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Il ritorno in patria del re soldato. La storia non è piangere o indignarsi ma cercare di capire

IL COMMENTO  di Pier Franco Quaglieni

Certo, il re commise degli errori, anche gravi, come la firma apposta alle leggi razziali, ma gli storici che vogliono ricercare la verità tendono sempre a contestualizzare i fatti, rifiutandosi crocianamente di essere “giustizieri”.  La vera storia è sempre giustificatrice,  non nel senso di assolvere, ma nel senso di comprendere

 

Le vicende legate alla sepoltura di Vittorio Emanuele III al santuario di Vicoforte (scelta infelicissima ,sotto ogni punto di vista, dettata da ragioni assai  poco nobili legate anche a beghe dinastiche ) hanno riaperto un confronto che sembrava sopito. I giovani delle Comunità ebraiche hanno gridato allo scandalo perché, a settant’anni dalla sua morte, il terzo re d’Italia rientra in Italia. Alcuni storici come Rosario Villari sono stati poco equanimi nel considerare un grave errore anche la Grande Guerra che significò per l’Italia la IV guerra per l’indipendenza nazionale. Un nipote di Benedetto Croce si è lasciato andare ad affermazioni che il filosofo e storico napoletano  nel suo equilibrio mai avrebbe condiviso,ignorando che quel re fu anche colui che volle Giovanni Giolitti al governo e favorì le grandi riforme del primo quindicennio del’900. Mario Missiroli parlo ‘ allora addirittura di una monarchia socialista. Il re che non retoricamente venne chiamato soldato-andrebbe ricordato a Villari- conobbe per tre anni  le solitudini gelate degli alpini,il Carso iniquo delle fanterie,il piano dove i bersaglieri andavano all’assalto e fu tra gli artefici Vittorio Veneto. Per contro,alcuni pseudo- storici e personaggi folcloristici di sentimenti monarchici hanno fatto affermazioni fantasiose e prive di qualsivoglia significato storico,compiacendosi per la sepoltura a Vicoforte e dimostrando ancora una volta una certa vacuità di fondo. Questo ritorno- che non è fantasioso  pensare all’insegna del peggiore complotto “massonico”- non è comunque una bella pagina degna di essere ricordata.

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Riportare il re e la regina  in Italia con una cerimonia riservata a pochi infreddoliti cuneesi che, intervistati dalla Tv,hanno infilato dichiarazioni  prive di senso, non è stato giusto. Forse determinerà  un incremento del numero dei visitatori del Santuario di Vicoforte, ma  certamente l’equilibrio storico non è apparso, neppure occasionalmente ,in tutta la vicenda di questi giorni. Giustamente Dino Cofrancesco ha ricordato che Napoleone, cui si addebita il sacrificio di un numero sterminato di vite umane sui campi di battaglia, per affermare  la sua volontà di dominio, sia sopravvissuto in Francia  a regni e repubbliche.Bonaparte, morto a San’Elena nel 1821 venne sepolto all’Hotel des Invalides di Parigi  nel 1840 con  un solenne funerale con tutti gli onori del suo rango imperiale.  Il presidente Putin ha reso omaggio allo zar Nicola II e alla sua famiglia in modo esemplare, malgrado l’attuale nuovo “zar” russo abbia un passato nel Kgb. Il fatto di relegare i due sovrani nel santuario voluto da Carlo Emanuele I ha significato retrocederli a duchi di Savoia,neppure a re di Sardegna a cui sarebbe spettata la basilica di Superga. E’ un particolare di una certa importanza, del tutto ignorato. E non vale sicuramente il discorso strampalato che Vicoforte non è distante da Pollenzo, da Valdieri  e da Racconigi dove Vittorio Emanuele ed Elena di Savoia amavano trascorrere lunghi periodi.Nasser nei confronti di re Farouk  morto nel 1965 nell’esilio dorato di Capri ,dimostrò più generosità che l’attuale governo italiano, concedendogli la sepoltura in una grande e ben nota moschea del Cairo. Nasser dimostrò una pietas islamica del tutto impensabile.

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La XIII norma transitoria della Costituzione che prevedeva l’esilio dei sovrani ,non contemplava affatto che i re morti subissero la stessa sorte dei vivi. Quindi la sepoltura in un santuario di campagna  non è affatto una concessione, ma è l’esercizio di un diritto famigliare legittimo , anche considerato il modo ovattato in cui il trasferimento è avvenuto. Giustamente “La Stampa” ha relegato la notizia dell’arrivo da Montpellier della salma della Regina Elena in una pagina dedicata alle “storie” curiose e non alla cronaca nazionale, dando un’idea precisa del come l’evento poteva essere interpretato. Poi è stato corretto il tiro, quando è apparsa ,all’improvviso, anche la sepoltura del terzo re d’Italia. Chi protesta lo fa per uno spirito fazioso che sempre Cofrancesco ha definito bobbianamente “ tersitismo” un “misto di insolenza e dileggio che la plebe riserva ai potenti caduti in disgrazia”. Il tersitismo il re lo visse sulla sua pelle dal 1943 in poi e non si ebbe  neppure rispetto verso il suo dolore di padre  per la morte della figlia Mafalda in un campo di concentramento tedesco. Oggi dopo settant’anni ci sono dei nuovi Tersite che si accaniscono contro il re, contestando il fatto di trovargli sepoltura persino nella  più periferica provincia cuneese. Tersite, appunto, l’anti-eroe omerico, che per la sua bruttezza e per la sua codardia, rappresenta l’opposto dell’eroe classico. I nuovi Tersite addebitano al solo Vittorio Emanuele la colpa di aver favorito il fascismo, mentre quella responsabilità fu di un’intera classe dirigente non all’altezza dei suoi compiti. Lo riconosceva Filippo Turati che scriveva ad Anna Kuliscioff  :”Abbiamo consegnato noi l’Italia al fascismo”. Lo riconoscono gli storici come Renzo de Felice che superò una concezione storiografica fondata sui miti per scandagliare con serietà la storia dell’Italia contemporanea. Gli “anni del consenso” verso il regime non nacquero dallo squadrismo, ma da una adesione entusiasta di milioni di italiani. La monarchia, ad un certo punto, fu essa stessa vittima della dittatura fascista.

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Certo, il re commise degli errori, anche gravi, come la firma apposta alle leggi razziali, ma gli storici che vogliono ricercare la verità tendono sempre a contestualizzare i fatti, rifiutandosi crocianamente di essere “giustizieri”.  La vera storia è sempre giustificatrice,  non nel senso di assolvere, ma nel senso di comprendere. Non si potrà tuttavia mai comprendere la storia italiana del XX secolo se non si porrà in una giusta dimensione anche il re che, in circostanze drammatiche, salvò due volte l’Italia : a Peschiera dove convinse gli alleati nel novembre 1917 sulla necessità di resistere sul Piave all’indomani di Caporetto e dopo l’8 settembre 1943, quando trasferì il governo in territorio non occupato da tedeschi ed alleati angloamericani, garantendo la continuità dello Stato. Ma ancor prima , il 25 luglio 1943 il ruolo del re fu determinante, anzi decisivo, per porre fine alla dittatura mussoliniana, un passo che consentì all’Italia di non finire totalmente distrutta nel massacro di  una guerra sbagliata di cui pure il re ebbe le sue responsabilità.  L’accusa verso di lui è quella di essere fuggito e certamente il modo in cui si trasferì a  Pescara non fu esemplare( e non consona con il re soldato che aveva condiviso il sacrificio delle trincee nella I Guerra mondiale), ma quella “fuga” consentì all’Italia di sopravvivere. Il comunista Antonello Trombadori lo riconobbe. Il re  compromise le sorti della dinastia, ma permise all’Italia di riprendersi con la costituzione del regno del Sud che consentì agli antifascisti di ritrovarsi dopo l’esilio all’estero e iniziare la loro battaglia per la repubblica.

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Vittorio Emanuele III divenne una sorta di capro espiatorio su cui scaricare la responsabilità di tutti. Francesco Carnelutti non esitò a parlare della dignità del re nell’affrontare la tragedia che stava vivendo. Dopo 70 anni è giunto il momento non di inveire, ma di capire, di valutare con una qualche serenità il passato. I primi, forse i peggiori insulti al re vennero dalla repubblica sociale di Mussolini
perché il re rappresentava un’altra Italia rispetto a quel disperato fanatismo fascista destinato alla catastrofe. Mio nonno mi disse che, alla notizia della morte del piccolo re , aveva pianto perché sentiva compiuto nel destino del re anche quello della sua generazione che aveva fatto la guerra. Anche l’allora giovane esule dalmata Lucio Thot ,il Mosè che guidò l’esodo forzato degli Italiani dell’Adriatico orientale, aveva pianto quando apprese della sua morte. Certo la storia non è piangere, ma non è neppure indignarsi, semmai è “intelligere”, come diceva Bacone. In questi giorni abbiamo invece colto che questo paese non è ancora maturo per comprendere la sua storia. A questo punto, si impone comunque anche  un altro passo avanti. Porre fine all’esilio, anche dopo la morte, dell’ultimo re, Umberto II, che visse con grande dignità e profonda sofferenza  la lontananza dall’Italia dal 1946 fino alla sua fine nel 1983.  Se vogliamo crescere come paese, andando oltre gli odi del passato, è opportuno pensare anche ad  Umberto che non ebbe le responsabilità di suo padre e che, come luogotenente del regno e quarto re d’Italia, seppe guardare ad un nuovo modello di monarchia: Luigi Barzini disse di lui che sarebbe stato un ottimo presidente della repubblica e gli stessi politici che decretarono la fine della monarchia nel giugno 1946   ebbero parole di rispetto per il nuovo re.

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Il Cottolengo non applicherà il trattamento per il “fine vita”. Nosiglia apprezza

L’arcivescovo di Torino, monsignor Cesare Nosiglia, ha espresso il proprio  apprezzamento a don Carmine Arice, il padre generale del Cottolengo, che ha comunicato  l’intenzione di non applicare le disposizioni anticipate di trattamento per il fine vita. “Gli anziani e le persone malate devono essere  difese e tutelate nei loro diritti: quello della vita è prioritario. Invece nel nuovo quadro normativo si aprono prospettive pericolose e inquietanti anche sui rischi di abusi sulla vita, motivati dai ‘costi’ di mantenimento delle persone malate”. Così l’arcivescovo. “Di fronte ad una richiesta di morte la nostra struttura non può rispondere positivamente”, ha spiegato  all’Ansa don Arice, mentre Nosiglia invita la comunità religiosa, istituzioni, associazioni e tutti i volontari del mondo sanitario e assistenziale della diocesi ad avere il “coraggio di fare scelte di coerenza morale e di testimonianza anche andando controcorrente. Un dovere affinché i valori della vita abbiano pieno riconoscimento”.
   

Polveri sottili alle stelle da quattro giorni. E sotto Natale il Comune blocca di nuovo il traffico

Salgono i  livelli delle polveri sottili,  salgono ben oltre i limiti. Così è avvenuto per quattro giorni e il Comune di Torino blocca da oggi domenica 17 dicembre, le auto diesel fino all’Euro4. La Città ha fatto scattare il livello ‘arancio’ previsto dal protocollo (il “semaforo”) siglato dalle Regioni e dalle Città della pianura padana. Finchè le condizioni di inquinamento dell’aria non saranno sotto i livelli indicati dall’Unione europea, resta   in vigore sotto la Mole  lo stop dei veicoli privati diesel Euro 0-2-3-4 e benzina e  gpl e metano Euro 0. Gli orari: dalle 8 alle 19 per i veicoli adibiti al trasporto persone; dalle 8:30 alle 15 e dalle 17 alle 19 per i veicoli adibiti al trasporto merci, mentre gpl/metano possono circolare.

Rivoluzione Ztl: forse ingresso a pagamento per i non residenti che attraversano il centro

 “L’obiettivo è decongestionare il traffico della zona centrale, migliorandone la vivibilità, senza creare disagio alle persone che utilizzano il centro per le loro attività”. E’ l’dea della sindaca  Chiara Appendino, sulla trasformazione della Ztl centrale sulla quale l’assessorato ai Trasporti, con Gtt, 5T e Csi, sta lavorando da mesi. Il delicato tema ieri sera è stato dibattuto nel primo di una serie di incontri  con associazioni di categoria e cittadini. Contraria Confesercenti: “Se il comune voleva ridurre il traffico e l’inquinamento, il piano della nuova Ztl annunciato ieri è perfetto: non perché funzioni, ma perché, se mai entrasse in vigore, non ci sarebbe più alcun motivo per entrare in centro data la strage di negozi e  pubblici esercizi o attività ricreative che provocherebbe”, spiega all’Ansa il presidente dell’associazione  Giancarlo Banchieri. L’amministrazione comunale cambierebbe le fasce orarie della zona a traffico limitato, allungandole: non più dalle 7.30 alle 10.30, ma fino alle 19.30, e introducendo un biglietto di ingresso di 4 o 5 euro per chi vuole entrare e non è residente. Continua la sindaca: “Sappiamo  che le novità creeranno grande dibattito, e che non mancheranno dubbi e critiche e siamo qui anche per ascoltarli ed eventualmente migliorare questo modello, rendendolo il più efficace possibile”.

Crisi Gtt, Appendino ai sindacati: “Garantiti stipendi di dicembre e tredicesime ai dipendenti”

Gli stipendi di dicembre e le tredicesime arriveranno regolarmente ai quasi 5 mila dipendenti di Gtt, l’azienda del trasporto pubblico  torinese. a rassicurarli la sindaca di Torino, Chiara Appendino, nell’incontro  con i sindacati sul futuro del Gruppo, che rischia di fallire a causa dei mancati pagamenti dei contributi pubblici ai servizi di trasporto. Le organizzazioni sindacali avevano dato vita a un corteo funebre con la bara di Gtt, vie del centro di Torino, fino al Municipio. Sulla bara dell’azienda una scritta che annunciava la morte dell’azienda: “Inesorabilmente e in lenta agonia è mancato, visto la totale assenza della proprietà, Gtt, il trasporto pubblico locale di 110 anni. Ne danno il triste annuncio Cgil, Cisl e Uil, tutti uniti i suoi dipendenti che l’hanno amato e la clientela tutta che da sempre l’hanno sospirato alle fermate”  Sul caso Gtt interviene la Giunta regionale: “Noi siamo disponibili a trovare una transazione tombale per i disallineamenti che riguardano la Regione, il cui importo finale è allo studio dei tecnici che stanno facendo le valutazioni del caso. In nessun modo i 40 milioni di fondi di coesione che arrivano dal governo possono essere utilizzati per coprire la transazione e daremo il nostro contributo finanziario solo di fronte alla garanzia di una copertura completa del piano”, ha affermato il vicepresidente della Regione Aldo Reschigna, che giovedì 13 dicembre in Consiglio regionale ha fatto il punto sulla crisi dell’azienda trasporti torinese

Siccità, al Piemonte danni per 185 milioni di euro. Quasi 600 i Comuni colpiti

L’assessore regionale Giorgio Ferrero, ha chiesto  al Ministero delle politiche agricole il riconoscimento della eccezionalità della siccità che ha colpito il Piemonte nella passata stagione primavera-estate.Si calcola che i danni ammontino a oltre 185,4 milioni di euro e riguardano il territorio di 592 Comuni: 178 comuni dell’alessandrino, 118 dell’astigiano, 34 del biellese, 146 del cuneese, 34 in provincia di Novara, 60 nel torinese, 2 nel vercellese e 20 nel VCO. “E’ stata una siccità eccezionale, se confrontata con i dati storici della climatologia disponibile” spiega  Giorgio Ferrero. “Attendiamo una risposta dal governo coerente sul piano finanziario con la gravità della situazione”.

Bilancio consolidato, i revisori dicono “no”. E si apre un nuovo scontro con Palazzo Civico

Un nuovo  scontro tra Comune  e revisori dei conti, dopo che l’organo di revisione, presieduto da Herri Fenoglio, ha dato parere negativo al Bilancio consolidato 2016. Le motivazioni del diniego? Non è stato inserito il bilancio di Gtt, l’azienda del trasporto pubblico .Ma la Giunta Appendino intende approvare entro l’anno il Consolidato, sostenendo che si tratta di un atto ricognitivo che registra i conti del 2016 ma non ha potere autorizzatorio.  “Non approvando il consuntivo – spiega all’Ansa l’assessore al Bilancio Sergio Rolando – si pregiudicherebbe in maniera irreparabile la corretta erogazione del servizio pubblico e sarebbe un danno perché verrebbero bloccate le assunzioni, gli uffici e, di conseguenza, la Città, penalizzando i servizi e i cittadini”. Quindi si recepirà con un emendamento il parere dei revisori e con un altro le osservazioni degli uffici per proseguire con l’approvazione.

Dopo neve e pioggia arriva il gelo. Piemonte ghiacciato: sul Monte Rosa -24 gradi

Conclusa la fase di “allerta gialla” in Piemonte provocata dalle nevicate e dopo le ultime precipitazioni  nel sud della regione, con un picco di 37.4 millimetri a Garbagna, nell’Alessandrino. Su tutta la Regione il  cielo è  quasi  sereno e solo in montagna ci potrà essere ancora nevischio. La quota neve è a 1.100 metri. Nella notte  le temperature, rilevate dall’ Arpa Agenzia Regionale per la protezione ambientale, sono scese sotto lo zero anche in pianura, con minime più elevate rispetto ai giorni precedenti la fase di maltempo. Nel centro di Torino -1.4 (rispetto al -4 di sabato), -7 a Pralormo (Torino), all’imbocco di Langhe e Roero, -5 sulle colline della Val Sangone, a Trana. In Valle di Susa -12.1 a Bardonecchia, -9.9 sul Monte Fraiteve, -9.4 a Giaglione, -7.2 a Sauze d’Oulx. Sulle montagne cuneesi -10.5 agli oltre 2.700 del Colle delle’Agnello, -9 a Entracque. Sul Monte Rosa, -23.9 al rifugio Capanna Margherita.

(foto: NeveItalia)

Ammanchi da milioni di euro nei conti di Finpiemonte? Denuncia della Regione in procura

Bufera politica in vista se la sparizione di milioni di euro nei conti della  finanziaria della Regione dovesse essere reale. Sarebbero infatti emerse gravissime anomalie dopo i controlli contabili di routine. La  Regione Piemonte ha quindi presentato denuncia  alla procura di Torino. “Si tratta di fatti che, ove accertati, sono molto gravi”, dice all’Ansa  il governatore Sergio Chiamparino, che  con il neo presidente di Finpiemonte, Stefano Ambrosini, ha fornito alla magistratura tutta la documentazione disponibile. L’ammanco arriverebbe a 11 milioni di euro, usciti dalla finanziaria verso società e fiduciarie di cui  alcune in Svizzera e 50 milioni sarebbero stati investiti con modalità inappropriate. Il caso nascerebbe dalle indagini sulla vicenda della maxi palestra nel capannone di un’autorimessa, a Collegno, realizzata creando un buco da dieci milioni di euro, dalla Gem Immobiliare, schermata da una fiduciaria ma – scrivono i giornali – di proprietà dell’ex presidente di Finpiemonte, Fabrizio Gatti. La denuncia della Regione contro la passata amministrazione della società guidata da Gatti, risale a un mese fa. “Prima non ne abbiamo dato informazione al fine di evitare qualsiasi intralcio alle indagini”, aggiunge  Chiamparino.

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AGGIORNAMENTO Mercoledì 13 dicembre i quotidiani torinesi danno spazio alla replica di Fabrizio Gatti. Dichiara di essere assolutamente estraneo ai fatti, di non sapere nulla della vicenda e di volere essere ascoltato al più presto dai magistrati. Afferma di non avere avuto potere di firma quando era presidente di Finpiemonte e che quindi non avrebbe potuto effettuare le operazioni di cui si parla.

 

PARCO DELLA SALUTE, DELLA RICERCA E DELL’INNOVAZIONE: LA RATIFICA DEL COMUNE

 

L’accordo di programma in variante al vigente P.R.G., sottoscritto lo scorso 15 novembre tra la Città di Torino, la Regione Piemonte, la Città della Salute e della Scienza di Torino, Università, FS Sistemi Urbani e FS Italiane Spa, inerente il maxi-polo sanitario che sorgerà al Lingotto è stato ratificato dal Consiglio comunale

Il vicesindaco Guido Montanari ha illustrato la delibera ai consiglieri, cosi come aveva fatto nei giorni scorsi in Commissione Urbanistica spiegando le caratteristiche dell’opera: “Si tratta di un‘operazione di grande portata urbanistica, importante per il riordino di una vasta porzione di territorio nel quartiere Lingotto e Nizza Millefonti. Al fine di creare un elevato livello di qualità urbana è nostra intenzione impegnarci a garantire una presenza significativa di spazi verdi in piena terra a fronte dell’Oval e del Lingotto sud, e connessioni verdi tra via Nizza e il collegamento con la stazione Lingotto.”

Nell’ottobre dello scorso anno il Comune di Torino aveva approvato la variante urbanistica necessaria alla futura realizzazione del progetto sull’area di oltre 300mila metri quadri dell’ex Fiat Avio, vincolando la trasformazione alle prospettive di riutilizzo dell’attuale area del distretto ospedaliero Molinette, Sant’Anna, Regina Margherita.

L’accordo riguarda la sistemazione di una consistente parte della Città all’insegna della sostenibilità e dell’innovazione. Gli investimenti saranno finanziati dallo Stato per 250 milioni di euro e dalla Regione per 12 milioni e mezzo, mentre i restanti fondi necessari saranno reperiti in partenariato pubblico privato.

Nel programma è confermato l’impegno teso a rifunzionalizzare il complesso delle attuali strutture sanitarie prevedendo il contestuale riuso delle aree del distretto sanitario delle Molinette, sempre all’insegna della fruizione pubblica, con residenze e spazi commerciali, in un contesto ambientale e paesaggistico caratterizzato dal vicino fiume e dalla collina torinese. Per il complesso ospedaliero del Regina Margherita è confermata la possibilità di procedere alla demolizione.

La riqualificazione del complesso delle Molinette e del Sant’Anna dovrà essere guidata da uno studio unitario finalizzato a rendere le strutture parte integrante del tessuto cittadino, mantenendo l’impianto originario di valore storico, d’intesa con la Soprintendenza alle Belle Arti e al Paesaggio.

Per la realizzazione del futuro Parco della Salute sarà a cura della Città di Torino la sistemazione viaria complessiva e l’insediamento di strutture destinate all’housing sociale, a centri per la riabilitazione, ad attività espositive, ricettive e commerciali.

In Aula, il dibattito è stato aperto dal capogruppo del Pd, Stefano Lo Russo: “Si tratta di una delibera di grande importanza che introduce elementi essenziali di riqualificazione del quartiere sud della città, finendo per modernizzare l’intero comparto della sanità torinese.

Noi siamo favorevoli al provvedimento, anche dopo aver colto l’inversione a 180 gradi del M5S sul Parco della salute, come per altri temi rilevanti del programma elettorale. Accogliamo con favore l’abbandono di posizioni ideologiche e il recepimento delle osservazioni chiave fatte a suo tempo al tavolo di concertazione con la Regione Piemonte e siglate nel protocollo d’intesa del 2015. “Ma la mozione presentata da M5S” – ha precisato Lo Russo – “non ci vede d’accordo, ed è per questo motivo che abbiamo presentato un nostro atto di indirizzo.” Il consigliere Roberto Rosso del gruppo Direzione Italia ha detto: “La Città della salute è un progetto che profuma di buono e non si capisce per quale motivo oggi coloro che la propongono la avversavano sino a non molto tempo fa.

“E i dubbi che permeavano il M5S sono gli stessi che oggi mi accompagnano: il futuro traffico alla rotonda Maroncelli; lo smembramento dell’ospedale Oftalmico; la diminuzione dei posti letto dagli attuali 2.300 ai futuri 1.040.

“E dire che sono temi da sempre cari alla sinistra. Ma perché avete cambiato idea? Non capisco la presa di posizione del M5S. Poiché nulla è cambiato da due anni a questa parte, dal progetto presentato anni fa. Forse non avete il coraggio della coerenza.

Damiano Carretto – Movimento 5 stelle: 13 anni di discussioni e lotte politiche, tante parole e finalmente, sarà un caso, quando il buon senso governa, le cose succedono e si cambia anche idea. Nel frattempo la sanità piemontese è morta. Le Molinette costano 50 milioni di euro all’anno. L’area Fiat ex Avio è un buco nel territorio di Lingotto, che rischia di rimanere abbandonato. Già sul grattacielo della Regione fermo, che costa ai contribuenti milioni di euro ci sono dubbi sul termine lavori. La zona ha bisogno di essere risistemata dal punto di vista urbanistico, ne abbiamo il dovere nei confronti di chi ci abita.

La variante concordata con la Regione è ottima. Auguro che le Molinette dismesse non diventino un nuovo Moi e che le iniziative di progettazione vadano avanti sui due compendi, quello vecchio e quello nuovo. Ovviamente non tutto è definito in questa fase iniziale del percorso, per questo abbiamo presentato la mozione di accompagnamento, che riguarda aspetti del progetto che ci preoccupano. Le soluzioni sanitarie, e la tipologia di finanziamento ne fanno parte, tuttavia abbiamo il dovere di non tenere fermo un progetto del genere, di fronte ai problemi gestionali a volte gravissimi che affronta la sanità.

E’ molto importante l’oggetto architettonico che si va a realizzare, un’occasione per cambiare l’immagine della Città al cospetto del mondo. Molta attenzione anche sugli aspetti trasportistici, con un’implementazione del trasporto pubblico da finanziare con fondi aggiuntivi.
Sulla mozione del Pd sia il primo punto che il secondo sono già nella nostra mozione, sul punto arcate del Moi, riteniamo che in questo momento quel progetto vada rivisto anche perché l’Università pare non più interessata a procedere. Per questo esprimeremo su di essa voto contrario.

Eleonora Artesio – Torino in Comune: Era necessario procedere, farlo in prossimità delle Molinette è un atto di realismo, ma l’accordo di programma registra gravissime omissioni. Appendino in campagna elettorale dichiarava: “la città della salute si farà, cercheremo con Governo e Regione di trovare la migliore soluzione per la salute dei torinesi”. Oggi il vicesindaco afferma che la programmazione sanitaria non compete al Comune: è una sciocchezza. Artesio cita le norme che affermano la titolarità del Comune che è “piena e se uno non la esercita è perché ci rinuncia non perché non ne ha titolo”. 

Inoltre con questa operazione si porta un paese intero nel sud della città: 1040 posti letto e tutto il personale medico e assistenziale, i 5000 studenti dei corsi di laurea, i 1000 addetti del centro di ricerca, i 190 posti letto delle foresterie. L’obbligo dell’amministrazione è di interrogarsi sulle relazioni tra quel nuovo paese e il resto della Città per esempio in termini di trasporti pubblici.  Chi gestirà i 2300 posti di parcheggio privato previsti? Manca un disegno unitario della Città rispetto a queste nuove funzioni.

Sull’importanza del progetto architettonico e la sua rilevanza internazionale: sono venuti i rappresentanti dell’Ordine degli architetti a chiedere un concorso di progettazione, la cui virtù è che la commitenza deve dare delle indicazioni preliminari con tutte le informazioni disponibili, quindi con tutte le suggestioni possibili, e dopo occorre aprire un dibattito pubblico sulle diverse soluzioni progettuali,  invece si fa scelta del dialogo competitivo, perché questa è la scelta della Regione Piemonte.

Questo accordo è una burocratica trascrizione degli indirizzi forniti dagli altri soggetti attuatori, la Città ha rinunciato al proprio ruolo di indirizzo e programmazione nel campo della riorganizzazione sanitaria e urbanistica: questo è un gravissimo peccato per i cittadini torinesi, e una grave colpa per quel che riguarda il giudizio su questa giunta.

Viviana Ferrero – Movimento 5 stelle: La realizzazione del Parco della salute rappresenta un cambiamento che non è solo urbanistico ma investe una pluralità di aspetti, ma il cambiamento radicale è il passaggio ad un sistema di finanziamento misto, pubblico e privato. Come città vogliamo seguire passo dopo passo il processo. La motivazione primaria è offrire al cittadino il miglior servizio possibile. L’Italia per posti letto è penultima in Europa. Chiediamo con la mozione di diffondere la rete di case della salute e l’apertura della cabina di regia alle varie realtà interessate: cittadini e ordini professionali. In fatto di tutela della salute non ci possiamo permettere gli errori già fatti dalla Regione. Poi c’è il tema degli spazi vuoti, del verde, e un tema centrale quale è quello della modalità di concepire la cura.

Nella replica, il vice sindaco, Guido Montanari, ha evidenziato come l’accordo approvato oggi rientri nell’ambito di scelte urbanistiche, importanti perché riguardano l’intero quadrante sud della città, su un’area che arriva ad estendersi per circa mezzo milione di metri quadri.

L’idea nata dal confronto anche con gli uffici della Regione è quella di migliorare la vita dei cittadini, fondata sulla scelta planivolumetrica dell’intervento, sulla dotazione dei servizi (trasporti, verde, accessibilità disabili).

Sarà avviato da Sistemi Urbani delle Ferrovie dello Stato, un concorso internazionale per la realizzazione della stazione ponte.

Per l’area ex Moi, il vice sindaco ha affermato di aver preso atto della cessazione del progetto dell’Università di Torino sul centro biomedicale. Se gli atenei volessero tornare sui propri passi, non ci sarebbe difficoltà a valutare gli interventi. In quell’area, ha aggiunto, stiamo destinando 3 milioni della legge 65 per la realizzazione di miglioramenti per il ripristino dell’impiantistica di base e per la divisione delle parti perché l’area possa essere messa nuovamente al servizio dei cittadini.

Dopo questo accordo che stabilisce i paletti della trasformazione, ha concluso, si aprirà il tavolo al quale si decideranno le scelte socio sanitarie assistenziali.

Il Consiglio comunale ha approvato con 29 voti favorevoli una mozione di accompagnamento sottoscritta da sei consiglieri di maggioranza del Movimento 5 Stelle (primo firmatario, Damiano Carretto) che impegna la Giunta a chiedere alla Regione Piemonte a verificare tramite un documento di programmazione sanitaria regionale, redatto in accordo con l’Ordine dei Medici della Città Metropolitana di Torino e gli altri ordini dell’asse sanitario, la congruità del numero di posti letto previsti nell’attuale studio di fattibilità, pari a 1.040 più 400 del CTO riconvertito, rispetto agli attuali 2.300 dei quattro presidi ospedalieri riuniti (Molinette, CTO, Sant’Anna, Regina Margherita), anche in relazione ad eventuali soluzioni di potenziamento delle altre realtà ospedaliere cittadine, con presentazione delle risultanze di detto studio al Consiglio comunale.

La mozione, articolata in undici punti, chiede di verificare la sostenibilità economico-finanziaria del Partenariato Pubblico Privato per un’azienda come l’AOU Città della Salute attualmente in piano di rientro per eccessivo indebitamento per gli anni 2017-2019.

Il punto 8 della mozione impegna la Giunta a considerare prioritaria la realizzazione del progetto per realizzare la nuova Stazione a ponte del Lingotto e che pertanto si costituisca nel più breve tempo possibile il tavolo di concertazione come definito dall’Accordo di programma e che vengano definiti con celerità modi, tempi e risorse (facendo esplicito riferimento alla necessità di un investimento da parte di FS – Sistemi Urbani) per la realizzazione di tale opera.

Il punto 10 invita a monitorare con attenzione la gestione degli appalti in particolare per ciò che concerne la trasparenza, qualità del lavoro e la continuità lavorativa del personale impiegato, anche al fine di garantire qualità nel servizio offerto, mentre il punto 11 chiede l’allargamento della cabina di regia con il coinvolgimento all’interno dei tavoli operativi dei vari rappresentanti dei settori coinvolti.

E’ stata respinta una mozione presentata dai gruppi di opposizione (primo firmatario, Stefano Lorusso, capogruppo del Pd).

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