Si può dire che Giampiero Leo abbia iniziato a fare politica ben prima della Laurea in Giurisprudenza conseguita a pieni voti: fin dalle elementari, da quando, come primo della classe, rifiutò l’invito della maestra a fare il capoclasse perchè non era stato eletto democraticamente, e non accettò l’incarico finchè non venne votato all’unanimità dai suoi compagni

Aperto e stimato esponente del mondo cattolico italiano, Giampiero Leo ha attraversato la rivoluzione studentesca, gli anni di piombo, la politica della prima e della seconda Repubblica rispondendo con il dialogo anche a chi, con violenza, voleva impedirgli di esprimersi, e mantenendo sempre intatto il suo autentico idealismo, che trova radici ben salde non solo nel movimento “Comunione e Liberazione”, ma anche nella sua appassionata dedizione al mondo dei giovani, della cultura, dei diritti umani che ha espresso in ogni ruolo politico, dalla carica di primo Assessore alla Gioventù d’Italia all’ultradecennale esperienza di Assessore Regionale alla Cultura-straordinaria, tale da farlo apparire come ideale Assessore alla Cultura anche in futuro- , fino alla vice Presidenza del Comitato dei diritti umani della Regione Piemonte. Se non ci fosse, Giampiero Leo lo si dovrebbe inventare: la sua continua ricerca di un confronto positivo attraverso il dialogo, l’autentico entusiasmo che contagia interlocutori di ogni credo e ideologia gli hanno fatto conseguire un consenso trasversale, come raro esempio di un primo della classe benvoluto da tutti, a dimostrazione, caso anche più raro, di come l’intelligenza del cuore possa convivere con la vocazione politica.



Era un mercoledì, il 22 giugno del 1927. Un giorno apparentemente come tanti altri se non fosse che proprio quel mercoledì vennero messi in vendita i primi Jukebox. E fu una vera e propria rivoluzione per la musica. Bastava introdurre una moneta e girare una manovella per selezionare un disco tra quelli esposti in una vetrina rettangolare. Così funzionavano i fonografi a moneta, antesignani dei jukebox moderni, che furono messi in commercio per la prima volta dalla Ami, un’azienda già nota per la produzione di pianoforti a gettoni, la cui diffusione aveva aperto la strada ai mitici “contenitori armonici” (traduzione letterale del termine). Le prime versioni di jukebox erano in legno e contenevano 12 dischi a 78 giri. I prodotti Ami si affermarono soprattutto in Europa mentre negli Usa conquistarono il mercato marchi come Wurlitzer, Seeburg e Rock-Ola. Tra i primi in Italia a costruirli – su licenza della Ami – ci fu la Microtecnica di Torino, un’azienda con sede in piazza Arturo Graf, nei pressi via Madama Cristina, nel rione di San Salvario, specializzata nelle lavorazioni meccaniche di precisione. I cari, vecchi jukebox, hanno sempre esercitato un grande fascino, offrendo la colonna sonora per intere generazioni che si sono incrociate, magari nel lido di una spiaggia o in un bar di uno sperduto paesino. Del jukebox , i meno giovani, rammentano non solo i motivi delle canzoni ma anche il rumore del gettone o della moneta, il clank clank della meccanica che si muoveva per selezionare il disco, il fruscio dei 45 giri di vinile suonati decine di volte al giorno. In
Italia il jukebox divenne celebre grazie al Festivalbar, trasmissione che premiava la canzone più “gettonata” nei jukebox di tutto il paese. Non si contano i film dove i jukebox accompagnano le scene, come in Grease ma non vi è dubbio che una delle figure mitiche è stata quella di Arthur Fonzarelli, il “Fonzie” della famosissima serie televisiva Happy Days, che faceva partire quello del ristorante diArnold’s con un pugno, ascoltando i successi di Elvis Presley. Poi, nel tempo, sono venuti i mangiadischi (i giradischi portatili), le audio cassette da infilare nel registratore o nell’autoradio, i cd dei Walkman e infine i lettori Mp3 e chissà qual’altra diavoleria. Ma il jukebox rimane il jukebox. E niente e nessuno potrà prenderne il posto nella storia.

















