POLITICA- Pagina 676

Centro sinistra, ma si vuole fare si’ o no?

di Giorgio Merlo

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Ma insomma, il centro sinistra puo’ ancora rinascere in questo paese? La domanda non e’ retorica ne’ peregrina perche’ nel momento in cui il centro destra ritorna in auge e il movimento 5 stelle, checche’ se ne dica, resiste malgrado la pessima prova che fornisce governando qua e la’ nelle citta’ italiane, il centro sinistra continua a dibattersi in un confronto fatto di veti personali, pregiudiziali ad personam, accuse reciproche e delegittimazioni politiche violente. Tutti sappiamo tutto, o perlomeno quasi tutto. Il Pd renziano rinnega alla radice la logica della coalizione, dell’alleanza di cento sinistra; non fa mistero nel respingere al mittente qualunque ricordo del’Ulivo e men che meno dell’Unione; relega quasi tutti i padri fondatori del Pd nel quadro dei ricordi d’annata, importanti purche’ restino definitivamente in panchina. Al contempo, il movimento di D’Alema e di Bersani individua nel Pd renziano, ma non in tutto il Pd, la causa di tutti i mali nel dare un futuro credibile al centro sinistra nel nostro paese. E cosi’ Sinistra italiana e gli altri frammenti della sinistra qua e la’ disseminati. Ma non la pensa cosi’, almeno pare, Giuliano Pisapia. Ora, se si pensa che alle prossime elezioni politiche si corre anche per vincere e non solo per vedere quanti consensi porta a casa il proprio partito, ci sono almeno 3 elementi da rispettare rigorosamente. Innanzitutto in Italia la politica e’ sempre stata “politica delle alleanze”. Sia con il sistema maggioritario e sia, a maggior ragione, con quello proporzionale. Rivendicare l’autosufficienza elettorale, richiamare la centralita’ del partito ed esaltare l’isolamento della propria formazione politica, piu’ che un atto di coraggio e’ un gesto che rasenta l’irresponsabilita’ e la retorica. Fuorche’ si vagheggi di ottenere consensi del tutto avulsi dalla realta’. Come quando Berlusconi sostiene che la sua Forza iItalia puo’ tranquillamente raggiungere il 30% o alcuni esponente renziani quando dicono che il Pd superera’ altrettanto tranquillamente la soglia del 40%. Appunto, sogni e favole che possono essere raccontate una volta alla settimana per evitare di cadere nel ridicolo. In secondo luogo il centro sinistra decolla, e si puo’ fare, solo se tutti i partiti e i movimenti che si riconoscono – bene o male – in questa prospettiva politica la perseguono realmente. E’, questa, la prospettiva di tutti questo soggetti? Ovviamente no. E qui, di conseguenza, arrivano i nodi da sciogliere definitivamente. Ecco perche’, terza ed ultima considerazione, adesso inesorabilmente dovranno emergere le vere intenzioni dei singoli partiti e movimenti di centro sinistra. Al di la’ delle rituali rassicurazioni o delle ovvie ripetizioni. E cioe’, prima del voto – se resta, come restera’, questo sistema elettorale – si dira’ pubblicamente e chiaramente da parte di tutti che si vuol costruire una coalizione di centro sinistra in vista del governo del paese? Ben sapendo che nessuna forza politica raggiungera’, da sola, il 40% dei consensi? Se la risposta a questa domanda sara’ condita e condizionata dai soliti ed ormai nauseanti veti personali o se, di risulta, prevarranno veti politici/personali su alcune formazioni politiche, non dobbiamo stupirci se la soluzione finale sara’ il ritorno dell’intramontabile consociativismo. Condito, questa volta con certezza, con l’immancabile trasformismo. Perche’ di questo si tratta, alla fine. Se il Pd e Renzi dovranno dire con chiarezza se escludono a priori un’alleanza con Berlusconi e Forza Italia, gli altri partiti dovranno altresi’ esprimersi se l’alleanza con il Pd renziano, perche’ di questo si tratta, la vogliono fare o meno. Tutto il resto e’ mera propaganda, tatticismo e posizionamento. Adesso conta la politica. O almeno quella che un tempo era la politica. Cioe’ pensiero, strategia e coerenza.

Anche a Torino una coalizione per l’eguaglianza e la giustizia sociale

Locatelli (Prc-Se): cambiamento e centrosinistra diventati termini inconciliabili

Bene, anche a Torino si parte. Lunedì 24 luglio, alle ore 17,30, all’Unione Culturale di Via Cesare Battisti, presente Tommaso Montanari, si terrà un primo incontro per dare vita a una grande coalizione civica, di sinistra, alternativa al Pd, al centrodestra e al M5S. Un incontro in preparazione di una grande assemblea provinciale che si terrà a settembre con l’obiettivo di unire tutte quelle forze, associazioni, partiti, cittadini che intendono battersi per l’eguaglianza e la giustizia sociale, che intendono lottare per l’attuazione dei principi e dei diritti sanciti dalla nostra Costituzione in tema di lavoro, ambiente, pace, diritto allo studio, scuola pubblica, equità fiscale, inclusione sociale. “Questi principi e diritti – dichiara il segretario provinciale Prc-Se Ezio Locatelli – sono stati  grandemente calpestati dai governi di centrodestra e centrosinistra che hanno agito in questi anni nel solo interesse dei mercati, delle banche, dei poteri economici. Si tratta oggi di costruire un’alleanza popolare che ridia speranza, fiducia e rappresentanza a quella stragrande maggioranza del Paese che vive una condizione di precarietà, di disagio sociale, che non crede più agli inganni delle politiche liberiste e di austerità”. Locatelli, a nome di Rifondazione Comunista, manifesta il forte interesse al progetto delineato all’assemblea del Brancaccio da Montanari: “Rifondazione Comunista al pari di altre realtà sociali e politiche intende essere partecipe e parte attiva di un progetto che se portato avanti con coerenza, linearità, può riaprire la partita del cambiamento politico in Italia. Una delle caratteristiche che più ci convince  di questo progetto è la discontinuità con le esperienze istituzionali precedenti che si rifanno al centrosinistra. L’operazione di Pisapia, Bersani, D’Alema e compagnia varia non porta da nessuna parte. Cambiamento e centrosinistra sono diventati termini inconciliabili”.

CIRCUITO DELLE RESIDENZE REALI, VALENTINA CAPUTO (PD) “LA GIUNTA RECEPISCE MIEI ORDINI DEL GIORNO”

“E’ di poche ore fa l’annuncio dell’Assessore regionale alla Cultura Antonella Parigi riguardante la nascita del Consorzio delle Residenze Reali Sabaude, passaggio fondamentale per la creazione di un Circuito delle Residenze Reali Sabaude – ha affermato la Consigliera regionale del Partito Democratico Valentina Caputo – un atto che recepisce due ordini del giorno da me presentati, approvati dal Consiglio regionale il 29 settembre 2015, con i quali impegnavo la Giunta a realizzare concretamente un Circuito di Residenze Reali con lo scopo di valorizzarne caratteristiche e peculiarità e di potenziare le sinergie tra le diverse Residenze al fine di valorizzare complessivamente tutti i siti”.

“Gli ordini del giorno – ha proseguito la Consigliera Caputo – erano nati da visite e incontri effettuati sul territorio nei Comuni che ospitano le diverse Residenze sabaude e da costruttivi confronti con il direttore della Reggia di Racconigi e le amministrazioni di Racconigi, Moncalieri e Agliè, dai quali è emerso il bisogno di valorizzare in rete questo grandissimo patrimonio artistico e culturale che all’estero ci invidiano e del quale spesso non comprendiamo, appieno l’importanza. La decisione della Giunta regionale consentirà, come da me richiesto, un potenziamento del circuito delle 17 Residenze Reali che potranno rappresentare un polo attrattivo come i Castelli della Loira in Francia”.

“Le Residenze Reali – ha concluso Valentina Caputo – registrano, ad oggi rispetto a qualche anno fa, un incremento e dati di affluenze altissimi e sono convinta che i prossimi atti della Giunta potranno potenziarne le sinergie, dare vita ad un prodotto turistico fruibile e accessibile da parte dei visitatori e promuoverne il ruolo quali luoghi di cultura, di mostre e di spettacoli”.

 

Tricarico dal “golpe” di Roma al caffè in via Garibaldi

STORIE DI CITTA’ di Patrizio Tosetto

L’intervista comincia, ma con una sua domanda: Perché mi vuoi intervistare? Rispondo: non ricordo di esponenti politici che si siano “naturalmente” ritirati dalla politica. Lui sorride. E’ Roberto Tricarico, eletto per la prima volta nel 1995 a soli 25 anni in consiglio comunale, segretario dei Verdi, già Assessore alla casa con Chiamparino  e poi capo di Gabinetto del sindaco di Roma, Ignazio Marino. Oggi  è socio del bar “Roberto” in via della Consolata angolo via Garibaldi, nel cuore della vecchia città. Ora tocca me.

Come mai il ritorno a Torino?

Questioni personali,  ho scelto la famiglia a cui dovevo molto anche per la mia militanza politica.

Ti piace più Roma o più Torino?

Due cose diverse. Torino “provinciale” e Roma universale e fin troppo martoriata.

Capo di Gabinetto del Sindaco di Roma. Bella esperienza?

Si, molto. Non meritava d essere interrotta dal PD… e i fatti lo stanno confermando. A settembre uscirà un film intitolato “Golpe Roma”. E poi come si dice il tempo e’ galantuomo con i galantuomini. 

Amarezza?

Sicuramente, ma Ignazio Marino ha  fatto ciò che consideravamo fosse  il nostro dovere. 

Due esempi. Primo chiudere la più  grande discarica d’Europa. Secondo, togliere l’indennità di presenza ai dipendenti del Comune, 24 mila.

Toccato interessi?

Rubo una frase di Caselli: evidentemente Ignazio Marino ha toccato interessi consolidati in Roma. 

Un lavoro prezioso.

Ti sei ritirato dalla politica?

Nell’attuale non mi riconosco più. Sono stato allevato nella cultura del rapporto con la gente: ascoltare per cercare di risolvere.  Un signore assegnatario di un alloggio popolare in via Barbaroux mi ha casualmente incontrato: venga assessore, il bagno non funziona.  In realtà da tempo non ero più assessore. L’ho ascoltato e poi con calma ho spiegato a chi rivolgersi. 

L’essere barista ti costa?

No, è anche una questione di tradizione di famiglia. Una volta,  stavo per diventare assessore nella prima giunta Chiamparino e i giornali ne parlavano. Pizza da Cecchi con la mia futura moglie e mi sentivo osservato. Pagando mi aspettavo qualche accenno. La cassiera invece  mi chiese: figlio dei gestori del Bar di Borgo vittoria?

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Tra politica e consenso. Aggiungo io che Tricarico è stato uno tra i più votati in consiglio comunale. La nostra chiacchierata è  sovente interrotta. Telefonate con richieste di consigli amministrativi, saluti e questioni di bollette da pagare. Non stai mai fermo!, gli dico. Non e’ che prosegui la tua attività politica in altre forme?

Sorride. “Ma no, mi piace  solo essere utile”. E aggiunge: Il 24 nel tardo  pomeriggio leggeremo dei brani di un libro su Pasquale Cavaliere (consigliere regionale dei Verdi che si tolse la vita nel 1999, ndr).  Vieni Patrizio, eccoti una copia”.  Lo sfoglio ricordandomi di averlo già letto. Stavolta sorrido io, convinto che Roberto stia facendo politica in altre forme ed altri modi.

Ci si vede il 24, sicuramente. 

IMMIGRAZIONE, GIANNA GANCIA (LEGA): «CHIAMPARINO IRRESPONSABILE, FINIRA’ CHE I CITTADINI SI FARANNO GIUSTIZIA DA SOLI»

«La gestione dell’immigrazione non è una questione di umanitarismo, ma di profonda incapacità, prima dell’Europa e poi dello Stato e della Regione Piemonte, a cogliere la realtà del problema. Non rendersi conto dell’insostenibilità dell’immigrazione, significa incentivare a speculare sui più deboli. Lo Stato e la Regione si stanno assumendo una grande responsabilità, se non capiranno che siamo arrivati al limite, purtroppo saranno i cittadini a farsi giustizia da soli».

Così Gianna Gancia, presidente del gruppo Lega Nord in Consiglio regionale del Piemonte, nel dibattito in aula sulla mancata partecipazione della Regione Piemonte al tavolo sull’immigrazione convocato da Lombardia, Veneto e Liguria.

Il ddl Fiano e l’eterogenesi dei fini

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni

L’attacco sciocco e volgare all’on. Fiano di un signor nessuno che siede in Parlamento – non si sa bene in base  a quali meriti e quali competenze- per il suo ddl contro i “rigurgiti di fascismo” ha fatto sì che la simpatia verso Fiano sia cresciuta, almeno sui social, mettendo in ombra i limiti della proposta. Se il signor nessuno fosse in grado di capire si dovrebbe parlare di eterogenesi dei fini, vulgariter di un’azione che produce un effetto opposto a quello per cui era stata voluta. Abbiamo già affrontato l’argomento in modo abbastanza compiuto nei giorni scorsi sul Torinese  nell’articolo dal titolo “Vera democrazia è libertà di opinione”, ma ritengo necessario sviluppare ulteriormente alcuni ragionamenti. Me ne offre l’opportunità Nadia Urbinati, sottile politologa italo-americana, un tempo liberale, poi, via via nel corso degli anni, spostatasi sempre più a sinistra, fino a far perdere la traccia del suo  originario liberalismo. Nadia ,come diceva Zanone, che era un liberale di sinistra, ma era ben consapevole  che la sinistra era illiberale, è diventata un’azionista senza nemici a sinistra come è tradizione dei giellisti che finirono di scegliere il socialismo rispetto al liberalismo. L’aver presieduto “Libertà e Giustizia”, covo del giacobinismo italiano tagliateste, appare l’ultimo  chilometro di un lungo percorso.

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LA DEMOCRAZIA IN ITALIA
L’Urbinati ha scritto che “la democrazia italiana è nata dalla lotta antifascista”. Un’affermazione che ci porta indietro di decine d’anni perché fu solo Parri, un uomo culturalmente e politicamente  poco attrezzato, a sostenere che in Italia prima del 1946 non c’era stata democrazia. Era una frase storicamente falsa, come gli disse Benedetto Croce all’assemblea Costituente, perché l’età giolittiana segna una pagina sicuramente democratica culminata con il suffragio universale maschile. Nel giolittismo c’erano dei limiti democratici perché a volte le elezioni venivano un po’ troppo guidate dai prefetti giolittiani specie nel Sud, ma sicuramente aveva torto Salvemini a definire Giolitti “ministro della mala vita”. L’età giolittiana fu una pagina complessivamente molto positiva per la storia italiana.
E’ vero che con la Costituzione nasce una nuova democrazia, ma è falso che l’unico motivo ispiratore di questa nuova democrazia sia l’antifascismo. Ci sono ,qua e là, motivi ispiratori che si legano al Risorgimento, come disse Calamandrei, ci sono motivi ispiratori cattolici, socialisti, comunisti e in misura minima anche liberali. I costituenti seppero, magari non sempre, a fare la sintesi. La presenza liberale alla Costituente fu così ridotta numericamente che era impossibile che uomini come Croce ed Einaudi potessero lasciare una maggiore traccia. Per altri versi l’antifascismo  stesso aveva matrici diverse e variegate: è stato un gravissimo errore della sinistra essersi annesso ,per motivi di convenienza politica momentanea, il monopolio dell’antifascismo. Nel momento della crisi dell’ideologia comunista è stata così  messa   in dubbio anche la cultura dell’antifascismo  ad essa collegata.

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IL PRESENTE NUTRE IL PASSATO
Nel suo scritto Nadia Urbinati scrive :”Il fascismo non è mai morto .Rappresenta il bisogno di certezza comunitaria e gerarchica in una società individualistica .E, nonostante i simboli sbandierati, non è un ritorno al passato. (…) Alimentare il bisogno di identità comunitaria è un bisogno che il fascismo in parte rappresenta.” Ed ancora :” La struttura corporativa è’  il cardine di una struttura sociale retta su luoghi comunitari, come la famiglia o la nazione. Questi luoghi sono diventati gusci vuoti “. Sono frasi che rivelano le doti dell’analista accademica che riesce ad andare oltre le interpretazioni ideologiche dei ripetitori di luoghi comuni come tanti amici di Nadia. L’Urbinati sente, ad un certo punto, la necessità di precisare che “non si vuole con questo giustificare la rinascita del fascismo e dell’esaltazione dei simboli del passato. Quello che si vuole dire, invece e al contrario, è che quel che sembra un ritorno nostalgico è un fenomeno nuovo e tutto presente dettato da problemi che la società democratica incontra nel presente”. Sono riflessioni che dovrebbero leggere l’on. Fiano e i sostenitori del suo ddl che intenderebbe risolvere i problemi del presente con un divieto
rivolto al passato. Se vale la riflessione dell’Urbinati, e sicuramente vale, gli intenti dell’on. Fiano, e non solo i suoi ,dovrebbero essere rivolti in ben altre direzioni e con fini politici che sono estranei al ddl Fiano che si limita ,a colpi di divieti, ad affrontare un fenomeno complesso che non ha tanto radici nel ventennio  definitivamente archiviato nel 1945,ma nelle fragilità della società odierna.

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SCUOLA E ANTIFASCISMO
Voglio richiamare infine una riflessione sulla scuola. Come dovrebbe comportarsi la scuola sul tema dell’antifascismo? E l’Università in particolare come dovrebbe atteggiarsi ? Nella scuola e nell’Università valgono i principi  della libertà di insegnamento (sempre più minacciata) e della libertà di apprendimento degli studenti. Altre regole aggiuntive sono fuori posto. Nella scuola e soprattutto nell’Università non si  può vietare il confronto critico tra opinioni diverse, anzi contrastanti. La scuola pubblica soprattutto ha dei doveri precisi, quelli di garantire che venga innanzi tutto  applicato l’articolo 3  della Costituzione. Il filosofo socialista  Rodolfo Mondolfo osservava che la conquista essenziale del pensiero moderno raggiunta attraverso aspri travagli e   sanguinosi conflitti  religiosi e politici, consiste nella affermazione nel diritto di ognuno alla ricerca indipendente della libertà. La scuola ,secondo Dino Cofrancesco, è un laboratorio di conoscenze, non una fucina di credenze. Gli indottrinamenti ideologici e /o religiosi coatti, le censure nei confronti del libero pensiero  nella scuola e nella società sono, tra l’altro, l’esatto opposto di quello  che nella Carta costituzionale sta scritto all’ art. 33:”L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento”. All’art. 34 nel primo comma si afferma che “la scuola è aperta a tutti”.  Un principio che negli anni in cui al liceo “Segrè “ di Torino la sinistra giovanile precollinare – finita poi invischiata nel terrorismo- impediva ad un ragazzo neofascista di partecipare alle lezioni, veniva violato in modo palese ,senza che preside, provveditore, prefetto e questore intervenissero.

PROTESTA SINDACATI POLIZIA, MARRONE-MONTARULI (FDI-AN): ADERIAMO E PARTECIPIAMO ALLA MANIFESTAZIONE

“APPENDINO CONTINUA A FINANZIARE COOP E ASSOCIAZIONI SOTTO INCHIESTA PER IL BUSINESS ROM!”

<<Noi Fratelli d’Italia aderiamo ufficialmente alla manifestazione di protesta indetta oggi pomeriggio dalle rappresentanze sindacali della Polizia, per esigere dall’Amministrazione comunale lo sgombero di quel campo rom di strada Germagnano che avvelena con i roghi tossici residenti del quartiere, i dipendenti della vicina Amiat, agenti e vigili del fuoco, così come promesso dai grillini in campagna elettorale. È la prima volta nella storia di Torino che le Forze dell’Ordine scendono in piazza per protestare contro un Sindaco, l’ennesimo record negativo dell’Appendino, inevitabile alla luce di tutti gli impegni elettorali traditi su sicurezza e riqualificazione delle periferie>> attaccano Maurizio Marrone, Consigliere Regionale FDI-AN del Piemonte, e Augusta Montaruli, Esecutivo Nazionale FDI-AN, che spiegano <<Altro che sgombero dei campi rom, la Giunta Appendino sta addirittura continuando a finanziare le stesse coop ed associazioni sotto inchiesta penale per il business dell’assistenza agli zingari, come AIZO e Valdocco, a cui la Procura di Torino ha già sequestrato centinaia di migliaia di euro pubblici: una assoluta continuità con il centrosinistra che grida vendetta di fronte alla promessa di rinnovamento e i moralismi legalitari tipici dei 5 stelle>>.

 

Ruffino: “Dalla montagna il rilancio dell’economia e del territorio”

“La montagna è una delle grandi opportunità sulle quali il Piemonte deve investire per il rilancio economico e occupazionale. Il patrimonio paesaggistico, le attività produttive tradizionali e quelle turistiche rappresentano importanti risorse per contrastare il declino”.

Così Daniela Ruffino, vicepresidente del Consiglio regionale del Piemonte commenta l’assegnazione di tre “bandiere verdi”, il numero massimo assegnato in Italia da “Carovana delle Alpi”, la campagna di Legambiente, che quest’anno sono andate al Piemonte a testimonianza delle buone pratiche di turismo sostenibile e virtuoso in montagna.

“Stiamo vivendo nelle nostre valli momenti difficili con aziende in crisi e posti di lavoro a rischio – osserva Ruffino –   e proprio nei momenti complessi bisogna ingegnarsi alla ricerca di soluzioni. La montagna è una risorsa su cui investire. Ho già proposto alla Regione di individuare nuovi percorsi formativi per i lavoratori che in questi anni sono stati licenziati, così come di intervenire contro la desertificazione delle attività commerciali nei piccoli centri montani.

Ho inoltre sollecitato la Regione affinché vengano coinvolti  i Comuni, veri protagonisti del territorio,  per istituire un tavolo permanente a regia regionale. Attraverso l’azione congiunta di pubblico e privato si valorizzerebbero anche quelle  attività di nicchia  per un turismo del gusto, della natura e delle attività sportive”.

“Nella nostra montagna operano  realtà che si rimboccano le maniche e si danno da fare per promuovere l’economia, il lavoro e il turismo. Il tutto nel rispetto del territorio anche dal punto di vista ambientale.

La valutazione positiva di Legambiente – aggiunge la vicepresidente del Consiglio regionale  –  giunge dopo la promozione ottenuta nei mesi scorsi   per quanto riguarda le nostre stazioni sciistiche, a seguito delle verifiche compiute dal Nucleo Operativo Ecologico dei carabinieri sugli impianti di innevamento artificiale, l’eventuale impiego di sostanze chimiche e  la gestione dei rifiuti. Insomma, nelle nostre “terre alte” esistono eccellenze che devono essere valorizzate in chiave anticrisi.”

“Il Piemonte e la montagna sono una cosa sola, – conclude Ruffino come è dimostrato dal simbolo della nostra regione, la Sacra di San Michele, monumento che rappresenta la porta delle montagne.

Il marketing territoriale e turistico deve dunque far parte di  strategie di rilancio del lavoro, attraverso la creazione di nuove figure professionali . Il nostro ricchissimo patrimonio paesaggistico, storico e culturale richiede politiche turistiche condivise tra le amministrazioni locali, che devono collaborare tra loro facendo sistema e aprendo  gli orizzonti per attrarre nuovi flussi turistici “.

IL PRESIDENTE SERGIO CHIAMPARINO FIRMA LEGGE POPOLARE “ERO STRANIERO”

Emma Bonino a Torino per presentare il progetto il prossimo 26 luglio
“Ringraziamo il presidente della Regione Piemonte Sergio Chiamparino per aver firmato  a Torino, al banchetto di Radicali Italiani, la nostra legge di iniziativa popolare “Ero Straniero” per superare la Bossi-Fini “, lo scrivono in una nota il segretario di Radicali Italiani Riccardo Magi e Igor Boni, coordinatore dell’Associazione radicale Adelaide Aglietta. “Sull’immigrazione la maggior parte delle forze politiche dà il peggio di sé, cercando di lucrare un po’ di consenso a buon mercato invece di impegnarsi a governare un fenomeno che è epocale, non emergenziale. In questo contesto è ancora più significativa la scelta del presidente Chiamparino di firmare il progetto di legge che abbiamo promosso come Radicali Italiani con Emma Bonino e tante organizzazioni: una legge che supera la pessima legge Bossi-Fini investendo su inclusione, lavoro e su una buona accoglienza che è sinonimo di sicurezza, abolisce il reato di clandestinità e introduce il diritto di voto. Riforme concrete, insomma, per affermare diritti e doveri governando in modo strutturale l’immigrazione per trasformarla anche in opportunità. Crediamo che l’intero Partito Democratico dovrebbe appoggiare questa nostra iniziativa seguendo l’esempio di Sergio Chiamparino, dei consiglieri comunali di Torino e dei Giovani Democratici del Piemonte, che hanno rotto un tabù aprendo un confronto nel PD che deve svolgersi apertamente. Un confronto che deve contribuire a riportare – innanzitutto nell’informazione – razionalità e visione sul tema dell’immigrazione, mettendo il più possibile nell’angolo chi attua un costante sciacallaggio politico”, concludono Magi e Boni. La campagna “Ero straniero – L’umanità che fa bene” è promossa da Radicali Italiani con Emma Bonino, Fondazione Casa della carità “Angelo Abriani”, ACLI, ARCI, ASGI, Centro Astalli, CNCA, A Buon Diritto, CILD e il supporto di centinaia di sindaci e associazioni.
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Emma Bonino presenterà il progetto di legge di iniziativa popolare “Ero Straniero – L’umanità che fa bene” il prossimo 26/7 in Sala Viglione presso il Consiglio regionale del Piemonte alle ore 12:15.

Piano Nazionale di Integrazione: che fa il Piemonte?

Il Governo Gentiloni presenta il Piano Nazionale di Integrazione per i titolari di protezione internazionale: in programma assistenza sanitaria, educativa e sociale gratuita per i clandestini e aumento dei luoghi di culto. Molinari: “Dopo il rifiuto categorico di Lombardia, Liguria e Veneto, ci lascia sgomenti il silenzio della Regione Piemonte” Curare gratis gli immigrati clandestini: c’è chi si oppone e chi, invece, non tenta nemmeno di obiettare ad una proposta che, di fatto, obbligherebbe le Regioni a farsi carico delle spese sanitarie dei richiedenti asilo. Il Piano Nazionale di Integrazione per i titolari di protezione internazionale, presentato dal ministero dell’Interno alle Regioni, ha suscitato infatti le perplessità e lo sdegno degli assessori regionali con delega all’Immigrazione di Liguria, Lombardia e Veneto, ma ha mostrato un Sergio Chiamparino, presidente della Regione Piemonte, vergognosamente silenzioso. All’ordine del giorno, non pochi cambiamenti, che partirebbero dalla scelta del linguaggio da usare (bandita la parola “clandestino”), passando per la nascita di nuovi luoghi di culto, in particolar modo moschee, per arrivare alla scelta di addossare agli enti locali il compito di garantire agli immigrati assistenza sanitaria, educativa e sociale. Più che un piano di accoglienza ed integrazione, però, una simile proposta ha i contorni di una resa nei confronti dell’invasione che l’Italia sta, ormai da troppo tempo, subendo. “Desta non poche preoccupazioni il silenzio della Regione Piemonte– commenta Riccardo Molinari, segretario nazionale Lega Nord Piemont – che non ha mosso obiezioni ad un piano insensato che non solo non tiene conto delle difficoltà e dei disagi che quotidianamente gli italiani affrontano, ma assume addirittura grotteschi tratti di razzismo al contrario. Mentre Liguria, Lombardia e Veneto si oppongono a questa insensata pretesa – prosegue – non è arrivata nessuna obiezione da parte di chi si dovrebbe occupare della Regione Piemonte e, ovvio, ma a quanto pare non così ovvio, dei suoi abitanti. La speranza, ora, è che anche il Piemonte si renda conto della follia proposta dal Governo, e opponga una seria resistenza ad un sistema che danneggia tutta la società, lucrando sulle spalle della povera gente ed esacerbando un quadro sociale già insostenibile”