L’eclissi liberale
IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni / Valerio Zanone nel dicembre 2015, poco tempo prima di morire, mi scrisse una mail in cui mi diceva che il nostro mondo liberale forse era finito. Una confessione quasi incredibile per uno che aveva dedicato la vita al liberalismo. C’era chi esagerando e, forse, ironizzando lo chiamava il nuovo Benedetto Croce, come il mio amico Mario Altamura.
Non era Croce, ma sicuramente era un uomo di rara sensibilità intellettuale e culturale. A cinque anni di distanza quella conclusione amara di Valerio, forse anche anche condizionata dalla grave malattia che lo porterà alla morte, si rivela più attuale che mai
L’isola del libro
Rubrica settimanale a cura di Laura Goria
Natasha Solomons “Casa Tyneford” -Neri Pozza – euro 18,00
Se avete amato il precedente “I Goldbaum” della scrittrice inglese, non perdetevi questo romanzo che vi trascina nelle vicende agrodolci della giovane protagonista, sullo sfondo di un’incantevole campagna inglese, con il rimbombo della Seconda Guerra Mondiale.
Lei è la 19enne Elise Landau, vive a Vienna in una famiglia dell’alta borghesia ebraica, coccolata figlia della stella dell’Opera Anna e del noto scrittore Julian. A incombere sulle loro esistenze ci sono l’antisemitismo e il presagio del conflitto. Siamo nel 1938 all’indomani dell’Anschluss, l’annessione tedesca dell’Austria, che non promette niente di buono.
Per metterla in salvo i genitori la mandano in Inghilterra, dove lavorerà come cameriera nella splendida dimora, affacciata sul mare, del signore del luogo Mr. Rivers.
Gli inizi sono difficili, lei non è abituata a servire, semmai il contrario e, soprattutto, patisce la solitudine e la lontananza dalla famiglia il cui destino è incerto, in attesa di fantomatici visti per l’America.
Poi le cose cambieranno.
C’è molto di Dowton Abbey in queste pagine sospese tra, da un lato, la vita della nobiltà inglese con i suoi rigidi ruoli e riti e, dall’altro, le giornate faticose della numerosa servitù ai comandi di rigorosi maggiordomo e governante.
Un ritratto storico-romanzato dell’Inghilterra prima, durante e dopo la Seconda Guerra Mondiale che spariglierà le carte e finirà per decretare i destini dei protagonisti e della splendida Tyneford. Centrali sono le figure del riservato padrone di casa Mr. Rivers e dell’esuberante figlio Kit, entrambi consapevoli che Elise, per nascita ed educazione, è molto più di una domestica.
Nel romanzo ci sono l’amore, la tragedia e soprattutto la narrazione del viale del tramonto di uno stile di vita che perde smalto e patrimoni. E vi entrerà nel cuore Elise, giovanissima ebrea viennese trasportata oltre la Manica, vista con sospetto dal governo britannico al deflagrare del conflitto. Un’eroina piena di sentimento e coraggio, romantica, forte, coraggiosa tenace e leale. E a Tyneford l’attende un futuro di cui non anticipo nulla, ma state pur certi che vi sorprenderà…
David Grossman “La vita gioca con me” -Mondadori – euro 21,00
In questo romanzo lo scrittore israeliano travalica il confine tra vita vera e finzione letteraria. Si ispira all’esperienza di Eva Panic Nahir, personaggio importante nell’ex Jugoslavia. Partigiana comunista, croata ed ebrea, che sotto Tito fu rinchiusa nel buco nero della prigione di Goli Otok, poi emigrò in un kibbutz israeliano. Morta qualche anno fa, è la protagonista di un documentario israeliano del 2003.
Grossman l’ha conosciuta, ha raccolto la sua storia, poi l’ha romanzata in un affresco familiare attraverso tre generazioni di donne.
Sono Vera (Eva), Nina e Ghili che si ritrovano nel kibbutz per festeggiare i 90 anni di Vera. E’ l’inizio di una drammatica resa dei conti che affonda gli artigli nelle vite delle protagoniste e transita nelle immagini di un documentario che Ghili – cineasta mancata e figlia abbandonata di Nina- gira sulla complicata storia della famiglia: intrisa di scelte drammatiche, distacchi, dolorose assenze e ritorni… che scoprirete strada facendo.
E sullo sfondo c’è l’ispirazione continua a Eva (nel romanzo è Vera) che ha davvero vissuto una storia d’amore come ce ne sono poche. Il suo primo marito, Rade, si suicidò nel 1951, mentre era prigioniero dei servizi segreti di Tito, accusato di tradimento. Un gesto sul quale Eva s’interrogherà tutta la vita, rimproverandogli di non essere stato in grado di sopportare le torture come aveva fatto lei. Per difenderlo, era stata condannata ai lavori forzati e costretta ad abbandonare la figlia di soli 6 anni. Una forzata rinuncia al ruolo materno che Grossman racconta intrecciandola al travagliato vissuto delle altre donne e degli uomini che animano questo romanzo.
Candice Fox “Il buio non fa rumore” -Piemme- euro 17,90
Candice Fox è una delle gialliste di maggior successo in Australia. Ha 39 anni, vive a Sydney, ha esordito nel 2014 e vinto per ben due volte un prestigioso premio per la narrativa gialla. Da allora è sempre in vetta alle classifiche.
Molteplici le ragioni del suo successo e ve ne accorgerete leggendo questa storia ambientata in un’Australia dove non si avverte l’eco del turismo; ma siamo tra oceano e paludi nella costa orientale a nord di Sydney, insidiose e infestate dai coccodrilli. E’ Crimson Lake, lontano da tutto, dove è possibile raccogliere i cocci del passato e ricominciare lontano dal clamore di scandali e aule giudiziarie.
Due sono i protagonisti principali. Ted Conkaffey, con un passato da semplice poliziotto a Sydney e una famiglia che amava; poi il destino si è messo per traverso e lui nel giro di un attimo è stato accusato di aver rapito e abusato di una 13enne. E’ libero per mancanza di prove, ma la sua vita è andata in pezzi ed è inseguito da sospetti e ignominia.
Amanda Pharrell è un personaggio un po’ borderline, tatuaggi spalmati su tutto il corpo, piena di tic e manie strane. Lei in carcere c’è stata per 10 lunghi anni, accusata di avere pugnalato a morte una compagna di liceo. Scontata la pena è ripartita da zero aprendo un’agenzia investigativa.
Due anime tanto inquiete e travagliate non possono che trovarsi, riconoscersi e unire le loro forze per risolvere l’intricato caso della scomparsa di uno scrittore.
Ed ecco la formula vincente di una coppia di investigatori fuori dagli schemi, abilmente miscelati nella trama con adolescenti rabbiosi, tipi loschi di vario genere, poliziotti che travalicano la legge e un’anatomopatologa dal fiuto infallibile. Preparatevi a uno psico-thriller con continui colpi di scena e un finale mozzafiato.
IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni / L’Autostrada dei Fiori e l’Autostrada Savona – Torino e viceversa sono difficilmente percorribili a causa dei continui cantieri che generano code. Da Albenga a Savona occorre circa un’ora
I liberali e il ’68
IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni / Solo pochi liberali ebbero consapevolezza di ciò che stava accadendo. Nel 1968 ero nella Gli, la Gioventù liberale italiana, che era sempre un po’ più a sinistra di Malagodi
Torino, bellezza, magia e mistero Torino città magica per definizione, malinconica e misteriosa, cosa nasconde dietro le fitte nebbie che si alzano dal fiume? Spiriti e fantasmi si aggirano per le vie, complici della notte e del plenilunio, malvagi satanassi si occultano sotto terra, là dove il rumore degli scarichi fognari può celare i fracassi degli inferi. Cara Torino, città di millimetrici equilibri, se si presta attenzione, si può udire il doppio battito dei tuoi due cuori.
Articolo 1: Torino geograficamente magica
Articolo 2: Le mitiche origini di Augusta Taurinorum
Articolo 3: I segreti della Gran Madre
Articolo 4: La meridiana che non segna l’ora
Articolo 5: Alla ricerca delle Grotte Alchemiche
Articolo 6: Dove si trova ël Barabiciu?
Articolo 7: Chi vi sarebbe piaciuto incontrare a Torino?
Articolo 8: Gli enigmi di Gustavo Roll
Articolo 9: Osservati da più dimensioni: spiriti e guardiani di soglia
Articolo 10: Torino dei miracoli
Articolo 9: Osservati da più dimensioni: spiriti e “guardiani di soglia”
A Torino si ha il sospetto di essere sempre osservati, e forse non è solo un’impressione, dato che nella città ci sono più di dieci mila telecamere. Ma non è unicamente la tecnologia a tenere sotto controllo i Torinesi: fessure e fori misteriosi si aprono a terra, ai bordi delle strade, simili a occhi demoniaci, come le fenditure presenti in via Lascaris, inoltre, dall’alto sembrano controllarci incessantemente quegli strani mostri che numerosi si affacciano dalle pareti delle case, quegli esseri grotteschi ed inquietanti, sempre attenti, e sempre enigmatici. Essi sono visibili soprattutto sui palazzi più antichi, caratterizzati dalla presenza di un particolare elemento ricorrente: mascheroni in stucco, collocati sull’architrave dei portoni oppure sopra o sotto i riquadri delle finestre. Sono i “guardiani di soglia”, e hanno un valore altamente allegorico. Simboleggiano il confine tra il dentro e il fuori, ciò che si può vedere e ciò che deve restare nascosto, e impediscono che entrino in casa persone o presenze indesiderate. Come mai hanno un aspetto bislacco? Davanti ad una figura stravagante non si può trattenere un sorriso, ma così facendo, tutte le intenzioni bellicose svaniscono, e la casa è al sicuro da eventuali malignità. Ma se ci fosse ancora qualcun altro che ci osserva? Qualcuno che noi non possiamo vedere, che ogni tanto ci pare di percepire. Qualcuno che forse ci guarda come fossimo delle ombre con cui non si può interagire?
Torino pullula di spiriti, è sovraffollata di fantasmi che parrebbero non voler abbandonare la meravigliosa città nemmeno varcata l’ultima soglia. C’è chi sostiene di aver visto una strana vecchia in via XX Settembre, chi invece, sempre nella stessa strada, una coppia di fantasmi, deceduti probabilmente nel 1861, in un incendio, tesi nella ricerca dei loro parenti; al Municipio c’è un fantasma che muove gli oggetti ed emette strani rumori; ancora, in via della Basilica, ogni 10 del mese, compare una donna avvolta in una particolare luce, a chi la incontra chiede di essere perdonata di non si sa quale peccato. Presso la Basilica Mauriziana si aggira lo spirito di Pietro Cambiani, un inquisitore assassinato il 2 febbraio 1365; Piazza Palazzo di Città è infestata dal fantasma di un cordaio che si è impiccato legandosi alla sporgenza di un tetto, pare sia un ectoplasma dispettoso, che fa cadere le cose appoggiate al davanzale. Al Castello del Valentino, nelle notti fredde e buie, si può sentire il cocchio di Madama Cristina, trainato da cavalli infernali imbizzarriti, lo si può intravvedere nell’ombra correre fino a gettarsi nel fiume per poi sprofondare. In via San Francesco da Paola c’è il malinconico spirito della “Bela Caplera” (Bella Cappellaia); ancora degli spiriti regali sono stati avvistati presso la Chiesa della Consolata, forse Maria Adelaide di Savoia, mentre Filippo d’Agliè è solito aggirarsi al Monte dei Cappuccini.
L’elenco è ancora lungo. Luci improvvise nella notte, voci che si perdono tra le vie più strette, oggetti che si spostano, anime che non si arrendono a doversi distaccare da questo mondo. E in questa moltitudine di spiriti vi sono anche delle vittime di tragiche storie d’amore, come quella della figlia di “Monsù Druent”, vissuta a Palazzo Barolo. Elena Matilde Provana di Druento, figlia del conte Giacinto Antonio Ottavio Provana di Druento, si sposò con suo cugino, il marchese Gerolamo Gabriele Falletti di Castagnole, il giorno 3 febbraio 1695. Il matrimonio combinato si trasformò, come in una bella favola, in un matrimonio d’amore, tuttavia i due protagonisti non riuscirono ad avere il loro lieto fine. Il giorno delle nozze avvenne un doppio infausto presagio: crollò un pezzo dello scalone del palazzo e la sposa perse la collana che le era stata regalata dalla duchessa Anna Maria di Orléans. Nonostante gli avvertimenti del destino, la cerimonia non venne interrotta. Dall’unione dei due nacquero tre figli. Successe poi che “Monsù Druent” non volle pagare la dote della figlia e se la riprese in casa. Elena impazzì dal dolore e il 24 febbraio del 1701 si suicidò lanciandosi dalla finestra del primo piano. Quell’anno c’era molta neve e il colpo si attutì, la donna non morì sul colpo, ebbe il tempo di essere riportata nel palazzo e di spirare distesa su una panca di pietra che si trovava nell’androne.
Anni dopo, Ottavio Giuseppe Provana, uno dei figli di Elena, incaricò l’architetto Benedetto Alfieri di ristrutturare l’edificio, quest’ultimo, memore dell’infausto avvenimento, decise di inserire per ornare le finestre delle teste di putti, tutti sorridenti, tranne uno, quello posto sotto la finestra da cui si buttò la giovane sventurata. Ogni fantasma degno di nota compare con la luna piena, e quello di Elena non è da meno. Si dice che in quelle circostanze il suo spirito si aggiri, ancora dolorante per le sventure patite in vita, per le sale di Palazzo Barolo, alcune volte in compagnia dello spirito di Silvio Pellico, (1789-1854), anche lui inquilino dell’edificio, dopo la prigionia nella fortezza dello Spielberg.
Con le più che numerose testimonianze di chi giura di aver visto o sentito “qualcosa”, viene quasi naturale crederci. Una delle testimonianze più ravvicinate avvenne nelle gallerie sotterranee della cittadella: un bambino, durante una classica visita guidata, si era staccato dal gruppo e si era perso. Il piccolo aveva iniziato a correre lungo gli angusti corridoi, in preda al panico, finché un gentile signore non lo accompagnò cortesemente fino all’uscita. Un signore con la divisa settecentesca del battaglione Lyonnais. Ma le storie di fantasmi sono innumerevoli, alcune ci commuovono, altre ci fanno paura, perché gli spiriti sono come le persone, alcuni buoni e altri un po’ meno, ma tutti bisognosi di essere compresi.
Alessia Cagnotto
Rubrica a cura di ScattoTorino
È stato in prima linea durante l’emergenza causata dal Covid-19 e con la sua équipe ha lavorato incessantemente, al di là dei turni e della fatica, spesso in condizioni estreme. Si definisce un caterpillar e, dice, come tutti gli anestesisti è un po’ pazzo. Soprattutto, aggiungiamo noi, è un medico che sa unire testa e cuore e che nel dramma di quelle giornate non ha avuto paura di piangere e lottare per aiutare i suoi pazienti. Nato in provincia di Mantova, da piccolo si è trasferito a Roma con la famiglia e ha vissuto all’ombra del Colosseo. Si è laureato all’Università degli Studi di Roma – La Sapienza, dove si è specializzato in Anestesia e Rianimazione, e successivamente ha conseguito un Master Universitario di II Livello in Direzione e Management delle Aziende Sanitarie. Dopo un breve periodo di lavoro presso l’Ospedale Santo Spirito in Sassia, il più antico del mondo, è approdato in ASL TO3 dove dirige la Struttura Complessa di Anestesia e Rianimazione di Rivoli che comprende gli Ospedali di Rivoli, Susa e Venaria Reale. Torinese d’adozione, ama da vent’anni la stessa donna e lo dice con orgoglio. Parlando di sé non può non raccontare dei suoi tre figli, che definisce meravigliosi: Edoardo di 5 anni, Arianna di 3 anni (nata precipitosamente al settimo mese di gestazione, mentre lui era di guardia in Ospedale, ricoverata in Terapia Intensiva Neonatale per un mese, ma ora in perfetta salute) e Fabio, nato pochi mesi prima dell’inizio della pandemia di Covid-19. Infine, ci tiene a sottolineare, sono tutti tifosi della Roma.
Non c’è che dire: il Direttore della Struttura complessa di Anestesia e Rianimazione dell’Ospedale di Rivoli prima che medico è un uomo. E questo fa di lui un professionista empatico e il dottore che tutti vorremmo incontrare in caso di pericolo.
Esercitare la professione per lei significa?
“Il medico è un professionista che ha studiato per tanti anni e che continuerà a studiare per tutta la vita, ma che non può esercitare la professione senza la giusta caratura umana ed una spiccata predisposizione al prossimo. La medicina non è una scienza esatta, anche se le persone sembrano pretendere questo, ma una scienza statistica basata sulle evidenze scientifiche: noi medici studiamo continuamente per conoscere approfonditamente tali evidenze e ci confrontiamo con tutto il mondo attraverso l’aggiornamento con la letteratura scientifica, ma non siamo medici se non abbiamo la capacità di entrare in sinergia ed empatia con i nostri pazienti e con i loro familiari. Limitandoci a trattare le patologie, ci limitiamo ad essere tecnici della scienza medica; siamo medici solo completando le competenze tecniche e dedicando la nostra vita al trattamento dei pazienti, della persona che abbiamo di fronte ed anche delle loro famiglie. Se non fosse così, basterebbe un corso online, che trasmetterebbe in qualche modo concetti e nozioni, senza consentire di creare un modo di essere, una modalità di vita, che è appunto quella che io valuto essere la mia professione di medico”.
L’ospedale di Rivoli e il reparto da lei diretto sono stati in prima linea durante il Covid-19. Quanto è stato complesso gestire l’emergenza?
“La Rianimazione dell’Ospedale di Rivoli, come d’altronde tante altre realtà ospedaliere e territoriali, nei rispettivi ambiti, hanno dovuto improvvisamente ed inaspettatamente confrontarsi con una minaccia che forse mai si era palesata in questi tempi. In poche ore e pochi giorni abbiamo avuto la necessità di trasformarci e reinventarci per gestire al meglio e dare le giuste risposte cliniche al caos che ci ha investiti: tutti si sono rimboccati le maniche e hanno lasciato che le nuove modalità di lavoro li investissero e che le stesse mutassero continuamente con il passare dei giorni. Nella nostra piccola realtà, il Dr. Flavio Boraso, Direttore Generale dell’ASL TO3, ci ha consentito di passare da una disponibilità di 5 posti letto ad un adeguamento fino a 19 posti letto in Terapia Intensiva, in soli tre giorni, fornendoci tutto il supporto necessario per costruire un piccolo miracolo organizzativo: questo ci ha permesso di riuscire a dare risposta ad un numero sempre crescente di pazienti gravi in una condizione in cui tutti i posti letto di Terapia Intensiva della Regione Piemonte si erano saturati sia in termini logistici che di personale e tecnologie. In pochi giorni siamo riusciti a definire i percorsi interni che ci hanno consentito di fornire la migliore assistenza ai nostri pazienti e di dare le giuste protezioni al personale sanitario ed indirettamente alle loro famiglie che aspettavano a casa. I risultati che stiamo elaborando in queste settimane mi inorgogliscono immensamente e sono la prova provata che mi onoro di dirigere un gruppo di professionisti di indiscutibile caratura sia umana che professionale, nonché di lavorare in un’Azienda Sanitaria che si staglia nel panorama delle migliori realtà di Sanità Pubblica a cui il cittadino italiano può rivolgersi con la certezza che per lui possiamo fare il meglio”.
A livello personale, cosa le ha lasciato questa esperienza?
“Anche se già da due anni dirigo la Rianimazione di Rivoli, quest’esperienza ha coinciso con l’assunzione definitiva dell’incarico di Direttore di Struttura Complessa ed il banco di prova è stato particolarmente violento: ne esco rafforzato e molto motivato, tranquillo per l’enorme valore del lavoro fatto da tutto il gruppo. Ho avuto l’occasione di vivere le più disparate emozioni, passando dal pianto per situazioni umane estremamente coinvolgenti, alla tristezza per i pazienti che non siamo riusciti a salvare e per le loro famiglie che non hanno potuto essere loro accanto, alla gioia per tutti i successi di cura ed all’esaltazione per aver messo la maggior parte di loro in piedi, riuscendo anche a portare qualcuno a casa, restituendolo direttamente all’affetto dei propri cari, che poi rappresenta la migliore riabilitazione per queste persone dopo settimane di allettamento e cure intensive”.
Quali accorgimenti dobbiamo avere per vivere un’estate in sicurezza?
“All’inizio di quest’esperienza ho sottolineato pubblicamente che nessuno di noi ne sarebbe uscito come prima e mi riferivo anche alle abitudini che, necessariamente, dovranno modificarsi alla luce di nuove regole igieniche e comportamentali: il distanziamento sociale, l’utilizzo delle mascherine e le norme igieniche quali il lavaggio delle mani continueranno a farci compagnia anche in futuro, probabilmente diventeranno aspetti automatici della nostra vita, e ci consentiranno di tornare in sicurezza a rimpossessarci di situazioni ed emozioni che questo virus ci ha tolto e di cui ci ha fatto sentire la mancanza. Torniamo quindi alla nostra vita, con speranza e motivazioni forti, senza derogare all’atteggiamento di prudenza che abbiamo imparato ad avere e che considero un valore aggiunto per la nostra società”.
Il virus sta scomparendo o dobbiamo mantenere alta l’allerta?
“Il virus non è scomparso e non dobbiamo fare l’errore di abbassare la guardia: è un virus pericoloso e molto contagioso, che però abbiamo imparato a riconoscere, a contenere nella sua trasmissione e a trattare nelle sue complicanze cliniche anche mortali. Non siamo ancora in grado di annullarlo con terapie specifiche, ma sono fiducioso che la scienza ci saprà dare anche questa volta i giusti strumenti per farlo. Nel frattempo siamo riusciti a ridurre enormemente il tasso di mortalità ed il numero di pazienti che hanno bisogno di cure intensive, e questo è dovuto da una parte alle competenze acquisite, dall’altra al ruolo del nostro sistema immunitario che sa fare il suo lavoro in nostra difesa”.
Torino per lei è?
“Questa è la città in cui è nata mia moglie Antonella, che ho sposato nel 2005, ma che già dal 2000 ho imparato a conoscere ed apprezzare per lei. Poi è inaspettatamente diventata mia, anche se vivo a Rivoli, dove lavoro da dieci anni e dove sono nati i miei tre figli. Sono originario di Castel Goffredo in provincia di Mantova, sono cresciuto e ho studiato a Roma, mi sono completato realizzandomi umanamente e professionalmente a Torino. Il legame con il Piemonte e con il capoluogo è solido, provo riconoscenza per le opportunità offertemi e raccolte, per l’affetto e la stima che continuo a registrare e per l’accoglienza niente affatto fredda che ho ricevuto sin dall’inizio”.
Un ricordo legato alla città?
“Ricordi ne ho moltissimi, sono emozionalmente legato a via Roma ed in particolare a Piazza San Carlo, che per anni sono stati i miei luoghi preferiti. Proprio in Piazza San Carlo, anni addietro, abbiamo organizzato con l’attuale Associazione Lorenzo Greco Onlus una manifestazione con centinaia di bambini e ragazzi che, all’unisono, eseguivano correttamente il massaggio cardiaco e defibrillavano in sicurezza. Un’esperienza unica, meravigliosa, a suggello del fatto che tutti possiamo e dobbiamo essere in grado di soccorrere un’inaspettata vittima di arresto cardiaco in ambito extraospedaliero, rappresentando probabilmente la sua unica speranza di vita. Siamo tuttora impegnati con queste finalità su tutto il territorio piemontese ed in particolare su quello di riferimento della nostra Azienda Sanitaria, con le diverse edizioni di EVVIVA l’ASLTO3, che molti di voi conoscono e che continuano a chiederci di organizzare nelle varie città”.
Coordinamento: Carole Allamandi
Intervista: Barbara Odetto
Mai mischiare giudizi morali e giudizi penali
IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni / Le giornate a tema ormai sono del tutto svalutate e inflazionate. Ne hanno create per tutte le occasioni anche le più strampalate, ma ieri 17 giugno era la giornata dedicata alle vittime degli errori giudiziari. E’ tornata alla mente naturaliter la figura di Enzo Tortora, condannato a dieci anni in base a pentiti indegni di essere creduti da magistrati che non pagarono mai per i propri errori, ma anzi fecero carriera
Rubrica a cura di IPLA – Istituto per le Piante da Legno e per l’Ambiente
3750 specie diverse nel mondo, più di 60 in Italia.
Pensate che di zanzare ve ne siano solo uno o due tipologie? Siete fuori strada. Delle circa 3.570 specie di zanzare conosciute al mondo, in Italia ne sono presenti più di 60 specie. Di queste tuttavia solo una decina sono interessate al sangue umano. Tra loro ve ne sono in 4 che rappresentano la maggioranza delle zanzare che ci infastidiscono con le loro punture e che, in alcuni casi, possono trasmettere patogeni per l’uomo.
La lotta alle zanzare, che colpisce prevalentemente gli insetti quando sono allo stadio larvale, si deve fare in modo differenziato a seconda delle specie che si vogliono colpire.
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Le zanzare comuni
La zanzara comune (nome scientifico Culex pipiens) è di aspetto e dimensioni piuttosto minute e colorazione di fondo sul marroncino. Di questa specie esistono due forme biologiche: una rurale e ornitofila (si nutre a spese degli uccelli) e una che predilige il sangue umano, particolarmente adattata agli ambienti urbani, che rappresenta un’evoluzione della prima. Dal punto di vista biologico, la forma adattata a nutrirsi a spese dell’uomo si è abituata alla vita in ambienti chiusi, spesso sotterranei (cantine); è in grado di accoppiarsi in spazi ristretti e di compiere il primo ciclo di produzione di uova senza il pasto di sangue. Esistono popolazioni ibride e con caratteristiche intermedie. Si nutre in prevalenza nelle ore serali e mattutine.
La zanzara tigre
La zanzara tigre (nome scientifico Aedes albopictus) si distingue dalla zanzara comune per la colorazione: l’adulto è nero con striature bianche su tutto il corpo, in particolare sulle zampe. Le dimensioni non sono diverse dalla zanzara comune.
E’ una specie originaria delle foreste tropicali del sud-est asiatico, da dove nel corso di pochi decenni, a partire dalla seconda metà del XX secolo, ha colonizzato buona parte delle regioni temperate e tropicali del globo. Si nutre di giorno.
La sua diffusione è principalmente dovuta al trasporto accidentale di uova deposte all’interno di manufatti oggetto di commerci internazionali, come i copertoni usati. In Piemonte è ormai diffusa ovunque al di sotto dei 600 metri di quota.
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Le zanzare di risaia
La zanzara di risaia (nome scientifico Ochlerotatus caspius o Aedes caspius) presenta una colorazione molto variabile tra popolazioni e anche all’interno della stessa popolazione. Nella forma più comune si distingue per l’addome acuto e scuro che mostra un disegno a “crocette” chiare. Le femmine pungono sia durante il giorno che durante la notte, con un picco di attività nelle ore più fresche della giornata e al crepuscolo. Si tratta di una specie aggressiva, fonte di grave fastidio per l’uomo e gli animali domestici. E’ una specie molto comune in Italia, soprattutto nelle regioni costiere e in quelle risicole. E’ in grado di spostarsi di molti chilometri dai suoi focolai di sviluppo. E’ una delle zanzare più presenti nelle aree risicole piemontesi.
La zanzara anofele
Zanzara anofele. Per “anofeli” s’intendono generalmente tutte le specie di zanzare appartenenti al genere Anopheles.
In Europa, la maggior parte di esse è riconducibile ad un insieme di specie molto simili, che si possono distinguere solo allo stadio di uovo o con particolari misure biometriche delle larve.
Le specie che compongono il complesso sono 8, di cui 7 presenti in Italia. In Piemonte predominano An. messeae, An. melanoon e An. maculipennis, specie che si nutrono prevalentemente a spese di animali ma che possono raramente pungere l’uomo e solo quando sono presenti in grandi popolazioni, come accade nel Piemonte orientale a estate inoltrata.
Il corpo è dotato di lunghe zampe e di una evidente proboscide; è di colore scuro e ha dimensioni più grandi delle altre specie. Le ali presentano inoltre caratteristiche macchie, dovute a gruppi di scaglie scure.