POLITICA- Pagina 551

Carlo Donat-Cattin. Il coraggio della politica

Rai 1, mercoledì 28 agosto, alle ore 23:50
La storia politica e umana di Carlo Donat-Cattin, leader Dc e uomo di governo, andrà in onda su Rai 1 mercoledì 28 agosto, alle ore 23:50. Un documentario di grande valore storico perché con le immagini delle Teche Rai ripropone i passaggi decisivi del suo impegno dall’autunno caldo allo Statuto dei lavoratori, dalle radici del cattolicesimo sociale al preambolo.
Documentario che lega la storia della famiglia a quella generazione di cattolici che uscita dalla Resistenza ha lavorato alla ricostruzione dell’Italia e all’affermazione della democrazia. Un documentario di Rai Storia di Roberto Fagiolo, ricco di immagini e avvincente come un romanzo.

Foibe, Montaruli-Marrone (FDI): “Scritte vergognose in zona San Paolo”

“Appendino  intervenga”

“Sono comparse in queste ore a Torino e nel quartiere San Paolo scritte ingiuriose e orrende contro la memoria e la dignità degli infoibati. Lo si apprende dal profilo fb dell’Unione degli istriani.
E’ vergognoso che qualcuno provi a minare la memoria condivisa. Non si tratta di mero vandalismo ma è istigazione all’odio e oltraggio
Il Sindaco Appendino condanni con noi l’episodio e provveda alla rimozione delle scritte. In caso di sua latitanza provvederemo noi perché attacchi come questi meritano di essere combattuti senza tregua” annuncia Augusta Montaruli, parlamentare di Fratelli d’Italia, insieme a Maurizio Marrone, capigruppo FDI in Consiglio Regionale del Piemonte, che aggiunge “Non è casuale che queste scritte vergognose appaiano in Borgo San Paolo dove sono attive occupazioni antagoniste che godono della vicinanza di consiglieri comunali e circoscrizionali grillini. Non accetteremo mai che i quartieri torinesi diventino zona franca per certi messaggi intollerabili”.

Lettera aperta del Sen. Berutti: “Cambiamo e costruiamo la nostra nuova casa”

“Voglio spiegare a chi mi ha dato la propria fiducia quello che sta succedendo in Forza Italia e al centrodestra”. Sono queste le parole che accompagnano in una nota la lettera aperta rivolta dal Senatore Massimo Berutti alle amiche e agli amici che, aggiunge Berutti, “meritano di sapere quali scelte ho assunto e le ragioni per cui chiedo loro di stare dalla mia parte”. Ecco il testo della lettera.

 

“Care amiche, Cari amici,

Come sapete, per Forza Italia gli ultimi mesi e le ultime settimane sono state piuttosto complicate. A partire da giugno, con l’amico Giovanni Toti ci siamo fatti avanti a viso aperto e lealmente per rinnovare democraticamente dall’interno, e dove necessario rivoluzionare, il nostro partito, la nostra casa. Una “casa” che avrebbe dovuto avere lo scopo di rappresentare nelle istituzioni e nel mondo l’Italia migliore, quella delle persone che ogni giorno lavorano, investono e si impegnano per se stesse e le proprie famiglie, e che invece ha di giorno in giorno perso la capacità di rappresentarci. La rigidità e la miopia di una certa classe dirigente di Forza Italia, che non ha saputo parlare con una voce chiara, unitaria e convincente, proponendo politiche utili alla vita quotidiana, a fare impresa, a guadagnare, ad aiutare quelli di noi che hanno bisogno, hanno ridotto il partito al fantasma di quello che era, dimezzando i consensi e portandolo sotto il 6%. Questa era la situazione, abbiamo provato a cambiare in meglio le cose dall’interno e ci hanno cacciato dal partito.

La scorsa settimana, infatti, un fantomatico Coordinamento di Presidenza di Forza Italia ha preso atto “della costituzione dell’Associazione “Cambiamo”, promossa da Giovanni Toti” (un’Associazione che abbiamo creato a vantaggio di Forza Italia e di tutto il centrodestra per rappresentare chi oggi non si sente rappresentato e vuole vederci uniti e vittoriosi contro le accozzaglie improvvisate di altri partiti e movimenti) e mi ha comunicato che devo considerarmi decaduto dai miei incarichi e che sono contestualmente espulso dal partito. Ne prendo atto.

Devo moltissimo al Presidente Berlusconi umanamente e politicamente, ma devo moltissimo soprattutto a tutti gli amici che mi hanno dato la loro fiducia sino a qui. È per loro, per voi, che devo continuare a lavorare con coerenza e massimo impegno come ho continuato a fare in tutti i ruoli che mi avete affidato, da Consigliere comunale a Sindaco, da Consigliere regionale a Senatore della Repubblica.

Sono consapevole di prendermi dei rischi, ma non fa per me scaldare la sedia senza darmi da fare. Come voi rischiate ogni giorno con le vostre imprese, il vostro lavoro, il vostro impegno nei confronti di chi di noi ha più bisogno, io sono certo che questo sia il momento per assumermi qualche rischio in più per portare nei territori, tra la gente, tutti i risultati che potrò. Per portare a casa questi risultati, il mio dovere, come persona impegnata in politica, è costruire strumenti concreti per dare gambe ad una visione che sia utile a realizzare i sogni e a soddisfare i bisogni delle persone che mi hanno dato o vorranno darmi la loro fiducia. Questo è quello che faccio tutti i giorni e che continuerò a fare nel futuro. Ho sperato sino all’ultimo che quello strumento potesse essere Forza Italia, spero che in futuro potrà essere un centrodestra unito, ma in questo momento sono certo che lo strumento concreto con il quale dare gambe alle domande delle migliaia di persone che incontro ogni mese è “Cambiamo”. L’Associazione fondata da Giovanni Toti si pone come compito prioritario quello di chiamare a raccolta tutti coloro che nel perimetro del centrodestra ritengono di poter collaborare alla formazione di un soggetto politico liberale popolare e riformista. È un’iniziativa politica che ha l‘obiettivo di proporsi come luogo di incontro e di aggregazione di esperienze politiche e civiche e di competenze culturali e scientifiche per dar vita ad una forte e solida area politico culturale nell’esperienza italiana liberal democratica e conservatrice con lo scopo di contribuire al rinnovamento del Paese; sviluppare la conoscenza delle trasformazioni economiche, sociali, politiche ed istituzionali in relazione ai nuovi scenari nazionali ed europei e di verificare le condizioni per la costituzione di un soggetto politico attraverso una forma democratica costituente garantendo la partecipazione diretta di tutti gli aderenti.

È da qui che possiamo ripartire per cambiare il centrodestra, la politica e il Paese. Aprendo a tutti coloro che vogliono aderire, nella consapevolezza che possiamo fare moltissimo a partire da tre parole d’ordine: Territori, Sostenibilità, Eccellenza.

Insieme, democraticamente, dal basso, Cambiamo e costruiamo la nostra nuova casa. Sono certo che sarete con me, per un futuro migliore per noi e per i nostri figli”.

+Europa: “Lettera della Lega a Mattarella invito a violare Carta”

Riceviamo e pubblichiamo la  dichiarazione di Igor Boni (Coordinatore Gruppo +EUROPA Torino): 

“Che degli assessori rivendicando il loro ‘ruolo istituzionale e democratico’ chiedano in questa fase al Presidente Mattarella ‘di dare la voce al popolo italiano affinché possa votare ed eleggere un nuovo parlamento” non è solo inusuale ma in palese contrasto con la nostra Costituzione. Se infatti oggi il Presidente della Repubblica sciogliesse le  camere senza attendere la sfiducia parlamentare e, soprattutto, senza verificare la possibilità della nascita di un nuovo Governo che abbia una maggioranza parlamentare, farebbe un’azione contraria al dettato costituzionale.  La  verità è che questa lettera ha l’obiettivo interno di ribadire al Presidente Cirio chi comanda e quello esterno di dare sostegno alla iniziativa sconsiderata di Salvini a Roma.  Una lettera da rispedire al mittente senza risposta”.

Sanità, Salizzoni: “Il governo non crede nei Parchi della Salute”

“A NOVARA E TORINO NON SI PUÒ TORNARE INDIETRO”

La mancata firma da parte della ministra Giulia Grillo al decreto sulla città della Salute di Novara è la dimostrazione che questo Governo non crede nei Parchi della Salute: se fosse per loro ci dovremmo tenere il Maggiore di Novara e le Molinette di Torino ancora per qualche secolo, fino al loro crollo. Fortunatamente per il Parco della Salute di Torino siamo ad uno stadio più avanzato della procedura, con risorse già stanziate e la manifestazione di interesse di tre gruppi. A settembre si potrà passare al dialogo competitivo e finalmente entrare nel vivo della progettazione. L’avversione dei 5Stelle e della ministra Grillo alla compartecipazione pubblico-privato non può diventare pretesto per ritardare o bloccare questo percorso. Siamo tutti concordi sul fatto che il pubblico debba mantenere un ruolo determinante nella gestione delle future strutture ospedaliere, ma ripensamenti su questo punto non sono accettabili, perché vorrebbe dire rinunciare a qualsiasi nuovo progetto. Per i Parchi della Salute di Novara e di Torino è ora che il Governo capisca che non c’è più tempo da perdere.

Mauro SALIZZONI

Vice Presidente Consiglio regionale del Piemonte

Centro sinistra, oltre il civismo c’è di più

Il possibile, e ormai del tutto probabile – anche se la serrata trattativa e’ tuttora in corso – tra il Pd di
Zingaretti e il movimento 5 stelle per superare l’ormai ex governo giallo/verde e per porre un argine
alla cosiddetta “onda nera” per citare chi continua a vedere o a sognare un pericolo fascista nel
nostro paese, può avere effetti dirompenti nella politica italiana. Certo, prima di parlare di questo
potenziale scenario, e’ importante attendere gli sviluppi concreti di questa crisi di governo a lungo
annunciata ma che adesso assume un profilo inedito e ricco di contraddizioni. Anche perché
attendiamo tutti le decisioni, che come sempre saranno sagge e di buon senso, del Presidente
della Repubblica Mattarella, vero punto di riferimento e credibile della politica e delle istituzioni
democratiche.
Ora, se dobbiamo attendere ancora pochi giorni per capire la piega concreta che prendera’ questa
crisi, sul versante della coalizione alternativa alla destra che dovrà affrontare, prima o poi, le
elezioni, l’orizzonte resta confuso anche se cominciano ad apparire elementi chiari ed
inequivocabili.
Innanzitutto la natura di questa coalizione. Senza riproporre la simpatica ma del tutto irrealistica
nonché virtuale concezione del Pd come partito a “vocazione maggioritaria”, resta quantomai
singolare anche la concezione che vorrebbe una alleanza tra il Pd e un fantomatico “partito
ambientalista” e una serie di liste civiche a partire da quella dei sindaci. Che, come noto, essendo
anch’io Sindaco, sono anche e soprattutto il frutto del “civismo” democratico e culturale. Che resta
un fatto trasversale e difficilmente etichettabile quando la partita politica ti chiede, in modo secco,
da che parte stare senza equivoci e tentennamenti. Al di là dei sindaci delle grandi città che sono
già militanti, tesserati o aderenti al Pd. Al riguardo, forse è giunto il momento per richiamare un
aspetto politico che resta decisivo ed essenziale per l’ormai prossima stagione elettorale. E cioè, il
civismo e’ indubbiamente importante, i partiti virtuali che vengono inventati alla bisogna sono
altresì importanti, ma senza la presenza di partiti organizzati e che si alleano non in virtù di una
autorizzazione gentilmente concessa dal segretario del partito di maggioranza relativa ma come
frutto di una presenza politica, culturale ed organizzativa autonoma e definita nella società la
partita si complica. Sotto questo versante una organizzazione politica e culturale che
sbrigativamente si potrebbe definire di centro, riformista, democratica e di governo e’ quantomai
necessaria ed indispensabile in una alleanza con la sinistra. Non c’è civismo o partiti e movimenti
inventati a tavolino dal partito di maggioranza relativa che tengano. Servono partiti organizzati e
radicati concretamente nel territorio, nonché portatori di una cultura politica specifica e
determinata. Ed è proprio lungo questo crinale che si pone il tema su cui si sbizzarriscono da
tempo molti organi di informazione e moltissimi opinionisti e commentatori politici. Al di là dei nomi
e dei cognomi, ormai il capitolo di un partito che sia distinto e distante dal neo Pds di Zingaretti e’
quantomai importante e decisivo per rendere credibile e competitiva la potenziale coalizione di
centro sinistra. Tocca ormai a coloro che si riconoscono in questo progetto politico fare il salto di
qualità e dar vita al partito, strumento costituzionale che resta determinante per l’organizzazione
politica democratica. E tocca alla neo sinistra prendere atto che senza una formazione politica del
genere la competizione con la destra diventa quantomai complicata ed aggrovigliata. Anche
perché la sinistra, da sola, in questo paese non vince. E men che meno con una singolare ed
anacronistica alleanza con i 5 stelle. Prima se ne prende atto e meglio e’. E questo non per il bene
del centro sinistra o del riformismo italiano ma per la stessa prospettiva e qualità della democrazia
italiana.
Giorgio Merlo

Al voto, al voto?

Al voto, al voto. Sembrerebbe che l’agonia ed
insicurezza prodotta da questo governo stia per
finire. Il condizionale è d’obbligo per quel minimo di
diffidenza che i gialloverdi ci hanno abituati a provare.

Rimane aperto il quando si voterà, tra tecnicismi e calcoli
politici. Praticamente solo Lega e la Meloni sono pronti
al voto. Gli altri sono divisi. Per loro più in là si vota e
meglio è. Già ci sono alcune certezze.
Cari grillini la pacchia è finita. Metà di voi non sarà
rieletta e dovrete tornare al lavoro (?) di prima. Giggino ha
già prenotato alcune sedute psicoanalitiche. Rambo
raddoppierà come  minimo. Sei anni fa era al 4% .
Che balzo. Umberto Bossi rosica ma sa anche
che può contare sulla ricandidatura. Dal 1979 è
regolarmente rieletto e con Casini è tra i più vecchi
nel giro romano. E poi vedrete quanti salti della
quaglia da Forza Italia alla Lega.
Una che raddoppia sarà anche la Meloni che
comunque continua a sognare di fare il Sindaco di
Roma. Appendino e  Raggi? Magari un pensierino per il
Parlamento ce lo stanno facendo. Berlusca conferma
“dopo di me il diluvio”. Le vere note dolenti arrivano
dal Pd. Fondamentalmente non è pronto. Zingaretti
attacca: crisi di governo perché scappano dalle loro
responsabilità. Non è pronto per le divisioni interne
e per come presentarsi alle elezioni. Problemi sul
tappeto: primo fra tutti come fare le liste. Ora non è
in mistero che la maggioranza del PD al Senato e
Camera é ancora di stretta osservanza. Secondo:
il Matteo Renzi il secondo non lo fa a nessuno. Terzo
problema, come presentarsi. Da soli o in coalizione.
Obbiettivo minimo: sfiorare il 30% , ma come?
D’Alema sostiene che Articolo uno è superata. La sinistra
sbrindellata non sa che pesci prendere.
Ci si aggiungono quelli che considerandosi della
sinistra pura hanno votato e fatto votare 5 stelle.
Ammettono: che stupidata abbiamo fatto. Ma si
fermano lì .Niente da fare, più in là si vota meglio è per
loro. Altra musica in Piemonte. Un Cirio sicuramente
baldanzoso. Precisamente dipende dall’argomento
e dall’assessore con cui si accompagna. Ottimo
il tandem con Andrea Tronzano sul lavoro. Da
Pernigotti ealla Tav. Significativamente positiva la
giunta aperta su Tav e le rassicurazioni date. L’ opera
non si fermerà, con o senza governo. Zoppicante sul fronte
Sanità. L’assessore Luigi Icardi rimbrotta: accidenti, sono appena
arrivato. Dimenticando che ci si poteva informare
prima della nomina. Ma Lui é leghista. Basta quello
che dice il Capo Salvini
Anche sull’autonomia Cirio avverte Allasia: meglio
che vada avanti io. Tu sei troppo effervescente. O
Vittoria Poggio da Alessandra al commercio già
soprannominata assessore per caso.
Nel mentre il PD inizia la sua quinquennale
attraversata nel deserto e a Torino è alla ricerca di
un candidato credibile per battere l’Appendino in
fase di difficoltà o più  precisamente di come arginare
la destra . Tanti candidati, tanta confusione. I più
ammaccati sono i No Tav. Sconfitta su tutta la linea.
Loro si rincuorano: sono gli altri che non sanno, non
capiscono e non sbagliano. Comunque sono bastati
28 fogli di via e non ci sono stati incidenti. Chiaro,
i No Tav sono una minoranza anche in Val
Susa. Non vogliono mollare . La loro Roncisvalle sarà
Chianocco. Con la nuova parola d’ordine “a morte il
traditore Beppe Grillo” e Giggino che apostrofa invece Salvini
come traditore. Almeno in questo caso chi è causa del
suo male pianga se stesso.

 

Patrizio Tosetto

L’eredità di don Sturzo a sessant’anni dalla morte

L’8 agosto 1959,  sessant’anni fa , moriva a Roma all’età di ottantasette anni don Luigi Sturzo, il cui   pensiero risulta quanto mai attuale.

Ci preme ricordare in questa occasione solo uno dei suoi tanti articoli, per darvi un piccolo assaggio delle sue idee sul Mezzogiorno e la politica italiana, sul programma del risorgimento meridionale.

“Lasciate che noi del meridione possiamo amministrarci da noi, da noi designare il nostro indirizzo finanziario, distribuire i nostri tributi, assumere le responsabilità delle nostre opere, trovare l’iniziativa dei rimedi ai nostri mali” scriveva.

Era il 1901 quando La Croce di Costantino pubblicò quest’articolo di Luigi Sturzo, fondatore del Partito popolare e meridionalista convinto che, solo attraverso lo sviluppo di un largo decentramento, il Mezzogiorno avrebbe potuto trovare la via del riscatto. Il forte senso geopolitico di Sturzo lo rese ben cosciente del carattere differenziato e composito delle regioni d’Italia.

“La regione in Italia è un fatto geografico, etnografico, economico e storico, che nessuno potrà mai negare. L’Italia è lunga e stretta, si allarga al nord lungo la catena alpina che la protegge e la incorona; si sviluppa nelle colline e pianure padane fino all’Adriatico; si stende verso il sud con la dorsale appenninica che la divide in zone adriatiche e tirrene, si va a bagnare nello Jonio, arriva con la Sicilia al mare africano, e con la Sardegna fronteggia a distanza le Baleari. La storia ci ha plasmati in mille modi, dando a ciascuna zona la sua caratteristica, la sua personalità, una e multipla allo stesso tempo”.

Va detto che Sturzo non rifiutò mai l’unità d’Italia che considerò sempre come un risultato positivo che doveva essere raggiunto prima, però questo non lo indusse a risparmiare delle critiche ai limiti dell’unificazione. E tanto per cominciare, per lui vi erano tante storie delle varie parti dell’Italia, più che una storia d’Italia. Le differenze tra Nord e Sud erano abissali nel momento dell’unificazione e queste non furono ridotte. Secondo Sturzo l’unità d’Italia fu soprattutto una occupazione ed una omogeneizzazione, un tentativo fallito di esportare al sud un modello del Nord. In definitiva si ebbe l’ “uniformità” piuttosto che l’ “unificazione”. Nel 1926 Sturzo parlava di “piemontesizzazione dell’Italia”, di “centralismo burocratico”, di stampo francese al posto del federalismo e/o regionalismo di stampo anglosassone.

Uno degli errori più gravi di quel tempo, i cui effetti deleteri si risentono ancora, fu l’esagerato criterio di unificazione che fu trasformato in quello di uniformità. (…) Tutto ciò fu detto piemontesizzazione dell’Italia”.

“Avevano voluto tagliare alle radici le tradizioni comunaliste e le vitalità regionali; avevano bandito dalla nuova vita ogni ricordo religioso-cattolico intimamente legato alle manifestazioni di pensiero, di tradizione e di arte italiana; avevano accentrato ogni vitalità nel governo e nel parlamento, che divenivano anche centro di intrighi e di affarismi; e non si accorsero di aver tolto una delle forze vitali del nuovo regno”.

E In un altro scritto riferisce che “L’Italia non poteva trovare una misura unica, che creasse una metropoli per tutta la sua lunga linea, dalle Alpi al Lilibeo: doveva imitare l’Inghilterra non la Francia, e dare dinamismo legislativo alle sue forze varie, non la forza statica dei suoi regolamenti”.

Rafforzato anche dalle esperienze di amministratore locale, l’autonomismo resta un punto nevralgico del pensiero politico di don Sturzo che nel 1921 a Venezia, in occasione del terzo congresso dei popolari, lancerà in modo compiuto l’idea di regione come ente con autonomia legislativa e finanziaria.

Ma questo non gli impedisce di muovere dure critiche alla scarsa convinzione con cui la Costituzione del 1947 aveva riconosciuto le prerogative legislative regionali. In particolare il sacerdote siciliano polemizza per l’esclusione tra le materie di competenza regionale dell’industria e del commercio, settori cruciali per lo sviluppo sui quali soltanto la conoscenza del territorio delle istituzioni locali, secondo Sturzo, consente di pianificare efficaci politiche d’incentivo e di sostegno infrastrutturale senza mai cadere, però, nell’assistenzialismo pubblico.

La politica economica è, infatti, un aspetto fondamentale del regionalismo di don Sturzo. Il suo è insieme un federalismo storico, che vede nelle regioni italiane una realtà vivente e insopprimibile dell’Italia post-unitaria, ma anche un federalismo funzionale, proposto come soluzione pratica allo statalismo che attraverso le logiche assistenziali nutre i suoi apparati e affama il cittadino elettore e contribuente.

Nella sua concezione politica, la semplificazione amministrativa e legislativa sono elementi portanti in un disegno regionale dello stato, il cui obiettivo finale consiste nella sana gestione del denaro pubblico attraverso il controllo locale delle risorse e della leva fiscale. È questo uno dei punti più attuali del pensiero di Sturzo che riconosce la necessità di un federalismo fiscale, come passaggio indispensabile per assecondare lo sviluppo delle differenti realtà regionali.

È razionale e giusto, scrive nel 1901 sul Sole del mezzogiorno, che le regioni italiane abbiano finanza propria e propria amministrazione, secondo le diverse esigenze di ciascuna, e che la loro attività corrisponda alle loro forze, senza che queste forze vengano esaurite o sfruttate a vantaggio di altre regioni e a danno proprio”.

Un federalismo spinto quello sturziano che non nega tuttavia il principio di nazionalità che deve portare le regioni ad aiutarsi reciprocamente. Da liberista non esita a scagliarsi contro il capitalismo di stato che finanzia e sostiene le imprese nei settori più disparati col denaro pubblico, alterando in questo modo lo sviluppo di una forte e sana iniziativa privata.

Lo stato è infatti l’istituzione più lontana dai cittadini, cui tutti sentono di poter chiedere senza percepire nell’immediato le ripercussioni di una politica spendereccia; per lo stesso motivo lo stato è il centro di potere, dove meglio possono annidarsi le pratiche partitocratiche e le grandi lobby economiche.

Prima di tanti, Sturzo prevede insomma le conseguenze nefaste dell’assistenzialismo, la voragine del debito pubblico, la politica inflazionistica. Il decentramento amministrativo e finanziario, nel suo disegno, è allora l’antidoto agli sprechi persi nei meandri dei ministeri, ai buoni propositi, puntualmente disattesi, dei politici meridionali di fare fronte comune in Parlamento nell’interesse del sud.

Una lezione, questa di don Sturzo, che conserva quindi un’attualità impressionante e che oggi, che ancora si dibatte sul federalismo fiscale, sull’Unità d’Italia e sulle politiche del governo per gli incentivi al Sud, può rappresentare per il Mezzogiorno un invito al coraggio, a scommettere su se stesso.

Il Sud, dopo essere stato per decenni una palla al piede dell’economia nazionale, è oggi chiamato a diventare la frontiera di un’Italia ricca di potenzialità. In questo scenario, tale obiettivo può essere raggiunto sposando l’idea di un federalismo fiscale per il Sud.

Anziché invocare una maggiore redistribuzione a loro favore, la classe politica e l’opinione pubblica meridionale devono accettare la sfida della competizione tra territori e rinunciare allo status quo. Ma sono soprattutto due le “idee forti” di Sturzo per colmare il profondo divario fra Nord e Sud : porre il Mezzogiorno nella condizione di diventare il grande protagonista di una politica mediterranea e far crescere nei meridionali la convinzione che “La redenzione comincia da noi”, senza attendere che lo sviluppo del Sud possa venire solo dall’esterno.

Vito Piepoli

Il Paese dei due Matteo (Salvini e Renzi) e dei separati in casa

<<Tutti per uno e uno per tutti>>, Il motto dei tre moschettieri che poi in realtà erano quattro non si addice all’Italia.

La riprova è di nuovo la tragicomica di questi giorni. Ovviamente anche le pietre avevano già capito che non c’era armonia nel governo, prima un passo avanti e poi due indietro, con l’Italia ferma su tutto, dai Termovalorizzatori e l’immondizia che si manda persino in Germania e Olanda alla Tav del Piemonte, ma anche al Consorzio della Tap (gasdotto lungo 800 chilometri che da Kipoi arriverà fino in provincia di Lecce) che dovrebbe portare il gas dalla Russia in Italia, al Terzo Valico, all’Ilva che costa all’Italia due percentuali di Pil (Prodotto interno lordo).

Il giorno dopo lo strappo nella maggioranza giallo-verde, il futuro del governo sembra ormai segnato, ma si fa ancora manfrina o si gioca al gioco delle tre carte.

Il premier Giuseppe Conte, scuro in volto, ha annullato la conferenza stampa e si è recato al Quirinale per un colloquio con il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

Mentre diversi esponenti del Movimento 5 stelle ribadiscono la volontà di andare avanti con l’esecutivo, Luigi di Maio sostiene di non aver paura del voto, ma che prima di andarvi vorrebbe votare la riduzione dei parlamentari.

Alla Lega continuano ad arrivare richieste di un cambio di passo nel governo, sostituendo alcuni ministri, per far ripartire l’Italia.

Intanto come al solito siamo in campagna elettorale e chi sta fuori, dalla Carola Rackete alla tedesca presidente della Commissione Ursula Gertrud von der Leyen,         si giovano della nostra debolezza perché noi italiani le cose non le facciamo mai insieme, per il benessere del Paese, ma gli uni contro gli altri e il gioco di squadra non lo sappiamo fare.

Sarà per questo che anche nel calcio facciamo magre figure!

 

Tommaso Lo Russo

Il Pd interviene a proposito della riunione di Giunta sulla Tav

Riceviamo e pubblichiamo le dichiarazioni del Consigliere regionale Diego Sarno e del Presidente del Gruppo Pd in Consiglio regionale Domenico Ravetti 

 

 “La TAV ha scatenato la crisi di governo nazionale e auspichiamo che questa non produca ulteriori rallentamenti. La TAV è ormai un’opera ineludibile per l’Europa, per l’Italia e per il Piemonte.” ha affermato il Consigliere regionale Pd Diego Sarno, presente alla Giunta aperta sul tema.

“Come gruppo consiliare del Partito Democratico – ha proseguito il Presidente del Gruppo Domenico Ravetti – saremo, coerentemente con il livello nazionale e parlamentare, a sostegno di ogni passo formale per velocizzare le deliberazioni che riguardano le compensazioni per i comuni della val Susa”

“Dobbiamo, altresì, continuare a vigilare sul percorso formale della gestione degli appalti per garantire trasparenza, legalità e per far sì che quest’opera rappresenti un’occasione di lavoro per lavoratori e aziende del Piemonte” ha concluso Diego Sarno.