IL PUNTASPILLI di Luca Martina
La missione spaziale INSPIRATION4, appena rientrata dopo 3 giorni in orbita a 575 km sulla Terra, è stata la prima ad ospitare a bordo solo dei “civili” (quattro “turisti spaziali”) e, nello stesso tempo, ad essere completamente finanziata da un’ azienda privata (SpaceX, un’altra creatura del fondatore di Tesla, Elon Musk).
Il (salatissimo) prezzo dei biglietti è stato pagato interamente dal comandante della missione, il miliardario americano Jared Isaacman, fondatore della società Shift4 Payments, appassionato ed esperto pilota, attraverso una donazione di $200 milioni di dollari all’ospedale per bambini St Jude, nel Tennessee.
Il costo di 50 milioni di dollari a testa si confronta con i 28 milioni pagati da un anonimo acquirente (poi costretto a rimandare la sua partecipazione rinviandola a una futura missione) per volare per complessivi 10 minuti, dei quali ben 4 a disposizione per fluttuare liberamente nella capsula, sulla Blue Origin di Jeff Bezos (il fondatore di Amazon), a 100 km di altezza, il 20 luglio.
A venire incontro alle legittime aspirazioni astronautiche dei meno abbienti ci aveva pensato qualche giorno prima, l’11 luglio, la Virgin Galactic di Richard Branson che per soli 250.000 dollari aveva consentito di imbarcarsi per la sua missione, durata 71 minuti, a 80 km di distanza dalla terra.
Curiosamente proprio durante il viaggio “low cost” della Virgin si sarebbe accesa nell’abitacolo una luce rossa che poteva indicare un serio (potenzialmente fatale) problema e che, non essendo stata dichiarata all’ Agenzia statunitense per l’aviazione, ha provocato la sospensione del prossimo volo (che avrebbe ospitato una missione scientifica dell‘Aeronautica militare italiana e del Consiglio nazionale delle ricerche).
Quello che è certo è che la “Space economy” sta volando: secondo le stime della banca d’affari americana Morgan Stanley, nel 2020 ha generato circa 350 miliardi di dollari di fatturato ed entro il 2040 il giro d’affari dovrebbe superare i 1.000 miliardi.
Scienza, non fantascienza…
Non si tratta, naturalmente, di solo “turismo spaziale” che, anzi, ne costituirà, anche in futuro, solo una parte molto limitata.
I tre quarti del totale sono costituiti dalla connessione a banda larga satellitare che consente di trasmettere i dati (che continueranno la loro crescita esponenziale) e di comunicare senza necessità di cavi od altre infrastrutture a terra.
Il moltiplicarsi delle missioni private consentirà, dal suo canto, di rendere sempre più efficienti gli spostamenti nello spazio, per fini commerciali e scientifici, esplorandone ulteriormente le infinite potenzialità.
La parte del leone l’hanno fatta sino ad oggi, come si può facilmente immaginare, gli Stati Uniti, con quasi due terzi del totale degli investimenti.
L’Europa ricopre, comunque, un ruolo tutt’altro che marginale: un terzo dei satelliti mondiali sono infatti fabbricati nel nostro continente, impiegando 230.000 tecnici specializzati.
A testimonianza di ciò, ad aprile il Parlamento Europeo ha approvato un ambizioso piano che investirà nel comparto spaziale, tra il 2021-2027, quasi 15 miliardi di euro.
Questo programma consentirà una gestione più efficiente del traffico, riducendo le emissioni inquinanti, incrementando l’utilizzo di droni per le consegne e migliorando gli spostamenti aerei (evitando così ritardi e cancellazioni).
Il settore è senza alcun dubbio un pilastro cruciale per mantenere il nostro continente competitivo e capace di esercitare un ruolo di innovatore in uno scenario internazionale sempre più complesso.
Si tratta di una sfida da cogliere anche per il nostro territorio che ha maturato una solida tradizione nel settore aerospaziale.
Non sarà semplice e le difficoltà da superare (a partire dalla capacità di attrarre nuovi investimenti) sono molte ma…Per aspera ad astra…
Chiara De Carlo

Parlai nell’Aula del primo Parlamento italiano a Palazzo Carignano di Torino ,mentre nessuna autorità nazionale o locale ritenne di ricordare una data importante del nostro Risorgimento. Ne parlai con rigore storico senza le sbavature anticlericali che hanno connotato certi ricordi obsoleti di una data che venne collegata al rogo di Giordano Bruno al Campo de’ Fiori. Colsi l’occasione per parlare del Risorgimento e di difenderne il valore storico dagli attacchi soprattutto di una sinistra estranea e contraria al Risorgimento che prende per oro colato le critiche In verità molto frettolose e ideologiche di Gobetti e di Gramsci alla pagina più importante della storia italiana , come disse Croce che parlò di Sorgimento. Oggi l’anticlericalismo appare un discorso obsoleto privo di senso, se consideriamo la Chiesa cattolica di oggi. Il primo nemico del clericalismo è Papa Francesco e certi atteggiamenti laicisti sono comprensibili solo in ultracentenari come Bruno Segre che vivono rivolti al secolo scorso, se non all’800. Pannella che scelse di andare in piazza San Pietro ad ascoltare il Papa, aveva abbondantemente superato l’anticlericalismo del passato.
Rubrica settimanale a cura di Laura Goria
In oltre 600 pagine – scorrono via che è un piacere, ma anche un peccato quando si arriva alle ultime righe- riviviamo la parabola discendente e tristissima di questa famiglia di aromatari che, partita dalla povertà del paesino calabrese di Bagnara Calabra a fine 700, aveva edificato un impero gigantesco grazie a tonnellate di intraprendenza, coraggio, intelligenza, lungimiranza e una chiara visione imprenditoriale catapultata nel futuro.
Questa biografia della regina di Palermo nella Belle Époque, Franca Florio, è stata scritta e pubblicata dalla scrittrice e giornalista palermitana Anna Pomar nel 1985. Documento prezioso perchè si era avvalsa anche della testimonianza diretta della marchesa Giulia Afan de Rivera, (una delle figlie di Franca e l’ultima discendente della casata).
Questo corposo studio del funzionario di Dogana, saggista esperto di economia e storia, Simone Candela, è la prima completa e particolareggiata storia dell’ascesa, fortuna, ricchezza e decadenza economica dei Florio.
L’autore di questo libriccino era un avvocato nato nel 1903, amico e compagno di avventure di Ignazio Florio. Marasà diede alle stampe questo libro nel 1975 (2 anni prima della morte), quando ormai i protagonisti non c’erano più; e non nasconde il tono nostalgico per una fase storica e sociale che ha ormai perso l’allure in concomitanza con il franare della fortuna dei Florio.
E’ tenerissimo questo omaggio che la figlia minore di Giulia Florio, Costanza, tributa alla madre ma anche alla nonna Franca che in famiglia chiamavano Greny. Una testimonianza importante e privilegiata perché ci giunge dalla prospettiva intima di una componente della famiglia.





Che piacevole sorpresa. Dopo mesi di rinuncia (confesso: per la mia paura di assembramenti, pur se ben attenzionati, al chiuso) alla Santa Messa domenicale – per me da sempre, o quasi, appuntamento irrinunciabile – domenica scorsa, 12 settembre, vigilia dell’apertura del nuovo anno scolastico, ho salito i gradini della storica Parrocchia “Beata Vergine delle Grazie” di corso Einaudi alla Crocetta di Torino. Intenzionato, una volta per tutte, a recuperare le buone (ahimé,non molte) abitudini. E ho preso – come suol dirsi – Messa. In una domenica che mi porto ancora nel cuore e che proprio per quella mia, forse “guidata” (da chi? da cosa?), decisione mi ha procurato momenti di grande, imprevista felicità. E serenità. Benessere che mi mancava da tempo. Fra i banchi e fuori sul sagrato, tantissimi bambini. Bimbe e bimbi, accompagnati da mamme e papà e nonni. Sulle spalle enormi, esagerati per quelle ancor tenere membra, zainetti. Meglio zainoni. Megagalattici, superstellari, coloratissimi, disegnatissimi. All’ultimo grido. Quelli lanciati dai video-social, immagino. Vuoti, ho sperato. E pensa quando saranno pieni? Mi sono detto. Eh sì, quella di domenica 12, era proprio la Messa dedicata alla benedizione di quelle montagne, dagli umani chiamate zainetti, caricati a spalla dai “portatori”, pur gioiosi e sorridenti pargoletti. Benedizione tutta meritata. Prima da loro e poi dagli zainetti. Comunque, bella iniziativa. Credo programmata anche in altre Parrocchie e sotto altre forme. Un gesto e un segno di speranza. Volti sorridenti. I bimbi della stessa classe o scuola o anche di scuole diverse che si ritrovavano, che tornavano a guardarsi negli occhi dal vivo, a stringersi le mani, a raccontarsi mille, più o meno improbabili, avventure. Ad alzare al cielo, al passaggio del giovane viceparroco don Francesco – ragazzo fra i ragazzi barba e capelli neri pettinati con simpatica e rapida disattenzione- i loro supercontenitori di materiale scolastico tesi ad accogliere dall’aspersorio le gocce volanti, qui e là, della benedizione. In quegli zaini e per tutto l’anno scolastico – ha ricordato ai bimbi il giovane don – fateci stare dentro tante domande, tante curiosità. Non abbiate paura di chiedere. Le risposte alle vostre domande vi aiuteranno a crescere. E poi non dimenticate di riporvi anche la fatica. Quell’impegno che dovrà accompagnarvi per la vita, pur se a volte compagno scomodo e un po’ noiso. E infine l’umiltà”. Sagge parole. I secchioni consci di esserlo e vogliosi di ostentarlo non sono mai piaciuti né ai compagni di classe, né agli stessi insegnanti. Per lo meno, a quelli più intelligenti. Insieme alla benedizione è stata anche ditribuita all’interno della Chiesa (a un centinaio di metri dall’austera casa in corso Galileo Ferraris 70, dove nel 1901 nacque il beato Pier Giorgio Frassati, il “giovane dalle 8 beatitudini” scomparso a soli 24 anni nel 1925, e a cui la Parrocchia della Beata Vergine ha intitolato una Cappella, cuore spirituale della Chiesa ed oggi spazio dedicato alla Pastorale giovanile) una breve ma intensa preghiera stampata su fogli di diverso colore. Un passo recita Signore…aiutami a imparare le cose belle della vita e a condividerle con chi mi è più vicino, oggi e domani. “Condividerle”. Che bel verbo e che bell’insegnamento cristiano e sociale – ho pensato fra me e me – in tempi che hanno perso, per varie ragioni, il gusto della condivisione. Già prima del periodo pandemico, pratica assai poco praticata! E allora ho sentito di dovermi associare anch’io alle
parole di don Francesco e all’alto esempio del beato Frassati che della “condivisione” con gli ultimi, i poveri, i reietti, gli invisibili fece lo scopo unico della sua breve vita. Fino alla morte. Ho quardato quegli zaini, quegli occhi innocenti, quei sorrisi larghi di felicità. E ho sperato e spero che proprio quei “borsoni” (ricordate invece le nostre smilze cartelle?) portati a spalla dai ragazzi possano tutti i giorni dell’anno scolastico appena avviato varcare le soglie di ogni aula, portandosi dietro quella grande voglia di “condivisione”, di conoscenza e di gioco e di sorriso e di amicizia e amore che è strada di crescita e di vera vita per i nostri figli e nipoti. Che possano superare, glielo auguro davvero, quei brutti giorni chiusi in casa prigionieri, giocoforza, della famigerata (ma necessaria) dad. Ciao Enrico, a domani : urla, anche lui quasi incredulo a quel miracoloso accenno di normalità conquistata a dura prova, il piccolo Marco. Ciao Marco – gli ulula dietro Enrico. E ricordati di portare lo zaino… con il pallone dentro, se ci sta, per la ricreazione! Anche il pallone. Povero zaino! E povero Marco! Ma quanta forza hanno le tenere membra dei nostri bimbi?