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Budinetti primaverili di asparagi 

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Gli asparagi, prelibati protagonisti della primavera, sono gustosi, ricchi di proprietà benefiche e molto versatili in cucina. Eccovi una facile e raffinata ricetta da proporre ai vostri ospiti

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Ingredienti per 8 sformatini: 
500gr. (puliti) di asparagi verdi 
200ml. di panna liquida 
2 uova intere 
50gr. di parmigiano grattugiato 
Sale, pepe, burro, olio, foglie di menta q.b. 
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Pulire e lavare gli asparagi, cuocerli a vapore poi scolarli e tagliarli a pezzi. Tenere da parte qualche punta per guarnire.  Frullare gli asparagi con la panna, unire le uova, un pizzico di sale, pepe a piacere e il parmigiano. Mescolare bene e versare negli stampini in acciaio precedentemente imburrati. Cuocere in forno a bagnomaria a 180 gradi per circa mezz’ora. Preparare la salsina emulsionando nel mixer l’olio con poche foglie di menta e sale.  Sformare i budinetti, guarnire con le punte di asparago ed un filo di olio alla menta. Servire tiepidi. 

Paperita Patty

Di motori non ne capisce niente…

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Armando Belletti, per ragioni di lavoro, si trovò costretto a vivere in città per buona parte della settimana.

Non che Pavia fosse una gran metropoli ma era ben altra cosa dalla quieta e sonnecchiosa Borgolavezzaro.

Smog, traffico, ritmi caotici e stressanti lo inducevano quanto prima a fuggir via lontano da quel trambusto. Con la sua utilitaria, sbrigati gli impegni, s’avviava verso la periferia e, in breve, si trovava in aperta campagna. La Lomellina con i suoi campi geometrici, le risaie, i prati, le boschine, l’aria finalmente pulita e l’unico rumore – oltre al ronfare del motore dell’auto – non era tale ma un delicato e allegro cinguettare degli uccelli.Armando rallentava la corsa e si godeva la vista di quell’ambiente naturale salvaguardato da eccessi edilizi, punteggiato da cascine e campanili, immaginando cosa l’aspettava a tavola: il risotto, il salame d’oca di Mortara, le cipolle di Breme, gli asparagi di Cilavegna e, come dolce, le offelle di Parona. Questi pensieri gli mettevano quasi commozione. “Cavolo, quando torno al mio paese mi pare di rinascere. Qui sì che la vita ha i tempi giusti. Stare in città sarà anche necessario ma mi pesa troppo”. Un giorno, imboccata una strada non asfaltata che tagliava in due una collinetta, l’auto si mise a fare le bizze. Il motore tossiva, ingolfato. Perdeva colpi e si fermò. Armando, pronunciando termini sui quali – per rispetto del lettore – si ritiene più utile sorvolare –   provò a rimetterla in moto, girando con foga la chiave d’accensione. Ma non c’era nulla da fare. Il motorino – grrr, grrr – girava   vuoto. L’auto restava lì, immobile, senza dar segni di vita, nel bel mezzo della stradina di campagna. Belletti scese, sollevò il cofano, guardò perplesso e sconsolato il motore senza avere la minima idea di dove mettere le mani. Mentre rimuginava sull’incidente che gli era capitato, avvertì un rumore alle sue spalle. Si girò e vide   un bellissimo ed elegante cavallo dal manto lucido e nero. L’animale lo guardava e si mise a girare attorno al veicolo. S’avvicinò e, con sguardo indagatore, scrutando il motore disse , con voce grave :“ Un bel guaio, sa? Per me è partito lo spinterogeno”. Armando, attonito e ammutolito lo guardò incredulo mentre l’animale, trotterellando se ne andò via per la sua strada. Di lì a pochi minuti sopraggiunse un contadino, con un forcone in spalla. Si conoscevano. Bernardo Trefossi era noto nei dintorni per la sua eccentricità. Vide il Belletti stranito, con la bocca aperta, e chiese cosa mai gli fosse capitato. Armando, balbettando, raccontò l’episodio del cavallo e il contadino, incuriosito, domandò: “ Mi dica. Il cavallo era forse nero?”. Alla risposta affermativa del Belletti, il contadino, battendogli la mano sulla spalle, lo rassicurò: “Mi dia retta. Non creda ad una parola di quanto le ha detto quel cavallo. Di motori non ne capisce niente”.

E se ne andò, fischiettando per la sua strada. Quando Armando, chiamato il soccorso stradale, riuscì ad arrivare a Borgolavezzaro era omai sera inoltrata. Ancora scosso per l’avventura del pomeriggio, raccontò il fatto agli amici del Bar “Al cervo d’oro”. Nessuno lo contraddisse ma Vittorio Scalmanati, detto “incudine”, fabbro di mestiere, all’insaputa del vicesindaco e guardando gli altri avventori,   si portò l’indice alla tempia. Dalla smorfia e dal gesto tutti intesero ciò che andava inteso: il Belletti era un po’ “tocco” ma non era il caso di contraddirlo. In fondo, come diceva lui stesso, “cavolo, quelli lì un po’ balordi non fanno poi del male a nessuno”. Appunto!

Marco Travaglini

Quante uova di Pasqua vi sono avanzate?

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PENSIERI SPARSI  di Didia Bargnani
Per qualche giorno ancora dopo Pasqua ci piace mangiare le uova di cioccolato ma arriva il momento in cui vorremmo non averle più in casa o perché ci hanno stufato, si sa, anche l’aragosta mangiata tutti i giorni, che barba, che noia o semplicemente perché non vogliamo più avere la tentazione di cedere alla golosità.
E allora finiamola una volta per tutte: una torta tenerina meravigliosa, fondente, umida e cioccolatosa è la soluzione perfetta.
Per uno stampo di circa 18/20 cm. mi serviranno:
200 gr. di cioccolato, 70 gr. di olio di semi, 3 uova, 90 gr. di zucchero a velo, 20gr. di farina o fecola.
Accendo il forno a 180 in modalità ventilato, sciolgo il cioccolato a bagno maria, faccio raffreddare, aggiungo l’olio.
In un’altra ciotola monto con le fruste elettriche le uova con lo zucchero e unisco la farina setacciata. Aggiungo il cioccolato precedentemente sciolto e mescolo il tutto.
Verso l’impasto nello stampo foderato con carta forno e possibilmente un po’ imburrato.
La Tenerina è pronta per essere infornata; il forno deve essere già a temperatura.
Dopo circa 30 minuti il dolce sarà pronto, se desidero una consistenza meno umida lascerò cuocere qualche minuto in più, cospargo di zucchero a velo e con una tazza di tè o un caffè dico addio alle uova di Pasqua, almeno fino al prossimo anno.

Guerra!

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IL PUNTASPILLI  di Luca Martina

Alcuni storici ritengono che Hitler non avesse alcuna intenzione di scatenare una guerra mondiale (ignorando il rischio di vedere schierato contro di sè tutto il mondo occidentale).

Fu il lassismo e la sottovalutazione dei rischi da parte degli altri paesi europei (sancita dalla Conferenza di Monaco) a consentire alla Germania di occupare impunemente, a partire dal1938, l’Austria (annettendola), la Polonia e, via via, gli altri Paesi che riteneva dovessero appartenere alla Germania rendendo quindi inevitabile l’esplosione di un conflitto su scala globale.

Detto per inciso: gli Stati Uniti erano in quegli anni nel pieno di un’ondata isolazionista, concentrati sulla ripresa del loro Paese, fiaccato dalla Grande Depressione e dalla politica economica protezionista varata sotto la presidenza Hoover (lo Smoot-Hawley Tariff Act impose dazi fino al 59% sulle importazioni Usa) che non aveva fatto altro che prolungarne la durata.

Il New Deal del presidente Roosevelt, varato nel 1934, stava allora faticosamente cercando dispiegare i suoi effetti, anche attraverso la firma di trattati di libero scambio, ma l’opinione pubblica (la Depressione ancora lungi dall’essere dimenticata) era decisamente ostile ad un coinvolgimento in un conflitto così lontano dai confini americani ed estraneo ai suoi interessi.

Venendo ai giorni nostri, non sappiamo se la dichiarazione di guerra (commerciale) pronunciata da Trump derivi da una inconsapevolezza delle sue potenziali conseguenze, se sia una precisa strategia (mal concepita) di “conquista” dei mercati mondiali o semplicemente un passo, più lungo della gamba, della volontà di imporre agli altri Paesi le sue regole di negoziazione.

Quello che è certo è che gli atti di ostilità commerciali (e si spera restino solo tali) si stanno moltiplicando con una violenza impensabile anche solo pochi mesi fa e la possibilità di una decisa contrazione degli scambi internazionali (uno dei maggiori motori della crescita mondiale degli ultimi ottant’anni), dalle conseguenze imprevedibili, è diventata estremamente reale.

Non voglio dilungarmi oltre sull’analisi di quanto sta ponendo in atto l’inquilino della Casa Bianca in quanto diventerebbe obsoleta prima ancora che l’inchiostro abbia il tempo di asciugarsi…o così almeno si sarebbe detto nell’era della carta stampata.

 

Quello che volevo affrontare è, invece, il comportamento dei mercati finanziari.

È ben noto come gli investitori detestino le situazioni d’incertezza: è impossibile attribuire un valore ad un’azienda (è questo che fanno i mercati azionari attraverso le loro quotazioni) se non si riesce a prevedere quale sarà il loro andamento futuro e con quale livello dei tassi di interesse si attualizzeranno i loro flussi di cassa futuri (il valore di una somma percepita va riportata ad oggi, scontandola per un tasso di interesse).

Quando sta avvenendo costituisce senza dubbio il massimo livello di indeterminatezza alla quale abbiamo mai assistito e fa impallidire le crisi russa e dei paesi asiatici dei primi anni ‘90, la bolla dot-com del 2000 e la grande recessione del 2007-8 nonché l’esplosione della pandemia scatenata dal Covid.

Stiamo parlando di quella che verrà probabilmente ricordata come la prima recessione consapevolmente (?) auto-indotta.

Come reagire di fronte a un simile salto nell’ignoto? L’unica arma in possesso degli investitori è quella di vendere ciò che è in loro possesso, provocando così pesanti ribassi dei listini.

La discesa dei prezzi ha, a sua volta, effetti devastanti sulla psicologia dei risparmiatori (gli studi in materia di Kahmeman e Tversky hanno fruttato loro un Nobel per l’economia nel 2002) e questo scatena nuove ondate di panico e nuove discese dei prezzi.

Il meccanismo è destinato ad esaurirsi quando l’incertezza si riduce o, nel caso peggiore, quando le vendite hanno svuotato completamente i portafogli degli investitori più emotivi.

Va infatti, ricordato, per citare Warren Buffet, che “il mercato azionario è un meccanismo (infernale, n.d.r.) per trasferire la ricchezza dagli impazienti ai pazienti” e che occorre “essere impauriti quando gli altri sono avidi e avidi quando tutto sono impauriti”.

Un altro vecchio e pur sempre valido adagio di Wall Street recita, infatti, che i mercati salgono inerpicandosi sui ripidi muri delle preoccupazioni (“markets climb a wall of worry”).

Ma, si sa, la storia, la logica e il sano buon senso tendono ad essere ignorati quando ci si convince (non sempre a torto) che a governare i mercati (e il mondo) sia l’imponderabile.

Eh sì perché mai avevamo assistito a qualcosa di assimilabile agli eventi delle ultime settimane e assai raramente la reazione dei mercati era stata così scomposta.

Ma allora chi ha ragione? Chi vende per evitare atterraggi ancora più duri, conseguenti ad un salto nel vuoto, o chi si tappa le orecchie, come Ulisse, per evitare di essere ammaliato (terrorizzato) dalle sirene (di allarme)?

Nel breve termine, spesso vendere diventa una via d’uscita non solo ragionevole, serve per alleggerire il pesante fardello psicologico delle notizie che quotidianamente funestano umore e portafogli, ma anche corretta (se non si vende sui minimi assoluti, per qualche tempo si avrà la sensazione di essere usciti “bene”, viste le circostanze).

Nel medio e lungo termine, al contrario, si potrebbe trattare (la storia insegna, anche se sul futuro non possiamo avere certezze) di una scelta inopinata in quanto le fasi negative (correzioni temporanee o più prolungati “bear markets”) sono sempre state brillantemente superate: l’economia prima o poi migliora, e con lei i profitti aziendali, e il progresso (sociale, tecnologico…) riprende il suo cammino senza guardarsi troppo indietro.

In questo momento i mercati stanno indicando chiaramente la via da seguire, “suggerendo” la negoziazione di tariffe ragionevoli (se proprio devono essere imposte) e consentendo coì all’economia di evitare di subire più di una semplice “recessione tecnica” (di breve durata), ritornando velocemente al suo percorso di crescita che potrebbe essere rinforzata presto dal completamento dell’agenda elettorale, composta in larga parte da tagli delle tasse e deregolamentazioni.

Ma cosa succederà allora nella situazione assolutamente unica che stiamo vivendo?

Occorre, innanzitutto, ricordare che tutto passa e che il presidente degli Stati Uniti non è un sovrano assoluto.

Questo significa che buona parte delle decisioni del presidente devono essere approvate o possono essere bloccate dal Congresso.

Purtroppo il “Trade Act of 1974”, una legge approvata dal Congresso durante la presidenza di Gerald Ford, attribuisce al presidente l’autorità di imporre dazi allo scopi di proteggere le industrie domestiche dalle importazioni estere (Safeguard Measures: acciaio e pannelli solari sono stati in passato oggetto di dazi per questo motivo), come risposta a pratiche scorrette (Unfair Trade Practices: una di queste è il caso dei dazi sulle esportazioni USA superiori a quelli imposti dagli Stati Uniti) o per proteggere la sicurezza nazionale (National Security: nei confronti delle importazioni che minaccino l’approvvigionamento da parte delle industrie nazionali di settori chiave, come quello militare o aerospaziale).

Ciononostante, in un Paese democratico è difficile (vorrei dire impossibile) governare a lungo senza il consenso del proprio corpo elettorale (e dei rappresentanti eletti) e da qualche settimana la compattezza della maggioranza repubblicana incomincia pericolosamente a scricchiolare.

Inoltre, a novembre 2026 le Midterm elections rinnoveranno tutta la camera dei rappresentanti ed un terzo dei senatori oltreché una buona parte dei governatori: arrivare a quella data nelle attuali condizioni porterebbe ad una severa sconfitta del partito del presidente (che ha promesso di cancellare l’inflazione e di innescare un boom economico) tramutandolo in una goffa e impotente “anatra zoppa” per il resto del suo mandato.

Questo potrebbe creare una situazione di stallo nell’economia (con un forte rischio di stagflazione, bassa crescita ed inflazione) o, nel caso più favorevole, incoraggiare al ritorno al tavolo negoziale, correggendo e limitando gli errori fatti nei primi mesi del nuovo mandato.

L’azione del presidente è ancora una volta la dimostrazione che cercare di forzare i meccanismi dei liberi mercati genera instabilità, incertezze e un danno economico (lo si vedrà nei prossimi mesi) e finanziario (già “contabilizzato” da azioni e obbligazioni).

Infatti, gli impatti disordinati delle forzature (è bastato l’effetto annuncio dei dazi) si sono già potuti vedere chiaramente non solo sui prezzi delle azioni (come ricordato in precedenza) ma anche sui tassi di interesse, sul tasso di cambio e sui prezzi delle materie prime.

La prospettiva di una guerra commerciale all’ultimo sangue con la Cina pone a rischio la sottoscrizione in massa delle emissioni di bond statunitensi (lo si è ben osservato nel balzo dei tassi delle scadenze più lunghe). Questo, unitamente alla possibilità che i forzieri cinesi decidano di iniziare a vendere parte dei titoli governativi statunitensi detenuti, rende più oneroso il debito e rischia così di avere un effetto recessivo.

Il dollaro, in balia dei timori sulla sua futura centralità negli scambi internazionali, sembra a sua volta avviato ad indebolirsi ulteriormente e ad essere così meno attrattivo per gli investitori.

Le materie prime risentono, infine, del peggioramento delle prospettive economiche e, nel caso del petrolio e del gas naturale, della possibilità di un eccesso di produzione sollecitato dall’agenda di Trump (Drill, baby, drill).

Gli Stati Uniti hanno costruito la propria grandezza sul libero mercato e pensare di renderla “nuovamente grande” riportando in auge pratiche protezioniste sembrava fin dall’inizio una pessima idea.

Farlo con i modi propugnati in questi primi mesi di presidenza rischia davvero di generare delle conseguenze molto severe per l’economia mondiale.

Per fortuna, sembra proprio il caso di dirlo, un presidente non è per sempre (il mandato è quadriennale) e i danni provocati da una mal concepita politica economica sono destinati ad essere limitati: possono essere molto gravi ma contenuti nel tempo e, perciò, non arrivare a cambiare in modo irrimediabile il mondo che ci sembrava di conoscere così bene, a partire almeno dalla fine della Seconda guerra mondiale.

Siamo certamente in viaggio verso una Terra Incognita e chissà dove ci porterà ma la storia insegna che proprio uno di questi viaggi ha consentito, per puro caso, la scoperta del continente nel quale si è sviluppata poi la prima superpotenza del pianeta; proprio quella dalla quale provengono adesso segnali così preoccupanti…

Agli investitori spaventati e disorientati non si può allora altro che ribadire il mantra reso celebre dallo sfortunato film “Il corvo”: non può piovere per sempre…

Pur gocciolanti e infreddoliti non rimane che attendere che in cielo si riaffacci il sole che, anche se accecati dalle gocce d’acqua non lo vediamo, è sempre lassù, sornione e sorridente, dietro le nuvole, pronto a tornare a risplendere.

La versione originale, in lingua inglese, di questo articolo è stata pubblicata al seguente indirizzo: https://en.irefeurope.org/publications/online-articles/article/terra-incognita/  dall’Institute for Research in Economic and Fiscal Issues (IREF)

Golosi involtini pasquali in gelatina

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Un detto popolare recita ”Non c’e’ Pasqua senza uova”

Nel rispetto della tradizione, per una Pasqua all’insegna della convivialita’ e degli antichi sapori, vi propongo un facile e fresco antipasto ideale per il pranzo o per il picnic di Pasquetta che vede le uova come immancabili protagoniste del menu’ in una festa di colori e sapori.

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Ingredienti per 8 persone:

 

8 fette di prosciutto cotto tagliato spesso

6 uova sode

100 gr. di tonno sott’olio

1 cucchiaio di capperi

2 cucchiai di mayonnaise

1 cucchiaio di peperoni sott’aceto tagliati a striscioline

1 dado per gelatina

2,5 dl. di vino bianco

2,5 dl. di acqua

cucchiaio di aceto bianco

sale q.b.

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Tritare quattro uova sode con i capperi, il tonno, la mayonnaise;

farcire le fette di prosciutto, arrotolare ad involtino e sistemare in una pirofila preferibilmente in vetro. Nel frattempo preparare la gelatina: portare ad ebollizione l’acqua, far sciogliere il dado, mescolare, aggiungere il vino bianco e il cucchiaio di aceto, mescolare nuovamente e versare sugli involtini di prosciutto. Guarnire con le striscioline di peperone e le rimanenti uova tagliate a piacere. Lasciar raffreddare in frigo per almeno 3 ore.

Buona Pasqua a tutti i lettori.

Paperita Patty

Tortino allo zafferano. Anche con gli avanzi di riso

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E’ una torta salata che potrete proporre come primo piatto, una preparazione semplice, cremosa, dal gusto delicato che deliziera’ il palato di tutti i commensali.

Ideale anche per utilizzare del riso avanzato da condire a piacere.

Ingredienti

300gr. di riso Carnaroli
1 uovo intero
1 bustina di zafferano
100gr. di pancetta affumicata a cubetti o prosciutto cotto
200gr. di ricotta morbida
50gr. di parmigiano grattugiato
Sale, pepe, burro, latte qb.

Cuocere al dente il riso in acqua salata, scolare e lasciar raffreddare. Dorare in padella la pancetta a cubetti, asciugare su carta assorbente. In una terrina mescolare il riso con l’uovo intero, lo zafferano, la ricotta, la pancetta, metà parmigiano, il sale ed il pepe. Aggiungere poco latte per rendere la preparazione più morbida.
Ungere una teglia da forno con burro fuso, cospargere con pangrattato, versare il riso, coprire con il parmigiano rimasto e fiocchetti di burro. Infornare a 200 gradi per 10 minuti e per altri 5 minuti con funzione grill. Servire caldo.

Paperita Patty

Polpette al pomodoro con farina di ceci, che bontà!

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Rubrica a cura de La Cuoca Insolita 

Per fare queste polpette al pomodoro con farina di ceci non avete bisogno di preparare molti ingredienti: probabilmente aprendo il frigo li trovate già lì, pronti! Il bello delle polpette è che ci potete mettere dentro quello che volete. Qualcuno potrebbe non fidarsi a ordinarle al ristorante, temendo che siano fatte con gli avanzi, di quelli che o li metti nelle polpette o li butti via. Io trovo che sprecare il cibo il meno possibile sia un traguardo importante. E ora, aprite il frigo e guardate se anche voi avete qualche ingrediente che potrebbe andare bene per questo. Non importa se non è esattamente quello che c’è in questa ricetta. Basta rispettare le proporzioni. Non devono però mancare la farina di ceci e il sugo di pomodoro. Leggete e capirete perché…

Perché vi consiglio questa ricetta?

  • Valori nutrizionali: Rispetto alle polpette al sugo tradizionali preparate con carne di vitello e maiale, uova, latte e formaggio grattugiato, qui abbiamo -30% di calorie e -65% di grassi. Un piatto che sazia senza appesantirci e senza farci ingrassare!
  • Polpette al pomodoro con farina di ceci, buone come quelle della nonna! E in più le carote e i finocchi sono ricchi di fibre, ma nell’impasto di queste polpette non si distinguono. Bene, quindi, anche per i bambini che non amano la verdura.
  • Al posto dell’uovo usiamo la farina di ceci. Nessun problema quindi per chi ha problemi con le uova.

Una dieta a base di legumi e cereali (soprattutto quelli integrali) permette di fornire al nostro organismo gli stessi elementi che si trovano nella carne (gli aminoacidi essenziali).

Tempi: Preparazione (20 min); Cottura (15 min);

Attrezzatura necessaria: robot tritatutto, 2 bicchierini da caffè, padella antiaderente diam. 32, tagliere e coltello a lama liscia, paletta da cucina, 2 cucchiaini, 1 cucchiaio, 1 paletta di legno, vassoio, 1 ciotola di medie dimensioni, carta da forno.

fase preparazione polpetteIngredienti (per 4 persone – circa 500 g di polpette):

Per l’impasto delle polpette:

  • Verdure in padella (carote e finocchi) – 150 g
  • Riso basmati integrale cotto – 150 g
  • Pangrattato (integrale) per impasto – 50 g
  • Farina di ceci – 1 cucchiaio pieno
  • Acqua per farina ceci – 2 cucchiai
  • Salsa di soia – 1 cucchiaio
  • Sale fino – ½ cucchiaino
  • Olio evo – 2 cucchiaini
  • Semi di girasole – 1 cucchiaio
  • Pangrattato per impanare polpette – 50 g

Per il sugo di pomodoro:

  • Passata di pomodoro o sugo pronto – 300 g
  • Olio di oliva – 2 cucchiai
  • Aglio – 1 spicchio

Ciuffi di carota – ½ bicchiere

Approfondimenti e i consigli per l’acquisto degli “ingredienti insoliti” a questo link: https://www.lacuocainsolita.it/ingredienti/).

In caso di allergie…

Allergeni presenti: Cereali contenenti glutine, soia

Preparazione delle polpette

FASE 1: LE VERDURE E I CEREALI DEL FRIGO

Potete scegliere delle verdure in padella a vostro piacere e in base a quello che trovate in frigorifero. In questa ricetta io ho fatto rosolare uno spicchio di aglio in olio evo, buttato dentro le carote a rondelle e fatto cuocere per 10 minuti. Poi ho buttato in padella anche i finocchi e fatto cuocere tutto insieme per altri 10 minuti. Infine, ho aggiunto il sale.

Io ho sempre in frigorifero un cereale pronto. Questa volta usiamo il riso basmati integrale. Se non vi ricordate come è meglio cuocere i cereali in chicco, andate su https://www.lacuocainsolita.it/miglio-stufato/

FASE 2: IL PANGRATTATO

Meglio se integrale, perché è più ricco di fibre. Io lo ottengo spesso da una forma di pane secco. Basta mettere le fette secche nel mixer e tritare a massima velocità, fino a quando il tutto sarà polverizzato.

FASE 3: LA PREPARAZIONE DELLE POLPETTE

Il gioco è facile: nel bicchierino da caffè bagnate la farina di ceci con l’acqua e mescolate. Intanto mettete nel contenitore del robot tritatutto le verdure, il riso basmati, la salsa tamari, il sale e l’olio e frullate a massima velocità. Aggiungete quindi la farina di ceci idratata e il pangrattato. Dovrete ottenere un impasto abbastanza compatto.

Unite ora i semi di girasole e mescolate delicatamente (devono restare interi). Trasferite in un contenitore e ricavate con le mani delle polpette, che poi impanerete con del pangrattato integrale.

FASE 4: LA COTTURA

Mettete olio di oliva in padella, fatelo rosolare e buttate dentro l’aglio e i ciuffi verdi delle carote sminuzzati come fareste con del prezzemolo. Mettete a cuocere le polpette impanate, a fuoco medio-alto e fate rosolare per circa 5 minuti, poi girate con l’aiuto di due posate e fate altrettanto dall’altro lato. Trascorsi 10 minuti, mettete da parte un po’ di ciuffi verdi di carota soffritti e versate il sugo già pronto nella padella e fate scaldare tutto per altri 5 minuti.

Servite le polpette calde, con una forchetta e un cucchiaio per raccogliere bene anche il sugo al pomodoro.

CONSERVAZIONE

In frigorifero: 3-4 giorni

Le polpette crude: possono essere preparate anche il giorno prima e tenute in frigorifero fino alla cottura. Possono essere messe nel congelatore (su dei vassoi, separate tra loro) e conservate anche per 2-3 mesi. Una volta indurite, potete trasferirle nei sacchetti gelo.

Filetti di merluzzo alla mediterranea

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Il merluzzo e’ un pesce di mare molto presente sulle nostre tavole per la facilita’di preparazione sia fresco che surgelato. Ricco di proprieta’, alta percentuale di vitamine A e D, proteine e pochi grassi, si presta a ricette fantasiose sia a pranzo che a cena. La sua polpa bianca, morbida e delicata sara’ ancor piu’ apprezzata in questa ricetta profumata ed appetitosa.

 

Ingredienti:

 

400gr. di filetto di merluzzo fresco o surgelato

1 bicchiere di polpa di pomodoro

½ bicchiere di vino bianco secco

1 cipolla

1 spicchio di aglio

Olive taggiasche

2 cucchiai di capperi dissalati

1 peperoncino

Origano

Olio evo q.b.

 

In una larga padella soffriggere in due cucchiai di olio la cipolla e l’aglio affettati, aggiungere i filetti di pesce, lasciar insaporire poi, sfumare con il vino bianco. Aggiungere la salsa di pomodoro, le olive, i capperi, il peperoncino frantumato, l’origano, aggiustare di sale e cuocere per circa 15 minuti o sino a quando la salsa si sara’ addensata. Servire caldo preferibilmente con pure’ di patate.

 

Paperita Patty