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Per un Climate Clock a Torino

Il Consiglio comunale ha approvato una Mozione presentata da Valentina Sganga (M5S) che impegna il sindaco e la giunta a prendere in esame l’installazione di un Climate Clock in un luogo centrale e frequentato della nostra città, per sensibilizzare la cittadinanza sul tema del riscaldamento globale e a favorire comportamenti e scelte responsabili e sostenibili.

Il Climate Clock è un progetto nato per installare un orologio climatico con due numeri indicanti: in rosso quanto tempo manca agli attuali tassi di emissioni per bruciare il “bilancio di carbonio” globale, vale a dire la quantità di CO2 che può ancora essere rilasciata nell’atmosfera limitando il riscaldamento globale a 1,5°C sopra i livelli preindustriali; in verde la percentuale di energia mondiale fornita al momento da fonti rinnovabili. Oggi orologi climatici sono installati a New York, Berlino, Seoul, Roma e Glasgow.

In una prima fase si ipotizza l’inserimento di un orologio climatico nel sito web della Città di Torino.

Barricalla a porte aperte

 

Cinema a pedali e visite guidate all’impianto per Impianti Aperti,

l’iniziativa organizzata per la Giornata mondiale dell’ambiente 2023

 

Venerdì 16 giugno

ore 18 visita guidata all’impianto

ore 21 cinema all’aperto “a pedali” con il film Capitan Fantastic

 

Le attività sono gratuite e aperte a tutti

 

Cinema a pedali a Barricalla – credit Gianfranco Roselli

Curiosi di scoprire come si conclude il percorso dell’economia circolare? Avreste mai immaginato che sotto un impianto fotovoltaico sia custodito un vero e proprio “tesoro nascosto”? Lo sapevate che i rifiuti speciali sono oltre il 90% di quelli che produciamo ogni giorno?

A queste e altre domande risponde Barricalla a porte aperte, l’iniziativa gratuita e aperta a tutti in programma il 16 giugno per riflettere sull’importanza della tutela dell’ambiente e su come le scelte che ogni giorno compiamo incidano sul benessere nostro e degli altri.

 

Due gli appuntamenti.

Il primo è alle 18 a Barricalla (Via Brasile 1 a Collegno) per la visita guidata dell’impianto-modello di smaltimento di rifiuti speciali: un percorso all’interno della struttura per scoprire come vengono gestiti quei rifiuti che non possono essere riciclati o valorizzati, per sfatare qualche pregiudizio e le tante “fake news” che circolando nel mondo dei rifiuti, per toccare con mano l’impianto fotovoltaico che ogni giorno fornisce energia elettrica a 3.000 persone.

Al termine della visita a tutti i partecipanti sarà offerto un rifresco leggero, per godere dei prodotti enogastronomici del territorio immersi nella scenografia naturale dell’arco alpino all’ora del tramonto.

 

Il secondo è alle 21 quando sarà la volta del “Cinema all’aperto a pedali”. Un momento particolare in cui il pubblico dovrà pedalare per produrre l’energia necessaria per la visione del film. Un approccio divertente al tema energetico che permette, in un’unica soluzione, di fare attività fisica e ridurre la produzione di CO2.

Il film scelto per la serata è Capitan Fantastic (USA, 2016), una commedia irriverente che racconta la storia di un padre, interpretato da Viggo Mortensen, deciso a crescere i suoi sei figli nelle profonde foreste del Pacifico nord-occidentale, ma costretto un giorno a fare i conti con il mondo reale. Un film non scontato che mette al centro i temi dell’educazione e del rapporto tra mondo utopico e reale, tra ambiente e uomini.

 

L’attività di Barricalla fa parte di Impianti aperti, iniziativa promossa da Assoambiente in occasione della Giornata mondiale dell’Ambiente per sconfiggere i pregiudizi intorno al tema dei rifiuti ed avvicinare gli impianti ai cittadini dei territori che li ospitano.

 

Ingresso libero su prenotazione fino a esaurimento dei posti disponibili. Prenotazioni all’indirizzo e-mail info@barricalla.com Si suggeriscono abbigliamento caldo e scarpe comode, stuoie o coperte per accomodarsi sul prato, repellente per insetti.

Per informazioni www.barricalla.com.

 

CHE COS’È BARRICALLA

Barricalla è il principale impianto di smaltimento in Italia per i rifiuti speciali, pericolosi e non pericolosi, ed è situata a Collegno su una superficie di circa 150.000 metri quadrati. È immediatamente riconoscibile per l’ampio parco fotovoltaico visibile anche dall’esterno che lo identifica come fonte di energia pulita. Ogni anno, infatti, Barricalla è in grado di fornire 1,9 GWh di energia, destinata al territorio, pari al fabbisogno annuo di oltre 700 famiglie, con un risparmio di 450 tonnellate di CO2

Oltre l’80% dei rifiuti che viene prodotto nel nostro Paese è composto da rifiuti speciali pericolosi e non: tutti devono essere analizzati, messi in sicurezza e smaltiti in maniera corretta perché non si tramutino nel tempo in danno ambientale e sociale per i territori e le comunità che le abitano.

Da oltre trent’anni, Barricalla, è un importante punto di riferimento per la corretta gestione delle sostanze potenzialmente pericolose di provenienza industriale e da terreni bonificati. Barricalla accoglie i rifiuti che non possono essere più reimpiegati nel ciclo produttivo smaltendoli in maniera corretta. L’intera struttura è progettata per garantire la massima affidabilità, con altissimi livelli di sicurezza passiva, a tutela dell’ambiente e delle comunità del territorio.

Sono circa 150.000 le tonnellate che, ogni anno, trovano collocazione nel sito torinese che conta un volume complessivo autorizzato di 1.861.750 metri cubi, articolati in cinque lotti, l’ultimo in attività inaugurato a settembre 2018 in occasione dei 30 anni di vita della Società.

 

GIORNATA MONDIALE DELL’AMBIENTE

Istituita nel 1974, la Giornata è il più grande evento annuale delle Nazioni Unite per promuovere un’azione ambientale positiva, volta a sensibilizzare il mondo per la tutela del nostro pianeta. Si celebra il 5 giugno. Il tema di quest’anno scelto dall’UNEP (Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente) è #BeatPlasticPollution cioè “Sconfiggi l’inquinamento da plastica”, un monito per ricordare quanto sia importante contrastare l’inquinamento da plastica, materiale la cui produzione è cresciuta più in fretta di qualunque altra e che oggi rappresenta il più grande dei problemi ambientali.

www.barricalla.com.

Torino, NGM23: tra “TAXI volanti” ed economia circolare va in scena il futuro della mobilità

 

Al via la terza edizione Next Generation Mobility. Nel giorno d’apertura della manifestazione torinese MaaS ed eVTOL al centro del dibattito

Torino, 13 giugno 2023 – La terza edizione di Next Generation Mobility si è apertacon i saluti del padrone di casa, Stefano Serra presidente AMMA – Associazione delle Aziende Meccaniche Meccatroniche e vice presidente di Unione Industriali Torino.Il dibattito poi è entrato subito nel vivo con l’intervento di Pasquale Mazza consigliere della Città metropolitana di Torino con delega ai Trasporti che ha illustrato le mosse in atto dopo l’approvazione del Pums, il piano urbano della mobilità sostenibile, che ha ricordato il ruolo di Città Metropolitana per l’implementazione del Maas e lo sviluppo del portale Muoversi in Piemonte e la piattaforma sui piani di spostamenti casa-lavoro. La Città Metropolitana quest’anno ha distribuito risorse per oltre 4 milioni di euro alle aziende per sostituire i bus termici con quelli elettrici ed è attiva sul co-finanziamento delle infrastrutture per ricaricare.

Antonio Ledda, presidente della Commissione Urbanistica, Trasporti e Mobilità della Città di Torino ha parlato del piano regolatore che accompagnerà quello di mobilità. Nel Trasporto pubblico locale è previsto il cambio del 70% della flotta, i binari del tram aumenteranno di 30 km, con due nuove linee, i bus saranno ecologici ed ecosostenibili, è programmato il prolungamento della linea 1 della metropolitana e la costruzione della linea 2. Infine è previsto un potenziamento delle piste ciclabili. Sul portale torinocambia.it sono presenti tutti i programmi futuri.

A NGM non si parla solo di Torino e di Piemonte. Nel corso della IV Conferenza Nazionale su Urban Air Mobility e Advanced Air Mobility, Arianna Censi, assessora alla Mobilità del Comune di Milano ha ricordato che le Olimpiadi del 2026 saranno un primo banco di prova reale in Italia per la mobilità eVTOL.

Prima che i nostri cieli si riempiano di “auto volanti” dovranno passare ancora anni se non decenni: secondo l’Ingegnere aerospaziale, pilota, Sergio Barlochetti arriveremo al 2025 prima che la tecnologia e la regolamentazione ci permetterà di pilotare auto volanti.

A fargli eco Paolo Arpellino, Head of Business Development di ITA Airways: “Dimenticate gli aereo-taxi alla Blade Runner, le prospettive immediate sono un po’ diverse. Si tratterà di velivoli con pilota e che con gli eVTOL avranno emissioni zero e un impatto acustico e di vibrazioni assai ridotto e saranno pensati per utilizzare gli eliporti già presenti. Il concetto importante e urgente è quello di ecosistema, se si vuole dare un futuro a UAM e AAM: al centro c’è il service provider, come una compagnia aerea o un operatore di elicotteri o di business jet, ma servono poi tutti gli altri stakeholder. Quindi Enti certificatori, controllo del traffico aereo, gli eliporti e vertiporti – strutture che andranno create nell’ottica dei veivoli elettrica – i produttori di batterie e i fornitori d’energia, i servizi digitali integrati e poi la filiera della manutenzione e del riciclo”

La giornata si è conclusa con due argomenti di grande attualità. La sequenza Mobility as a Service ha affrontato il tema della micromobilità, cui si deve l’esplosione del mercato dello sharing nel periodo pandemico e post-pandemico. Più legata e questioni fondamentali, economici ed etici, è stata la sessionededicata alla circolarità nella mobilità. Moderata dal noto giornalista Roberto Sposini, la sessione ha toccato temi come le nuove norme sulla demolizione dei veicoli e il riuso dei componenti e dei materiali, il riuso e il riciclo delle batterie delle auto elettriche, la rigenerazione degli pneumatici, che fa risparmiare grandi quantità di emissioni di CO2, e l’utilizzo dei materiali riciclati e riciclabili.

Next Generation Mobility 2023 è una manifestazione patrocinata dal Comune di Torino, dalla Città Metropolitana di Torino e dalla Regione Piemonte e con la collaborazione dell’ Unione Industriali di Torino.

ngmobility.it

WIMBY: coinvolgere le comunità locali per l’adozione dell’energia eolica in Europa

Il progetto Horizon Europe, avviato all’inizio del 2023, svilupperà strumenti innovativi per facilitare l’interazione tra cittadini e stakeholder, come la condivisione delle conoscenze, la valutazione collaborativa degli impatti, delle controversie e del potenziale di innovazione sociale delle nuove installazioni eoliche, sia onshore che offshore.

 

Il progetto WIMBY – Wind In My BackYard: Using holistic modelling tools to advance social awareness and engagement on large wind power installations in the EU – finanziato dal programma europeo HorizonEurope e avviato nel gennaio 2023, si propone disviluppare strumenti e modelli olistici per rafforzare la consapevolezza e la collaborazione di stakeholder e comunità locali nei processi di installazione di parchi eolici in Europa Nel corso dei prossimi tre anni, il Consorzio di WIMBY lavorerà per l’implementazione dell’energia eolica in quanto fonte rinnovabile, affrontando le sfide e le questioni che ne ostacolano la realizzazione, e avanzando soluzioni riguardo le barriere di carattere sociale e legale presenti.

Il progetto WIMBY mira a garantire che i nuovi parchi eolici siano progettati in modo da essere più sostenibili  e  convenienti  per le  comunità  locali tenendo  conto  delle preoccupazioni, delle preferenze e del benessere delle persone che vivono in una  determinata area. Questo aiuterà a promuovere un futuro che metta al centro l’energia rinnovabile.

Promuovere l’energia eolica attraverso il confronto e la collaborazione

Se da un lato l’energia eolica è considerata tra le soluzionipiù promettenti per la riduzione delle emissioni di carbonio e la lotta ai cambiamenti climatici, dall’altro ha incontrato la resistenza di normative restrittive e comunità locali.

Il progetto WIMBY mira a superare tali ostacolicoinvolgendo i cittadini e gli stakeholder in tutte le fasi progettuali e decisionali, ascoltando le preoccupazioni e promuovendo una comunicazione aperta e trasparente. Per raggiungere questi obiettivi, Il Consorzio ha coinvolto un team multidisciplinare di esperti che svilupperanno una serie di modelli interattivi accessibili a tutti, inclusi i nonaddetti ai lavori, al fine di consentire la partecipazione collettiva al progetto. Nello specifico, il lavoro porterà alla realizzazione di una piattaforma Web-GIS, un ambiente immersivo in 3D e un forum di discussione in grado di aiutare gli utenti a scambiarsi opinioni e prendere decisioni informate. Questi strumenti faciliteranno il coinvolgimentodiretto delle comunità locali nella pianificazione, nella realizzazione e nell’integrazione dei parchi eolici, con un’attenzione particolare al contesto sociale e ambientale

Il progetto raccoglierà i suoi dati su quattro siti pilota situati in Italia, Austria, Norvegia e Portogallo e coinvolgerà direttamente le comunità locali per identificare i fattori che influenzano le posizioni del pubblico verso l’energia eolica e le sue applicazioni. I casipilota selezionati coprono un’ampia gamma di caratteristiche geografiche, tecnologiche e socioculturali che assicurano che gli strumenti sviluppati siano rilevanti e utili sia per i distributori di energia eolica che per icittadini.

Coordinatore scientifico del progetto – Luis Ramirez Camargo (Utrecht University): L’energia eolica dovrebbe essere diffusa a un ritmo molto più veloce se vogliamo raggiungere gli obiettivi globali di protezione del clima. La tecnologia si è notevolmente evoluta negli ultimi decenni, sappiamo come mitigare i potenziali impatti negativi e trarre sostanziali vantaggi da quelli positivi. Tuttavia, dobbiamo ancora sviluppare la consapevolezza e l’impegno sociale per rafforzare una transizione che metta la diffusione dell’eolico in cima all’agenda di governi, imprese, comunità e cittadini. In WIMBY raccoglieremo tutte le conoscenze e l’esperienza dei membri del consorzio in strumenti sviluppati in collaborazione con gli stakeholders, che possano aiutarci a contribuire a questa transizione.

 

Partners e obiettivi

I 16 partner europei condivideranno le loro competenze multidisciplinari per affrontare le questioni ancora aperte, legate all’integrazione dell’energia eolica: studi del territorio, sia per quanto riguarda gli impatti sulla biodiversità, sul paesaggio e sulle comunità; studi tecniciper lo sviluppo degli strumenti interattivi più adatti e facilida utilizzare dal pubblico eterogeneo che il progetto vuole coinvolgere; metodologie di citizen science (scienza partecipata) e di ricerca sociale per lo sviluppo di azioni in grado di coinvolgere gli stakeholder locali nei processidecisionali.

Le eccellenze italiane

Tra i partner figurano Deep Blue, azienda leader italiana nella ricerca Europea focalizzata sugli aspetti di innovazione, user-centred design e compatibilità tra nuove tecnologie, ambiente e società, il centro di ricercaMOREnergy Lab (Marine Offshore Renewable Energy Lab) del Dipartimento di Ingegneria Meccanica ed Aerospaziale (DIMEAS) del Politecnico di Torino el’Università degli studi di Palermo, impegnata nellavalutazione degli impatti sulla fauna marina. I partneritaliani si concentreranno in particolare sul sito pilota dell’Isola di Pantelleria, riserva di biodiversità e Parco Nazionale, considerata come un sito ad elevato potenziale per ospitare un impianto eolico offshore all’avanguardia.

Secondo Giuseppe Giorgi e Claudio Moscoloni delMOREnergy Lab: “Grazie a WIMBY gli abitanti dell’isola di Pantelleria potranno beneficiare di strumenti innovativi di realtà aumentata, generati su misura per l’isola, per assistere e valutare i benefici e gli impatti di una possibile installazione futura di una turbina eolica offshore. Tutta la popolazione pantesca sarà coinvolta,proseguendo la tradizione partecipativa ed innovativadell’isola, già pioniera della decarbonizzazione con la conversione dell’energia dal moto ondoso e l’agenda di transizione energetica europea.”

Salvatrice Vizzini e Giovanna Cilluffo dell’Università di Palermo aggiungono: “Un progetto come WIMBY può aiutare ad abbattere le barriere sociali mettendo in evidenza vantaggi e potenziali svantaggi di questa forma di energia pulita. In particolare, la valutazione del potenziale impatto sulla fauna marina permetterà di sviluppare linee guida per una migliore pianificazione degli impianti eolici al fine di minimizzare i possibili rischi per le comunità marine. I benefici della comunità locale di Pantelleria saranno di esempio per una più ampia diffusione a livello nazionale.”

WIMBY è un progetto che mette al centro le esigenze dei cittadini e delle comunità, alla ricerca dei migliori compromessi e strumenti in grado di abbattere le barriere contro lo sviluppo dell’energia eolica e contribuire alladecarbonizzazione dell’Unione Europea. Tutti i cittadini europei sono invitati a seguire il progetto e a essere parte attiva della ricerca seguendo gli aggiornamenti e i risultati più recenti sul sito ufficiale e sui principali social media diWIMBY.

Al via Cinemambiente, il potente linguaggio del cinema al servizio dei temi ambientali

Si è inaugurata ieri sera al Cinema Massimo e continuerà fino all’11 giugno la 26esima edizione del Festival CinemAmbiente, fondato e diretto da Gaetano Capizzi: il potente linguaggio del cinema al servizio della sensibilizzazione dei temi ambientali. A scuotere le coscienze ci pensa subito Luca Mercalli in apertura di serata con il suo consueto report in cui ha delineato, con autorevoli infografiche e cartine tematiche da quelle della NASA a quelle di Copernicus, lo stato di salute del Pianeta. Al centro della sua analisi le cosiddette “frustate del clima”, cioè il passaggio repentino da prolungati periodi secchi a fenomeni temporaleschi estremi, con rimandi alle recenti alluvioni catastrofiche che hanno colpito l’Italia. A seguire l’intervento dell’arcivescovo di Torino Roberto Repole, in dialogo con il giornalista Luca Rolandi a introdurre il film d’apertura The Letter: a Message for Our Earth, diretto dal regista inglese Nicolas Brown e ispirato alla “Laudatosi’” di Papa Francesco.

Il Monsignor Repole ha ribadito come la questione ecologica sia prima di tutto una questione culturale e come nella nostra società consumista e individualista sia così difficile andare incontro ad un’alleanza tra i popoli che sia focalizzata sul benessere ambientale di ciascuno. Il film, girato anni dopo l’enciclica del pontefice del 2015, ovvero la “lettera” indirizzata a tutti gli abitanti del Pianeta sul tema dell’impatto sempre più allarmante dell’uomo sulla Terra, ha dato voce alle persone rimaste escluse nelle grandi conferenze sulla crisi globale. The Letter segue infatti le storie e il viaggio a Roma, su invito del Papa, di cinque persone simbolo delle vittime della crisi ambientale: un rifugiato climatico del Senegal, un leader indio dell’Amazzonia, una giovanissima attivista indiana, una coppia di scienziati statunitensi.

Dal loro dialogo con il Pontefice e dalle loro testimonianze emerge il quadro vivido della crisi planetaria e della sofferenza della Terra” con un’intensità nelle enunciazioni papali che rendono ogni giorno più impellente il suo appello a prenderci cura della nostra casa comune.

Prima dell’anteprima nazionale a Torino, il film è stato proiettato alla COP 27, al World Economic Forum di Davos, in svariati festival internazionali e in oltre 800 comunità in ogni angolo del Pianeta, e sostenuto da personaggi del mondo dello spettacolo come Leonardo Di Caprio e Arnold Schwarzenegger.. “Anche noi vogliamo contribuire alla massima diffusione di un film che ovunque ha dimostrato di avere un enorme potenziale nello scuotere le coscienze, riuscendo, in molti casi, in tanti luoghi a rischio, a innescare concrete iniziative a lungo termine in difesa dell’ambiente” ha sottolineato il direttore del Festival Gaetano Capizzi.

GIULIANA PRESTIPINO

Informazioni

L’ingresso e l’accesso a tutti gli eventi del Festival sono gratuiti. Sedi delle proiezioni e iniziative: Torino: Cinema Massimo – Museo Nazionale del Cinema, via Giuseppe Verdi 18, tel. 011 8138574; Mole Antonelliana, via Montebello 20; Palazzo del Rettorato dell’Università di Torino, via Po 17; Piazzetta Real

Qualità dell’aria e siccità, la situazione migliora in Piemonte

MIGLIORA LA QUALITA’ DELL’ARIA NEI PRIMI MESI DEL 2023, PRIMA DELL’ARRIVO DELLA PIOGGIA CHE HA ANCHE QUASI AZZERATO DEFICIT IDRICO

 

Il presidente Alberto Cirio e l’assessore all’Ambiente Matteo Marnati alla presentazione della Relazione sullo Stato dell’Ambiente: «Misure per 470 milioni già nel 2023. Risorse anche dai fondi europei della programmazione 2023-2027, triplicate rispetto a 2014-2021»

Quasi azzerato il deficit di piogge e migliorati i dati della qualità dell’aria: questa l’anteprima 2023 sullo stato dell’ambiente in Piemonte in occasione della presentazione della Relazione sullo stato dell’Ambiente in Piemonte, redatta da Arpa e Regione Piemonte.

Per quanto riguarda la siccità, le piogge del mese di maggio – più di 230 millimetri – hanno permesso di recuperare, quasi del tutto, il deficit di pioggia: nel periodo gennaio-aprile 2023 il deficit era a -50%, ora, grazie alle precipitazioni delle ultime settimane, si è arrivati a -7%, grazie ad un +90% della media di precipitazioni del mese di maggio registrate dal 1991.

Sul fronte della qualità dell’aria, il 2023 fotografa, nei primi cinque mesi dell’anno, un miglioramento dei dati relativi al PM10 e anche della concentrazione degli ossidi di azoto rispetto allo stesso periodo del 2022. In particolare, nella stazione di Torino Rebaudengo, nel 2023 le giornate di sforamento sono state 40, mentre nel 2022 erano state 49. Si tratta di periodi del tutto sovrapponibili, perché l’ultimo sforamento nel 2022 era stato il 25 marzo, e nel 2023 il 22 marzo, in entrambi i casi dopo mesi di siccità.

Al miglioramento della qualità dell’aria hanno contribuito le misure messe in atto dalla Regione: nella programmazione 2023-2027 dei FESR, Fondi Europei di Sviluppo Regionale, ha previsto lo stanziamento di 475 milioni di euro per la transizione ecologica, oltre il doppio rispetto programmazione precedente, quando per questa voce c’erano 181 milioni. Anche nella programmazione 2023-2027, del Psr, il Programma di Sviluppo Rurale, ci sono 73,2 milioni di euro, mentre tra il 2014-2022 erano 64,3.

Nel 2023 la Regione lavora su 470 milioni di euro, da varie fonti di finanziamento, per il miglioramento della qualità dell’aria, per i trasporti, per l’efficientamento energetico, le green community e l’idrogeno.

Per quanto riguarda i trasporti, sono stati acquistati, con 36 milioni di euro del Ministero dell’Ambiente, 145 nuovi pullman e altri 488 con 78 milioni di euro provenienti da vari fondi.

Altri 100 mezzi sono in arrivo, entro il 2026, con le risorse di completamento del Pnrr (29 milioni).

I 5,3 milioni di risorse regionali hanno già consentito di sostituire 317 veicoli commerciali di imprese e privati inquinanti con mezzi green; grazie a 1,4 milioni sono state acquistate oltre 700 stufe a basso impatto ambientale, e 3,1 milioni sono in campo per favorire progetti di mobilità sostenibile in città.

«Abbiamo triplicato le risorse rispetto al passato perché quella della tutela dell’ambiente e della qualità dell’aria è una partita nella quale non c’è tempo da perdere – spiega il presidente della Regione Piemonte, Alberto Cirio – i dati del 2023 sono migliori rispetto a quelli del 2022 e questo è per noi stimolo per proseguire sulla strada intrapresa e premere sull’acceleratore delle misure a favore dell’ambiente. Per farlo abbiamo previsto risorse, per sostituire i mezzi pubblici, per aiutare i privati ad acquistare auto a ridotto impatto ambientale e sostituire gli impianti di riscaldamento. E’ vero che la conformazione geomorfologica del Piemonte non ci aiuta, ma questo non può essere un alibi, deve anzi uno stimolo a proseguire su questa strada e fare meglio».

«Il primo obiettivo che ci siamo dati al momento del nostro insediamento, nel 2019, è stato quello di aggiornare tutti i piani relativi alle questioni ambientali ed energetiche che erano fermi da anni – ha commentato l’assessore all’Ambiente Matteo Marnati – E li abbiamo fatti tutti: dal nuovo Piano di Tutela delle Acque, fermo al 2007,  al Piano Energetico Ambientale, datato 2004, passando per l’approvazione della nuova Strategia di Sviluppo Sostenibile all’approvazione del primo stralcio della Strategia Regionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici e da ultimo, ma non ultimo, il nuovo Piano di Gestione dei Rifiuti Urbani, con nuove grandi sfide. I primi 200 milioni di euro, una prima parte dei Fondi Europei di Sviluppo Regionale sono già stati destinati all’ambiente e alla competitività e prevedono azioni ad ampio raggio che spaziano dal miglioramento dell’efficienza energetica delle imprese ad interventi di sistemazione idrogeologica, per promuovere l’adattamento ai cambiamenti climatici, la prevenzione del rischio di catastrofe, la resilienza, tenendo conto degli approcci ecosistemici, e interventi finalizzati ad aumentare la resilienza dei territori fluviali al cambiamento climatico». E sulla siccità: «la pioggia è arrivata, l’agricoltura tira un respiro di sollievo ma non dobbiamo abbassare la guardia, dobbiamo lavorare per ridurre la dispersione idrica mentre in parallelo è già partita la strategia per la creazione di nuovi invasi».

«I dati – sottolinea il direttore generale di Arpa Piemonte, Secondo Barbero – indicano che il 2022 è stato l’anno più caldo mai misurato, con un’anomalia positiva di 1,5 °C rispetto alla temperatura media del Piemonte, e il più secco con -45% delle precipitazioni medie annuali. Con le piogge dell’ultimo mese di maggio e i primi giorni di giugno,  con precipitazioni medie di circa 230 mm di pioggia, il deficit del 2023 è quasi completamente recuperato e le portate dei fumi sono tornate nella norma -spiega Secondo Barbero direttore generale di Arpa Piemonte –  Per quanto riguarda la qualità dell’aria i dati del Pm10 nei primi 5 mesi dell’anno,  se paragonati ai primi 5 mesi del 2022 hanno valori inferiori sia come concentrazioni medie che come numeri di giorni di superamento».

A questo link è disponibile la sintesi della Relazione sullo Stato dell’ambiente

https://relazione.ambiente.piemonte.it/2023/it

L’attualità di CinemAmbiente

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Si svolgerà dal 5 all’11 giugno l’edizione numero 26 del Festival “CinemAmbiente”. Il via non a caso il 5 giugno giornata mondiale dell’ambiente. Un Festival condotto dal direttore Gaetano Capizzi, che fin dalla sua nascita, ha con i suoi film focalizzato l’attenzione sulle tematiche ambientali. Mai come in questo periodo con i suoi lungometraggi e cortometraggi fa riflettere pensare ed agire sulla stretta attualità della crisi climatica. Novità di quest’anno oltre alle proiezioni gratuite del cinema Massimo, vi saranno eventi sparsi tra piazzetta Reale e il cortile del Rettorato dell’Università. Debutto lunedì 5 alle 20 con protagonista papa Francesco introdotto dall’arcivescovo Roberto Repole e preceduto da il Punto di Luca Mercalli. Intitolato “The Letter: a Message for Our Earth” di NicolasBrown, ispirato dall’enciclica di papa Francesco “Laudatosi”. Domenica 11 alle 19 chiusura con premiazione alla Mole. Vi saranno 82 pellicole provenienti da 38 paesi dei 5 continenti divise tra documentari cortometraggi e nelle 2 non competitive Panorama e Made in Italy. Tanti ospiti tra cui l’attore Andrea Pennacchi a cui verrà consegnato il ciak verde. Il regista russo Victor Kossakovsky insignito del Premio Stella della Mole 2023. Due masterclass. Una affidata al regista cileno Pablo Larrain e l’altra a Kossakovsky. Un Festival con 320 mila euro a disposizione. I biglietti per le proiezioni saranno distribuiti al cinema Massimo.

Pier Luigi Fuggetta

Spazzare 200 kg di mozziconi per aiutare a pulire la Terra

Rimuovere da terra oltre 50mila mozziconi di sigaretta, pari a 200 chilogrammi, in 100 appuntamenti in tutta Italia, di cui 5 anche in Piemonte. È con questo ambizioso obiettivo che Plastic Free Onlus, l’organizzazione di volontariato impegnata dal 2019 nel contrastare l’inquinamento da plastica, celebra la Giornata dell’Ambiente 2023 nel weekend del 3-4 giugno. La finalità è quella di sensibilizzare tutti i cittadini, e in particolar modo i fumatori, sul corretto smaltimento e sui rischi connessi all’inquinamento e alla salute dell’incivile gesto di gettare per terra i mozziconi. I volontari di Plastic Free saranno in azione sabato 3 ad Alpignano (TO) e domenica 4 a Torino, Dronero (CN), Novara e Cerano (NO).

In Italia si stima che ogni anno finiscano nell’ambiente 14 miliardi di mozziconi di sigarettedichiara Luca De Gaetano, presidente di Plastic Free OnlusAll’interno di ognuno ci sono 4.000 sostanze chimiche, molte delle quali tossiche e cancerogene, compresi arsenico, formaldeide, ammoniaca, acido cianidrico e nicotina. Queste tossine danneggiano gravemente gli ecosistemi marini e rappresentano un rischio anche per i più piccoli che, inconsapevolmente, possono mettere in bocca un mozzicone lasciato per terra in un parco o su una spiaggia”.

Si stima che circa il 65% dei fumatori non smaltisca correttamente i mozziconi delle sigarette, così oggi una grande quantità invade fiumi, coste e spiagge finendo inevitabilmente in mare. Scambiati per cibo, vengono inghiottiti da uccelli, pesci, tartarughe e altri animali marini, che possono arrivare anche a morire a causa di avvelenamento da tossine o soffocamento. Inoltre, le nanoplastiche contenute al loro interno impattano negativamente nella catena alimentare. Basti pensare che la quantità di polveri sottili prodotte da una locomotiva sono pari a quelle rilasciate da 5 sigarette nello stesso lasso di tempo.

In pochi anni, grazie ai nostri 250mila volontari, abbiamo rimosso dall’ambiente oltre un milione di mozziconi di sigarette durante le tante iniziative sul territorio nazionale prosegue il presidente De GaetanoUn argomento che ci sta molto a cuore e che abbiamo inserito nella mozione Plastic Free presentata alla Camera lo scorso 30 maggio, dove chiediamo la creazione di smoking area per il rispetto dell’ambiente e delle persone, risorse per enti e associazioni per contrastare il fenomeno con controlli e sensibilizzazione nonché l’inasprimento delle multe per i trasgressori”, conclude.

Scopri gli appuntamenti su www.plasticfreeonlus.it

Una nuova valutazione ambientale strategica

Conclusa il 4 maggio la discussione generale, si è proceduto all’esame dell’articolato con l’approvazione di 13 emendamenti. Quelli presentati dalla Giunta regionale e dal consigliere Valter Marin (Lega), sono volti a precisare meglio il testo, in linea con la ratio semplificatoria del Ddl. Due delle richieste di modifica approvate sono state invece presentate da Giorgio Bertola (Ev) con lo scopo di accogliere alcune osservazioni formulate dalle associazioni ambientaliste. Relatori del provvedimento sono Matteo Gagliasso (Lega) e Bertola.

Poco prima, in congiunta con la terza, è stato espresso parere preventivo favorevole alle delibere della Giunta regionale che dichiarano “la non sussistenza di un prevalente interesse pubblico ad un uso diverso delle acque”, nel caso si rinnovino, con gara ad evidenza pubblica, le concessioni scadute di grande derivazione idroelettrica, rispettivamente, sull’asta del Torrente Orco e dell’impianto Po Stura – San Mauro.

Il Ddl, per poter approdare in Aula, dovrà passare in prima Commissione per il parere sulla norma finanziaria.

Alpinia, la storia del giardino di piante alpine e di montagna

Le piante e i fiori per l’uomo hanno sempre rappresentato qualcosa di molto importante

 

Inizialmente erano l’espressione della natura in cui poteva riconoscere un interesse pratico, concreto: erano le piante (alimentari, medicinali o tessili) che lo aiutavano a vivere, cibarsi, curarsi, vestirsi. Alcune piante erano considerate “magiche” e rappresentavano un punto di vista religioso rilevante. Con il passare del tempo furono costruiti i primi giardini botanici, per piacere estetico e puro spirito di ricerca, senza nessun legame con le eventuali applicazioni pratiche delle loro proprietà. Questi giardini erano luoghi frequentati per imparare a riconoscere le piante tant’è che, attraverso la testimonianza di Diogene Laerzio, si è saputo che Teofrasto aveva fondato ad Atene, a questo scopo, un giardino botanico. Dai giardini pensili di Babilonia ai giorni nostri, per varie fase e con tecniche e finalità diverse, il giardino è diventato uno degli ambienti che hanno accompagnato le varie civiltà. Una delle forme più originali è quella del “ giardino di piante alpine e di montagna”. In Italia il giardino alpino, in senso stretto, nacque nel 1897 con la fondazione di “Chanousia” sul Piccolo S.Bernardo e proseguì trentasette anni dopo, nel 1934, con l’apertura di “Duxia” (l’attuale “Alpinia”) sulle pendici del Mottarone, la “montagna dei milanesi” che domina Stresa, sulla sponda piemontese del lago Maggiore. In questo caso, si trattò – anche grazie alla non elevatissima ma pur sempre rispettabile altitudine d’Alpinia – di un felice compromesso tra un giardino roccioso (con funzioni estetico-decorative) e un giardino alpino (dove sono riunite specie floristiche proprie dei monti, a scopo di studio e conservazione).

Un balcone sul golfo Borromeo

L’orto botanico Giardino Alpinia, di fatto, è uno splendido balcone naturale sul golfo Borromeo del Lago Maggiore e, con gli anni, è diventato una meta irrinunciabile per il turista e per l’appassionato naturalista. C’è chi lo visita, e sono molti, solo per sostare al “Belvedere” – posto nel punto più alto e panoramico del giardino – e godersi lo spettacolo offerto dalla vista che si perde sul lago Maggiore verso Luino e la sponda lombarda, sul golfo Borromeo e le sue isole, sul lago di Mergozzo e sul semicerchio di oltre 150 chilometri di montagne, dalla cima del Fletschhorn alla Zeda, dal Limidario allo Spluga, dal Bernina al monte Generoso fino alle prealpi lombarde. Non vi è dubbio che il verdazzurro del contrasto tra boschi, prati e lago crea una suggestione del tutto particolare. Ma ad Alpinia si va anche per ammirare, passeggiando nei viali, le specie botaniche, soprattutto alpine, che vivono in aiuole e terrapieni. Alpinia è collocato a circa 800 metri d’altitudine, in territorio di Stresa, appena dopo la località “Alpino” di Gignese ed è raggiungibile agevolmente e comodamente sia passando da Gignese e salendo le curve nervose che portano sulla strada che conduce alla vecchia via “Borromea”, sia con la funivia che dal Lido di Carciano a Stresa raggiunge la vetta del Mottarone, fermandosi alla stazione intermedia, che dista poche centinaia di metri dall’entrata del giardino. Sorto per tutelare dall’interesse privato la sua affascinante posizione panoramica, è stato il secondo giardino botanico alpino fondato in Italia, dopo quello di Chanousia in valle d’Aosta. La fruibilità dell’area nuova del giardino (i due ettari d’ampliamento “sotto” l’area storica, che anni fa hanno consentito il raddoppio della superficie del giardino, oggi di 4.000 mq) ha reso possibile la realizzazione della passeggiata sul nuovo percorso, permettendo di visitare questa parte d’Alpinia che è stata espressamente dedicata alle specie autoctone, alla flora spontanea del Mottarone, realizzando così una saldatura con la parte storica del giardino dove dimorano le essenze botaniche più pregiate. In aggiunta venne predisposta anche un’area umida con tutte le essenze acquatiche.

“Tanto magro era il suolo, quanto pregiato era l’ambiente”

Nei primi anni ‘30, il terreno sul quale sorge Alpinia era incolto e quasi improduttivo per la sua natura acida e silicea. Eppure, tanto magro era il suolo quanto pregiato era l’ambiente, grazie soprattutto alle visioni panoramiche di grande ampiezza e bellezza. “In quegli anni – scriveva l’Ambrosini nel 1953 – una sola panchina di legno grezzo, su un dosso a 800 metri d’altitudine, prospiciente il gran quadro del bacino centrale del Lago Maggiore, era quanto di turistico esisteva in posto; vi si giungeva per mezzo di uno stretto sentiero tra ginestre e felci. Quello era il “belvedere” e si sapeva che da quel posto, nel gran silenzio dell’isolamento dal resto del mondo, la vista poteva spaziare su laghi e monti fino a più di centocinquanta chilometri di lontananza “. Il terreno era comunale ma vi furono dei privati che pensarono che lassù potesse sorgere una bella villa, con una vista da sogno. Per non dar nell’occhio, furono offerti venti o trenta centesimi al metro quadro. Appena si seppe della proposta, scattò l’allarme e un ristretto gruppo di “innamorati della montagna “ (come li definì Ambrosini) chiese all’allora Podestà di Stresa di non vendere la località ai privati per conservarla al godimento pubblico. E fu lanciata l’idea: “Farne un giardino di piante alpine aperto a tutti”. Era appena uscito, in ristampa, un libro di Penzig e Fenaroli sulla flora alpina e i “buongustai della scienza gentile”, cioè la botanica, si entusiasmavano per il giardino alpino Chanousia, al piccolo S.Bernardo. In breve la proposta fu formalizzata e il 28 gennaio del 1934, accettata l’idea dal comune di Stresa, nell’aula di segreteria del Municipio, dall’iniziativa d’Igino Ambrosini e Giuseppe Rossi nacque Alpinia (che inizialmente si chiamò “Duxia”, poi ribattezzato “Alpinia” nel 1944). Avviatosi come iniziativa turistica, il progetto divenne anche botanico-forestale. Fu subito redatto il programma iniziale, quello che si può a buona ragione definire il “manifesto” d’Alpinia.

“E’ il più bel posto tra quanti ne vidi girando il mondo!”

“ L’iniziativa di ornare uno dei più bei posti panoramici del nostro paese, il Belvedere d’Alpino sopra Stresa con un giardino di piante alpine, ha i seguenti scopi: conservare al pubblico godimento un luogo di primissimo ordine che altrimenti avrebbe avuto la sicura destinazione a villa privata; dar vita, col giardino, ad un’opera di bellezza aristocratica e popolare insieme, istruttiva, educativa, ricreativa; offrire un ambiente di serena poesia che costituisca un importante richiamo turistico per i visitatori italiani e stranieri...”. La descrizione, più dettagliata, del giardino seguiva lo slancio di queste frasi ma soprattutto, nel concreto, (“con ben scarsa competenza ed esperienza”) prese forma il progetto. Dalla ditta Correvon di Ginevra furono acquistate un centinaio di specie di piantine tipiche delle Alpi. Il prof.Correvon non fece un grande affare con quella fornitura perché, per disporre le prime aiuole, mandò espressamente e gratuitamente suo nipote per insegnare come si doveva procedere e venne poi egli stesso in Italia, prima al giardino (e lo definì “ il più bel posto tra quanti ne vidi girando il mondo”) e poi a Milano, dove tenne una memorabile conferenza sotto gli auspici del Cav.Giuseppe Rossi, uno dei fondatori del Club alpino Italiano. Un evento che costituì l’inaugurazione ufficiale della fondazione d’Alpinia. Iniziatosi il giardino con una cinquantina di piante alpine, nei due-tre anni successivi le specie salirono di numero rapidamente, sfiorando le 500, in gran parte molto preziose, dono di Chanousia, il giardino alpino del Piccolo S.Bernardo, unico all’epoca in “funzione” in Italia, dov’era custode il prof. Lino Vaccari, continuando in alta quota (tra Valle d’Aosta e Savoia, a 2170 metri) l’opera dell’abate Pietro Chanoux.Un passo alla volta continuarono le semine, le piantagioni, le erborizzazioni e – in pochi anni – Alpinia raggiunse le 2500 specie (delle quali 200 di piante officinali – con la campionatura di pressoché tutte le specie che riescono a vivere all’aperto in un clima temperato piuttosto freddo – e 150 arboree).

 

La collina brulla iniziò a fiorire..

Il lavoro mutò il panorama della collina brulla: nei 12.ooo metri quadrati recintati furono disposte scogliere e aiuole, ruscelletti e cascatelle, prati e macchie di bosco. Il giardino fu aiutato,Chanousia a parte, da molti orti botanici universitari che inviarono semi e piantine. E’ un lungo elenco, che si snoda tra Parigi, Coimbra, Losanna, Basilea, Ginevra, Dublino, Graz, Uppsala, Stoccolma, Glasgow, Copenaghen, Cambridge, New York, Vienna, Edimburgo e ancora Pavia, Torino, Sanremo, Firenze, Genova, Napoli, Palermo, Villa Taranto a Pallanza. Una vera e propria “gara di cortesia e altruismo in onore della scienza” che fu per anni a senso unico, con Alpinia che “riceveva senza poter contraccambiare” ma che vide poi, alla fine degli anni ‘40, anche il giardino affacciato sul lago Maggiore partecipare attivamente agli scambi, entrando nell’elenco dei donatori d’altri orti botanici. La crescita d’Alpinia, in quegli anni, fu impetuosa. Le piante e i fiori non seguirono un itinerario prestabilito, suddiviso per specie e classificazioni, ma si badò di più all’estetica, al piacere di stupire il visitatore con i lampi cromatici delle fioriture stagionali. Si prestò molta attenzione alle erbe alpine, alle piante pioniere, belle e tenaci. Una filosofia, che venne riassunta da Ambrosini in un rustico cartello, posto all’entrata del giardino: “ Non cercare qui, visitatore, vegetazioni di lusso, fiori doppi, disposizioni sapienti. Questo è un giardino di piante alpine, minuscole, feconde, frementi di vitalità, come offre natura”. Un risultato veramente straordinario, che valse l’approvazione, l’aiuto e la medaglia d’argento del Ministero per l’Agricoltura e foreste. Igino Ambrosini aveva compiuto, con i suoi collaboratori, un miracolo, che descriveva così:“..le piante alpine, con le loro magnifiche fioriture ed il loro modo di vivere, raccolgono sempre l’incantata ammirazione dei visitatori e sono per quanto possibile in aiuole, rocce , scogliere, ruscelli, il che costituisce pure una singolarità del giardino” . In quegli anni si erano succedute anche alcune coltivazioni (l’orto di Guerra, ndr) di piante alimentari e industriali. Venne dimostrata, ad esempio, la possibilità della coltivazione in luogo della valeriana, della digitale, lavanda e cumino. E, com’era inevitabile, non mancarono per altre specie di piante i risultati negativi, seppur “ugualmente istruttivi”.

“Portentoso calmante per lo spirito in questi tempi turbinosi”

Agli inizi del gennaio 1944, in piena guerra, cogliendo l’occasione del “decennale” del giardino, la Commissione Direttiva , presieduta da Giuseppe Rossi e composta da Ambrosini e Rovelli, tirò le somme di un primo bilancio, ammettendo innanzi tutto che il giardino “ha sempre presentato un notevole interesse turistico e scientifico: molto maggiore il primo,più contenuto il secondo”. Il giardino alpino “Duxia” svolgeva anche un’azione di “portentoso calmante per lo spirito in questi tempi turbinosi”. I numeri parlavano di un successo: 86.862 visitatori in dieci anni,con una media di dodicimila all’anno in tempo di pace e cinquemila in tempo di guerra. Di questi visitatori, in tempo di pace, 900 all’anno erano stranieri. Allora le automobili che affluivano al giardino, arrancando sui tornanti che da Baveno e Stresa salivano all’Alpino erano circa 1200 all’anno. I costi di “impianto” e manutenzione del giardino furono contenuti in 154.802 lire e …5 centesimi, ripianati dai contributi del Comune di Stresa (proprietario, tra l’altro, del terreno) e di vari enti e privati. La Commissione non mancò, nella relazione, di rilevare come “ gli Enti che ci hanno sussidiato hanno compiuto un eccellente affare sia per l’attività turistica che il giardino ha permesso di svolgere, sia perché esso ha valorizzato in modo cospicuo i terreni circostanti, in pratica per qualche milione di lire”.

Il dopoguerra e il “salotto” d’Alpinia

Nel 1946 Alpinia segnò una notevole ripresa. I visitatori furono 8942 in confronto dei 4215 del 1945 e dei 12 mila d’anteguerra. Il 31 gennaio 1947, nella sua “Relazione sull’attività d’Alpinia durante il 1946”, la Commissione Direttiva, presieduta da Giuseppe Rossi e composta da Ambrosini e Rovelli, scriveva: “Tra i motivi di soddisfazione, oltre alle consuete manifestazioni di simpatia dei visitatori, segnaliamo l’intensificata corrispondenza con Istituti nazionali e stranieri; gli scambi di semi e piantine con Istituti esteri;le richieste avute da amatori intenzionati di dar vita ad altri giardini alpini; le visite d’alte autorità governative, scientifiche, turistiche; l’aver ospitato artisti di buon nome per riprese cinematografiche; l’essere stato oggetto di citazione in numerose pubblicazioni”. L’eccezionale vista panoramica che si godeva dal “belvedere”, dove fu costruita una capanna, il “salotto d’Alpinia”, dotata di un potente cannocchiale, la raccolta di una moltitudine d’essenze botaniche e l’acqua oligominerale di sorgente furono gli “ingredienti” del successo e il giardino divenne meta di moltissimi visitatori. Nel 1953 sorse , all’entrata, la “casa d’Alpinia”. Igino Ambrosiani, insieme all’associazione degli “amici d’Alpinia”, presieduta da un infaticabile divulgatore delle bellezze botaniche come il professor Albano Mainardi, rappresentarono per molti anni il braccio operativo, colto e appassionato, che fece crescere “Alpinia” in valore e prestigio. E fu proprio Mainardi a ricordare come “ i fondatori non ne fecero un “orto botanico” con rigide , scientifiche divisioni per famiglie, provenienze, terreni adatti. Finalità principale è stata quella di far conoscere ed amare, senza pesantezze, una serie di vegetazioni in modo che il visitatore generico, quando girerà per i monti, le riveda, le riconosca e le rispetti, e “l’amateur” non più profano possa, nella sintesi del giardino, salutarle come vecchie conoscenze e rinsaldarne l’amicizia”.

“Ogni filo d’erba ha la sua storia da raccontare”

In quegli anni Ambrosini pubblicò “Alpinia intimo”, un utilissimo e documentato tascabile, una sorta di trattato di “botanica leggera”. Il volumetto si soffermava anche sulle virtù salutari d’alcune erbe officinali che “oggi ridivengono attuali di fronte a questo pover’uomo contemporaneo, obbligato per fuggire ai suoi mali, ad ingurgitare passivamente pastiche, vitamine, ormoni, antibiotici, sonniferi, ansiolitici, analgesici e antistaminici”. L’anima del giardino era condensata in questo “flash” d’Ambrosini che,   ispirandosi alla memoria dello scrittore Amiel, scrisse “..ogni filo d’erba ha la sua storia da raccontare”. Sono le “creature” che amava crescere e che descriveva come “piccole, minuscole piante “tutto fiore”, avvinghiate da robuste radici alla terra, ma capaci coi loro minuscoli e vitalissimi semi di disseminarsi ovunque, portati dal vento, uncinarsi a nuova terra, conquistarla, germogliarvi, moltiplicarsi. Piantine minuscole, non flaccide, capaci di vivere sul magro, unite strette per difendersi, organismi di lunghissima vitalità che sanno – con cento mezzi – nutrirsi e mantenersi sani, senza l’assistenza dell’uomo e senza alimentazioni pletoriche; esseri che cedono alla carezza dell’aurora mattutina ma non temono la bufera; che si muovo senza darlo a vedere, che utilizzano la collaborazione altrui e la compensano traendo beneficio; generazioni d’aristocrazia millenaria, depositarie di segreti e di misteri. Piantine che camminano in cerca di nutrimento, che emettono anche dai rami, radichette laddove sentono che vi è alimento o sostegno; che si difendono con spine, peli, ragnatele, verniciature, veleni; che girano il fiore in cerca di luce ed il seme in cerca di terra; che impazziscono per azione di parassiti; ma soprattutto di mostrano frementi nell’attività riproduttiva”.

Drosera e Parnassia, una tenera “associazione a delinquere”

Alcune di queste piantine sono talmente minuscole che occorre osservarle con la lente e, conoscendole, non mancano di stupire. E’ il caso della Drosera rotundifolia, pianta carnivora, e della Parnassia che vivono l’una accanto all’altra in una specie di simbiosi o, se vogliamo, in una vera e propria “associazione a delinquere”. La Parnassia, col suo bianco flabello richiama i piccoli insetti che, posandosi anche sulla Drosera, ne sono da questa invischiati, asfissiati e poi digeriti. Nello stesso tempo, la Parnassia – complice della “killer” – cacciando le sue radichette sotto la Drosera, succhia quei sali minerali che alla vicina (nutrendosi specialmente di sostanze organiche) non interessano.

Il declino e la “svolta” del 1977

Dopo molti anni difficili e bui, seguiti al ritiro d’Igino Ambrosini dalla carica di Direttore, con il rischio che tutto andasse in malora e che Alpinia imboccasse la via del degrado ambientale, dell’incuria e dell’oblio,ci fu la svolta del 1977. La fase di rinnovamento coincise con la nuova gestione del giardino, assunta da un consorzio d’enti pubblici guidato dall’allora Comunità montana Cusio-Mottarone. Su Alpinia, gradualmente, si riaccesero i riflettori. Aiuole e roccere tornarono ad essere curate e le poche decine d’essenze sopravvissute ricevettero nuove cure e attenzioni. Il passo decisivo, dopo questi primi interventi, avvenne con il progetto degli architetti paesaggistici Giacomo Prini e Patrizia Pozzi. L’area del giardino si ampliò, raddoppiando. Furono aperti nuovi percorsi e sentieri, creando la zona umida a nord, aumentò il patrimonio vegetale con nuove essenze arbustive, arboree ed erbacee. Gli sforzi degli enti che gestirono il giardino, accompagnati dalla passione e competenza del giardiniere-custode Michele Ferrier, fecero “rifiorire” Alpinia.

Le mille specie d’Alpinia

Questa è, in sintesi, la storia di questa straordinaria realtà, tutt’oggi meta – da aprile a metà ottobre – di decine di migliaia di visitatori. La “filosofia” di Ambrosini, nel tempo, è stata rispettata. Infatti, il successo di un giardino come Alpinia deriva da questa mescolanza di specie diverse: erbe, felci, bulbose, licheni, piante legnose, arbusti, provenienti da regioni e habitat differenti, da aree geografiche in quota non solo sulle Alpi ma anche in zone più remote ed esotiche, dagli Urali al Giappone, alla catena Hymalaiana. Piante diverse ma unite dall’obiettivo comune di dare senso e immagine al giardino e da caratteristiche morfologiche abbastanza simili. Una delle prime, e più ardue difficoltà nella formazione di un giardino roccioso alpino come questo consiste nella conoscenza delle esigenze delle piante, la cui sopravvivenza è strettamente legata alla specificità degli elementi naturali. La natura del suolo per l’apparato radicale e gli elementi nutritivi, le proprietà chimiche del terreno, le necessità d’acqua e di drenaggio, l’esposizione alla luce del sole e il riparo dai venti: nulla è lasciato al caso e le scelte sono frutto di tecniche, esperienza, ripetuti tentativi e sperimentazioni, successi e fallimenti. Una delle caratteristiche d’impianto adottate ad Alpinia è stata quella delle “aiuole rialzate”, che propongono due vantaggi. Innanzi tutto, sopraelevando il suolo dell’aiuola dal terreno naturale si ottiene un drenaggio più efficace e , in secondo luogo, con materiale di riempimento molto differente rispetto alla composizione del terreno, si possono assicurare alle piante tutti gli elementi minerali più opportuni per la loro crescita. Attualmente le aiuole e le roccere d’Alpinia ospitano centinaia di specie, appartenenti ai vari generi di piante alpine. Fra i gerani (geranium) ci si può sbizzarrire: dai più comuni come i geranium sanguineum al geranium platypetalum, nativo del Caucaso, alto circa 30 cm e capace di formare masse compatte di foglie lobate e magnifici fiori azzurri-purpurei del diametro di 4-5 cm, che si aprono in successione. Altro genere tipicamente alpino è quello dei garofanini (Dianthus), che spesso nell’ambiente montano costituiscono formazioni a tappeto o a “monticello”, con foglie lineari, fusti eretti e petali profumati e multicolori. Le diverse specie di campanule sono una delicata e affascinante presenza ad Alpinia: dalla più comune Campanula Medium, biennale sudeuropea di media altezza, a piante d’assoluta rarità come la Campanula Marchesettii, pianta endemica dei boschi del Trentino. Si trovano piante ornamentali come il mediterranei lino giallo, il talittro (Thalictrum aquilegifolium) con i suoi fiori formati non da petali ma solo da organi sessuali, la celebre stella alpina (Leontopodium alpinum) dalle strane e singolari brattee biancastre, ai gigli. L’elenco può essere lunghissimo, quasi interminabile, di piante che le montagne crescono, esibiscono e, a volte, nascondono. Appare evidente anche al profano come il “valore” di un Orto Botanico sia determinato dal numero delle specie che ci vivono. Per una buona germinazione delle due semine annuali, autunnale e primaverile, le terrine sono poste nel semenzaio, in un lettorino freddo e , successivamente, la plantula è invasata singolarmente o a mazzetti. Così, al riparo in un tunnel ombreggiato fino alla crescita, si consente un sicuro trapianto a dimora. Questo lavoro ha permesso nel tempo di arricchire Alpinia di molte nuove specie, tra le quali un certo numero arbustive. In questo modo si passò dalle 400 specie del 1987 alle circa mille attuali con l’obiettivo , molto ambizioso ma non impossibile, di tornare alle quasi duemila del 1953.

Una “vetrina” sui fiori, tra lago e montagna

Alpinia, negli anni a venire, dovrà essere sempre più un museo a cielo aperto, un laboratorio di conoscenze botaniche, una “vetrina” sui fiori montani, collegandolo alle migliori tradizioni floricole del lago maggiore che,in tutto il mondo, è conosciuto per le sue produzioni d’acidofile, in particolare azalee e rododendri. Un progetto meno ambizioso di quanto possa apparire e comunque “ in linea ” con quanto aspirano i tanti che, dopo aver percorso i viali d’Alpinia, manifestano il loro entusiasmo per aver potuto godere di quest’angolo di natura sulle pendici del Mottarone, tra l’azzurro del lago e quello del cielo.

Marco Travaglini