Rubriche- Pagina 80

Tagliatelle romantiche di San Valentino

 La Ricetta della Cuoca Insolita

Chi è La Cuoca Insolita
La Cuoca Insolita (Elsa Panini) è nata e vive a Torino. E’ biologa, esperta in Igiene e Sicurezza Alimentare per la ristorazione, in cucina da sempre per passione. Qualche anno fa ha scoperto di avere il diabete insulino-dipendente e ha dovuto cambiare il suo modo di mangiare. Sentendo il desiderio di aiutare chi, come lei, vuole modificare qualche abitudine a tavola, ha creato un blog (www.lacuocainsolita.it) e organizza corsi di cucina. Il punto fermo è sempre questo: regalare la gioia di mangiare con gusto, anche quando si cerca qualcosa di più sano, si vuole perdere peso, tenere a bada glicemia e colesterolo alto o in caso di intolleranze o allergie alimentari.
Tante ricette sono pensate anche per i bambini (perché non sono buone solo le merende succulente delle pubblicità). Restando lontano dalle mode del momento e dagli estremismi, sceglie prodotti di stagione e ingredienti poco lavorati (a volte un po’ “insoliti”) che abbiano meno controindicazioni rispetto a quelli impiegati nella cucina tradizionale. Usa solo attrezzature normalmente a disposizione in tutte le case, per essere alla portata di tutti.

Calendario corsi di cucina ed eventi con La Cuoca Insolita alla pagina https://www.lacuocainsolita.it/consigli/corsi/
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Tagliatelle romantiche di San Valentino

San Valentino è il giorno degli innamorati. L’amore per me ha mille forme, oltre a quella che tutti intendiamo. È qualcosa che va oltre a quello che vediamo. È quello che ci spinge a fare bene ciò a cui teniamo, che ci fa resistere di fronte alle difficoltà, è quello che si prova per le persone che ci stanno vicino, quello che si mette quando si fa il proprio lavoro o si incarta un regalo per qualcuno di cui desideriamo vedere il sorriso. È anche quello che provo io quando mi metto in cucina e so che renderò felice qualcuno. Che sia a casa mia o che siate voi, che mi leggete e che sarete felici di preparare anche voi una cosa buona e che vi farà stare bene. Amore vuol dire anche amore verso sé stessi. Buon San Valentino a tutti, qualunque sia il modo in cui lo intendiate.

Tempi: Preparazione (1 h); Cottura (5 min).
Attrezzatura necessaria: minipimer, tagliere e coltello a lama liscia, pelapatate, mandolina, padella antiaderente diam 28 cm, casseruola per il brodo, pentola per cottura pappardelle, 1 mestolo, 1 cucchiaio e 1 forchetta di legno
Ingredienti per 2 persone:
Per le tagliatelle:
Barbabietola rossa cotta al vapore – 20 g in ricetta (ma preparatene almeno 50 g)
Acqua per frullare la barbabietola – 10 g in ricetta (ma preparatene almeno 25 g)
Semola rimacinata di grano duro (volendo potete prendere quella integrale) – 120 g
Acqua – 35 g
Olio extra vergine di oliva – 1,5 cucchiaini
Semola per la spianatoia
Per la salsa al cavolo nero e succo di zenzero:
Cavolo nero – 150 g (50 g da pulito)
Brodo di verdure – 500 ml
Zenzero fresco – 100 g (vi serviranno 30 ml di succo di zenzero)
Olio extra vergine di oliva – 40 g (compresi quelli per soffritto cavolo)
Farina tipo 2 – 2 cucchiai
Acqua per sciogliere farina – 1 tazzina
Sale fino integrale di Sicilia – 1 cucchiaino raso
Pepe rosa in grani
Difficoltà: bassa Costo totale: meno di 2 €
Perché vi consiglio questa ricetta?
Coloranti naturali: Avete ottenuto un meraviglioso e romantico rosa usando solo la barbabietola. In commercio, spesso, i cibi colorati contengono coloranti artificiali, a volte potenzialmente dannosi. Se però leggete nei prodotti confezionati la sigla E162 (https://www.alimentipedia.it/tabella-dei-coloranti.html), potete stare tranquilli perché è proprio il colorante ottenuto dalla barbabietola (meglio comunque produrlo in casa, perché è fresco e certamente non contiene conservanti).
Nessun conservante e senza uova: la pasta fresca fatta in casa ha solo ingredienti semplici ed è adatta anche in caso di allergia alle uova (le tagliatelle fresche che si trovano in commercio quasi sempre ne contengono)
Lo zenzero, che vanta anche proprietà afrodisiache, è un ottimo alleato della salute: è un potente antinfiammatorio, antibatterico, aiuta a regolare i livelli di colesterolo nel sangue e può essere impiegato anche per combattere la nausea durante la gravidanza.
Valori nutrizionali: questa ricetta è molto light (meno di 300 Kcal a porzione) perché non si usa la panna. Questo è stato possibile anche grazie alla tecnica di “risottare la pasta”. Sapete cosa significa? https://www.lacucinaitaliana.it/tutorial/i-consigli/come-risottare-la-pasta/

Approfondimenti e i consigli per l’acquisto degli “ingredienti insoliti” a questo link: https://www.lacuocainsolita.it/ingredienti/).

In caso di allergie…
Allergeni presenti: Cereali contenenti glutine

Preparazione
Fase 1: LE TAGLIATELLE
Prendete il minipimer e frullate nel suo bicchiere circa 50 g di barbabietola rossa cotta con 25 g di acqua. Versate solo 30 g di questa crema rossa nel contenitore dove preparerete l’impasto rosso. Aggiungete quindi nello stesso contenitore il resto degli ingredienti (semola, acqua e olio) e impastate fino a quando avrete ottenuto una palla morbida e setosa (ci vorranno circa 5 minuti). Chiudete in un foglio di pellicola e fate riposare mezz’ora a temperatura ambiente.
Su una spianatoia cosparsa di semola stendete con il mattarello la palla, cercando di formare un rettangolo regolare. Non rendetelo troppo sottile (io le ho lasciate a circa 1,5 mm). Ora con le dita arrotolate si sé stessa la sfoglia appena fatta, formando un rotolo. Con un coltello a lama liscia tagliatelo a listarelle, per formare le vostre tagliatelle. Srotolate subito le girelle e cospargete ancora la pasta fresca appena tagliata con della semola.
FASE 2: LA SALSA
Pelate lo zenzero con il pelapatate e grattugiatelo fine intero con la mandolina, appoggiandovi sopra a un piatto. Spremete con le mani lo zenzero appena grattugiato, ponendovi sopra a una piccola ciotola: si formerà un succo coloratissimo e molto profumato. Tenetelo da parte.
Sciacquate le foglie di cavolo nero sotto l’acqua corrente e mondatele, eleminando la costa centrale molto dura. Con un coltello a lama liscia, tagliatelle a piccole listarelle. Nella padella antiaderente mettete a scaldare dell’olio e quando sarà ben caldo fate soffriggere il cavolo nero per un paio di minuti, girando spesso. Abbassate il fuoco, versate 1 mestolo di brodo caldo, il succo di zenzero (2-3 cucchiai a seconda del vostro gusto) e fate cuocere tutto per 8-10 minuti. Salate verso la fine. In una ciotolina versate la farina e unite a poco a poco l’acqua, mescolando fino a formare una cremina densa. Versatela nella padella (se il brodo si è consumato tutto, aggiungete un mestolo nella padella prima di versare la cremina) e mescolate subito. Aggiungete ancora olio e mescolate.
FASE 3: LA COTTURA DELLE TAGLIATELLE
Fate bollire l’acqua nella pentola e salate. Fate cuocere le pappardelle per 2 min. Scolate e versate subito nella padella con la salsa. Aggiungete un pochino di brodo (mezzo mestolo) e girate delicatamente tutto con il cucchiaio e la forchetta di legno, finché tutto il condimento si è distribuito.
FASE 4: LA PREPARAZIONE DEL PIATTO
Disponete subito nei piatti, formando un nido. Decorate con qualche ciuffo di cavolo nero e qualche granello di pepe rosa.
CONSERVAZIONE
Nel congelatore: 6 mesi le tagliatelle fresche. Cospargetele bene di semola prima di congelarle.
In frigo: 3-4 giorni le tagliatelle prima della cottura. Anche la salsa si può preparare in anticipo e conservare per 3 giorni.

Barbero anche sulle foibe fa lezione

IL COMMENTO  di Pier Franco Quaglieni     Che il professor Alessandro  Barbero  dell’Università di Vercelli voglia spaziare su tutto lo scibile storico, imitando in chiave in verità un po’  provinciale il più noto Franco Cardini e voglia dar lezione su tutto  a tutti, è un fatto noto che lo ha portato a scrivere cose inaudite, ad esempio, su Vittorio Emanuele II.

Barbero è un professore di storia medievale che dovrebbe limitarsi al suo ambito come si fa tra uomini di scienza. Sarebbe ridicolo, ad esempio, che uno storico contemporaneista scrivesse di Carlo Magno, ma a Barbero appare invece  normale praticare sistematiche  scorribande storiche in territori temporali che non sono di sua competenza, esponendosi a brutte figure e a facili successi con un pubblico di bocca buona. L’ultima  riguarda le foibe dove ha preteso anche lui di dire la sua sull’onda della violenta campagna giustificazionista delle foibe  ingaggiata dall’ ANPI.
Gli rendo merito perché ha avuto l’onestà di dichiarare  che la sua famiglia è stata fascista e repubblichina, ma forse lo ha detto per dare più credibilità a quanto avrebbe sostenuto sulle foibe, quasi le colpe dei padri possano avvalorare  le tesi storiche dei figli.
Dopo aver condannato le foibe senza cadere nel negazionismo e nel giustificazionismo di moda, ha però contestato la legittimità del giorno del Giorno del ricordo del 10 febbraio, vedendolo come un contrappeso politico  al 25 aprile imposto nel 2004 da un governo di destra in cui prevalevano  i neo – fascisti. E qui Barbero  dimostra di non sapere che quella legge istitutiva passò con il voto determinante del PDS e l’adesione attiva di Luciano Violante e di Piero Fassino.
Il 10 febbraio non è il contrappeso di nulla, semmai è un complemento della Giornata della Memoria perché nei territori del confine orientale italiano ci fu un eccidio di massa  di cui nessuno parlava da decine d’anni perché la parola d’ordine era il silenzio più o meno omertoso imposto dal culturame  egemone di impostazione marxista.
Barbero sostiene senza prove  che gli storici hanno sempre scritto delle foibe senza citare il titolo di una sola  opera. Il primo a scriverne è  stato Gianni Oliva a cui oggi c’è qualcuno che vuole disconoscere quel merito indiscutibile che gli fa molto onore perché Oliva è uomo di sinistra.
Barbero dice che gli italiani occuparono i territori italiani dell’Adriatico orientale nel 1918, dimenticando che essi furono per secoli veneziani ed erano di lingua, arte  e cultura italiana da tempo immemorabile.
Forse Barbero ignora anche Niccolò Tommaseo. Ma ignora gli irredentisti dell’800 come Guglielmo Oberdan  o il repubblicano Imbriani e i martiri novecenteschi come Nazario Sauro e molti altri patrioti che disertarono dall’esercito austriaco, pagando con la vita. Ma Barbero dimentica che quelle terre, già da sempre italiane, furono riconsacrate italiane dal sangue di 650mila morti nella Grande Guerra, un fatto importante, così  come in seguito alla guerra perduta del 40-45 con il Trattato di pace del 10 febbraio 1947  Furono tolte all’Italia insieme a Briga e Tenda sul confine con la Francia.
Il modo in cui  quelle province vennero governate dai fascisti non giustificano l’odio slavo contro gli italiani che era ben evidente nel 1800 ed anche prima.
Fu la miscela esplosiva di comunismo e nazionalismo slavo creata da Tito a scatenare la pulizia etnica degli italiani ,provocando la morte nelle foibe e gli annegamenti di 15 mila italiani, molti antifascisti e persino partigiani. In ogni caso le violenze del regime fascista non giustificano le foibe a meno di intendere la storia l’hegeliano terribile mattatoio che giustifica la violenza con una violenza senza fine.
Il 10 febbraio giorno del ricordo  ha dei fondamenti storici che la semplificazione superficiale di Barbero ignora. L’ultima perla riguarda l’affermazione che i partigiani comunisti slavi abbiano combattuto dalla parte giusta e che quindi i loro comportamenti si contestualizzano negli orrori della guerra che Barbero definisce  testualmente “ porcate “. Estendendo questo ragionamento , si potrebbe dire che l’URSS di Stalin sia considerare in modo diverso da come la storia l’ha valutata  perché ha combattuto Hitler.
Barbero ignora o non dice le ragioni internazionali che portarono a rivalutare Tito perché si era staccato da Stalin ,ma qui il discorso si farebbe troppo lungo e ci porterebbe lontano fino all’onorificenza italiana conferita al maresciallo iugoslavo.
La verità è che troppi in Italia non vollero parlare di foibe ,a partire dal Pci per arrivare anche ai socialisti e alla Dc. Anche Saragat non ebbe il coraggio di fare una scelta difforme e  sostenne con Nenni le tesi rinunciatarie che portarono all‘ infame trattato di Osimo firmato di nascosto nel 1975  da Rumor, certo del tutto insensibile ai problemi del confine orientale: un trattato che è rimasta una ferita ancora aperta e fu un tradimento iniquo ed anche vigliacco  degli esuli. E andrebbe anche  ricordato a Barbero che i 350 mila italiani dell’esodo , costretti a fuggire dalle loro terre furono accolti in modo indecente in Italia perché i comunisti italiani li consideravano dei fascisti che andavano trattati come tali  .Questa cosa il medievalista l’ha ignorata.
La storia contemporanea e’ disciplina complessa, prof. Barbero, lei si fermi a Federico Barbarossa. Farebbe più bella figura ed anch’io verrei ad ascoltarla con vivo interesse perché lei sa parlare in modo avvincente.
scrivere a quaglieni@gmail.com

Fascismo e comunismo

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni
Ha ragione per una volta il faziosissimo Marco Revelli a criticare il Comune di Genova che intende costituire una commissione che assimila comunismo e fascismo.
In effetti, Genova risponde alla      incredibile petizione del Comune di Stazema per inasprire le leggi Scelba e Mancino contro il neo fascismo con il divieto di vendere gadget di Mussolini. Una petizione del tutto inutile e in parte liberticida sulla quale abbiamo già scritto e non meriterebbe la benché minima attenzione. Il centro – destra genovese ha approvato un ordine del giorno per creare un comitato volto a condannare sia il fascismo  sia il comunismo, sollevando l’indignazione dell’ ANPI che ha obbligato il Pd a passare dall’astensione al voto contrario e alla solita indignazione. Genova comunista, o meglio quel poco che resta, crede di poter fare come nel 1960,scendendo in piazza, ma ormai i pochi militanti sopravvissuti sono dei vecchi pensionati che hanno perso il contatto con la realtà. Va però anche detto che l’idea del comitato è un’idea balzana perché fascismo e comunismo sono oggettivamente diversi e si sono anche combattuti ferocemente. Sono diversi e non vanno confusi, ma sono due facce negative dello stesso secolo, egualmente autoritarie, se non totalitarie. I fascisti italiani hanno soggiogato l’Italia per vent’anni, i comunisti l’avrebbero volentieri soggiogata se non fossero stati battuti nelle elezioni del 18 aprile 1948 che impedirono loro il potere. La loro democrazia “progressiva“ era profondamente illiberale e i loro metodi assai poco democratici come dimostra, ad esempio , il “triangolo della morte” .
In sede storica fascismo e comunismo vanno analizzati per quello che sono stati, senza accostamenti arbitrari, ciascuno con la loro storia e gli accostamenti storiografici sono sempre sbagliati e arbitrari . Ma è altrettanto errata e persino patetica l’esaltazione acritica di Revelli dei comunisti come maestri di democrazia. I fascisti a colpi di manganello misero in riga l’Italia, i comunisti intendevano fare una rivoluzione che avrebbe ammazzato la democrazia italiana appena rinata a nuova vita, ma non poterono dar corso al progetto anche per ragioni internazionali. La loro democrazia la si vide, ad esempio, in Friuli con il massacro della Divisione partigiana cattolica “Osoppo” e con il sostegno dato a Tito. E la si vide nella insopportabile egemonia culturale esercitata per decenni nei giornali, nelle case editrici, nella cultura in generale. Il       loro non era fascismo, ha ragione Revelli, ma era egualmente una concezione politica incompatibile con la libertà. Questa è la verità storica, senza nulla togliere al loro impegno antifascista, prima e durante la Resistenza che non poteva però essere anche la prova generale di una nuova dittatura, quella stalinista, come il PCI sperava che potesse essere e dimostrò anche con i fatti di voler anticipare.
In ogni caso bisognerebbe evitare che i Consigli comunali diventassero dei campi di battaglia storico- politici, come quando ci si scannava per il Viet Nam  fino alle 3 del mattino invece di affrontare i problemi dell’amministrazione civica. Petizioni come quella di Stazema dovrebbero essere considerate irricevibili perché oggi i calendari o le bottiglie di Mussolini non ci interessano e non possono farci perdere del tempo di fronte alla pandemia e alla crisi economica.

La Giustizia problema-chiave per la ripresa

IL COMMENTO  di Pier Franco Quaglieni   Da quanto filtra dalle consultazioni del presidente del Consiglio Draghi ,appare che ogni gruppo tiri, come naturale, l’acqua al suo mulino anche se sono convinto che il Presidente  stia ascoltando tutti ,ma saprà decidere da  solo senza lasciarsi condizionare dalle pretese partitiche anche di gruppi che non sono affatto determinanti per la maggioranza come i grillini che andrebbero abbandonati al loro fallimentare destino ed irrimediabile declino.

C’è un punto sul quale sia  pare sia calato il silenzio ed è quello della Giustizia che necessita di riforme rapide e profonde che in primis limitino lo strapotere dei magistrati, riportandoli agli ambiti fissati dalla Costituzione. I magistrati hanno gravissime responsabilità nelle disfunzioni della Giustizia al pari dei ministri che si sono susseguiti, in particolare l’ultimo.
Il bubbone della lentezza che ha  una forte ricadute negative su tutto il sistema economico, la commistione tra politica e magistratura che mina  l’indipendenza dei giudici e induce sfiducia nei cittadini sono cose che devono finire. La deriva giustizialista del ministro uscente della Giustizia deve essere fermata ad ogni costo. Gente come Palamara che ha screditato una parte di magistrati che ottenevano incarichi non sulla base dei meriti, non va neppure più ascoltata in Tv  come fossero dei divi, ma nei tribunali come imputati. I giudici veri non devono fare politica perché non sono cittadini come gli altri, ma dei cittadini che hanno in mano la libertà e la dignità delle persone e hanno nelle loro mani le chiavi del carcere ,Se vogliono candidarsi ,devono prima dimettersi da magistrati e devono evitare le interviste che non riguardano le loro inchieste. Io ho conosciuto magistrati come Bruno  Caccia che lavoravano in silenzio nella più assoluta riservatezza e che pagarono con la vita la loro attività al servizio dello Stato. Quelli sono i modelli a cui guardare. La contiguità di certi giornalisti con certi magistrati deve finire, come le fughe di notizie e le intercettazioni a strascico che generano dei guariti vistosi ed irreversibili. Lo stesso CSM e il metodo della sua elezione (meglio il sorteggio) vanno cambiati profondamente. La giustizia civile deve accorciare i suoi tempi biblici che ne vanificano la  stessa funzione . La presunzione di innocenza sancirà dalla Costituzione non può essere una frase tra di circostanza, ma un principio inviolabile.
Solo una Giustizia che funzioni, può contribuire al rilancio dell’Italia che non ha bisogno di eredi dell’arcigno Borrelli che,  dopo tanta triplice  resistenza  e tanta equitazione,  ha diritto a riposare sereno come uomo austero e severo che merita anche nel dissenso il rispetto di tutti.

Via Speranza ed Arcuri

IL COMMENTO  di Pier Franco Quaglieni   Non mi permetto di dare consigli al presidente Draghi che sta conquistando tanti consensi tra gli Italiani, prima ancora di iniziare l’opera ciclopica che si accinge ad intraprendere per salvare l’Italia. Uno dei punti essenziali della sua opera di governo sarà la lotta alla pandemia con interventi energici, rapidi ed adeguati alla gravità della situazione 

Voglio tuttavia segnalargli, come certo ben sa il Presidente, che la situazione che ha portato a tanti morti e tanti infettati e’ anche la inadeguatezza del  ministro Roberto  Speranza, un politicante allevato alla scuola di Bersani, catapultato a capo del ministero della Salute a senza nessuna esperienza.
L’unico capace si è rivelato il vice ministro Sileri  che è stato marginalizzato dalla prepotenza egocentrica  del ministro Speranza. Per colpa sua e del suo staff non venne neppure aggiornato il piano anti pandemico rimasto fermo da anni, per colpa sua le mascherine per mesi furono introvabili e quindi considerate inutili per la prevenzione. Non ha saputo neppure scegliere i tecnici, preferendo un’accozzaglia di gente litigiosa, solo desiderosa di viabilità televisiva e giornalistica. Preso dalla vanità, avrebbe voluto smerciare un suo  libro su come aveva sconfitto (!) la pandemia, libro  che dovette far ritirare dal commercio in seguito all’arrivo della seconda ondata pandemica . Un episodio che rivela poca intelligenza politica  ed un ego smisurato e che avrebbe dovuto portare Conte a cacciarlo da ministro. Pochi per conformismo  hanno messo in luce i limiti abissali oggettivi del piccolo politicante lucano diventato ministro a causa di un deus ex machina che lo ha portato al governo.
Speranza, d’intesa con Conte ,ha scelto un commissario straordinario la figura di tal Domenico  Arcuri che ,dopo aver già fallito per i banchi di scuola, è stato messo al vertice del settore più’ delicato, quello dei vaccini da cui dipende  la vita dei cittadini e la ripresa economica. I vaccini sono la priorità delle priorità e non possono continuare ad  essere in mano ad Arcuri che divide le responsabilità con molte, se non con tutte le Regioni che si sono rivelate incapaci ed esiziali ad affrontare la pandemia. Non hanno finora protetto la categoria di cittadini considerata più a rischio, quella dei settantenni che continuano a morire o resta agli arresti domiciliari in casa, come Denis Verdini condannato a quasi cinque anni di carcere, ma di cui ha scontato solo due mesi. Per prevenire  gli errori delle Regioni occorrerà l’abolizione della sciagurata  riforma del titolo quinto della Costituzione del 2005 , una vera e propria follia. Ma per una campagna di vaccinazione seria, rapida, efficace, occorre cacciare Arcuri al più presto. E’ cosa più immediata e semplice. Io sono certo che un uomo come Draghi  non possa avvalersi di persone così. Persino il mediocrissimo e poco limpido  presidente della Lombardia  ha cacciato l’assessore incapace e lo ha sostituito con Letizia Moratti. Oggi le mezze calzette non servono, non pretendo gli ottimati di ciceroniana memoria, ma almeno gente che sappia qualcosa del lavoro che sta facendo.
Scrivere a quaglieni@gmail.com

Le offese a Meloni senza scuse e tanti silenzi

IL COMMENTO  di Pier Franco Quaglieni    La volgare battuta contro Giorgia  Meloni vista come una fattrice e contro sua figlia Ginevra scritta su “La Stampa” da Alberto Mattioli, giornalista amante dell’opera lirica, ma certo non dell’educazione e della deontologia professionale, non ha suscitato  le scuse dovute. Il giornale ha pubblicato ieri  un pezzo mascherato da un articolo  su Salvini e da una sua fotografia, in cui non si riporta la frase  per cui si chiede scusa, impedendo al lettore di capire di cosa si stia parlando e cioè che la Meloni ha “prodotto“ sua figlia con la collaborazione di un dipendente Mediaset.

Il concepimento di un figlio che avviene attraverso l’amore di un uomo e di una donna e’ uno degli atti più sublimi e più alti che possa avvenire, al di là del matrimonio di cui Mattioli diventa un improvvisato paladino  solo nel caso della Meloni. Mattioli ha mai scritto dei figli di coppie omosessuali ottenuti attraverso uteri in affitto che ne avviliscono il concepimento. Non ha mai scritto di coppie che hanno figli senza essere sposate o di figli nati al di fuori del matrimonio che oggi sono all’ordine del giorno. Il moralismo – invettiva del giornalista è davvero un vulnus alla correttezza informativa, una goliardata di pessimo gusto che rivela il suo odio politico verso chi non la pensa come lui, un’offesa ad una donna, anzi alle donne. Il suo non è stato un errore in buona fede, come ha sostenuto. Ma Mattioli doveva anche scusarsi con i lettori e gli abbonati al giornale che gli danno da vivere, per averli presi in giro con il suo articolo che smentisce la storia del giornale su cui scrive ,una grande storia che ebbe origine da una coscienza limpida come Alfredo Frassati. C’è’ da rabbrividire pensando a Frassati, a De Benedetti, a Ronchey, a Levi, a Fattori, Marcello Sorgi e Maurizio Molinari direttori de “La Stampa” . Un infortunio così alla “Stampa” non era mai capitato o forse solo durante il lungo periodo in cui il giornale fu asservito al fascismo, si possono registrare cadute così vistose. E poi appare davvero incredibile che il direttore del giornale, pur chiedendo scusa, definisca  l’articolo di Mattioli “ottimo”. Un articolo con quello scivolone e’ pessimo di per se’, non ottimo, egregio direttore Giannini. Basta quella frase a renderlo pessimo. In questo modo i signori della “ Stampa “ continueranno a perdere lettori costantemente come ormai avviene da tempo. Un’altra  osservazione : il silenzio delle femministe in servizio permanente effettivo, della presidente Boldrini e delle tante giornaliste vestali del femminismo più intransigente, nemiche  acerrime del sessismo,  rimaste in silenzio. Solo Cirinna’ e Concia hanno parlato, anche se Cirinna‘ prudentemente  ha anche  elogiato il direttore Giannini per le sue scuse. Troppo silenzio attorno ad una gaffe che anche gli uomini di qualsiasi orientamento dovrebbero condannare senza scusanti e opportunismi. Resta il silenzio dell’Ordine dei Giornalisti che in altre occasioni simili e’ andato giù con mano pesante contro giornalisti di altro orientamento. Il suo silenzio è allarmante, fa pensare ad un Ordine inutile che quasi ricorda quello voluto da Mussolini e che andrebbe sciolto, come sostenuto da tutte le coscienze democratiche più alte della storia del Paese .

L’isola del libro

La rubrica settimanale a cura di Laura Goria

Joyce Carol Oates  “La figlia dello straniero”     -La nave di Teseo-   euro 22,00

L’83enne Joyce Carol Oates è un’icona della letteratura americana, una delle voci più complete e prolifiche -tra romanzi, racconti e sceneggiature- in cui ha magistralmente raccontato l’America e le sue mille sfaccettature.

Esile, elegante, grande camminatrice e viaggiatrice, sempre con i suoi inconfondibili occhiali rotondi, osservatrice acuta e di immenso talento, ha sviscerato epopee di famiglie americane, vite dei troppo ricchi e di quelli che invece non hanno nulla, alternando toni dark e rosa, ed entrando nelle teste e nei cuori dei suoi infiniti personaggi.

In “La figlia dello straniero” racconta la storia della famiglia ebrea Schwarts, fuggita appena in tempo dalla Germania nazista e trasferitasi in un piccolo paese dello stato di New York. Il padre Jacob, che in patria era stato professore di matematica e tipografo, ora deve adattarsi all’umile e non proprio piacevole lavoro di becchino.

E’ un romanzo sulle radici che tengono unite una famiglia, e sulle difficoltà nel reinventarsi, con pregiudizi e ingiurie che inseguono anche oltreoceano. E ruota intorno a una grande domanda: si smette mai di essere ciò che si è e si è stati, per quanto ci si provi?

Centrale è la figlia Rebecca, nata nella fetida cabina della nave approdata nel porto di New York nel 1936. La sua non sarà una vita facile, penalizzata dal difficile rapporto con il padre e l’incombere di una tragedia che la segnerà per sempre.

Sul suo cammino incontra dapprima Niles, affascinante e dalle mille promesse: ma è manesco, le  procura un aborto a suon di botte, la trascina in un casolare fatiscente sperduto nel nulla, la rende madre di un maschietto e poi tenta di distruggere la vita di entrambi.

La sua sarà una vita costantemente in fuga, in lotta per conquistare un po’ di pace per se stessa e dare un futuro al figlio nell’America del dopoguerra. In parte sarà salvata dall’incontro con un uomo dal quale si sentirà finalmente amata.  Ma il passato della sua famiglia continuerà ad inseguirla.

 

Se poi volete un ulteriore assaggio della bravura del mito Joyce Carol Oates, potete scoprire la sua abilità anche nel riannodare i fili della vita di un personaggio famoso come Marilyn Monroe.

Il libro da leggere è  “Blonde”  -La nave di Teseo – euro 20,00, in cui ripercorre la vita dell’attrice, dai tempi in cui era un’adolescente introversa a quelli che l’hanno decretata sex symbol eterno, oltre la tragica e misteriosa morta nel fiore degli anni.

 

“I ricchi”  -Il Saggiatore-  euro  18,00

Questo è il secondo volume della quadrilogia “Epopea americana” e segue  “Il giardino delle delizie” dai toni più cupi.

Con “I ricchi”saliamo la piramide sociale e ci immergiamo nelle vicende del mondo WASP (White Anglo-Saxon Protestant), ovvero persone ricche, bianche, anglosassoni e protestanti.

Siamo nell’America degli anni 60, quando John Fitzgerald Kennedy è all’apice del successo e il Sogno Americano -improntato all’ottimismo e alla svolta per un mondo migliore- sembra essere più che mai a portata di mano.

La Oates ci racconta ombre e luci di un tipica famiglia modello: ricca, colta e rigorosamente bianca.

Al centro c’è soprattutto il personaggio –disturbante e capriccioso- di Natashya Romanov Everett che finge origini altolocate e si proclama scrittrice. Prende possesso della sontuosa villa di Labyrinth Drive a Fernwood, remoto sobborgo di una famosa città americana, dove si insedia con il remissivo marito e il figlio infelice. Tra un giro di cocktail e feste in circoli esclusivi l’autrice mette a nudo l’infelicità nascosta dietro l’apparenza. E ancora una volta è magistrale nello scavare sotto la superficie e nel tracciare una satira pungente.

 

Marco Buticchi  “L’ombra di Iside”     -Longanesi-      euro  20,00

Ci trasporta direttamente nell’antico Egitto all’epoca di Cleopatra l’ultimo intrigante best seller di Marco Buticchi, maestro italiano del romanzo d’avventura. Preparatevi a un’immersione in quasi 500 pagine inarrestabili che incrociano 3 storie distanti secoli l’una dall’altra, ma strettamente correlate.

Tutto inizia ai tempi nostri, nel marzo 2021, quando dalle sabbie egiziane affiorano decine di tavolette di argilla piene di iscrizioni. Ad ottenere l’incarico di tradurle è la protagonista prediletta di Buticchi, Sara Terracini, archeologa di primo piano e moglie di Oswald Breil, ex premier israeliano e uomo che ha reso il Mossad la rete spionistica più efficiente al mondo.

E’ l’inizio di un mistero vecchio di secoli, affidato al diario scritto da Teie, la guardia del corpo della regina egizia, custodito in una tomba riportata alla luce nel 1818 da Giovanni Battista Belzoni (1778-1823); figura importante per la nascita dell’egittologia e morto in circostanze misteriose.

Il racconto della valorosa guerriera Teie ci conduce nel primo secolo avanti Cristo, quando il faraone Tolomeo XII le affida l’incolumità della figlia Cleopatra fin dalla nascita.

Da allora Teie, – la migliore delle Cinnane, corpo scelto di soldatesse femmine- sarà l’ombra di Cleopatra.

Il loro è un legame indissolubile e fortissimo -tra intrighi di corte, conquista del trono e amori passionali e contrastati- troncato dal suicidio della regina che Teie non riesce ad evitare. Il suo è il racconto affidato a una voce mai udita prima, una testimone  molto intima, custode anche del segreto della sepoltura di Cleopatra.

Poi c’è il piano narrativo che fotografa le scoperte dell’archeologo Belzoni, al quale è legato il mistero della scomparsa dell’ultimo dei pannelli, quello che forse svelava luogo e modalità di sepoltura di Cleopatra e del suo amato condottiero romano Antonio.

La storia di Belzoni interseca la Massoneria e imprese incredibili che gli diedero grande fama, ma gli procurarono anche nemici agguerriti al punto di uccidere per ottenere tesori preziosi. Forse proprio per difendersi dalla loro avidità, probabilmente, dopo aver scoperto il sito, l’aveva nascosto per proteggerlo.

E ad aggiungere ulteriore adrenalina ci sono le minacce e i pericoli subdoli che attendono  al varco Sara Terracini.

 

 

Omid Scobie e Carolyn Durand    “Harry e Meghan. Libertà”   -HarperCollins-  euro   19,50

Questo libro ripercorre la storia dell’incontro e dell’amore tra il principe Harry e l’attrice americana di Suits, Meghan Markle, ed è stato scritto da due fonti autorevoli che hanno seguito da vicino la favola. Sono il commentatore reale e scrittore Omid Scobie  e la sua amica e collega Carolyn Durand, vincitrice di un Emmy Award come produttrice.

I due seguono da anni la famiglia reale inglese, ben prima della comparsa di Meghan, e il loro è un lavoro entusiasmante in giro per il mondo al seguito di William, Kate ed Harry, condividendo con loro aerei e itinerari vertiginosi.

In queste pagine ricostruiscono il legame tra Harry -che da sempre anela ad una vita normale e da persona comune- e la donna che non solo gli ha dato l’adorato figlio, ma che con lui condivide aspirazioni e interessi filantropici.

I due giornalisti raccontano il primo incontro “Harry ti presento Meghan”, i viaggi e la reciproca scoperta, i difficili rapporti di lei con la sorellastra e il padre dati in pasto alla stampa più pettegola. Poi l’ingresso di Meghan a corte, l’accoglienza della regina e degli altri membri, i rapporti non sempre facili tra le cognate e i due fratelli, il sontuoso matrimonio pieno di star del cinema, i viaggi dall’altra parte del mondo dove sono stati accolti da ondate di affetto e attenzioni.

La gravidanza durante la quale Meghan è stata comunque  inarrestabile, le  interviste in cui hanno denunciato la solitudine e l’indifferenza nei confronti di Meghan, la decisione di vivere privatamente la scelta del luogo in cui partorire e  poi la decisione di non conferire alla nascita il titolo reale al piccolo Archie.

Nel libro gli autori fanno anche chiarezza su preconcetti e menzogne da tabloid che hanno inseguito la coppia. Per arrivare alla sofferta e -da molte parti incompresa- decisione di allontanarsi dalla corte, planare in Canada e poi in California, rinunciando al ruolo di senior royals e ai privilegi anche economici che comportava il loro impegno reale, e scegliendo di mantenersi da soli. In poche parole una scelta di libertà….

Lo scivolone inqualificabile sulla Meloni

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni

Sono un sostenitore convinto della prima ora di Draghi e sono stato un oppositore fermissimo dei due Governi Conte che ho visto come una grave minaccia alla democrazia

Ciò premesso, non ho mai apprezzato Giorgia Meloni, sostenitrice di Trump, politica sostenitrice di una sovranità rampante, troppo schematica e semplicistica per il mio modo di pensare. Posso giungere a consentire a volte con qualche ragionamento di Guido Crosetto, ex democristiano ed ex forzista, ma Fratelli d’ Italia mi sono indigesti nel loro complesso. L’Assessore Marrone che ho conosciuto lo ritengo persona intelligente con cui si può parlare e discutere. La Meloni e’ invece quasi totalmente priva di cultura politica, ricca di acredine polemica, incapace di discorsi articolati. Per un liberale come me non potrà mai essere convincente, per un moderato come sono io non potrà mai essere attrattiva. Tra Almirante e lei c’è un abisso, tra Fini (casa di Montecarlo a parte ) e lei c’è una differenza notevole, anche se di Fini non ho mai avuto stima. E potrei continuare ad elencare i limiti della Meloni, ma evito di farlo.
Ritengo però legittima la sua opposizione al Governo Draghi così come auspicherei il voto contrario dei paleo – comunisti di Leu . Ricordo bene il governo Andreotti di solidarietà nazionale senza una opposizione in Parlamento. L’opposizione e’ una parte vitale e insostituibile della democrazia parlamentare che solo chi ha vocazioni autoritarie vorrebbe abolire o criminalizzare. Si può certo discutere l’operato politico della Meloni , ma ci sono regole elementari e deontologiche che impongono ad un giornalista di fermarsi, evitando linguaggi volgari e o ffensivi nei confronti di una persona e ,nel caso specifico, di una donna.
La polemica non può scadere nell’insulto gratuito, pena il discredito di chi vi ricorre. Il
giornalista Alberto Mattioli su “La Stampa” di ieri ha varcato la soglia della critica, per imboccare la via dell’insulto, accanendosi con la figlia della Meloni Ginevra “prodotta con la collaborazione del compagno autore Mediaset di quattro anni più giovane”.
Quella parola “prodotta” e’ infame. E’ come definire la Meloni una giovenca e la figlia una vitella.
Adesso attendo delle scuse, attendo l’intervento dell’Ordine dei Giornalisti, attendo soprattutto l’intervento di chi ha fatto della difesa della dignità della donna la sua ragion d’essere, a partire dalla presidente Boldrini.
Questo tipo di offesa e’ davvero intollerabile tra gente civile e Mattioli deve rimangiarsi l’insulto che offende tutte le madri.
Uno scivolone così cospicuo coinvolge anche nel discredito chi ha “passato“ quella frase lasciandola pubblicare su quel giornale. Non mi piace la Meloni, ma la barbarie e’ molto peggio: e’ intollerabile.

Draghi va lasciato lavorare in pace

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni
Il prof. Mario Draghi si sottopone, come è giusto che sia perché così prescrive la prassi, alla consultazioni con personaggi che non sono nessuno rispetto a lui.
Così vuole la prassi perché la democrazia è pazienza ed apostolato e si fonda sulla eguaglianza, una eguaglianza che è accettabile nei princìpi ,ma non sempre nella realtà. Draghi è come Michelangelo che si consulta con chi dipinge le strisce pedonali, mi ha scritto acutamente  una lettrice. I diversi bibitari, le sore Maria con la terza media conseguita alle 150 ore, il diplomato alle scuole serali, l’ex tronista o l’ex velina che occupano oggi la politica condannandola all’impotenza dovrebbero solo stare ad ascoltare Draghi, prendendo appunti, con la certezza però di non essere in grado di comprendere i suoi discorsi. Questa è l’Italietta di Conte che deve uscire di scena definitivamente per la salvezza d’Italia, per lasciare le redini ai capaci. Finalmente dovrebbe essere finita l’era dei presuntuosi che ostentano come una virtù l’ ignoranza, generando solo confusione.  Nel vecchio PCI gli operai studiavano per prepararsi a ricoprire cariche pubbliche,  qui siamo caduti in mano ai ragionieri e ai geometri disoccupati, a voler essere ottimisti. Un Paese moderno si governa con le competenze, non con i dilettanti rancorosi dei 5 Stelle che hanno appena chiuso il loro penoso ciclo politico che passerà alla storia come una caduta grave del Paese, una sorta di ubriacatura collettiva indotta da un comico cinico che non fa più ridere e da un personaggio obliquo ed oscuro come Casaleggio che osò persino pronunciare il nome di Adriano Olivetti.
Bobbio, una volta, parlò della ”boria degli indotti”, quando i sindacalisti della CGIL pretendevano di pontificare all’ Accademia delle scienze di Torino di cui Bobbio era presidente negli Anni di piombo. In questi anni la “boria degli indotti” e’ diventata regola di Governo con il ventriloquo avvocato pugliese che adesso si è montato la testa e fa anche i comizietti di commiato davanti a Palazzo Chigi, creando assembramenti. Il ventriloquo che conosce la coniugazione dei verbi, ma ha dato voce alle incompetenze più incredibili, deve tornare al paesello ed affidarsi a Padre Pio che lo protegga dall’ira popolare che potrebbe suscitare. Il Paese sta precipitando,  devono lasciar lavorare Draghi e limitarsi al ruolo di pulire i pennelli del novello Michelangelo.
Potranno rimettersi nel ciclo politico, candidandosi a consiglieri comunali di qualche sperduto paesino disabitato.
Anche gran parte del PD e il suo piccolo leader si sono rivelati inadeguati alla storia passata. La DC era un grande partito con politici veri come il PCI. Qui appaiono come protagonisti personaggini come Franceschini o Del Rio. Tutti insieme si sono fatti mettere nel sacco da Matteo Renzi che, se non è uno statista, è certo un politico capace, non comparabile con i suoi oppositori. Renzi ha il merito storico di aver mandato a casa Conte. La stessa figura di Fico, incaricato di un mandato esplorativo, è emersa in tutta la sua insignificanza politica di ex esponente dei centri sociali napoletani.
Quasi tutti i politici di questa Terza Repubblica meritano di andare a casa e, con il taglio dei parlamentari che loro stessi hanno voluto, torneranno o andranno per la prima volta a lavorare  in ambiti modesti, gli unici a loro adeguati. L’Italia non può più tollerare imbonitori, ciarlatani,  demagoghi. Anche la categoria dei sindacalisti deve abbassare la cresta e la voce perché sono corresponsabili del disastro economico italiano. Gli agitatori della piazza di destra, con i loro slogan infantili e semplicisti che rivelano di non aver mai aperto un libro in vita loro, devono tacere e lasciarlo  lavorare nel momento più drammatico della storia repubblicana. Lascino che il medico operi tranquillo  e si tolgano di torno con le loro chiacchiere inutili e controproducenti e le loro pretese di poltrone e strapuntini. Draghi e’ come Vittorio Emanuele Orlando dopo Caporetto, il presidente della Vittoria del 4 novembre 1918. Anzi, e’ molto di più di Orlando che era un grande  professore e avvocato, ma non molto di più ,come si vide  purtroppo alla conferenza di pace di Versailles nel 1919. Il momento è drammatico e Draghi e’ il solo che possa salvarci. Poi la politica risorgerà più viva di prima, ma con altri uomini e altre donne.