IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni
Diventa davvero difficile non condividere la posizione della preside del liceo classico “ Gioberti” di Torino Miriam Pescatore.
E’ una straordinaria dirigente scolastica laureata in ingegneria, che intende tutelare la salute e la sicurezza dei suoi alunni, alcuni dei quali vogliono con grande superficialità condurre davanti al liceo una bizzarra protesta contro la didattica a distanza, presentandosi davanti a scuola contro le vigenti disposizioni del Dpcm del 3 novembre.
Legittimamente e doverosamente la didattica a distanza va seguita in luoghi idonei come la casa e non il marciapiede, sostiene la preside. Anche la prof. Pescatore è consapevole dei limiti della Dad, ma sente tra i suoi dovere far rispettare le norme in un periodo in cui la disciplina dovrebbe essere una regola per tutti, nessuno escluso. Sappiamo tutti molto bene cosa ha rappresentato la movida di giovani nel corso dell’ estate e che conseguenze drammatiche ha avuto. Sappiamo altrettanto bene la scelta avventurosa di voler riaprire le scuole senza la dovuta sicurezza.
Una preside che si assuma pienamente le sue responsabilità deve essere ringraziata pubblicamente per il suo civismo. Appartiene alla storia dei grandi presidi del glorioso liceo torinese da Luciano Perelli ad Angela Suppo. Quella scuola fu lasciata per anni allo sbando anche per la eccessiva vicinanza a Palazzo Nuovo e per la pavida incapacità dei suoi dirigenti e, in alcuni casi, di alcuni suoi docenti ammaliati dalle ubriacature sessantottine.
Questo è un passato che va archiviato . Oggi praticare la disciplina significa tutelare la propria vita è quella degli altri. E‘ un richiamo che anche il Presidente Mattarella ha evidenziato più volte. I giovani fanno bene a non essere soddisfatti della Dad, ma oggi non ci sono alternative e le polemiche devono cessare subito. I tempi drammatici che viviamo non lo consentono e Miriam Pescatore sta facendo il suo difficilissimo lavoro con passione, competenza e spirito di sacrificio senza alcun dubbio encomiabili.
(Nella foto di copertina Miriam Pescatore)
Nelle parole del Presidente, in versione aggiornata, ho risentito lo stesso pathos di Vittorio Emanuele III dopo la sconfitta di Caporetto. Era mesi che molti attendevano una parola forte che facesse sentire la voce della Nazione rispetto a quella delle fazioni e della mediocrità propria di una politica responsabile di gravissimi errori. Prima del Presidente della Repubblica solo la Presidente del Senato Casellati si era espressa con coraggio nei confronti di una situazione insostenibile.
L’insistere costantemente sulla morte in agguato certo non aiuta chi è già ossessionato dalla pandemia. E’ un modo sbagliato di affrontare il tema. Dalla Chiesa ci si attende altro, una comprensione umana sulla fragilità della vita che, in momenti tragici come questi, cerchi di dare un po’ di fiducia e di serenità. Non si chiede del facile ottimismo,che sarebbe impossibile oltre che falso, ma almeno qualche parola in più sarebbe doverosa. Mi capitò anni fa di partecipare a due funerali lo stesso giorno in uno stesso ospedale e ascoltai la medesima omelia con la sola sostituzione del nome del defunto. Una routine da impiegato di banca, non da sacerdote che celebra in un momento importante della vita di altri uomini. Ho avuto modo di ascoltare di recente il
Rubrica settimanale a cura di Laura Goria
A legarle è una profonda amicizia e il mutuo soccorso quando la vita si fa più pesante. Sono insieme per metabolizzare una perdita tra le più dolorose, difficile da affrontare in solitaria. Lasciano in attesa a Napoli lavoro, figli o amori, e si ritagliano uno spazio tutto per loro.
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