POLITICA- Pagina 608

Il centro, i Popolari e il coraggio…

di Giorgio Merlo

Il ritorno al proporzionale, com’e’ evidente a tutti, suscita ed invoca anche il ritorno delle varie identita’ politiche e culturali. Certo, rispetto ai tempi della prima repubblica e alla parte iniziale della cosiddetta seconda repubblica, i partiti popolari, organizzati, radicati nel territorio e con una forte identita’ politica e culturale sono scomparsi. Sono stati sostituiti da cartelli elettorali funzionali alle direttive del “capo” dove la presenza dei “cortigiani” e dei “dipendenti” ha soppiantato quella che un tempo si chiamava la classe dirigente. Ma, senza soffermarsi ulteriormente sul profilo di questi inediti cartelli elettorali, c’e’ un aspetto che francamente e’ curioso e singolare di questa stagione politica. E cioe’, in questo revival di proporzionale, crescono a dismisura le forze e i movimenti che si richiamano alla sinistra. Sinistra riformista, sinistra di governo, sinistra rifondarola, sinistra referendaria, sinistra antirenziana, sinistra radicale e via discorrendo. Benissimo. Sul versante populista e demagogico c’e’ una guerra per la leadership quotidiana. E’ ovvio che il primato tocca di diritto al movimento di Grillo e Casaleggio seguito a ruota dalla Lega di Salvini e dal renzismo. Una gara, appunto, quotidiana che rischia pero’ di non diventare mai una vera competizione perche’, come tutti dicono e come tutti sanno, l’elettore normale tra la copia e l’originale sceglie sempre l’originale. E l’eterno e ormai logoro dibattito sui vitalizi lo confermera’ platealmente. E poi c’e’ il campo conservatore o della destra o del centro destra. Anche su questo versante non manca la concorrenza tra veri e presunti o virtuali movimenti e partiti che si richiamano vagamente a quel patrimonio politico e culturale. Insomma, c’e’ un ritorno alla riorganizzazione del sistema politico frutto anche e soprattutto del sistema elettorale con cui si andra’ al voto dopo il fallimento del presunto accodo tra le varie forze politiche sul modello tedesco italianizzato. Ma e’ proprio all’interno di questa cornice che emerge un grande assente politico, culturale e anche organizzativo. Mi riferisco, per uscire dagli equivoci, al cosiddetto “centro che guarda a sinistra”. Cioe’ ad una esperienza politica che non e’ affatto estranea alla storia di questo paese. Una sorta, cioe’ di Partito popolare italiano seppur aggiornato, rivisto e modernizzato. Non ad un centro vago, indistinto e puramente di potere come la grigia e incommentabile esperienza di Alfano e soci, ma un luogo politico di elaborazione politica, di rappresentanza sociale e di crescita democratica autentica. E, soprattutto, un luogo politico che ridia voce e rappresentanza ai mondo variegato e composito del cattolicesimo popolare e del cattolicesimo sociale. Ovviamente senza riproporre alcun collateralismo o rinnovate versioni clericali o, peggio ancora, di natura confessionale. Manca, cioe’, una formazione autenticamente laica ma di ispirazione cristiana. Ma com’e’ possibile che nella fioritura scomposta e disorganizzata della politica italiana non ci sia nessun segnale che proviene da quel mondo? Ma perche’ una esperienza del genere stenta a farsi largo nella cittadella politica nostrana? Come ovvio, sono molte le cause che stanno all’origine di questa assenza persin plateale. Motivi di natura culturale, politica e anche religiosa. Ma c’e’ un elemento che sovrasta tutto e tutti. Ed e’ quella riconducibile alla categoria del “coraggio”. E il coraggio chiama direttamente in causa la classe dirigente. Ecco, senza inoltrarsi lungo un vicolo cieco e senza sbocchi, sono questi i due ingredienti indispensabili e necessari per riproporre, al di la’ degli stessi meccanismi elettorali, una rinnovata presenza politica di una cultura che per troppo tempo non e’ piu’ riuscita a giocare un ruolo protagonistico nello scenario pubblico italiano. Senza revanscismi, senza nostalgie e senza alcun spirito di rivincita. Ma solo ed esclusivamente per ridare cittadinanza attiva ad una cultura che nella grigia e stanca politica italiana se ne sente sempre di piu’ la mancanza. Per questo semplice motivo adesso ci vuole coraggio.

I risparmi del Consiglio regionale

Con un avanzo di esercizio di 11 milioni di euro, dei quali 2,5 disponibili, il Consiglio regionale del Piemonte ha approvato il Rendiconto generale per l’esercizio finanziario 2016 con 32 voti favorevoli e 10 non votanti (M5s e Msn). Come ha sottolineato nel suo intervento il presidente Mauro Laus, “abbiamo portato il costo del Consiglio dai 68 milioni di euro del 2012, agli attuali 48 milioni. Il costo di funzionamento dei Gruppi consiliari, poi, è passato da oltre 2 milioni di euro a circa 175mila. Per questo risultato non posso che ringraziare l’Aula e tutti i partiti che vi sono rappresentati”.

“Il percorso di razionalizzazione a mio avviso è quasi concluso – ha continuato Laus – intendo ancora presentare una proposta di legge che faccia tornare la responsabilità dei 3.500 euro annui di fondi dei consiglieri, in capo ai Gruppi e ai loro presidenti. Lo richiede la normativa, la logica, ma anche la democrazia: avere un minimo di autonomia economica permette infatti all’opposizione di poter svolgere appieno il suo ruolo di informazione e di controllo nei confronti della maggioranza e della Giunta, ruolo che oggi risulta più difficoltoso”.

Il documento approvato dà atto che il risultato di amministrazione per l’esercizio 2016 presenta un avanzo di  11.013.678,88  e, in particolare,  6.607.460,80 euro parte accantonata; 1.776.127,0 euro parte vincolata; 68.267,11 euro parte destinata agli investimenti; 2.561.823,01 parte disponibile. L’avanzo disponibile sarà utilizzata per gli investimenti necessari alla ristrutturazione degli uffici del Consiglio, senza perciò gravare sulle casse regionali a tal fine.

Nel dibattito generale sono intervenuti molti consiglieri, a cominciare da Giorgio Bertola (M5s), secondo il quale “sul Rendiconto del Consiglio il nostro voto sarà di presenza. Riconosciamo quanto fatto per ridurre i costi della politica, soprattutto a seguito delle nostre pressioni, ma ancora molto si può fare. In particolar modo pensiamo al tema dei vitalizi, aboliti da questa legislatura, ma che ancora gravano sulle spalle dei cittadini piemontesi. Non dimentichiamo inoltre i 38 ex consiglieri che hanno fatto ricorso contro il contributo di solidarietà richiesto agli ex consiglieri”. Per il Movimento sono anche intervenuti Davide BonoMauro Campo e Francesca Frediani.

Secondo Gianluca Vignale (Msn), invece, i risparmi ottenuti non vengono sufficientemente comunicati e le decisioni di riduzione della spesa che sinora sono state prese, purtroppo, non hanno avuto analoghi riscontri da parte dei parlamentari, i quali non si sono ridotti di un euro lo stipendio, pur scagliandosi spesso contro le Regioni. Ridurre però le spese in modo indiscriminato è un limite alla democrazia e al buon operato dei consiglieri.

È stata quindi la volta di Davide Gariglio (Pd) per il quale “oggi possiamo dire con molta soddisfazione che è stato fatto un lavoro che ci consente di essere la Regione con i costi della politica più basso d’Italia. Siamo di gran lunga meno pagati rispetto a Regioni come la Valle D’Aosta, il Molise o la Basilicata, che hanno un trattamento economico dei consiglieri molto superiore al nostro. Per non parlare del Parlamento nazionale, che ogni tanto mette dei paletti a noi, senza però toccare un centesimo in casa propria”.

A parere di Gilberto Pichetto (Fi) “Il rendiconto é un atto tecnico e come tale va approvato: ma l’odierno dibattito si é indirizzato su un altro tema quello dei costi della politica. Un tema che é stato esaltato a partire dal 2012 da alcuni partiti che hanno scelto anche di farlo con azioni folkloristiche che poco hanno a che fare con il buon governo. Dobbiamo ricordarci cosa gestiamo: la Regione Piemonte rappresenta un sistema che governa 65mila dipendenti, 4,3 milioni di persone. Insomma costituiamo la più grande azienda del Piemonte. Va bene che di colpo si decida di discutere di alcuni particolari sui costi, ma non a qualsiasi prezzo. L’indennità deve essere dignitosa per godere di due qualità indispensabili per un consigliere regionale: autonomia e indipendenza. Il rischio é che a rincorrere il populismo si finisca per cadere in situazioni di estrema debolezza”.

Per Walter Ottria (Articolo1) la riflessione deve essere anche sul fatto di rivedere alcune procedure, alcune norme che rendono farraginosa l’azione dei consiglieri. Va fatto nel rispetto della popolazione e dell’opinione pubblica: sarebbe importante anche far capire ai cittadini il lavoro che svolgiamo.

Ha terminato il dibattito, prima delle conclusioni di Laus, Marco Grimaldi (Si), ricordando come “questa consigliatura abbia riportato la giusta credibilità su questi temi. Abbiamo confermato il taglio alle riforme dei gruppi, alle spese del personale, con un contributo di solidarietà per il primo bilancio disastroso e poi con il taglio agli stipendi e confermando quello ai vitalizi. Dovremmo almeno inserire il contributivo per la previdenza dei nuovi consiglieri. L’autorevolezza dei consiglieri non passa però da questo: faccio l’esempio dei centri dell’impiego, che sono in grave difficoltà dopo la chiusura delle Province. Dobbiamo risolvere questi problemi gravissimi e concreti per i lavoratori e per i cittadini, se vogliamo essere autorevoli”.

Foto: il Torinese

Boeti: “Commissione appalti sanità è pretestuosa”

La richiesta di una commissione d’indagine sugli appalti in sanità è così insensata e pretestuosa che anche il Movimento 5 Stelle pare essersene è reso conto. L’assessore Saitta ha dato la sua disponibilità a fornire alla IV Commissione e al Consiglio regionale tutta la documentazione utile ad un approfondimento e ad un confronto. Questa è la strada da seguire, non certo ricorrere a Commissioni che sono solo alibi per bloccare sterilmente l’attività del Consiglio regionale, caricando gli uffici di un lavoro mostruoso

Sfugge il senso stesso della richiesta, dal momento che in Piemonte non risultano indagini relativamente a procedure d’appalto indette dalle aziende sanitarie e, qualora dovessero essercene, siamo sicuri che la magistratura non mancherebbe di fare il proprio lavoro.

Delle due l’una: o i Grillini sono a conoscenza di qualche irregolarità – e se così fosse, dovrebbero rivolgersi alla magistratura presentando una circostanziata denuncia e non limitarsi a invocare una generica “trasparenza” – oppure minacciano la Commissione d’inchiesta come strumento per denigrare le altre forze politiche.

E poi la vicenda di piazza San Carlo dovrebbe indurre i Grillini a riflettere sul fatto che, talvolta, chi di Commissione d’indagine ferisce…

Nino BOETI

Vice presidente Consiglio regionale del Piemonte

Consigliere regionale PD

Centro sinistra, ma si vuole fare si’ o no?

di Giorgio Merlo

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Ma insomma, il centro sinistra puo’ ancora rinascere in questo paese? La domanda non e’ retorica ne’ peregrina perche’ nel momento in cui il centro destra ritorna in auge e il movimento 5 stelle, checche’ se ne dica, resiste malgrado la pessima prova che fornisce governando qua e la’ nelle citta’ italiane, il centro sinistra continua a dibattersi in un confronto fatto di veti personali, pregiudiziali ad personam, accuse reciproche e delegittimazioni politiche violente. Tutti sappiamo tutto, o perlomeno quasi tutto. Il Pd renziano rinnega alla radice la logica della coalizione, dell’alleanza di cento sinistra; non fa mistero nel respingere al mittente qualunque ricordo del’Ulivo e men che meno dell’Unione; relega quasi tutti i padri fondatori del Pd nel quadro dei ricordi d’annata, importanti purche’ restino definitivamente in panchina. Al contempo, il movimento di D’Alema e di Bersani individua nel Pd renziano, ma non in tutto il Pd, la causa di tutti i mali nel dare un futuro credibile al centro sinistra nel nostro paese. E cosi’ Sinistra italiana e gli altri frammenti della sinistra qua e la’ disseminati. Ma non la pensa cosi’, almeno pare, Giuliano Pisapia. Ora, se si pensa che alle prossime elezioni politiche si corre anche per vincere e non solo per vedere quanti consensi porta a casa il proprio partito, ci sono almeno 3 elementi da rispettare rigorosamente. Innanzitutto in Italia la politica e’ sempre stata “politica delle alleanze”. Sia con il sistema maggioritario e sia, a maggior ragione, con quello proporzionale. Rivendicare l’autosufficienza elettorale, richiamare la centralita’ del partito ed esaltare l’isolamento della propria formazione politica, piu’ che un atto di coraggio e’ un gesto che rasenta l’irresponsabilita’ e la retorica. Fuorche’ si vagheggi di ottenere consensi del tutto avulsi dalla realta’. Come quando Berlusconi sostiene che la sua Forza iItalia puo’ tranquillamente raggiungere il 30% o alcuni esponente renziani quando dicono che il Pd superera’ altrettanto tranquillamente la soglia del 40%. Appunto, sogni e favole che possono essere raccontate una volta alla settimana per evitare di cadere nel ridicolo. In secondo luogo il centro sinistra decolla, e si puo’ fare, solo se tutti i partiti e i movimenti che si riconoscono – bene o male – in questa prospettiva politica la perseguono realmente. E’, questa, la prospettiva di tutti questo soggetti? Ovviamente no. E qui, di conseguenza, arrivano i nodi da sciogliere definitivamente. Ecco perche’, terza ed ultima considerazione, adesso inesorabilmente dovranno emergere le vere intenzioni dei singoli partiti e movimenti di centro sinistra. Al di la’ delle rituali rassicurazioni o delle ovvie ripetizioni. E cioe’, prima del voto – se resta, come restera’, questo sistema elettorale – si dira’ pubblicamente e chiaramente da parte di tutti che si vuol costruire una coalizione di centro sinistra in vista del governo del paese? Ben sapendo che nessuna forza politica raggiungera’, da sola, il 40% dei consensi? Se la risposta a questa domanda sara’ condita e condizionata dai soliti ed ormai nauseanti veti personali o se, di risulta, prevarranno veti politici/personali su alcune formazioni politiche, non dobbiamo stupirci se la soluzione finale sara’ il ritorno dell’intramontabile consociativismo. Condito, questa volta con certezza, con l’immancabile trasformismo. Perche’ di questo si tratta, alla fine. Se il Pd e Renzi dovranno dire con chiarezza se escludono a priori un’alleanza con Berlusconi e Forza Italia, gli altri partiti dovranno altresi’ esprimersi se l’alleanza con il Pd renziano, perche’ di questo si tratta, la vogliono fare o meno. Tutto il resto e’ mera propaganda, tatticismo e posizionamento. Adesso conta la politica. O almeno quella che un tempo era la politica. Cioe’ pensiero, strategia e coerenza.

Anche a Torino una coalizione per l’eguaglianza e la giustizia sociale

Locatelli (Prc-Se): cambiamento e centrosinistra diventati termini inconciliabili

Bene, anche a Torino si parte. Lunedì 24 luglio, alle ore 17,30, all’Unione Culturale di Via Cesare Battisti, presente Tommaso Montanari, si terrà un primo incontro per dare vita a una grande coalizione civica, di sinistra, alternativa al Pd, al centrodestra e al M5S. Un incontro in preparazione di una grande assemblea provinciale che si terrà a settembre con l’obiettivo di unire tutte quelle forze, associazioni, partiti, cittadini che intendono battersi per l’eguaglianza e la giustizia sociale, che intendono lottare per l’attuazione dei principi e dei diritti sanciti dalla nostra Costituzione in tema di lavoro, ambiente, pace, diritto allo studio, scuola pubblica, equità fiscale, inclusione sociale. “Questi principi e diritti – dichiara il segretario provinciale Prc-Se Ezio Locatelli – sono stati  grandemente calpestati dai governi di centrodestra e centrosinistra che hanno agito in questi anni nel solo interesse dei mercati, delle banche, dei poteri economici. Si tratta oggi di costruire un’alleanza popolare che ridia speranza, fiducia e rappresentanza a quella stragrande maggioranza del Paese che vive una condizione di precarietà, di disagio sociale, che non crede più agli inganni delle politiche liberiste e di austerità”. Locatelli, a nome di Rifondazione Comunista, manifesta il forte interesse al progetto delineato all’assemblea del Brancaccio da Montanari: “Rifondazione Comunista al pari di altre realtà sociali e politiche intende essere partecipe e parte attiva di un progetto che se portato avanti con coerenza, linearità, può riaprire la partita del cambiamento politico in Italia. Una delle caratteristiche che più ci convince  di questo progetto è la discontinuità con le esperienze istituzionali precedenti che si rifanno al centrosinistra. L’operazione di Pisapia, Bersani, D’Alema e compagnia varia non porta da nessuna parte. Cambiamento e centrosinistra sono diventati termini inconciliabili”.

CIRCUITO DELLE RESIDENZE REALI, VALENTINA CAPUTO (PD) “LA GIUNTA RECEPISCE MIEI ORDINI DEL GIORNO”

“E’ di poche ore fa l’annuncio dell’Assessore regionale alla Cultura Antonella Parigi riguardante la nascita del Consorzio delle Residenze Reali Sabaude, passaggio fondamentale per la creazione di un Circuito delle Residenze Reali Sabaude – ha affermato la Consigliera regionale del Partito Democratico Valentina Caputo – un atto che recepisce due ordini del giorno da me presentati, approvati dal Consiglio regionale il 29 settembre 2015, con i quali impegnavo la Giunta a realizzare concretamente un Circuito di Residenze Reali con lo scopo di valorizzarne caratteristiche e peculiarità e di potenziare le sinergie tra le diverse Residenze al fine di valorizzare complessivamente tutti i siti”.

“Gli ordini del giorno – ha proseguito la Consigliera Caputo – erano nati da visite e incontri effettuati sul territorio nei Comuni che ospitano le diverse Residenze sabaude e da costruttivi confronti con il direttore della Reggia di Racconigi e le amministrazioni di Racconigi, Moncalieri e Agliè, dai quali è emerso il bisogno di valorizzare in rete questo grandissimo patrimonio artistico e culturale che all’estero ci invidiano e del quale spesso non comprendiamo, appieno l’importanza. La decisione della Giunta regionale consentirà, come da me richiesto, un potenziamento del circuito delle 17 Residenze Reali che potranno rappresentare un polo attrattivo come i Castelli della Loira in Francia”.

“Le Residenze Reali – ha concluso Valentina Caputo – registrano, ad oggi rispetto a qualche anno fa, un incremento e dati di affluenze altissimi e sono convinta che i prossimi atti della Giunta potranno potenziarne le sinergie, dare vita ad un prodotto turistico fruibile e accessibile da parte dei visitatori e promuoverne il ruolo quali luoghi di cultura, di mostre e di spettacoli”.

 

Tricarico dal “golpe” di Roma al caffè in via Garibaldi

STORIE DI CITTA’ di Patrizio Tosetto

L’intervista comincia, ma con una sua domanda: Perché mi vuoi intervistare? Rispondo: non ricordo di esponenti politici che si siano “naturalmente” ritirati dalla politica. Lui sorride. E’ Roberto Tricarico, eletto per la prima volta nel 1995 a soli 25 anni in consiglio comunale, segretario dei Verdi, già Assessore alla casa con Chiamparino  e poi capo di Gabinetto del sindaco di Roma, Ignazio Marino. Oggi  è socio del bar “Roberto” in via della Consolata angolo via Garibaldi, nel cuore della vecchia città. Ora tocca me.

Come mai il ritorno a Torino?

Questioni personali,  ho scelto la famiglia a cui dovevo molto anche per la mia militanza politica.

Ti piace più Roma o più Torino?

Due cose diverse. Torino “provinciale” e Roma universale e fin troppo martoriata.

Capo di Gabinetto del Sindaco di Roma. Bella esperienza?

Si, molto. Non meritava d essere interrotta dal PD… e i fatti lo stanno confermando. A settembre uscirà un film intitolato “Golpe Roma”. E poi come si dice il tempo e’ galantuomo con i galantuomini. 

Amarezza?

Sicuramente, ma Ignazio Marino ha  fatto ciò che consideravamo fosse  il nostro dovere. 

Due esempi. Primo chiudere la più  grande discarica d’Europa. Secondo, togliere l’indennità di presenza ai dipendenti del Comune, 24 mila.

Toccato interessi?

Rubo una frase di Caselli: evidentemente Ignazio Marino ha toccato interessi consolidati in Roma. 

Un lavoro prezioso.

Ti sei ritirato dalla politica?

Nell’attuale non mi riconosco più. Sono stato allevato nella cultura del rapporto con la gente: ascoltare per cercare di risolvere.  Un signore assegnatario di un alloggio popolare in via Barbaroux mi ha casualmente incontrato: venga assessore, il bagno non funziona.  In realtà da tempo non ero più assessore. L’ho ascoltato e poi con calma ho spiegato a chi rivolgersi. 

L’essere barista ti costa?

No, è anche una questione di tradizione di famiglia. Una volta,  stavo per diventare assessore nella prima giunta Chiamparino e i giornali ne parlavano. Pizza da Cecchi con la mia futura moglie e mi sentivo osservato. Pagando mi aspettavo qualche accenno. La cassiera invece  mi chiese: figlio dei gestori del Bar di Borgo vittoria?

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Tra politica e consenso. Aggiungo io che Tricarico è stato uno tra i più votati in consiglio comunale. La nostra chiacchierata è  sovente interrotta. Telefonate con richieste di consigli amministrativi, saluti e questioni di bollette da pagare. Non stai mai fermo!, gli dico. Non e’ che prosegui la tua attività politica in altre forme?

Sorride. “Ma no, mi piace  solo essere utile”. E aggiunge: Il 24 nel tardo  pomeriggio leggeremo dei brani di un libro su Pasquale Cavaliere (consigliere regionale dei Verdi che si tolse la vita nel 1999, ndr).  Vieni Patrizio, eccoti una copia”.  Lo sfoglio ricordandomi di averlo già letto. Stavolta sorrido io, convinto che Roberto stia facendo politica in altre forme ed altri modi.

Ci si vede il 24, sicuramente. 

IMMIGRAZIONE, GIANNA GANCIA (LEGA): «CHIAMPARINO IRRESPONSABILE, FINIRA’ CHE I CITTADINI SI FARANNO GIUSTIZIA DA SOLI»

«La gestione dell’immigrazione non è una questione di umanitarismo, ma di profonda incapacità, prima dell’Europa e poi dello Stato e della Regione Piemonte, a cogliere la realtà del problema. Non rendersi conto dell’insostenibilità dell’immigrazione, significa incentivare a speculare sui più deboli. Lo Stato e la Regione si stanno assumendo una grande responsabilità, se non capiranno che siamo arrivati al limite, purtroppo saranno i cittadini a farsi giustizia da soli».

Così Gianna Gancia, presidente del gruppo Lega Nord in Consiglio regionale del Piemonte, nel dibattito in aula sulla mancata partecipazione della Regione Piemonte al tavolo sull’immigrazione convocato da Lombardia, Veneto e Liguria.

Il ddl Fiano e l’eterogenesi dei fini

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni

L’attacco sciocco e volgare all’on. Fiano di un signor nessuno che siede in Parlamento – non si sa bene in base  a quali meriti e quali competenze- per il suo ddl contro i “rigurgiti di fascismo” ha fatto sì che la simpatia verso Fiano sia cresciuta, almeno sui social, mettendo in ombra i limiti della proposta. Se il signor nessuno fosse in grado di capire si dovrebbe parlare di eterogenesi dei fini, vulgariter di un’azione che produce un effetto opposto a quello per cui era stata voluta. Abbiamo già affrontato l’argomento in modo abbastanza compiuto nei giorni scorsi sul Torinese  nell’articolo dal titolo “Vera democrazia è libertà di opinione”, ma ritengo necessario sviluppare ulteriormente alcuni ragionamenti. Me ne offre l’opportunità Nadia Urbinati, sottile politologa italo-americana, un tempo liberale, poi, via via nel corso degli anni, spostatasi sempre più a sinistra, fino a far perdere la traccia del suo  originario liberalismo. Nadia ,come diceva Zanone, che era un liberale di sinistra, ma era ben consapevole  che la sinistra era illiberale, è diventata un’azionista senza nemici a sinistra come è tradizione dei giellisti che finirono di scegliere il socialismo rispetto al liberalismo. L’aver presieduto “Libertà e Giustizia”, covo del giacobinismo italiano tagliateste, appare l’ultimo  chilometro di un lungo percorso.

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LA DEMOCRAZIA IN ITALIA
L’Urbinati ha scritto che “la democrazia italiana è nata dalla lotta antifascista”. Un’affermazione che ci porta indietro di decine d’anni perché fu solo Parri, un uomo culturalmente e politicamente  poco attrezzato, a sostenere che in Italia prima del 1946 non c’era stata democrazia. Era una frase storicamente falsa, come gli disse Benedetto Croce all’assemblea Costituente, perché l’età giolittiana segna una pagina sicuramente democratica culminata con il suffragio universale maschile. Nel giolittismo c’erano dei limiti democratici perché a volte le elezioni venivano un po’ troppo guidate dai prefetti giolittiani specie nel Sud, ma sicuramente aveva torto Salvemini a definire Giolitti “ministro della mala vita”. L’età giolittiana fu una pagina complessivamente molto positiva per la storia italiana.
E’ vero che con la Costituzione nasce una nuova democrazia, ma è falso che l’unico motivo ispiratore di questa nuova democrazia sia l’antifascismo. Ci sono ,qua e là, motivi ispiratori che si legano al Risorgimento, come disse Calamandrei, ci sono motivi ispiratori cattolici, socialisti, comunisti e in misura minima anche liberali. I costituenti seppero, magari non sempre, a fare la sintesi. La presenza liberale alla Costituente fu così ridotta numericamente che era impossibile che uomini come Croce ed Einaudi potessero lasciare una maggiore traccia. Per altri versi l’antifascismo  stesso aveva matrici diverse e variegate: è stato un gravissimo errore della sinistra essersi annesso ,per motivi di convenienza politica momentanea, il monopolio dell’antifascismo. Nel momento della crisi dell’ideologia comunista è stata così  messa   in dubbio anche la cultura dell’antifascismo  ad essa collegata.

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IL PRESENTE NUTRE IL PASSATO
Nel suo scritto Nadia Urbinati scrive :”Il fascismo non è mai morto .Rappresenta il bisogno di certezza comunitaria e gerarchica in una società individualistica .E, nonostante i simboli sbandierati, non è un ritorno al passato. (…) Alimentare il bisogno di identità comunitaria è un bisogno che il fascismo in parte rappresenta.” Ed ancora :” La struttura corporativa è’  il cardine di una struttura sociale retta su luoghi comunitari, come la famiglia o la nazione. Questi luoghi sono diventati gusci vuoti “. Sono frasi che rivelano le doti dell’analista accademica che riesce ad andare oltre le interpretazioni ideologiche dei ripetitori di luoghi comuni come tanti amici di Nadia. L’Urbinati sente, ad un certo punto, la necessità di precisare che “non si vuole con questo giustificare la rinascita del fascismo e dell’esaltazione dei simboli del passato. Quello che si vuole dire, invece e al contrario, è che quel che sembra un ritorno nostalgico è un fenomeno nuovo e tutto presente dettato da problemi che la società democratica incontra nel presente”. Sono riflessioni che dovrebbero leggere l’on. Fiano e i sostenitori del suo ddl che intenderebbe risolvere i problemi del presente con un divieto
rivolto al passato. Se vale la riflessione dell’Urbinati, e sicuramente vale, gli intenti dell’on. Fiano, e non solo i suoi ,dovrebbero essere rivolti in ben altre direzioni e con fini politici che sono estranei al ddl Fiano che si limita ,a colpi di divieti, ad affrontare un fenomeno complesso che non ha tanto radici nel ventennio  definitivamente archiviato nel 1945,ma nelle fragilità della società odierna.

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SCUOLA E ANTIFASCISMO
Voglio richiamare infine una riflessione sulla scuola. Come dovrebbe comportarsi la scuola sul tema dell’antifascismo? E l’Università in particolare come dovrebbe atteggiarsi ? Nella scuola e nell’Università valgono i principi  della libertà di insegnamento (sempre più minacciata) e della libertà di apprendimento degli studenti. Altre regole aggiuntive sono fuori posto. Nella scuola e soprattutto nell’Università non si  può vietare il confronto critico tra opinioni diverse, anzi contrastanti. La scuola pubblica soprattutto ha dei doveri precisi, quelli di garantire che venga innanzi tutto  applicato l’articolo 3  della Costituzione. Il filosofo socialista  Rodolfo Mondolfo osservava che la conquista essenziale del pensiero moderno raggiunta attraverso aspri travagli e   sanguinosi conflitti  religiosi e politici, consiste nella affermazione nel diritto di ognuno alla ricerca indipendente della libertà. La scuola ,secondo Dino Cofrancesco, è un laboratorio di conoscenze, non una fucina di credenze. Gli indottrinamenti ideologici e /o religiosi coatti, le censure nei confronti del libero pensiero  nella scuola e nella società sono, tra l’altro, l’esatto opposto di quello  che nella Carta costituzionale sta scritto all’ art. 33:”L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento”. All’art. 34 nel primo comma si afferma che “la scuola è aperta a tutti”.  Un principio che negli anni in cui al liceo “Segrè “ di Torino la sinistra giovanile precollinare – finita poi invischiata nel terrorismo- impediva ad un ragazzo neofascista di partecipare alle lezioni, veniva violato in modo palese ,senza che preside, provveditore, prefetto e questore intervenissero.

PROTESTA SINDACATI POLIZIA, MARRONE-MONTARULI (FDI-AN): ADERIAMO E PARTECIPIAMO ALLA MANIFESTAZIONE

“APPENDINO CONTINUA A FINANZIARE COOP E ASSOCIAZIONI SOTTO INCHIESTA PER IL BUSINESS ROM!”

<<Noi Fratelli d’Italia aderiamo ufficialmente alla manifestazione di protesta indetta oggi pomeriggio dalle rappresentanze sindacali della Polizia, per esigere dall’Amministrazione comunale lo sgombero di quel campo rom di strada Germagnano che avvelena con i roghi tossici residenti del quartiere, i dipendenti della vicina Amiat, agenti e vigili del fuoco, così come promesso dai grillini in campagna elettorale. È la prima volta nella storia di Torino che le Forze dell’Ordine scendono in piazza per protestare contro un Sindaco, l’ennesimo record negativo dell’Appendino, inevitabile alla luce di tutti gli impegni elettorali traditi su sicurezza e riqualificazione delle periferie>> attaccano Maurizio Marrone, Consigliere Regionale FDI-AN del Piemonte, e Augusta Montaruli, Esecutivo Nazionale FDI-AN, che spiegano <<Altro che sgombero dei campi rom, la Giunta Appendino sta addirittura continuando a finanziare le stesse coop ed associazioni sotto inchiesta penale per il business dell’assistenza agli zingari, come AIZO e Valdocco, a cui la Procura di Torino ha già sequestrato centinaia di migliaia di euro pubblici: una assoluta continuità con il centrosinistra che grida vendetta di fronte alla promessa di rinnovamento e i moralismi legalitari tipici dei 5 stelle>>.