevede che MIMOSA potrà fornire un sostanziale contributo alla loro normazione.

Come avviene per ogni progetto di lungo periodo, le ricadute industriali saranno prevedibilmente di ampia portata anche per settori molto diversi da quello aeronautico e saranno proposte molte iniziative di disseminazione verso le realtà produttive dei territori.

Giornata di pulitura del bosco al borgo Rubens

Il 22 gennaio un pomeriggio per condividere movimento e natura sulla collina torinese

L’associazione Rubens in collaborazione con Paideia, Mercato Circolare e Completa-mente onlus vi invita il 22 gennaio dalle ore 14 alle ore 17 nel suo splendido Borgo immerso nel verde per partecipare al recupero della bellezza di una parte importante del suo bosco.

Uno dei tratti che rendono unica Torino è proprio il paesaggio naturale che la circonda ed è quindi anche un dovere dei suoi abitanti preservare questo patrimonio diffuso e inestimabile, compiendo con un solo gesto un’azione spontanea di rispetto per l’ambiente e un’opera di alto valore sociale ed educativo.

L’esperienza sarà occasione di scoperta del Borgo, dei cavalli che vi abitano liberi e di condivisione dei valori di cura, fioritura e rispetto che sono fondanti il Borgo ed i suoi frequentatori. www.associazionerubens.it

Un evento aperto a tutti, ma soprattutto ai giovani di età compresa tra 14 e i 22 anni e alle loro famiglie perché all’evento, che si concluderà con una ricca merenda, verrà raccontata un’opportunità speciale.

Non a caso il Borgo Rubens si definisce come “luogo di fioritura” dove sentirsi a casa e ritrovare se stessi, rilassandosi e riabilitandosi alla felicità. Uno spazio di incontro dove trasformare i bisogni in potenzialità attraverso relazioni di qualità in un ambiente di grande bellezza.

In questo contesto l’evento della pulitura del bosco vuole essere un momento di conoscenza reciproca e al tempo stesso di sensibilizzazione per avvicinare adolescenti e giovani adulti ed introdurli al mondo del volontariato, facendoli immergere in uno spazio ideale per l’aggregazione giovanile in cui essere utili e svolgere un servizio per gli altri.

Per questo successivamente all’iniziativa, verrà illustrata per i partecipanti che saranno interessati, la possibilità di iscriversi gratuitamente alla formazione per poter partecipare al nuovo progetto sociale dell’Associazione Rubens ovvero il Bistrot del Borgo che inaugurerà il 26 marzo. La formazione si svolgerà dal 9 febbraio e per 5 settimane per due pomeriggi a settimana.

Il Borgo Rubens si trova in corso Casale 438/16 a Torino ed è raggiungibile anche con i mezzi pubblici (linee 15, 61 e 68), tutte le informazioni sono disponibili sul sito www.associazionerubens.it mentre per partecipare all’evento del 22 gennaio, assolutamente gratuito, è necessario prenotare telefonando al  340.4651152 o scrivendo a  borgorubens.info@gmail.com.

Si raccomanda di trovarsi al Borgo 15 minuti prima dell’orario ufficiale di inizio, verranno distribuiti un paio di guanti da lavoro e un sacco per raccogliere i rifiuti.

Quasi ottomila gli studenti piemontesi che vogliono tutelare l’acqua

Oltre 7.900 gli studenti delle scuole piemontesi primarie e secondarie di primo grado che hanno aderito alla 9° edizione di Mi Curo di Te – Con la Scuola per l’Agenda 2030, il programma gratuito di educazione ambientale promosso da WWF Italia e Regina (Gruppo Sofidel).

C’è tempo fino al 28 aprile per iscriversi al programma di educazione ambientale “Mi Curo di Te” di WWF e Regina (Gruppo Sofidel), inserito nel piano “Rigenerazione Scuola” del Ministero dell’Istruzione e del Merito.

Porcari (Lucca) – La tutela dell’acqua si fa largo tra i banchi di scuola. Sono già più di 5.300 le classi (oltre 117 mila studenti in tutta Italia) che hanno deciso di partecipare alla 9° edizione di Mi Curo di Te – Con la Scuola per l’Agenda 2030, il programma gratuito di educazione ambientale promosso da WWF Italia e Regina (Gruppo Sofidel). Il progetto, che dal 2014 accompagna gli studenti delle scuole primarie e secondarie di primo grado alla scoperta del Pianeta e di come prendersene cura, da quest’anno è parte del Piano Nazionale “RiGenerazione Scuola” del Ministero dell’Istruzione e del Merito[1].

Per l’anno scolastico in corso, “Mi Curo di Te” ha come focus l’acqua: attraverso schede didattiche, giochi e quiz digitali introduce le giovani generazioni ai temi della scarsità e dell’inquinamento della risorsa idrica e racconta l’impatto di questi fenomeni sullo stato di salute di oceani, mari, fiumi e laghi della Terra. Il programma educativo dà così modo di conoscere e approfondire alcuni degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs) dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite: l’Obiettivo 6, “Acqua pulita e servizi igienico-sanitari”, l’Obiettivo 12 “Consumo e produzione responsabili” e gli Obiettivi 14 e 15, rispettivamente, “Vita sott’acqua” e “Vita sulla Terra”.

C’è tempo fino al 28 aprile 2023 per partecipare: gli insegnanti possono scaricare il kit didattico e guidare i ragazzi nella produzione di elaborati utili a guadagnare punti e scalare la classifica delle scuole per aggiudicarsi i premi in palio. Tra questi, oltre a una fornitura di prodotti Regina (carta igienica e fazzoletti) e l’accesso al portale educativo OnePlanetSchool di WWF, le prime tre scuole classificate, sia primarie sia secondarie di primo grado, riceveranno buoni per l’acquisto di materiali didattici del valore di 1.000€, 600€ e 400€. Saranno premiate anche le scuole classificate dalla 4a alla 6a posizione di entrambi gli ordini. Ulteriori premi verranno assegnati mediante estrazione finale.

Per vincere vale anche l’aiuto delle famiglie da casa: parenti e amici possono partecipare ai quiz e ai sondaggi disponibili sul sito dell’iniziativa e contribuire ad accumulare punti.

I vincitori saranno comunicati entro il 12 maggio 2023 sul sito www.micurodite.it.

[1] “RiGenerazione Scuola” è il Piano Nazionale del Ministero dell’Istruzione e del Merito per la transizione ecologica e culturale delle scuole italiane. “Mi Curo di Te” è entrato a far parte della Rete dei Rigeneratori, poiché si focalizza su due pilastri del Piano: la rigenerazione dei saperi e la rigenerazione dei comportamenti. Il Piano, che si ispira agli obiettivi dell’Agenda ONU 2030, mira a rige

Peste suina africana Gli agricoltori lanciano l’allarme

IN LIGURIA PIEMONTE E VALLE D’AOSTA

7 gennaio 2022. Viene accertato il primo caso di peste suina africana (PSA) ad Ovada. “Un anno dopo – con 86 casi Liguria e 150 in Piemonte su un totale di 284 accertati in tutta Italia – siamo nel pantano.
Nessun abbattimento, nessuna risorsa. E soluzioni abbozzate e inconcludenti che fanno riferimento a dati indecifrabili se non contraddittori”, dicono gli agricoltori.
Nella stagione 2022/2023 i piani PRIU regionali prevedono che vengano abbattuti 50.000 cinghiali in Piemonte e 38.000 in Liguria.
“Ma rimaniamo sempre nel campo delle ipotesi irrealizzabili – chiarisce Stefano Roggerone, presidente Cia Liguria -. E’ un obiettivo impossibile da raggiungere visto che ad oggi nella zona rossa è stato abbattuto un numero di capi irrisorio rispetto agli obiettivi e NON sono state messe a punto neppure le battute di caccia. Le aziende vivono una situazione surreale: gli agricoltori continuano a subire danni dai cinghiali, gli allevatori hanno dovuto abbattere i suini (6499 maiali macellati in Piemonte, 286 in Liguria macellati: tutti sani) e ad oggi NON hanno visto un quattrino per il danno subito anche rispetto all’impossibilità di reintroduzione degli animali in allevamento, ancora bloccato visto il protrarsi dello stato di emergenza”.
I dati sono impietosi. E confusi.
Il numero totale (sottostimato) dei cinghiali è di 104.816 in Piemonte, in Liguria tra i 35.000 e i 56.000: due dati a dir poco sorprendenti per l’inusuale precisione da una parte e per la “forchetta” amplissima dall’altra.
“Si confida sull’attività venatoria, ma in Liguria i cacciatori attivi nella stagione 2011- 12 erano 20.524; dieci anni dopo sono 13.885. In Piemonte in vent’anni si sono dimezzati: oggi sono meno di 17.000. . Non è un caso che in questi anni l’obiettivo prefissato di capi da abbattere – a fronte oltretutto di una popolazione abbondantemente sottostimata – non sia mai stato raggiunto.
Nella Zona Rossa le regole che hanno imposto hanno portato ad uno “sciopero” dei cacciatori che NON hanno nessuna convenienza a fare le battute di caccia. Risultato: nella parte della Zona Rossa soggetta a maggiori restrizioni per le possibilità di infezioni, in Liguria sono stati abbattuti solo 98 capi, in Piemonte 346” aggiungono gli agricoltori.

Se si prende il totale dei capi abbattuti tra Zona Rossa e zone libere il dato è altrettanto allarmante rispetto agli obiettivi prefissati: in Liguria 10648 capi abbattuti rispetto ai 38.000 previsti; in Piemonte 9004 capi abbattuti rispetto ai 50.000 ipotizzati.
Non esiste una “logistica” della gestione delle carcasse. Di fronte ad un obiettivo di depopolamento di quasi 90.000 capi, si sarebbe dovuto mettere in piedi un coordinamento stretto tra tutti i soggetti coinvolti, per realizzare un’organizzazione strutturata – con celle, luoghi di lavorazione e laboratori – per gestire il sistema di smaltimento e le diverse situazioni di carni infette o sane.
“La recinzione – sulla cui effettiva utilità abbiamo più di un dubbio – aggiungono –  va a rilento: ad oggi sono stati installati 105 Km sui 170 previsti. NON si hanno certezze di quando l’opera verrà completata in una fase di forte ripresa dei casi”.
«È un’emergenza nazionale e come tale va trattata – spiega Gabriele Carenini, presidente di Cia Piemonte -. Gli sforzi attuati finora NON sono stati sufficienti. Cia intende riportare la condizione naturale della fauna selvatica nel rispetto dell’attività degli imprenditori agricoli, che producono cibo e preservano il territorio. Insistiamo nel chiedere al nuovo Governo la revisione della legge in materia, 157/92, spostando l’attenzione dal concetto di “tutela” a quello di “gestione dei selvatici, anche per l’incolumità pubblica e la sicurezza stradale».
E a proposito di sicurezza stradale in Liguria negli ultimi 5 anni i daini hanno causato almeno un incidente alla settimana, i cinghiali anche qualcosa di più. E anche in questi casi sono dati sottostimati, visto che in tanti non denunciano il sinistro. In Piemonte solo che nel 2021 la media è di due incidenti al giorno.
“Un pantano dove non si capisce chi ha veri poteri di coordinamento e decisionali. Ministero Agricoltura, Ministero Sanità, Regioni, ATC, Comprensori alpini: tanti i soggetti in campo con competenze che rimangono spezzettate. E’ stato nominato un commissario ma di fatto senza il potere effettivo di operare. Se rimane così la figura del Commissario NON serve a nulla”.
«Si tratta di definire le priorità che per Cia sono la tutela del territorio e dell’impresa agricola – sottolinea Daniela Ferrando, presidente provinciale di Cia Alessandria -. Le strategie finora adottate hanno cercato di conciliare le diverse esigenze
(ambientali, agricole, faunistiche), senza dare reale supporto a nessuna. La gestione della PSA riguarda l’economia di un vasto indotto, che sta pagando le conseguenze di un anno di burocrazia e rimpalli di competenze. Troppi organi su tanti livelli stanno intervenendo, tutti si rimbalzano responsabilità, creando ritardo: NON
possiamo più aspettare».
Dal 2018 al 2021 le domande di rimborso sono aumentate del 40%. Ma le risorse disponibili sono rimaste le stesse. Risultato: la maggior parte degli agricoltori rinuncia a chiedere il rimborso dei danni che Cia Liguria stima intorno ai 5 milioni annui ( si pensi solo alla distruzione dei muretti a secco), Cia Piemonte stima intorno ai 10 milioni.

“ In Liguria lo scorso autunno abbiamo raccolto oltre 6000 firme in strada per cambiare la legge regionale, garantendo rimborsi giusti e più tutele per il lavoro degli agricoltori – ricorda Federica Crotti, presidente provinciale Cia Liguria di Levante -. Ma NON sono stati fatti passi in avanti per dare soluzioni concrete e con la peste suina la situazione è ulteriormente precipitata. Nella Zona Rossa le aziende agricole e agrituristiche continuano da una parte a sopportare le conseguenze dei limiti imposti agli spostamenti anche turistici sul territorio, dall’altra vedono le proprie produzioni locali costantemente massacrate dai cinghiali che rimangono all’interno della recinzione ad oggi realizzata”.
Per “uscire dal pantano”, Cia Liguria e Cia Piemonte chiedono
– Rimborsi immediati per gli allevatori e certezza su quando si potranno riprendere le attività di allevamento sospese
– Nuove risorse per coprire i danni subiti dagli agricoltori e gli oneri per i piani di abbattimento
– Certezza su numero e tempistica degli abbattimenti dentro e fuori la Zona Rossa (compresi eventuali sistemi incentivanti)
– Chiarimento definitivo dei poteri del Commissario
– Revisione delle legge nazionale 157/92
– Adozione del “modello Umbria”
che ha liberalizzato l’utilizzo delle gabbie. Un
sistema che obbliga chi le adotta a segnalarne la presenza nonché la cattura
del cinghiale. E che ha dimostrato un’ottima percentuale di successo.

Decreto siccità, Confagricoltura: “Procedere con indennizzi e ristori in tempi brevi”

 

 

È stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 7 gennaio il Decreto che dichiara l’eccezionalità degli eventi calamitosi legati alla siccità 2022 per il Piemonte

 

Esprimiamo apprezzamento per il recente atto del Governo Meloni riguardante la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, avvenuta in questi giorni, del Decreto per l’avvio della procedura di risarcimento danni agli agricoltori” lo ha detto Enrico Allasia presidente di Confagricoltura Piemonte,apprendendo finalmente del varo del provvedimento, firmato il 23 dicembre 2022, che consentirà alle imprese agricole di richiedere fino al 21 febbraio prossimo gli indennizzi per gli eventi calamitosi legati alla siccità (periodo maggio – settembre 2022).

Sono ormai passati parecchi mesi dallo scorso maggio, che verrà ricordato per l’assenza totale di piogge e che ha dato il via al periodo più siccitoso degli ultimi 30 anni: perdite dei raccolti nel settore ortofrutticolo, diminuzione delle rese soprattutto di foraggio e cereali (mediamente il 15% in meno per il grano a livello nazionale, 10 mila ettari in meno di riso coltivato), aumento delle infestanti resistenti alle condizioni climatiche estreme e aumento delle zoonosi sono solo alcune delle conseguenze causate dalla mancanza di precipitazioni in tutto il Piemonte che ha caratterizzato la scorsa campagna e perdura tutt’oggi, tant’è che il Consiglio dei Ministri ha prorogato di 12 mesi lo stato di emergenza per carenza idrica.

 

Una stima di Confagricoltura, attesta un deficit superiore al 30% della produzione agricola nazionale, con conseguenze a cascata sull’allevamento e sull’export delle materie prime. “In considerazione degli aumenti sconsiderati, e talvolta ingiustificati, in ogni settore, dalle sementi ai carburanti, dalla gestione del personale al costo dei macchinari, compresa la relativa manutenzione, auspichiamo che i 200 milioni stanziati dal Decreto giungano nelle tasche degli imprenditori agricoli il più rapidamente possibile” prosegue Allasia, ricordando inoltre che il 28% del territorio italiano è a rischio desertificazione e che, per fronteggiare altre estati particolarmente calde, sarebbe necessario e urgente prevedere sin d’ora misure preventive, applicandole ove già se ne manifesti la necessità.

 

In ultima battuta, il presidente della Federazione degli Agricoltori del Piemonte, prendendo atto dell’esiguità delle somme stanziate tramite il Fondo di solidarietà nazionale, auspica che il nuovo tipo di intervento sulla gestione del rischio, previsto dalla programmazione Pac 2023 – 2027, possa concretamente rappresentare uno strumento efficace di supporto dello sviluppo del sistema assicurativo agevolato che potrà tutelare gli agricoltori contro le future avversità climatico – ambientali, sempre più probabili.

“Il Fondo di mutualizzazione nazionale per gli eventi catastrofali (Fondo AgriCat) – conclude Allasia –potrà contare su 1,8 miliardi di euro nell’arco di un quinquennio e si pone l’obiettivo di aumentare la platea dei soggetti che utilizzano la gestione del rischio, anche attraverso l’integrazione con il sistema assicurativo agevolato”.

La lunga vita del vetro

Adattabile, naturale, amico dell’ambiente. Come riciclarlo e quali errori evitare.

Si differenzia sempre di più con la consapevolezza dei benefici che questa azione produce sul nostro ambiente, ma anche sull’economia circolare e sul giro virtuoso del riuso.

Il 2022, come ha comunicato l’Onu, è stato  l’anno del vetro, questa celebrazione servirà a far capire ancora di più quanto questo materiale, ottenuto attraverso la solidificazione di silice e sodio, sia prezioso ed ecosostenibile, sarà una occasione per approfondire temi che riguardano il suo utilizzo e i vantaggi della sua raccolta, ovviamente se fatta correttamente.

I numeri parlano chiaro, nel 2020 CoReVe, il consorzio del recupero del vetro, ha raccolto circa 390mila tonnellate di questo longevo materiale, la percentuale individuale della raccolta è del 40% mentre quella generale è del 78,6% con un aumento del 3,6 rispetto al 2019.

Come avviene la raccolta del vetro?

Come è noto, giornalmente oggetti di vetro di diverse tipologie vengono gettati nelle campane che troviamo in ogni parte delle nostre città oppure ritirati con il servizio porta a porta. Successivamente il materiale arriva ai centri di trattamento dove viene separato dalle parti non utilizzabili e inviato alle vetrerie che, attraverso la fusione, lo rimettono in vita dando forma a nuovi contenitori. Dopo rigidi controlli, i nuovi oggetti vengonoinviati alle ditte imbottigliatrici e riempiti con diversi prodotti.Grazie a questa importante ed efficiente attività CoReVe, nel 2020, ha potuto versare 86 milioni di euro di corrispettivi economici, derivati dalla racconta differenziata, ai comuni convenzionati.

Sono circa 10 miliardi i contenitori in vetro che ogni anno vengono prodotti in Italia e utilizzati per la conservazione di generi alimentari, cosmetici e farmaci; questi recipienti garantiscono il mantenimento di tutte le caratteristiche chimico-fisiche dei prodotti contenuti anche dopo il processo di riciclo.

Per migliorare ulteriormente questo attuale e soddisfacente risultato, ridimensionare le emissioni di biossido di carbonio (già al – 2,2% nel 2020) e risparmiare maggiori quantità di barili di petrolio, è necessario un impegno ancora più profondo e costante che deve mirare a ridurre lo scarto tra il vetro raccolto e quello riciclato.

Cosa di deve fare per assicurare una raccolta corretta del vetro?

Purtroppo ci sono ancora alcuni errori che molti di noi commettono come, per esempio, buttare i contenitori nelle campane apposite in buste di plastica e con i tappi di metallo e gettare, nelle stesse, materiali come pyrex o ceramica, che fondono a temperature diverse, o specchi e oggetti in cristallo che contengono piombo.

Il vetro, questo prezioso materiale che vanta 5000 anni di storia,  garantisce la conservazione di differenti prodotti, dei loro profumi e delle loro caratteristiche principali, può essere riciclato e riutilizzato all’infinito, è un materiale eterno che contribuisce al benessere ambientale e ad una economia che vuole autogenerarsi attraverso la riparazione, il riutilizzo e la condivisione . La comprensione delle sue potenzialità e una raccolta eseguita correttamente  sono presupposti determinanti per partecipare alla creazione di un pianeta più pulito e in salute.

Maria La Barbera 

Fonte dati CoReVE

www.coreve.it