Il ministro delle Infrastrutture e dei trasporti, Graziano Delrio, a proposito della project review della Tav Torino-Lione, a un convegno sulla mobilità a Firenze ha detto: “Stiamo revisionando la Torino-Lione e le opere di adduzione al tunnel che erano più di 84 km di linea nuova vedranno una riduzione fino a poco più di 25 km, quindi useremo gran parte della linea esistente. Si tratta di adeguamenti, un’intelligente rivisitazione dei progetti per fare le opere nei tempi giusti, con i costi minori e che siano davvero utili”. Il presidente della Regione Piemonte Sergio Chiamparino ritiene che si “chiude positivamente una discussione avviata molti anni fa e che accelera e semplifica la realizzazione dell’ Alta Velocità, permettendo un notevole risparmio, senza alterare però la funzionalità dell’opera”. Ironico e critico il popolo No Tav, sui social. Molti si chiedono. ” come mai i promotori dell’opera non abbiano pensato prima al nuovo tracciato, quando i No Tav sono anni che dicono di usare la ferrovia esistente. Ce la potete fare… Caro Delrio, bastava chiedere a noi No Tav. Ti facevamo una consulenza”. E ancora: ” la Tav in Valsusa non va ridotta, modernizzata, rivalutata ed economicizzata. Va fermata”.
Tra gli ostaggi presi nel ristorante di Dacca in Bangladesh è rimasta vittima anche una torinese. Il cordoglio del sindaco Chiara Appendino. Si tratta di Claudia D’Antona, Manager della Fedo Trading, azienda italiana del tessile che lavora in Bangladesh, laureata in legge all’Università di Torino e volontaria della Croce Verde. E’ moglie dell’imprenditore modenese Gian Galeazzo Boschetti, che vive là da 25 anni, sopravvissuto all’attentato.In tutto c’erano una ventina di persone, tra cui undici italiani. Le forze speciali hanno effettuato un blitz che è iniziato alle 7:40 del mattino, le 3.40 in Italia, e che è durato quattro ore. Dopo un lungo conflitto a fuoco i militari hanno trovato nel locale un vero e proprio mattatoio, con i cadaveri degli ostaggi , sgozzati perché non sapevano recitare il Corano, soprattutto italiani e giapponesi. La donna aveva 56 anni e da tempo viveva in Oriente, in India dove aveva avviato un’attività nel comparto tessile, e poi a Dacca, dove era titolare dell’azienda con il marito. Claudia D’Antona nel 1983 era stata tra i primi soccorritori all’incendio del cinema Statuto, come volontaria della Croce verde e tre anni prima aveva fatto parte delle squadre di soccorso alle genti terremotate nell’Irpinia devastata dal sisma del 1980.
IL CORDOGLIO DEL SINDACO DI TORINO
“Il Sindaco Chiara Appendino, l’amministrazione comunale e la Città di Torino esprimono sincero cordoglio per la morte della concittadina Claudia D’Antona, una delle vittime dell’attentato terroristico di Dacca, e si uniscono al dolore della famiglia”
Al 31 dicembre del 2015 la Regione Piemonte è in disavanzo di 7 miliardi e 258 milioni. Però, nella relazione presentata dal pg della Corte dei Conti, Giancarlo Astegiano, in occasione del giudizio di parificazione si legge che il “percorso di recupero” è stato avviato e il rendiconto generale “nelle sue risultanze complessive” può essere parificato. Si tratta del procedimento con cui la magistratura contabile esamina e avalla la gestione dell’Ente. Il procuratore generale parla anche di “disastrosa situazione finanziaria andata cumulandosi negli anni” . Secondo il magistrato dall’analisi delle carte è difficile comprendere come nel corso degli anni “sia maturato un disavanzo ‘nascosto'” così grande. Questo aspetto dimostrerebbe che la Regione”per molti anni ha speso molto più di quanto avrebbe potuto in base alle sue entrate. Ma il disavanzo, comunque, è “in corso di recupero in base alle politiche avviate dalla Regione”. Il debito, è di 5 miliardi e 659 milioni e scende rispetto al 2014, quando era di 5 miliardi e 775 milioni.
(foto: il Torinese)
Appendino o no, il Parco della Salute si farà, non deve esserci alcun timore per il cambio di guida a Palazzo Civico. Ne è sicuro l’assessore regionale alla Sanità, Antonio Saitta, supportato dalla presidente del Consiglio Superiore di Sanità, Barbara Siliquini. I vertici regionali della Sanità rispondono alle perplessità della neo-sindaca sul progetto, ribadendo la validità di una iniziativa di rilevanza nazionale che intende valorizzare le attuali eccellenze e crearne di nuove, essere polo sanitario, didattico, di ricerca. Lo hanno affermato alla presentazione del nuovo Master Universitario di II livello in Direzione Strategica delle Aziende Sanitarie. Quello del Parco della Salute è un progetto da realizzarsi nell’area ex Avio, già finanziato e, ha detto Saitta, “che sta in piedi a prescindere dalla vendita delle aree dismesse. E’ nostra intenzione continuare a lavorare con il Comune di Torino e siamo fiduciosi che questo avverrà”.
(foto: il Torinese)
Chiara Appendino ora è ufficialmente sindaco di Torino. Con il folto plotone di 24 consiglieri pentastellati premiati dalle ultime elezioni, ha percorso il tratto da piazza Statuto a palazzo civico, circondata da moltissimi torinesi che la applaudivano e la chiamavano per nome. Con la neo sindaca anche i genitori e la nonna, oltre al fidatissimo Giordana, prossimo capo di Gabinetto del Municipio. Nel discorso di insediamento, che riportiamo integralmente, Appendino ha usato toni istituzionali e ringraziato il suo predecessore Fassino. Ha parlato della necessità di attrarre investimenti su Torino e auspicato la collaborazione tra tutti gli enti del territorio (sarà così anche per la Città della Salute? si starà chiedendo Chiamparino). Poi il tema della politica e dell’antipolitica. “Occorre una nuova concezione della Politica, come più volte ho affermato in questi mesi, nella quale le componenti del servizio, della partecipazione e dell’ascolto siano i pilastri di un rinnovato edificio sociale”. Ora, dopo l’ubriacatura del successo elettorale inizia il lavoro duro, quello vero, al di là degli slogan.
(foto: CittAgorà – Comune di Torino)
IL DISCORSO DI INSEDIAMENTO DI CHIARA APPENDINO
Signore e Signori Consiglieri,
Vorrei anzitutto ringraziare gli uffici del Tribunale, tutte le autorità civili e militari presenti, le istituzioni locali e gli Uffici Comunali.
Prima di iniziare mi preme ricordare le vittime dell’attentato di Istanbul di pochi giorni fa: troppe volte in questo Consiglio ci è capitato di affrontare questi tristi momenti che sono purtroppo sempre più frequenti. La violenza non è mai giustificabile e non può essere tollerata in nessuna forma.
Ciascuno di noi è stato scelto dai torinesi per sedere in quest’aula e rappresentare la nostra amata Torino, custodendo, governando e migliorando l’eredità di coloro che ci hanno preceduto.
Non sono di rito i ringraziamenti agli amministratori che hanno ricoperto i ruoli e gli incarichi che ora sono affidati per i prossimi cinque anni a noi. Nella figura del mio predecessore, Piero Fassino, desidero riassumere un sentito grazie a ciascuno.
Questo è il luogo del confronto e dell’incontro; questo è il luogo nel quale dialogheremo, portando nei dibattiti che ci saranno la nostra passione e le nostre idee e, insieme, decideremo per il bene di Torino. Il monito inscritto nella tela del soffitto di quest’aula ci ricorda che nessuno è detentore della verità assoluta, ma solo nel consiglio, inteso come metodo costante di confronto, si può ambire alla vera sapienza.
Viviamo un momento storico di forti tensioni sociali e politiche, assistendo ad un aumento della distanza tra governanti e governati, ma anche tra popoli che pensavamo ormai uniti. Quell’Unione Europea, che avrebbe dovuto essere un ponte tra differenti anime, per costituire un modello di unità nella diversità si interroga ora, a pochi giorni dal referendum del Regno Unito, su quale sia il proprio destino e quali le risposte rimaste inevase. Il trionfo delle democrazie occidentali al quale abbiamo assistito dopo la seconda guerra mondiale e, ancora di più, dopo il crollo dei regimi socialisti dell’89, sembra ora arenato, messo nell’incapacità di arginare crescenti estremismi ed una insofferenza fatta ormai cifra dell’azione politica.
Occorre una nuova concezione della Politica, come più volte ho affermato in questi mesi, nella quale le componenti del servizio, della partecipazione e dell’ascolto siano i pilastri di un rinnovato edificio sociale. Ciascuno di noi non può, infatti, considerarsi privo di responsabilità per ciò che accade anche a migliaia di chilometri di distanza dalla città nella quale viviamo. In un mondo globalizzato le idee e gli esempi viaggiano così veloci da diventare quasi istantaneamente motori del cambiamento, tanto positivo quanto negativo.
Noi tutti siamo chiamati a diventare Persone, uniche nella propria identità, responsabili nei confronti del Prossimo e attivi operatori di una solidarietà che prescinda dalle paure ataviche, iscritte nella millenaria storia della nostra evoluzione biologica. Sappiamo bene, infatti, che il mantenimento delle norme che ci siamo dati per garantire la convivenza civile è necessario e tutti coloro che partecipano al patto sociale sono portatori di diritti e soggetti ai doveri. Ma sappiamo anche che solo in una società armoniosa e strutturalmente solidale si può avere una reale sicurezza.
Le risorse naturali, sebbene finite, sono in grado di accogliere la vita di ogni essere vivente, consentendo loro nel breve spazio della propria esistenza di contribuire in modo unico ed irripetibile alla storia.
Tutto ciò non è però possibile se si costruiscono muri di diffidenza e di paura, si abbattono ponti costruiti con difficoltà in tanti anni di lavoro e, soprattutto, si tradisce la fiducia che era stata riposta nell’Altro.
Come amministratori di una Città noi abbiamo il dovere di ripartire proprio dalla fiducia che i torinesi hanno avuto in noi e, con un lavoro che sarà collegiale con ciascuno di voi che sederà in quest’aula, al di la delle parti politiche, dimostrare che il Prossimo non è nostro nemico, che non siamo in pericolo se usciamo da noi stessi per andare ad incontrarlo. “Nessun uomo è un’isola”, scriveva John Donne e ora, in questo dilagare di egoismo e particolarismo, queste parole devono risuonare come un forte monito a ricordare la nostra profonda natura umana.
Siamo ripartiti dalle periferie di Torino e abbiamo annunciato che entro il mese di Ottobre presenteremo un protocollo per il rilancio e la riqualificazione di tutti i quartieri della nostra Città. E’ più complesso invece ripartire dalle periferie esistenziali, quelle nelle quali ciascuno di noi può scivolare o si può rifugiare nei momenti di smarrimento. Il nostro dovere di Amministratori sarà rimettere al centro ogni torinese, in particolare i più fragili, per far sentir loro che la Città, la loro Città, gli è vicino. Non abbiamo l’illusione di poter cambiare la realtà con un delibera, di risolvere una volta per sempre la povertà oppure la solitudine, ma abbiamo il dovere di dedicare ogni nostra energia affinché ciascuno si senta parte di questa Comunità Urbana.
È indispensabile coinvolgere in questo grande progetto tutte le istituzioni, quelle locali come le circoscrizioni, la Città Metropolitana e la Regione, e quelle nazionali ed Europee, l’Università e il Politecnico, ma anche tutti i soggetti della società torinese, come le realtà religiose, in primo luogo l’Arcidiocesi, ma anche le comunità Islamiche, le Chiese Ortodosse e i credenti di ogni fede. Le associazioni, di qualsivoglia tipologia, rappresentano inoltre i corpi intermedi che rendono una Città viva e dialogante, mediando le istanze e svolgendo un indispensabile ruolo di rappresentanza.
Le imprese, dalle micro alle grandi, passando per le medie e gli artigiani, che sono chiamate ad affrontare la sfida delle nuove tecnologie e dell’innovazione, costituiscono la struttura portante della nostra comunità urbana e Torino, ne siamo certi, dovrà rafforzare e proseguire la propria grande tradizione produttiva e manifatturiera che qui in più di un secolo ha messo solide radici.
La Città si offre come partner istituzionale per tutti coloro che favoriranno l’insediamento di imprese provenienti da paesi Europei o extra europei. La sfida sarà, infatti, fare sistema per rendere il nostro territorio più attrattivo ed ognuno dovrà contribuire per questo comune obiettivo.
Le città sono, inoltre, ormai fabbriche del sapere organizzato, nelle quali ogni parte concorre, come in un mosaico disegnato con cura, a dare supporto e energia a tutti coloro che interagiscono in modo armonioso. Torino ha anche un immenso patrimonio di cultura e di creatività, che abbiamo ereditato e che è dovere per tutti coloro che amano la nostra Città rafforzare e promuovere.
Il ridisegno del welfare, al quale cercheremo di dedicare ogni risorsa che riusciremo a reperire riorganizzando la struttura amministrativa della Città, dovrà ripartire proprio dalle persone, mettendo al centro i loro bisogni e cercando di dare a ciascuno la possibilità di realizzare i propri progetti e i propri sogni. Coloro che lavorano per la Città devono essere orgogliosi di ciò che ogni giorno fanno ed essere messi nelle condizioni di dare a tutti noi una Torino più efficiente e semplice.
Una delle prime delibere che questo Consiglio dovrà esaminare sarà, come di prassi, la delibera quadro sull’organizzazione degli Uffici. In quel testo si troverà chiaramente esposto il nostro progetto di tagliare almeno del 30% i costi degli staff della Giunta e dei Dirigenti fiduciari. Mi auguro che ci possa essere da parte di ogni consigliere comunale una piena partecipazione a questa scelta. Come abbiamo detto nei mesi passati queste risorse saranno immediatamente usate per un fondo per aiutare i giovani ad entrare nel mondo del lavoro. Non si tratta della soluzione di questo grande problema per la nostra città, ma di un segnale: nessuno di noi è insensibile alla tristezza e alla rassegnazione che si legge negli occhi di un giovane che non studia e non lavora, un pezzo di futuro abbandonato.
Avremo modo nelle prossime sedute del Consiglio di dibattere le linee di mandato per il governo di Torino fino al 2021, auspico che quello sia il primo banco di prova per inaugurare una stagione di dialogo franco e di confronto nell’interesse unico ed esclusivo di Torino.
Nel passati cinque anni ero seduta nei banchi dell’opposizione poco sotto il quadro che raffigura Gianfrancesco Bellezia, grande sindaco di Torino dell’inizio del XVII secolo. Durante la pestilenza del 1630, a soli 28 anni, sentì su di sé la responsabilità di una città e rimase a Torino, a rischio della propria stessa vita, per coordinare quel poco di struttura sanitaria che in quell’epoca esisteva e soprattutto dimostrare che le Istituzioni sono più grandi della nostra natura umana. A quel modello di servizio cercherò di ispirare il mio mandato, garantendovi fin d’ora che ogni mia energia sarà spesa per Torino.
Abbiamo, tutti insieme, l’occasione di cambiare la Storia. Adriano Olivetti scriveva “Il termine utopia è la maniera più comoda per liquidare quello che non si ha voglia, capacità, o coraggio di fare. Un sogno sembra un sogno fino a quando non si comincia da qualche parte, solo allora diventa un proposito, cioè qualcosa di infinitamente più grande.”
A tutti noi un augurio di buon lavoro. Grazie.
Si stima che, grazie alla la stagione dei saldi, in partenza sabato 2 luglio, le vendite dovrebbero aumentare del 5-10%, nei negozi del centro, però, non nelle periferie. Loo scontrino medio dovrebbe aggirarsi sui 180-250 euro a nucleo familiare. Queste le previsioni di Ascom e di Confesercenti per Torino e provincia, che sono orientate a un cauto ottimismo. Secondo il sondaggio campione di Confesercenti la percentuale di chi è intenzionato a cogliere le opportunità dei saldi (76. 9%) aumenta di qualche punto rispetto alla scorsa stagione (72,1%). In crescita (al 28,8% rispetto al 24,7%) anche il numero di chi intende spendere di più. Aumenterebbe pure il valore dello scontrino: il 35,2% indica una spesa media da 100 a 250 euro, il 30,1% da 250 a 500, il 23% sotto i 100 e l’11,7% oltre i 500 euro.Potenza di internet: Ascom e Confesercenti registrano vendite in aumento nei negozi presenti sui social. Vedremo se le previsioni corrisponderanno alla realtà.
(foto: il Torinese)
LE INCHIESTE DEL “TORINESE”
I ragazzi intervistati spiegano alla redazione come sia difficile poter andare avanti senza farsi aiutare dai propri genitori. Abbiamo chiesto quali iter hanno percorso per trovare un’occupazione e ogni storia appare simile all’altra
“Oggi è il tempo del lavoro schiavo, quello senza diritti e della mancanza di lavoro” . A pronunciare questa frase,non è il solito politico che, in vista delle elezioni elettorali deve ricevere consensi, ma è Papa Francesco,che, meno di un mese fa, rivolgendosi a migliaia di persone, ha affermato quanto sia grave per un giovane non avere un’occupazione.Alcune ricerche hanno confermato come la “spintarella” o la raccomandazione, sia lo strumento più idoneo per chi cerca un lavoro.
Non ci vogliono di certo degli studi per comprendere quanto sia più facile farsi raccomandare rispetto al seguire un faticoso percorso che, anche per un brillante laureato, non porta spesso da nessuna parte. Oggi i giovani hanno poche strade da percorrere; la prima è quella di iscriversi a Garanzia Giovani, un progetto voluto dal Governo Renzi che permette agli under 29 di trovare un’occupazione attraverso il Centro per l’Impiego ma, per coloro che hanno un’età superiore, il sistema offre veramente poco. La Redazione ha intervistato un gruppo di ragazzi privi di occupazione che, in assenza di questa, ha seguito dei percorsi formativi individuali, utili per acquisire delle competenze spendibili per la labirintica ricerca. Tra i ragazzi del gruppo c’è chi ha seguito dei Corsi finanziati, tra i più quotati, quelli di Lingua inglese e Paghe e contributi. In una realtà come Torino, spiegano i ragazzi, si combatte contro la quantità e la qualità, cioè, rispetto ad altre realtà italiane, la Città Metropolitana ha la possibilità di scegliere i migliori candidati tra centinaia di persone che si propongono ad una determinata offerta.
Per questo motivo, il giovane che può permettersi di seguire un corso per inoccupati, approfitta della possibilità formativa, quasi sempre gratuita perché finanziata da Enti appositi, e ne fa di questa un surplus alla sua formazione professionale. In realtà però, frequentare un corso,è l’ultima spiaggia per la persona inoccupata perché, appare scontato affermarlo ma, un lavoratore, non seguirebbe mai un percorso tale, se non per arricchire il proprio bagaglio culturale. I ragazzi intervistati spiegano alla redazione come sia difficile poter andare avanti senza farsi aiutare dai propri genitori. Abbiamo chiesto quali iter hanno percorso per trovare un’occupazione e ogni storia appare simile all’altra. Marco ha una Laurea in Giurisprudenza, frequenta il Corso per la “Selezione e gestione del personale”perché, seppur ha ottenuto la faticosa abilitazione, non riesce a trovare uno Studio che gli dia uno stipendio ragionevole quindi, spiega, “Meglio trovare soluzioni alternative, piuttosto che guadagnare 300 euro al mese”. Marco, come gli altri ragazzi, sono iscritti a moltissime Agenzie per il lavoro ma,”Se qualcuno non mette il mio curriculum sotto gli occhi del selezionatore,è difficile trovare un’occupazione tra centinaia di persone che si candidano per quella offerta. Ad alcune agenzie puoi portare il curriculum solo una volta a settimana, in orari stabiliti ma nessuno propone un colloquio individuale”. Il percorso da seguire infatti prevede,in primis, l’iscrizione al Centro per l’Impiego, in secundis,il portare a mano i curricula nelle agenzie. Qui però sta la più grande faglia del sistema. Oggi infatti, la maggior parte delle Agenzie interinali, sature di richieste di lavoro, chiedono alla persona che cerca, di effettuare l’iscrizione on line perché non hanno tempo di effettuare i colloqui individuali. Marta, una delle ragazze intervistate, racconta come questa procedura scarti a priori il candidato, infatti, spiega: “Se le agenzie non effettuano più colloqui e si basano solo sulle informazioni del curriculum come fanno a sapere se il candidato vale oppure no.
Pochi giorni fa,un’impiegata di una nota agenzia che si trova vicino la stazione di Porta Nuova, mi ha letteralmente cacciata dicendomi che, seppur ho una laurea, se non conosco determinati programmi operativi, è inutile mandare la mia candidatura come impiegata,al massimo,possono propormi per effettuare l’ennesimo corso di formazione. Oggi mi ritrovo a seguire il Corso di paghe e contribuiti perché, con la mia laurea in Scienze della Formazione, non ci faccio nulla”. Il Centro per l’Impiego invece, propone ai ragazzi, un percorso di Politiche Attive cioè, degli esperti, seguono il singolo candidato,fanno un bilancio delle rispettive competenze e lo indirizzano su quelli che possono essere le possibili mansioni da svolgere ma, non offrono un lavoro loro, che sono i primi designati a doverlo fare, se va bene, propongono un tirocinio di 600 euro al mese per 8 ore al giorno. Un tirocinio però, non da diritto, ovviamente, a tutti i benefici che offre un contratto di lavoro come: ferie pagate, pagamento degli straordinari, trattamento di fine rapporto (Tfr), al massimo concede un’assicurazione contro gli infortuni.Quindi, in sostanza, la persona inoccupata deve iscriversi on line in tutte le Agenzie del lavoro e sperare che queste chiamino. Possono passare mesi, anni, ma, in conclusione, senza la famigerata spintarella, è difficile che qualcuno selezioni il candidato.
Bianca Maria
Il presidente della Giunta regionale e quello dell’associazione degli imprenditori confidano nel dialogo con la neo sindaca
Dopo le dichiarazioni della neo sindaca Chiara Appenndino all’indomani dell’elezione alla poltronissima di Palazzo Civico – parole tiepide sulla Tav e sulla Città della Salute – il dibattito si scalda. Interviene il presidente della Regione, Sergio Chiamparino: “per la Città della Salute abbiamo un progetto con un finanziamento di 250 milioni e pensiamo di aggiungerne altri con i fondi di coesione europea. L’auspicio e’ che sia possibile organizzare un tavolo con la Città di Torino, mi auguro non ci siano ripensamenti”. Continua il presidente: ” si tratta di un progetto imbastito nel 2003, se ricominciamo da zero c’è’ il rischio che non si raggiungano gli obiettivi e che gli investitori istituzionali guardino da altre parti. Io perseguo questo obiettivo con grande determinazione”, ha aggiunto Chiamparino. Gli fa eco la presidente degli industriali torinesi, Licia Mattioli: “la nuova amministrazione non arresti opere come la Tav, la metropolitana e la Città della Salute, gia’ approvate o in via di realizzazione: sarebbe un delitto bloccarle”. Mattioli ha anche ringraziato l’ex sindaco Piero Fassino “per quello che ha fatto per Torino e per le imprese, c’è sempre stata una grande collaborazione”. “Appendino – ha aggiunto – l’ho conosciuta, è in gamba, è un’imprenditrice prestata alla politica. Spero che saprà rappresentare gli interessi delle imprese”.
LE INCHIESTE DEL “TORINESE”
Sono molti i motivi che spingono i Servizi Sociali a “prendersi cura” di un minore: un tema scritto in classe e segnalato dall’insegnante che faccia pensare ad un abbandono da parte del nucleo famigliare o, un furto in un negozio o il ritrovamento in un dato territorio di un minore straniero non accompagnato.Ci sono diversi modi per prendersene cura, tra gli altri, l’inserimento in una residenza protetta.
In Italia, le strutture che ospitano i minorenni vengono suddivise per tipologia e la gestione è affidata quasi sempre ad una Cooperativa da parte del Comune di residenza del soggetto da tutelare.
La retta media giornaliera in una Comunità nel territorio piemontese, è di 105 euro al giorno, questo significa che ogni minore costa al Comune più di 3000 euro al mese. In quasi tutte le Regioni italiane, la media si aggira alla cifra esposta. Sono molti i direttori delle strutture che lamentano di entrate troppo basse e spese molto alte ma, analizzando i costi di una qualsiasi struttura socio-assistenziale (e non socio-sanitaria o sanitaria come una casa di cura per anziani o Rsa) si nota come questi siano gli stessi di una “normale” gestione di un minore all’interno di una “normale” abitazione familiare.
Una comunità o una casa famiglia è un luogo entro il quale vive un gruppo di ragazzi, ad esempio 10, la cui gestione è affidata a un direttore, agli educatori che sono 1 ogni 4 minori ed a una persona che si occupa delle questioni domestiche e non di tipo educativo, l’Operatore socio-assistenziale.
Le spese sostenute da una cooperativa sono maggiormente per le risorse umane, quindi nel caso di cui sopra: un direttore, tre educatori ed un Oss, costano circa 12-13 mila euro al mese su 30.000 che mensilmente entrano nelle strutture. Le altre uscite economiche per:la spesa alimentare, la manutenzione della struttura,le utenze,un mezzo di trasporto e i rispetti costi (benzina, bollo, assicurazione) e, in molti casi, i regali per le festività; invece, gli incontri con lo psicologo, le visite mediche o l’abbonamento del bus per andare a scuola sono tutti costi che non vengono detratti dalla retta ma, si aggiungono a quelli sostenuti dagli Enti secondo il sistema della ripartizione delle funzioni come ad esempio gli oneri per le visite mediche che sono a carico delle Regione perché appartengono alle prestazioni sanitarie.
Dopo un’attenta disamina sulle voci di spesa, quelle che poi, in realtà, appartengono anche alle normali famiglie, si nota come il resto siano tutte entrate per le cooperative. Un’ex educatrice di una Comunità sita nel territorio di Torino spiega come la retta giornaliera sia una cifra esorbitante rispetto alle vere prestazioni ricevute dal minore inserito in struttura. La ragazza fino a qualche mese fa, ha lavorato in una Comunità rieducativa; di media il suo stipendio è stato di 1250 euro al mese . Sembrerebbe una cifra molto alta ma,in realtà,come racconta l’educatrice: ” Le notti sono considerate passive quindi, dalle 22 alle ore 6, si percepiscono solo 16 euro nette e, non si dorme quasi mai. Ogni mese si ha solo un week end libero e, ovviamente, si lavora in tutte le festività”. La spesa alimentare si fa nel discount e, se i ragazzi durante la settimana si comportano bene e c’è la possibilità di farli uscire insieme agli educatori turnanti, la merenda o l’entrata al cinema, viene sempre offerta da noi. La comunità dove ho lavorato non ci ha quasi mai lasciato i soldi per le uscite nei week end “.
Non tutte le strutture ovviamente sono in questo modo, infatti, prosegue l’educatrice: “Nella casa famiglia dove ho lavorato appena mi sono laureata, la cooperativa ogni settimana regalava ai ragazzi, che non erano in regime cautelare, ricariche del telefono, gite scolastiche,dvd e, se si usciva nei fine settimana, ci lasciavano i soldi da spendere interamente per i ragazzi”.
Accade,sovente, che i minori entrano nelle strutture da bambini ed escono da adolescenti, questo avviene o perché i genitori non hanno “modificato”lo stile di vita contestato dai Servizi Sociali oppure perché, c’è chi, con disonestà,veste i panni dell’assistenza e ne fa di questa un business a scapito di chi può avere diritto ad essere nuovamente inserito all’interno del proprio nucleo famigliare in tempi molto brevi rispetto a quelli dichiarati da chi, appunto, lo assiste.
Bianca Maria