AMBIENTE- Pagina 108

“Un ennesimo regalo ai cacciatori”

Riceviamo e pubblichiamo / CACCIA:   LA REGIONE LIBERALIZZA PER I CACCIATORI LE STRADE INTERDETTE PER RAGIONI AMBIENTALI

“Ennesimo regalo ai cacciatori dalla maggioranza di centrodestra che determinerà l’aumento esponenziale dei danni all’agricoltura”

 

Il Tavolo Animali & Ambiente, cui aderiscono le Associazioni ENPA, LAC, LAV, Legambiente L’Aquilone, LIDA, OIPA, Pro Natura e SOS Gaia, apprende con sgomento che il Consiglio regionale del Piemonte ha approvato con i voti della maggioranza di centrodestra filovenatoria la  proposta di legge 41 che prevede l’utilizzo di mezzi motorizzati su strade interdette per ragioni ambientali, (particolarmente fragili quelle di montagna), non solo ai soggetti incaricati ad esercitare operazioni di controllo faunistico, ma anche ai cacciatori.

Come ormai tutti sanno, tranne i nostri amministratori regionali (o fingono di non sapere), la caccia è la prima causa dell’aumento dei danni alle produzioni agricole e degli incidenti stradali.

Pensare di favorire il contenimento dei cinghiali attraverso la possibilità offerta ai cacciatori di accedere alle strade interdette per ragioni ambientali modificando la L.R.n.32/1982 che regola la conservazione del patrimonio naturale e dell’assetto ambientale è perlomeno illusorio.

Le mute di cani utilizzati dalle squadre di caccia al cinghiale, oltre ad avere impatti importanti sulle altre specie selvatiche, stanano i gruppi di cinghiali dalle aree boscate dove non causano danni e ne determinano la dispersione sul territorio. I cacciatori abbattono solitamente gli esemplari adulti di maggiori dimensioni perché producono una maggiore quantità di carne. Gli esemplari giovani vengono raramente presi di mira perché saranno le prede dell’anno seguente. Il branco è abitualmente condotto dalla femmina anziana (quella di maggiori dimensioni) che solitamente è tra le prime vittime. Essa, con messaggi ormonali, riesce a regolare quella che gli studiosi chiamano “sincronizzazione dell’estro” delle femmine giovani.  La sua uccisione determina la destrutturazione del branco, la dispersione dei giovani, la formazione di nuovi branchi e l’anticipazione del periodo fertile dei soggetti giovani.  La specie aumenta il tasso riproduttivo e compensa in breve tempo le perdite con il risultato che il  numero complessivo  degli animali aumenta invece di diminuire.

All’aumentare degli abbattimenti aumentano proporzionalmente  anche i danni.  

La Regione ha così anteposto il divertimento e “l’occupazione militare” del territorio da parte di una minoranza armata agli interessi dei coltivatori e di tutti gli altri cittadini.

Con la dispersione dei cinghiali causata dalla caccia e dalle attività di controllo aumentano gli attraversamenti stradali e gli incidenti e i fenomeni di colonizzazione delle aree periurbane e urbane.

Proprio lo scorso 20 giugno 2020 il “Tavolo Animali & Ambiente” ha realizzato il convegno on line

“CINGHIALE è ora di cambiare. La parola alla scienza. Strategie diverse per una convivenza pacifica con la fauna selvatica” che ha ampiamente motivato il fallimento delle azioni di contenimento del cinghiale attraverso gli abbattimenti e illustrato quali dovrebbero essere le azioni corrette per affrontare il problema dei danni prodotti dalla specie.

Gli interessati possono rivederlo al link  http://www.animaliambiente.it/convegnocinghiale2020.html

Giova ricordare che il cacciatore è l’unico soggetto che non ha interesse a vedere ridotto il numero dei cinghiali sul territorio!

L’approvazione dell’ordine del giorno proposto dal Movimento 5 Stelle volto ad attivare “programmi di sperimentazione che permettano l’allontanamento e il contenimento degli ungulati con metodi innovativi non cruenti” suona come una presa in giro perché i metodi ecologici e preventivi sono previsti dalla legge, esistono e sono efficaci e dovrebbero essere anteposti agli abbattimenti.

Per il Tavolo Animali & Ambiente                                         

Roberto Piana

LAC – Lega Abolizione Caccia

Un grande investimento per i boschi di Pragelato

Ci scrivono Paola Borra e Valter Blanc, Consiglieri Comunali Pragelato

“Il finanziamento di 249 mila euro da parte della Regione Piemonte attraverso il PSR progettato dall’Ufficio forestale delle valli Chisone e Germanasca per la ‘prevenzione dei danni alle foreste da incendi, calamità naturali ed eventi catastrofici’ rappresenta una notizia indubbiamente importante per l’intero territorio di Pragelato. Le località interessate, secondo il progetto approvato e finanziato, sono molte e la finalità principale del progetto è quella di aumentare la funzione protettiva del bosco nei confronti di valanghe e lave torrentizie. Gli interventi sono localizzati in boschi di larice derivanti da vecchi rimboschimenti che, a causa del ritardo o carenza nelle cure colturali si presentano piuttosto fragili, tanto che in questi ultimi anni sono stati pesantemente colpiti da schianti a seguito di neve e vento. In particolare si provvederà alla rimozione del legname schiantato e di cui, per le difficili condizioni di accessibilità, non si è potuti intervenire con vendite o assegnazioni di fuocatico. L’intervento di rimozione sarà particolarmente concentrato ed accurato lungo le combe e gli impluvi. Al contempo, si procederà al diradamento dei tratti di lariceto più fitti al fine di favorire la crescita in diametro delle piante da rilasciare e quindi accrescere la stabilità sia dei singoli soggetti che del futuro popolamento.

Il progetto definitivo dovrà essere consegnato in Regione entro fine ottobre e si prevede quindi che, ottenute le prescritte autorizzazioni regionali, i lavori possano essere affidati nella primavera 2021, ed essere eseguiti entro l’autunno 2021”.

Ringraziamo l’Ufficio Forestale delle valli Chisone e Germanasca, con il coordinatore Paolo Maria Terzolo e tutto il team, che hanno lavorato per raggiungere questo prezioso ed efficace obiettivo.

Orbassano apre il parco Galilei

E’ stato inaugurato il Parco Galileo Galilei di Orbassano, una nuova area verde di circa 11.600 mq. realizzata nell’area compresa tra via Malosnà e via Riesi.
Il Parco rappresenta il Sistema Solare, con tanto di pianeti e del Sole: le strutture sono in proporzione tra loro e anche la distanza tra gli stessi è in scala.
All’interno del Parco vi è una tettoia sotto la quale è possibile consultare le spiegazioni grafiche e tecniche di quanto è installato nel parco.
Vi è inoltre un’ampia area cani, svariate panchine, numerose piante.
Molto suggestiva è l’illuminazione notturna, che rende davvero unico questo parco.
Ricordiamo che accanto al parco sorgerà la fermata della Metropolitana M2 (all’angolo del giardino verso piazzetta Peano).

“Questo Parco – ha spiegato il Sindaco, Cinzia Maria Bosso – rientra in un più ampio progetto di realizzazione di parchi di grandi dimensioni, dislocati in più punti dell’abitato e finalizzati al miglioramento della qualità della vita degli orbassanesi fornendo loro ampi spazi all’interno della città. L’obiettivo, ampiamente raggiunto in questi anni, ha portato alla realizzazione di 5 nuovi Parchi cittadini, perfettamente integrati nel tessuto urbano e di comoda fruizione. Sono il Parco Primo Nebiolo (via Circonvallazione Interna), il Parco dell’Orsa Minore (via Volturno), il Parco E. Vanzetti (strada Volvera), il Parco Arpini (piazza Svezia) cui si aggiunge il Parco Galileo Galilei. Una caratteristica importante di 4 parchi su 5 è stata la scelta di definire un tema che li caratterizzasse fornendo loro anche un aspetto didattico.
Voglio ricordare che questi cinque parchi sono stati realizzati grazie al finanziamento derivante dalle opere di compensazione del termovalorizzatore (TRM) di cui Orbassano fruiva di una quota importante e interamente dedicata ad interventi ambientali.

“Bloccati i progetti di riciclo rifiuti”

“Diversi progetti di riciclo di rifiuti risultano bloccati in Piemonte, in assenza d’una normativa regionale sulla Cessazione della qualifica di rifiuto (End of Waster). La legge nazionale prescrive che siano le Regioni a legiferare, altrimenti le singole Province non sono in grado di autorizzare i vari progetti”.

Questa la posizione del presidente del Coordinamento ambientalista rifiuti Piemonte (Carp), Fabio Tomei, nel corso dell’audizione in Quinta commissione in Regione a Palazzo Lascaris. Il presidente della stessa commissione ha garantito la massima attenzione sul tema da parte del Consiglio regionale.

La legge 128 del 2019 infatti, indica negli enti come Regioni e Province i soggetti per il rilascio delle autorizzazioni agli impianti di recupero rifiuti sulla base di propri procedimenti di autorizzazione.

Tra i progetti fermi in diversi passaggi autorizzativi in Piemonte ci sono quelli per la produzione di biometano da rifiuti a Vercelli, Castelletto Cervo, Cavaglià, Salussola e Orfengo e quello per la produzione di combustibile solido secondario (Css) di Silvano d’Orba.

“Il blocco di questi progetti e di altri analoghi nel prossimo futuro, costituisce un grave ritardo nell’avvio dell’Economia circolare, perché riguarda gli investimenti nel settore del riciclo dei rifiuti urbani e speciali non pericolosi con gravi conseguenze economiche e sanitarie” ha concluso Tomei.

Barbara Squillace (Rondissone), Alba Riva (Vercelli), Oscar Brumasso (Torino) e Isabella Silva (Silvano d’Orba) hanno portato la testimonianza dell’attività svolta dai loro Comitati e Associazioni su rispettivi territori, chiedendo alla Regione di legiferare sull’Eow, in particolare sui rifiuti organici speciali, in primo luogo sui fanghi da depurazione, definendo gli standard tecnici  di pre-trattamento di tali rifiuti.

Nel corso dell’audizione sono poi giunte le richieste di programmare le necessità del Piemonte riguardo gli impianti di riciclo dei rifiuti organici, sia urbani che speciali, stabilendo norme per scongiurare i pericoli  di esplosione e incendi degli impianti per biometano, disturbi da odori molesti, inquinamento delle acque potabili e il rischio di diffusione sul territorio piemontese di rifiuti nocivi non-pre trattati, soprattutto nei terreni agricoli e nei sottofondi stradali.

Nell’attesa di definire le linee guida, secondo Carp è necessaria una moratoria per autorizzare i nuovi progetti per biometano.

Sono poi intervenuti diversi consiglieri, dei Gruppi M5s, Lega e Fi per approfondimenti.

Il Poli studia le alluvioni degli ultimi 500 anni

Il Politecnico di Torino partecipa al progetto di ricerca internazionale condotto dall’Università Tecnica di Vienna (TU Wien) che dimostra per la prima volta che le caratteristiche delle piene fluviali degli ultimi decenni sono diverse da quelle dei secoli precedenti

 

 Le piene fluviali possono causare problemi enormi: in tutto il mondo, il danno annuale causato dalle alluvioni è stimato in oltre 100 miliardi di dollari e continua a salire. Finora non è stato però possibile dimostrare scientificamente, secondo una prospettiva a lungo termine, se l’Europa sia attualmente in un periodo particolarmente ricco di piene fluviali.

Il professor Günter Blöschl della Università Tecnica di Vienna (TU Wien), esperto austriaco di rischio idraulico, ha condotto un ampio studio internazionale che ha coinvolto un totale di 34 gruppi di ricerca tra i quali quello del Dipartimento di Ingegneria dell’Ambiente, del Territorio e delle Infrastrutture del Politecnico di Torino. Lo studio dimostra chiaramente come gli ultimi tre decenni siano stati tra i periodi più ricchi di alluvioni in Europa negli ultimi 500 anni. Lo studio mostra, inoltre, come questi ultimi tre decenni differiscano dagli altri periodi ricchi di piene fluviali in termini di durata, estensione spaziale, temperatura dell’aria e stagionalità delle alluvioni. Rispetto al passato, il periodo presente è più esteso, la stagionalità delle piene è variata e il rapporto tra occorrenza delle alluvioni e temperatura dell’aria si è invertito: in passato, i fenomeni alluvionali si verificavano più frequentemente in decenni caratterizzati da basse temperature, mentre oggi il riscaldamento globale è uno dei motori del loro aumento. I risultati dello studio sono stati pubblicati oggi sulla rivista Nature.

Mezzo millennio di dati storici

“Avevamo già rilevato l’influenza del cambiamento climatico sulle alluvioni in Europa negli ultimi 50 anni”, afferma Alberto Viglione del Politecnico di Torino, uno dei principali autori della pubblicazione. “Tuttavia, è anche importante capire se quanto visto negli ultimi 50 anni è una situazione completamente nuova o se si tratta solo di una ripetizione di qualcosa che si è già verificato in passato. Finora, i dati disponibili non erano stati sufficienti a dare una risposta alla questione. Grazie al lavoro fatto in questo studio possiamo ora dire con fiducia che sì, le caratteristiche delle alluvioni degli ultimi decenni sono diverse da quelle dei secoli precedenti”.

Per lo studio, sono state analizzate decine di migliaia di documenti storici coevi alle alluvioni dal 1500 al 2016. Il team alla TU Wien ha lavorato con storici provenienti da tutta Europa. “La sfida di questo studio consisteva nel rendere comparabili testi molto diversi tra loro per tipologia, datazione e aree di provenienza”, spiega Andrea Kiss dell’Università Tecnica di Vienna, lei stessa ricercatrice e storica, nonché uno dei principali autori della pubblicazione. “Siamo riusciti a raggiungere questa comparabilità contestualizzando tutti i testi nei relativi periodi storici, con un’attenta cura ai dettagli.”

Freddo prima, caldo ora: le piene fluviali adesso avvengono in un contesto diverso

L’analisi dei dati ha identificato nove periodi ricchi di alluvioni e le regioni ad essi associate. Tra i periodi più rilevanti spiccano il 1560–1580 (Europa occidentale e centrale), il 1760–1800 (la maggior parte dell’Europa), il 1840–1870 (Europa occidentale e meridionale) e il 1990–2016 (Europa occidentale e centrale). Il confronto con i dati ricostruiti di temperatura atmosferica ha mostrato che questi periodi alluvionali sono stati sostanzialmente più freddi dei periodi intermedi. “Questa scoperta sembra contraddire l’osservazione secondo cui, in alcune zone, come nel nord-ovest dell’Europa, il recente clima più caldo sia associato ad alluvioni più estese”, afferma Günter Blöschl“Il nostro studio mostra per la prima volta che i meccanismi sono cambiati: mentre in passato le alluvioni si sono verificate più frequentemente in condizioni di maggior freddo, ora è il contrario. Le condizioni idrologiche del presente sono molto diverse da quelle del passato”.

Anche la stagionalità delle alluvioni è cambiata. In precedenza, il 41% delle piene fluviali dell’Europa centrale avveniva in estate, rispetto al 55% di oggi. Anche nell’Europa meridionale, dove le piene autunnali sono le più frequenti, la loro proporzione è passata dal 42% al 54% del totale. Questi mutamenti sono connessi a mutamenti nelle precipitazioni, nell’evaporazione e nello scioglimento delle nevi e sono un indicatore importante per distinguere il ruolo del cambiamento climatico rispetto a quello di altre cause come la deforestazione e la regimazione dei fiumi. Queste scoperte sono state rese possibili grazie al nuovo database creato dagli autori dello studio, che include la datazione esatta di quasi tutti gli eventi alluvionali riportati dalle fonti negli archivi storici. Lo studio è il primo al mondo a valutare i periodi storici ricchi di alluvioni per un intero continente in maniera così dettagliata.

 

Dati migliori, previsioni migliori

A causa del cambiamento nei meccanismi di formazione delle alluvioni, Günter Blöschl sostiene sia necessario l’uso di strumenti per la valutazione del rischio alluvionale basati sui meccanismi fisici coinvolti e strategie di gestione che possano tenere conto dei recenti cambiamenti nel rischio. “Nonostante gli sforzi necessari per mitigare i cambiamenti climatici, vedremo comunque gli effetti di questi cambiamenti nei prossimi decenni”, afferma Blöschl, che conclude: “La gestione delle alluvioni deve adattarsi a questa nuova realtà”.

Da Grangesises a Torino un fine settimana all’insegna del verde e dei fiori

“Un Tocco di Flor” – Grangesises – sabato 25 luglio / “Agriflor” – Piazza Vittorio Veneto, Torino – domenica 26 luglio

 

Dopo l’edizione di Bardonecchia dello scorso 12 luglio, Flor resta in montagna per animare con i suoi colori e i suoi profumi l’incantevole borgo di Grangesises.

Un vero e proprio “Tocco di Flor” in programma sabato 25 luglio dalle 9 alle 19, nella piazzetta del piccolo borgo montano, situato nel cuore della Valle di Susa.

Una giornata all’insegna della bellezza, immersi tra piante e fiori, in compagnia di una selezione di vivaisti.

Protagonista principale di Un Tocco di Flor sarà l’Artemisia genipi (genepy).  Durante il giorno, questa profumatissima pianta aromatica sarà tra le principali eccellenze da scoprire girando tra i banchi dei vivaisti e grazie alla presenza dei più importanti produttori della Valsusa di questo liquore  Durante la serata, invece, si svolgerà una vera e propria “Festa del Genepy”, attraverso una degustazione guidata del liquore che si ricava dai suoi fiori, proposto sia in purezza sia attraverso creative “miscelazioni” ad opera Carlotta Linzalata, giovane bartender torinese tra le più quotate del settore, con esperienze nell’hotellerie a 5 stelle in Olanda e, a seguire, in Italia insieme a Dennis Zoppi, con Mirko Turconi a Piano35 di Torino e a CasaMago con lo chef stellato Magorabin.

Uno spazio sarà poi dedicato ai più piccoli attraverso Flor Educational con il progetto “OFF

EDUCATIONAL / kids just wanna have fun”.  Laboratori gratuiti aperti a bambini e ragazzi dai 4 ai 12 anni per tutta la giornata a partire dalle 11.

Arte, progetto e botanica per una giornata in cui bambini e ragazzi sperimenteranno le loro intuizioni e la loro fantasia, integrandole con esperienze che coinvolgono diversi aspetti della sfera sensoriale, creativa e di apprendimento, per acquisire il “sapere” attraverso il “fare”.

Un “Tocco di Flor” è organizzato in occasione di “Da Grangesises si riparte”, la festa del borgo valsusino organizzata dall’Associazione Grangesises nel cuore: nella Piazza del Borgo, a partire dalle 19 un Sabato in bianco con apericena sulle note del Duo Sole (arpa e voce). A seguire una serata jazz in compagnia di Accordi e Disaccordi (per informazioni sulla serata 334.6957353/335.8392372).

Dopo la montagna, FLOR tornerà in città con il secondo appuntamento di Agriflor, in programma domenica 26 luglio dalle 9 alle 19 in Piazza Vittorio Veneto.

A un mese dal successo del primo appuntamento dello scorso giugno, con oltre 10 mila persone intervenute durante la giornata, Agriflor si presenterà con la stessa formula e con nuove piante e nuovi vivaisti per colorare di verde una delle principali piazze torinesi.

Un’ulteriore occasione per #difenderelabellezzacontinuando a raccontare emozioni e a mostrare le ricchezze naturali del nostro pianeta a un pubblico sempre più attento e coinvolto. Un’intrigante anteprima “green” in vista dell’evento più atteso: Flor autunno, che si svolgerà ad ottobre nella sua storica sede di Via Carlo Alberto e che coinvolgerà vivaisti provenienti da tutta Italia, promettendo tante sorprese.

Sia a “Un Tocco di Flor” sia ad “Agriflor” saranno presenti i punti raccolta per tutti coloro che volessero ritirare fisicamente le piante acquistate on line attraverso eflor (www.eflor.it), la nuova piattaforma ideata dalla Società Orticola Piemonte per mettere in contatto appassionati e vivaisti e fare cultura del verde.

Ambiente e cultura delle montagne, una ricchezza di tutti e per tutti

Abitata da millenni, la montagna non è peso per la collettività ma è ricco patrimonio ambientale e umano di cultura, tradizioni, organizzazioni economiche e sociali. Alla montagna e alla sua gente occorre garantire condizioni di vita equivalenti a quelle di tutte le altre comunità civili attraverso il mantenimento e la valorizzazione del suo patrimonio ambientale, civile, culturale.

Una colpevole disattenzione ormai vecchia di decenni ha ignorato come le culture e le identità delle popolazioni montane sono parte integrante dei processi di sviluppo non solo locali. Uno sviluppo economico e sociale delle valli e delle “terre alte” non dovrebbe negare le peculiarità degli spazi e dei valori delle società rurali, come ha fatto con esiti disastrosi da più di mezzo secolo, e non può prescindere dalla valorizzazione delle specificità insediative della tradizione locale.

La cultura popolare, intesa come patrimonio materiale e immateriale, costituisce un fattore qualificante del processo di rinnovamento e del rafforzamento delle identità locali. In un mondo dove si tende ad appiattire e uniformare  tutto è salutare rovesciare l’impostazione corrente e dare prospettiva agli aspetti culturali che determinano le identità delle popolazioni alpine e montanare. Anche lo sviluppo economico delle aree rurali va sostenuto, accompagnandolo con un articolato progetto culturale in grado d’attribuire valori e contenuti, possibilità e limiti alla stessa iniziativa economica, pubblica o privata che sia. I danni fatti non sono riparabili ma progredire sulla rovinosa strada degli ultimi decenni sarebbe esiziale. A ben vedere i principali manufatti della civiltà contadina che hanno inciso, modellato e arricchito i versanti delle valli (edifici,terrazzamenti, fontane, abbeveratoi, strutture agrarie di monte,ecc) costituiscono un patrimonio storico-culturale di pregio che dovrà essere pienamente riconosciuto, identificato, posto sotto tutela. Gli elementi specifici e peculiari della tradizione insediativa nelle valli (sotto i tanti profili architettonici e ambientali, artigianali, agricolo-zootecnico-caseari, sociali, storici e culturali) costituiscono altrettanti temi identitari da sviluppare e preservare. La stessa salvaguardia del patrimonio culturale delle comunità di valle e di montagna è un presupposto di civiltà e in esso va ravvisato il pubblico interesse alla conservazione e alla tutela. Ciò che vale per i versanti dei monti, per l’assetto idrogeologico del territorio vale anche per le idee, le buone pratiche e i mestieri, le cure silvo-pastorali: se non ci si cura di questi aspetti correttamente e con adeguate risorse, tutto frana a valle e tutti ne pagano le conseguenze. Chi ha responsabilità legislative, amministrative, sociali, economiche e culturali ai vari livelli dovrebbe operare per promuovere e sostenere azioni in difesa della presenza dell’uomo in montagna e delle condizioni essenziali per la piena vivibilità degli ambiti alpini e prealpini; per la difesa e promozione di un patrimonio storico, sociale e ambientale più unico che raro;a salvaguardia e valorizzazione delle testimonianze d’architettura tradizionale delle valli alpine e prealpine, in relazione alla dimensione paesistica e ambientale dei versanti modellati dal lavoro di alpigiani e contadini di montagna. Le stesse attenzioni andrebbero rivolte a sostegno delle manifestazioni sociali, religiose e economiche delle comunità valligiane, alle produzioni agricole e soprattutto casearie di nicchia, a quelle artigianali della pietra e del legno. Si potrebbe continuare a lungo nell’elenco delle necessità e delle urgenze. Ciò che occorre è smuovere dal loro torpore e da un radicato disinteresse le istituzioni regionali, nazionali e comunitarie sull’impellente necessità di riconoscere la specificità della montagna con atti legislativi coerenti e misure organiche, adeguatamente finanziate. E’ l’unica via, pur scontando un insopportabile ritardo, che consentirebbe di preservare dal definitivo degrado, soprattutto a beneficio delle future generazioni, quanti più elementi possibili del ricco patrimonio della tradizione insediativa sviluppatasi nei secoli scorsi sui versanti delle valli, ponendo al riparo dalla definitiva scomparsa gli ultimi esempi di pregio dell’architettura rurale di tradizione come, per citarne uno, i tetti in piode di stalle e case contadine, considerati espressione singolare del genius loci, esempi diversi uno dall’altro in tutto l’arco alpino e dotati di elevato valore simbolico e identitario. Tante risposte alle “ piccole cose di tutti i giorni”, raccolte in una concreta politica d’insieme,possono rappresentare un progetto per intere comunità. L’urgenza, acuta e stridente, c’è ed è evidente; la volontà di intervenire dipenderà dalla coscienza di chi ha delle responsabilità pubbliche.

Marco Travaglini

Torino Animal Save in piazza per l’attivista investita da camion

Il sit-in pacifico di Torino Animal Save in piazza Castello per ricordarla


In piazza Castello noi di Torino Animal Save abbiamo organizzato un sit-in pacifico per ricordare la scomparsa di una donna che ha donato la propria vita mentre si batteva per una recondita giustizia: Regan Russel.

 

Chi è Regan?

Regan è un’attivista morta un mese fa investita da un camion che trasportava maiali verso il macello.

Come noi di @torinoanimalsave, stava facendo una veglia pacifica davanti al mattatoio della sua città, offrendo ai maiali dell’acqua durante una giornata di caldo torrido (gli animali prima di andare al macello, oltre a viaggi lunghissimi ed estenuanti, sono costretti ad almeno un giorno senza cibo e acqua per “preservare la purezza delle loro carni”).

Diecimila maiali vengono macellati ogni giorno nel mattatoio di Fearmans Pork (Burlington, Canada).

La tragica morte è avvenuta due giorni dopo l’approvazione, in Ontario, della legge 156, concepita per impedire agli attivisti di mostrare le crudeltà sugli animali negli allevamenti e durante il loro trasporto.

Regan Russell è stata arrestata in 11 occasioni per “vari atti pacifici di disobbedienza civile” nel corso di alcuni decenni.

“La gente dice che stiamo infrangendo la legge prendendo d’assalto certi luoghi? Come pensano che le donne abbiano avuto il diritto (di voto N.d.R.)? Come pensano che sia stata abolita la schiavitù? Russell ha chiesto retoricamente senza mai fermarsi. “La gente si è alzata e ha infranto le leggi – perché sono leggi stupide”.

Il nostro cuore si è riempito di rabbia e di dolore, avrebbe potuto esserci chiunque al suo posto. Ricordiamo ancora, a malincuore, tutte le volte che abbiamo ricevuto minacce dai proprietari del mattatoio e dagli autisti o le svariate volte in cui questi ultimi hanno accelerato spaventandoci o provando ad investire noi attivisti. Non possiamo dimenticare, altresì, quello che è successo alle veterinarie che hanno denunciato la situazione e il trattamento di animali, umani e non umani, nel mattatoio di Via Traves a Torino. Questi posti devono chiudere. Ma serve l’azione di tutti noi!


Questa legge è la prova di quanto possa essere marcio questo sistema specista e fortemente antropocentrico. Non solo i macelli, infatti, sono lontani dalle città e dagli occhi di noi tutti (come se tutto questo non esistesse), per di più, essa vorrebbe impedire che si faccia sapere ai consumatori tutti quanto è ingiusto quello che ogni giorno facciamo agli animali. Questa legge reprime la libertà di espressione oltre a reprimere i diritti degli animali.

“Coloro che hanno votato a favore di questo disegno di legge sono del tutto colpevoli di questa tragedia. Chiediamo a tutti i politici, in buona fede, di abrogare la legge 156 e di presentare una nuova legge – una legge che permetta di esercitare la libertà di parola, di denunciare gli abusi e la violenza e di parlare a nome di coloro che sono oppressi.”

Quando pensiamo a cosa potremmo mettere nel nostro panino al posto del prosciutto, come se fosse il più grande problema che potremmo riscontrare diventando vegani, ricordiamoci di Regan e dei circa duecento milioni di animali che muoiono ogni giorno lì e in tutto il mondo, a causa delle nostre abitudini alimentari. Se non vogliamo essere complici di tutto questo, non possiamo dare i nostri soldi sovvenzionando un’industria e un sistema che trae profitto a discapito di vite innocenti.

Regan non meritava di morire e gli animali meritano leggi che possano proteggerli al posto di condannarli ad una silenziosa morte.

Unisciti a noi per lottare per la liberazione animale e per non dimenticare Regan.

Se desideri ulteriori informazioni di qualunque tipo, scrivici su Instagram o inviaci una email al seguente indirizzo di posta elettronica: torinoanimalsave@gmail.com.

 

Sara e Francesco di Torino Animal Save

Foto di Elena Scaglia.

A Torino l’estate di scienza e di scoperta

Una caccia al tesoro entusiasmante e divertente per conoscere le curiosità dell’arte e scoprire i segreti della scienza.

Nell’ambito delle Settimane della Scienza tornano gli attesissimi Rally della Scienza. 90 minuti per mettersi in gioco. 90 minuti alla scoperta della scienza e dell’arte. 90 minuti per risolvere quesiti di chimica e fisica, biologia, matematica, geologia e tanto altro. 90 minuti per conoscere l’arte contemporanea e i suoi protagonisti. 90 minuti per sfidare tutti in una gara a punti!

Il Rally della Scienza è il gioco, dedicato ai bambini fra i 7 e i 12 anni, che da anni l’Associazione CentroScienza Onlus propone con successo.

Moltissimi gli appuntamenti e i luoghi della “caccia”, tutti all’aperto, compresi i parchi di alcuni musei d’arte, tra cui il Rally della Scienza del 29 luglio al Castello di Rivoli, nell’ambito della Summer School a cura del Dipartimento Educazione del Museo.

Mercoledì 22 luglio il Rally della Scienza si svolgerà su due turni: dalle 16.00 alle 18.00 (con accredito dalle 15.30) e dalle 18.00 alle 20.00 (con accredito dalle 17.30).

A tutti (grandi e piccini) sarà donata una mascherina lavabile e riutilizzabile durante tutti gli eventi delle Settimane della Scienza!

La partecipazione è gratuita con prenotazione obbligatoria.  

L’evento si ripeterà nel corso della rassegna. Per informazioni su date, orari e prenotazioni è possibile scrivere a settimane@centroscienza.it o telefonare al numero 011/8394913.

 

A Torino e provincia tornano le Settimane della Scienza. Due mesi di eventi per avvicinare il pubblico alla scienza e ai suoi protagonisti. Molti gli appuntamenti in programma con oltre 40 tra Enti, Dipartimenti, Musei e Associazioni del territorio piemontese che hanno aderito anche in questa estate molto particolare, scegliendo di incontrare anche “dal vivo”, all’aria aperta e in sicurezza, il pubblico, coinvolgendolo con eventi e format dedicati.

Un “esserci” voluto fortemente, molto importante per tutti, per tornare a condividere, oltre alle esperienze sul web, preziosi momenti di incontro per un’estate in città all’insegna della scienza e della scoperta.

Da 0 a 99 anni, un fitto calendario di appuntamenti per tutte le età.

Le Passeggiate scientifiche con Astut (Archivio Scientifico e Tecnologico dell’Università di Torino) per le vie di San Salvario alla scoperta delle abitazioni di illustri uomini di scienza torinesi con Indovina chi abitava qui? e con I luoghi di Cesare Lombroso, il Museo di Antropologia Criminale “Cesare Lombroso” accompagna il pubblico in centro città per scoprire i luoghi dove l’antropologo veronese ha vissuto e lavorato. E ancora A spasso con il sapere, una passeggiata culturale lungo il Parco del Valentino accompagnata dall’ascolto di letture da parte dei ricercatori dell’Università di Torino di alcuni brani tratti da opere scientifiche e letterarie che hanno contribuito in modo significativo al patrimonio culturale.

Il Museo del Risparmio propone un laboratorio dal titolo L’Isola che non c’è per capire che le risorse naturali del nostro Pianeta non sono inesauribili, un percorso a ostacoli dal titolo Tris d’Assi, durante il quale il pubblico potrà mettere alla prova le proprie conoscenze in materia di sostenibilità con riguardo all’ambiente, alle risorse e al cibo. Per i genitori sarà a disposizione una guida che li condurrà tra le sale del Museo per scoprire che… l’economia non è poi così noiosa!

(XXⁿ) Sfumature di donne di Scienza con l’attrice Sara D’Amario. Un ONE-WOMAN-SHOW dal tono leggero e divertente: un viaggio nel tempo per divertirsi scoprendo 20 scienziate eccezionali. La messinscena esalta con umorismo e energia le storie di queste donne per (ri)scoprire insieme che “L’intelligenza non ha sesso!”.

Grande spazio al tema del riciclo con il laboratorio “Plastic all around” promosso dal Museo A Come Ambiente in collaborazione con CentroScienza Onlus. Grazie a una vera e propria officina di manipolazione, sarà possibile toccare con mano come può avvenire il recupero, il riciclo e il riuso dei materiali plastici. Il laboratorio è realizzato da Officine Creative Torino e ToScienceCamp.

A Settimo Torinese con Il teatro dell’acqua e l’Ecomuseo dei Freidano, laboratori, spettacoli ed esperimenti alla scoperta dell’acqua. E ancora, magia e percezione alla Biblioteca Archimede che nell’ambito del Festival 365 propone “WonderMind”, lo spettacolo con Antonio Argus.

Telescopi puntati al cielo per gli appassionati di astronomia. Tante le proposte di Infini.to, il Planetario di Torino con visite pomeridiane e serate osservative per conoscere ammirare le meraviglie della volta celeste.
Un cocktail di scienza è il titolo del ciclo di conferenze online proposto per le Settimane della Scienza dall’INRIM, Istituto Nazionale di Ricerca Metrologica.

In occasione delle Settimane della Scienza diventa un Polo scientifico quello di Mirafiori con gli appuntamenti di Scienza Wow nello spazio esterno di Via Onorato Vigliani 102 (da poco restituito alla cittadinanza grazie al progetto “Orto Wow” nato nell’ambito del progetto europeo ProGIreg), un’area green in cui i residenti di Mirafiori potranno, tra le altre cose, produrre il miele; con MirafioriScienza due saranno gli appuntamenti previsti al Mausoleo della Bela Rosin. La scienza sarà protagonista anche nel fitto programma previsto da “Estate a Sud” presso la Casa nel Parco della Fondazione Mirafiori.

Edizione speciale del Rally della Scienza, dalla Notte dei Ricercatori arriva alle Settimane della Scienza, una caccia al tesoro alla scoperta di scienza, arte e tecnologia, organizzata da CentroScienza Onlus in diversi spazi della città.

Nell’ambito della mostra “Lo sguardo dell’Antropologo” realizzata dal Museo di Antropologia ed Etnografia dell’Università di Torino (MAET) e dal Museo Egizio, in occasione delle Settimane della Scienza, i curatori e gli organizzatori della mostra propongono un ciclo di incontri on line per approfondire i temi dell’esposizione.
Sempre a cura del Museo Egizio una visita speciale alla mostra temporanea Archeologia Invisibile pensata per i mesi estivi, per scoprire il dietro le quinte delle ricerche condotte in questi ultimi anni sull’inestimabile patrimonio storico e culturale custodito dal museo, tra nuove tecnologie e tecniche innovative.
Anche il Museo Nazionale del Cinema aderisce alle Settimane della Scienza con tre diversi percorsi: Scopri il museo, Cinemaddosso e I segreti della Mole. Visite guidate gratuite rivolte a bambini e famiglie, ogni venerdì, sabato e domenica su prenotazione.

Workshop_64/Antropologie Yanomami è il titolo del laboratorio proposto invece da PAV (Parco Arte Vivente) e condotto Piero Gilardi che propone la realizzazione collettiva di ornamenti indossabili, impiegando come medium la gomma piuma, materiale da lui utilizzato per i suoi celebri tappeti natura.

A partire da questa edizione Le Settimane della Scienza dedicheranno la massima attenzione alla promozione dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile nella quale si sono delineate a livello mondiale le direttrici delle attività per i prossimi anni.

Il calendario è in continuo aggiornamento, per conoscere tutti gli appuntamenti consultare il sito www.settimanedellascienza.it/

Tutti gli appuntamenti si svolgeranno nel rispetto del distanziamento sociale e con osservanza delle norme di sicurezza attuate per l’emergenza Covid19.

La prenotazione è obbligatoria.

Le Settimane della Scienza sono ideate e organizzate dall’Associazione CentroScienza Onlus, sostenute dalla Fondazione Compagnia di San Paolo, con il contributo di Regione Piemonte, il supporto di Iren, e con il patrocinio della Città metropolitana e della Città di Torino. L’iniziativa rientra nell’ambito del Sistema Scienza Piemonte.

Bandiere Verdi e Nere 2020, i nuovi vessilli assegnati da Legambiente

 Nel rapporto di Carovana delle Alpi. 10 sono Piemontesi e Valdostane

Assegnate 19 Bandiere Verdi che premiano pratiche innovative ed esperienze di qualità ambientale e culturale. 12 le Bandiere Nere che segnalano le lacerazioni dell’arco alpino. Delle 31 bandiere nazionali, 10 sono piemontesi e valdostane: sei verdi e quattro nere. 

 

Una piattaforma per trovare manodopera agricola in modo rapido e trasparente contro la piaga del caporalato, un gregge di capre giardiniere, classi elementari di robotica, percorsi lenti adottati come stile di vita da intere comunità e accoglienza diffusa contro lo spopolamento di valli e borghi fantasma. Ma anche nuove speculazioni sui fondi della Politica agricola comunitaria (PAC) per il sostegno alla pastorizia in montagna, discariche di rifiuti speciali realizzate vicino a parchi naturali e modifiche peggiorative di leggi sulla caccia a scapito di specie in declino o minacciate a livello globale. Sono alcune delle realtà premiate, da un lato, dalle Bandiere Verdi e segnalate, dall’altro dalle Bandiere Nere 2020, raccontate nel nuovo rapporto di Carovana delle Alpi di Legambiente, che anche quest’anno ha assegnato i suoi vessilli ad attività imprenditoriali, associazioni, comunità, consorzi, Comuni e Regioni dell’arco alpino distintisi in positivo e in negativo in tema di sostenibilità. Non più semplici frammenti di montagna, ma tasselli di un mosaico ben più ampio e variegato che, di anno in anno, si arricchisce di esperienze da cui ripartire o, al contrario, da cui affrancarsi nella ricerca di un equilibrio-uomo ambiente mai percepito così tanto fondamentale come in questo particolare momento storico.

Ben 19 le Bandiere Verdi che hanno premiato pratiche innovative ed esperienze di qualità ambientale e culturale dei territori, due in più rispetto allo scorso anno; 12 (quattro in più rispetto al 2019) le Bandiere Nere che segnalano le lacerazioni del tessuto alpino, caratterizzate spesso da scelte anacronistiche dietro cui si celano controversi interessi economici o modelli lontani da quell’idea di sviluppo sostenibile chiave imprescindibile per immaginare il futuro. Nel complesso, le bandiere sono così distribuite: una Verde in Liguria; cinque Verdi e tre Nere in Piemonte; una Verde e una Nera in Valle d’Aosta; quattro Verdi e due Nere in Lombardia; due Verdi e due Nere in Trentino Alto Adige; due Verdi in Veneto; quattro Verdi e quattro Nere in Friuli Venezia Giulia.

“Negli ultimi cinquant’anni ci siamo allontanati troppo dalla materialità degli ecosistemi, così come dal bisogno di bellezza e di ritmi che ci sono propri. Difficile non accorgersene dopo l’esperienza del Coronavirus – osserva Vanda Bonardo, responsabile nazionale Alpi di Legambiente – Eppure, proprio una maggiore attenzione agli equilibri naturali ridurrebbe il rischio di fenomeni come il dissesto idrogeologico o la possibilità di contrarre epidemie, e mitigherebbe gli impatti dei cambiamenti climatici, che sulle Alpi mostrano i loro effetti più drammatici ed evidenti. Il variegato paesaggio delle nostre montagne, dalle foreste ai pascoli ai terreni coltivati, ben si presta a una ricerca dell’equilibrio uomo-ambiente oggi più che mai avvertito come fondamentale: l’arco alpino ci offre straordinarie opportunità ed esempi di gestione virtuosa, recupero e valorizzazione dell’esistente da cogliere e praticare al più presto”.

“Come da tradizione, anche per il 2020 abbiamo individuato diverse buone pratiche di una montagna in cambiamento, stigmatizzando situazioni che continuano ad allarmare per i danni arrecati all’ambiente e allo sviluppo di territori che meriterebbero una gestione più in linea con le peculiarità dei luoghi, in un’ottica sostenibile dal punto di vista ambientale, socio-culturale, economico – spiega Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente – Purtroppo dobbiamo rilevare che, accanto alle Verdi, anche le Bandiere Nere quest’anno sono in crescita, esempio di inefficienze, trascuratezza e sciatterie nelle scelte politiche, ma anche d’incapacità nel produrre visioni al passo coi tempi. Al contrario, il nostro vessillo green premia uno spaccato di territorio dinamico, dal significato ancor più pregnante in questo periodo: realtà che puntano su innovazione, riduzione delle emissioni CO2, condivisione di spazi e idee, meritevoli per la grinta mostrata nell’affrontare situazioni non facili e per la volontà di esprimere visioni aperte e ottimistiche”.

Le Bandiere Verdi 2020 in Piemonte e Valle d’Aosta

Tra le buone pratiche insignite della Bandiera Verde, ci sono la prima piattaforma per trovare manodopera agricola in modo rapido e trasparente, parte del progetto Humus Job dell’associazione MiCò e Banda Valle Grana (CN), che mira a combattere caporalato e lavoro grigio; e anche, l’esperienza di didattica innovativa della scuola elementare di Valle Monterosso Grana (CN) che ha fatto del legame col territorio e dell’utilizzo della robotica in classe un volano per invertire lo spopolamento di un’intera valle.

Vessillo green anche per il Comune di Pomaretto (TO), per l’eroico recupero dei vigneti di Ramiè e dei terrazzamenti per la coltivazione delle viti, tramite fondi derivanti da una quota delle bollette dell’acqua potabile; per l’Associazione Movimento Lento di Roppolo (TO), che propone il viaggio lento come stile di vita e lo sviluppo di una rete di percorsi a piedi e in bici, in Italia e all’estero, e consta anche di una Scuola e di una Casa del Movimento Lento, rifugio per viandanti lungo la via Francigena e il Cammino di Oropa; per l’ecomuseo del Cusio e del Mottarone in rappresentanza della Comunità del Cusio (VB), impegnata, attraverso il Contratto di lago, nel ripristino delle migliori condizioni possibili del lago d’Orta e nella valorizzazione storica e culturale dei “luoghi del lago”.

Premiate poi le Giunte regionali valdostane in carica dal 2014 a oggi per la realizzazione del percorso escursionistico sostenibile “Cammino Balteo”, sentiero ricco di emergenze storico-architettoniche che attraversa 48 comuni nell’ambito del progetto strategico “Bassa Via della Valle d’Aosta.

Bandiere Nere 2020 in Piemonte e Valle d’Aosta. C’è poi “l’altro versante della montagna”, quello meno virtuoso, segnalato con le Bandiere Nere, come quella assegnata quest’anno alle Giunte regionali della Valle d’Aosta e amministrazioni comunali di Issogne e Champdepraz in carica negli anni 2014-2019 per avere autorizzato la realizzazione di una discarica per “rifiuti speciali non pericolosi” a due passi dal Parco Naturale del Mont Avic, naturale scrigno di ambienti protetti e biodiversità montana, con ambienti selvaggi, zone umide, laghi d’incomparabile bellezza;.

Due le Bandiere Nere assegnate alla Regione Piemonte: una a Regione Piemonte – Assessorato Agricoltura per avere sostenuto e approvato modifiche peggiorative alla legge regionale sulla caccia, favorendo un’esigua minoranza di cacciatori, a scapito di cittadini, ambiente e diverse specie in declino o “minacciate a livello globale”; una a Regione Piemonte – Assessorato ai Trasporti, per la non intenzione di riattivare il servizio ferroviario sulla linea Pinerolo-Torre Pellice, nonostante il ripristino sia sostenibile e la Regione abbia già impiegato le somme necessarie al riavvio. Infine bandiera nera al Comune di Verbania (VB) per aver avvallato il progetto di trasformazione della piana alluvionale di Fondotoce, limitrofa alla Riserva Naturale Speciale di Fondotoce, con la costruzione di impianti ludico-sportivi e aree parcheggio: un pesante intervento strutturale finalizzato al turismo di massa in un crocevia di aree protette.

“Il lavoro fatto dai circoli, veri presidi sul territorio – dichiara Giorgio Prino, Presidente di Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta – dalle associazioni di prossimità e dal gruppo di Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta, è stato un lavoro di identificazione e selezione di alcune delle esperienze e delle azioni che ben descrivessero le nostre Regioni, gli ambiti virtuosi e le fragilità, un lavoro che ha rafforzato competenze e connessioni. Siamo felici di rappresentare un ambientalismo sano, che sa sottolineare con forza le buone pratiche ma anche denunciare gli errori e talvolta gli orrori. E se nelle prime si specchia una voglia di riconversione degli stili vita, a vantaggio di una maggior consapevolezza del nostro ruolo all’interno e a servizio dell’ecosistema; i secondi, ancora una volta, sottolineano come l’aggressione al naturale e le scelte miopi e in antitesi con gli obiettivi che ci dobbiamo porre, in primo luogo la lotta ai cambiamenti climatici e la realizzazione di una società resiliente, siano ancora fortemente radicate nei nostri decisori politici”.

Il rapporto completo è disponibile su www.legambiente.it