POLITICA- Pagina 523

Carlevaris presidente della Commissione Diritti e Pari Opportunità

Cinzia Carlevaris (M5S) è la nuova presidente della Commissione Diritti e Pari Opportunità del Comune di Torino

È stata eletta nella seduta di oggi della Commissione, con il voto favorevole delle commissarie M5S (Azzarà, Buccolo, Carlevaris, Ferrero, Paoli, Sganga). Non hanno partecipato al voto le consigliere Foglietta e Grippo (PD) e Pollicino (Connessione Civica).

Nel programmare i prossimi lavori, la neo-presidente ha proposto – tra le altre cose – di ragionare sul tema delle migrazioni e di avviare un progetto organico sul contrasto alla violenza sulle donne, con interventi formativi anche nelle scuole, rivolti a insegnanti, studenti e studentesse e genitori. Per combattere stereotipi e discriminazioni ed eventualmente arrivare alla stesura di un protocollo sulla comunicazione rispettosa delle differenze di genere, sul modello di quello adottato da Bologna.

“Vogliamo produrre atti concreti e promuovere azioni coordinate – ha dichiarato – per fare prevenzione attraverso il cambiamento culturale e la formazione”.

Carlevaris succede a Marina Pollicino (Gruppo misto di minoranza – Connessione Civica), la cui presidenza era stata revocata lo scorso 22 gennaio.

Ancora da attribuire la carica di vicepresidente della Commissione, dopo le dimissioni dall’incarico di Eleonora Artesio (Torino in Comune) una settimana fa.

Revisionare la macchina politica dopo anni di nulla

Piero Fassino lapidario, come suo solito: l’ alleanza con i pentastellati non è all’ordine del giorno perché non contano nulla. Pragmatico. Ogni tanto ritorna nella sua città e aver perso con Chiaretta non gli è andata giù ancora

Ha ripreso le sue antiche ambizioni di politico a tutto tondo. Brillantissima la sua carriera politica. Segretario del PCI torinese quando il partito contava e contava ancora la città di Torino. Ottimi rapporti con la famiglia Agnelli e all’Avvocato dava del tu. Responsabile organizzativo quando con Occhetto fondarono il Pds.

Segretario dei Ds e ministro della giustizia e Commercio con l’estero. Tanto contento di fare il Sindaco di Torino non era,  ma ha interpretato fino in fondo il suo ruolo viaggiando in lungo e largo per il mondo. Obbiettivo, attrarre investimenti stranieri nella nostra città. A volte ci è riuscito, non sempre, comunque. E giusto per non lasciare nulla d’ intentato è stato anche Presidente Anci. Non sa stare con le mani in mano e soprattutto non sa stare fermo. Puoi non condividere il suo operato ma è sicuramente persona colta, competente e di esperienza. L’ esatto opposto di Chiaretta, tranne per la cultura, sulla quale  non abbiamo dubbi. Sulla competenza ed esperienza invece tanti. Non a caso il Lungo ( Fassino) l’ha sempre guardata dall’alto in basso. Ma oramai il dossier pentastellato è archiviato e nella logica del maggioritario se la vedranno centrodestra e centrosinistra. Vedremo i programmi, ma non basta, aggiungo io.

 

La storia è fatta anche dagli uomini. Su questo Torino aveva una solida e (potremmo dire) gloriosa tradizione dal Risorgimento in avanti, con delle rovinose cadute da cui ha saputo riprendersi. Da Camillo Benso Conte di Cavour a Presidenti della Repubblica come Einaudi e Saragat. Filosofi da Norberto Bobbio ad Antonio Gramsci. Culla del Liberalismo e del Partito comunista italiano con Palmiro Togliatti. Poi il miracolo della Fiat reso possibile da uomini come Vittorio Valletta. Non solo industria , ovviamente pure Don Bosco e la sua geniale “invenzione” degli oratori, fino all’ arte povera di Mario Merz ed amici.

 

Tradizione che in qualche modo si è, anche, riflessa nella politica. In particolare, per raggiungere gli scopi prefissati si determinavano scontri e contraddizioni. Tutto ciò faceva crescere e da ambo le parti si formavano nuove classi dirigenti. Anche nella seconda repubblica ci sono stati alti e bassi. Castellani un po’ deboluccio sugli aspetti amministrativi aveva Domenico Carpanini come Vice. Domenico grande conoscitore della macchina burocratica e con la visione di città. Come sull’ altro versante il governatore Ghigo, talmente convinto delle sue idee amministrative che, nonostante le critiche dei suoi, andava avanti per la strada intrapresa.

Come le politiche di sostegno al Made in Piemonte. O finanziamenti all’Università di Pollenzo o al Salone del Gusto. Si era d’accordo o si dissentiva su qualcosa fatto o non raggiunto. Giunta Appendino?  Vuoto puematico. Fatto niente, in Consiglio comunale, se non percepire lo stipendio mensile per 5 anni. I pentastellati sono  oramai fuori gioco. Il classico fuoco di paglia. L’onere a chi arriverà dopo. Con due obbiettivi. Prima riavviare e revisionare un’ auto totalmente ferma da un lustro. Ma secondo ( e forse più importante) inventarsi una nuova e qualificata classe dirigente. Chiaretta comincia nel fallire il giorno della presentazione della sua Giunta. Mediamente incompetenti, non sapevano granché e i più sono rimasti ignoranti in materia. Chiunque vinca le elezioni ha il dovere morale e politico di resettare questa ignavia ed incompetenza.

 

Patrizio Tosetto

“Gente di Volpiano” si presenta

L’appello alla società civile di Volpiano è stato lanciato: chi sente di “poter fare” per la crescita del Territorio ha ora un tavolo a cui sedersi. Dopo la Costituzione formale ,mercoledì 22 gennaio, la nuova lista civica “Gente di Volpiano”  è stata presentata dal coordinamento di Gente del Piemonte.  

La coordinatrice di Gente di Volpiano, Monica Camoletto, ha così spiegato i primi passi della lista civica  e le linee di programma, che chiama tutto il Territorio a ritrovarsi in questa proposta politica totalmente apartitica e, soprattutto, fuori dai consueti schemi e organizzazioni “tipiche delle segreterie di partito”.
Il presidente del coordinamento regionale Gente del Piemonte Davide Zanetta ha sottolineato come siano già stati costituiti i primi quattro tavoli di lavoro, “Laboratori” , che si occuperanno di Sanità Pubblica, Ambiente e Economia Circolare, Agricoltura 4.0 e Sociale. Si tratta di “tavoli aperti dove ogni cittadino di Volpiano è benvenuto e dove ognuno può portare il proprio piccolo o grande bagaglio di esperienze, conoscenze o impegno”.
A patrocinare la riunione  anche il leader del network civico “Gente di” Marco Tizzoni. All’attivo 15 liste civiche sull’asse Bergamo-Torino e la promessa di ricevere tutto il sostegno dei vari gruppi di lavoro e del tesoro di esperienze maturate in 10 anni di impegno e lotta politica in una delle aree economico-sociali più complesse del Nord Italia.
L’incontro si è concluso con la presentazione del coordinatore dei “Gruppi Giovani Gente di “, Andrea Recalcati, e di Antonio Palumbo coordinatore  del gruppo giovani di Gente del Piemonte.

Cantore: “Vi racconto il ‘mio’ Bettino Craxi”. Con uno sguardo al futuro

“Bettino, arrivando alla chiusura della festa dell’89 applaudito da tutti i presenti, si distrasse e mi chiese dove fossero mia moglie e mio figlio Riccardo (aveva tre anni ed era il primo di tre) Glieli indicai e lui si diresse verso di loro, prese in braccio mio figlio, lo accarezzò e mi disse: “mi raccomando devi impegnarti molto in politica, perché io ci tengo e ci tengono i compagni, ma non dimenticare mai la famiglia”

 

Daniele Cantore è tornato in questi giorni da Hammamet dove ha partecipato con il figlio Riccardo alla commemorazione per il ventennale della scomparsa di Bettino Craxi. C’era già stato ai funerali e al decennale.

Quali sentimenti e quali emozioni ha respirato?

Sono stati tre giorni intensi, nei quali sicuramente è emerso un po’ di amarcord ma, anche, l’orgoglio di essere socialisti e di aver avuto un grande leader e un grande statista per l’Italia.

Lei è stato Segretario Nazionale dei Giovani Socialisti, membro della Direzione Nazionale del PSI,  Segretario della federazione di Torino e Assessore Regionale, quale riflessione si sente di fare rispetto a quel periodo? 

Una stagione di impegno culturale e politico che riuscì a mettere insieme tradizione, storia del movimento socialista con l’esigenza di guardare avanti e aiutare l’Italia non solo verso la modernità ma anche verso l’equità con attenzione ai bisogni e ai meriti dei nostri concittadini.

 

Quando e come è iniziato?

È iniziato tutto con Craxi. Nel 1976, quando l’Assemblea nazionale lo elesse Segretario al posto di De Martino, dopo il deludente risultato alle politiche del 1976. E, in particolare, con il congresso nazionale di Torino del 29 marzo – 2 aprile 1978 al Palazzetto dello Sport. È lì che è iniziata la stagione riformista con il “progetto socialista” approvato dal congresso, origine di un programma socialista per un Governo a direzione socialista. Congresso svoltosi subito dopo il rapimento di Aldo Moro del 15 marzo 1978. La linea del Partito Socialista, la principale speranza per la famiglia, per Moro stesso e per quella parte dell’opinione pubblica che non si arrende al sacrificio di un uomo in nome della ragion di Stato. Durante il Congresso i delegati approvarono una importante novità, entra il garofano nel simbolo, per volontà di Bettino Craxi. Un’ importante innovazione non solo visiva e di grafica ma anche di contenuto. Craxi per la prima volta viene eletto Segretario dai delegati del Congresso.

 

Suoi ricordi personali?

Innanzitutto il PSI nazionale e di conseguenza quello torinese non furono mai succubi di nessuna chiesa: ne quella democristiana, ne quella comunista ne quella della Fiat. Non avevamo sudditanze e senza presunzione, ma con le capacità dei nostri Amministratori, dei nostri Dirigenti e dei nostri Parlamentari, chiedevamo di essere considerati non l’ago della bilancia ma “l’ago della bussola”. Il nostro gruppo dirigente seppe dare una spinta propulsiva unica al Paese, al Piemonte e a Torino e nello stesso tempo deliberare e legiferare con particolare attenzione all’assistenza, alla sanità e alle fasce più deboli senza trascurare di fare emergere le persone capaci, volenterose di far progredire l’Italia e il Piemonte. Ricordo con grande piacere e con emozione di aver riorganizzato dopo tanti anni la Festa Nazionale dell’Avanti, organo-giornale del Partito Socialista Italiano; due edizioni, quella del 1988 e del 1989, con più di ventimila partecipanti in entrambe. Due kermesse dedicate non solo a riorganizzare e valorizzare le idee del PSI, ma aperte a tutti coloro che si riconoscevano negli ideali socialisti liberali e socialisti cattolici. Lanciammo nel 1989 la riforma costituzionale e la necessità che i cittadini si facessero Stato e i Partiti fossero sempre più vicini alle loro esigenze. Una commozione, Bettino, arrivando alla chiusura della festa dell’89 applaudito da tutti i presenti (più di cinquemila persone), si distrasse e mi chiese dove fossero mia moglie e mio figlio Riccardo (aveva tre anni ed era il primo di tre). Glieli indicai e lui si diresse verso di loro, prese in braccio mio figlio, lo accarezzò e mi disse “mi raccomando devi impegnarti molto in politica, perché io ci tengo e ci tengono i compagni, ma non dimenticare mai la famiglia”.

Torniamo a Hammamet, passato o anche futuro?

Anche qui un ricordo con tanta emozione: mi sono commosso il venerdì sera quando, invitato alla cena a casa Craxi, mi sono ritrovato, di nuovo, davanti a una foto posizionata, sopra il camino, dalla fine degli anni 80. Una foto di una delle volte che Craxi venne a Torino e io lo portai alla sede del Toro (era tifoso del Toro) e poi alla partita e gli presentai il Presidente Borsano, dove appunto venivamo ritratti io insieme a Bettino e Borsano. A Stefania Craxi, alla quale si deve la nascita della Fondazione Craxi e alla quale i socialisti devono molto per aver riportato la verità storica su suo padre e sulla storia del socialismo italiano, ho portato un altra foto fatta nella stessa occasione. Ho rivisto, inoltre, con piacere Anna Craxi, una grande donna a fianco di un grande uomo e anche Bobo che iniziò i suoi primi passi in politica quando io ero segretario dei giovani socialisti. Il giorno dopo siamo andati con mio figlio Riccardo a portare dei garofani sulla tomba di Craxi guardando il mare e l’Italia. In questi mesi con l’associazione che presiedo “Italia Riformista” dove è Presidente onorario Margherita Boniver, lavoreremo per attualizzare le idee e le intuizioni di Craxi e preparare un programma riformista da confrontare con i torinesi e tutti i piemontesi guardando avanti, per un futuro nel quale ci sia maggiore attenzione ai meriti e ai bisogni dei nostri concittadini.

 

“Lo Stato tartassa le partite Iva ma è il primo fuorilegge”

Riceviamo e pubblichiamo / CORTE UE, MONTARULI (FDI): “AMENDOLA VENGA A RIFERIRE”

“Lo Stato tartassa le partite Iva ma è il primo ad essere fuorilegge. Il governo abbia un po’ di decenza e rispetti chi lavora, almeno chi lavora per lui”.

Va all’attacco la parlamentare di Fratelli d’Italia Augusta Montaruli, dopo la sentenza della Corte di Giustizia Ue che condanna l’Italia per i ritardi nei pagamenti della pubblica amministrazione. “Amendola venga a riferire su quali provvedimenti intenda assumere. Come dicevamo noi – prosegue Montaruli -, non è bastato approvare la Legge europea del 2018 per evitare la pronuncia della Corte Ue. Anziché essere un buon pagatore il Governo ha solo cercato escamotage escamotage per ammazzare i suoi fornitori, che sono poi parte del nostro tessuto produttivo. Controlla i creditori senza controllare se stesso, un pessimo esempio. Quello che però fa ancora più rabbia – prosegue la parlamentare di Fdi – è che il fanalino di coda siano proprio il Ministero della Giustizia (23 gg nel 2018) e dell’Interno (37 gg nel 2018), quelli che dovrebbero far rispettare la legge e invece oggi sono totalmente fuori controllo. Su 105 comuni esaminati, poi, la Torino con amministrazione grillina “conquista” la maglia nera, con ben 42 giorni di ritardo (undicesima su 105 comuni). Una situazione inaccettabile in un paese civile”.

Scritte antisemite a Torino, la condanna di Allasia

“Condanno con fermezza le abominevoli scritte contro il popolo ebraico comparse ieri sui muri di un palazzo in corso Casale a Torino, realizzate proprio in occasione di una ricorrenza così importante come il ‘Giorno della Memoria’

Un atto indecente che richiama uno dei periodi più atroci della storia.

Ritengo come presidente del Comitato Resistenza e Costituzione che la memoria, custodita e tramandata, sia un antidoto indispensabile contro gli orrori del passato, per scongiurare il riemergere dalle tenebre del passato di fantasmi, sentimenti, rigurgiti razzisti, predicazione dell’odio”.

Partiti personali al capolinea?

Torna il proporzionale, cresce la partecipazione – almeno così pare -, si riscopre addirittura la collegialità decisionale a livello politico. Manca solo un tassello, il più importate

 

E cioè, tramontano anche i cosiddetti “partiti personali”? La domanda, credo, è legittima perché la seconda repubblica è stata praticamente dominata dalla personalizzazione e dalla spettacolarizzazione della politica. Due derive che hanno prodotto, com’è naturale conseguenza, la stagione dei partiti personali, appunto.

Ovvero, luoghi politici dove tutto dipende esclusivamente dalle fortune esistenziali del capo o del guru. E’ persin ovvio dedurre che il confronto politico, l’approfondimento politico, la
crescita di una casse dirigente autorevole e responsabile in partiti del genere sono banditi alla radici. Semplicemente non esistono per la semplice ragione che tutto dipende dal capo. Dal sue
scelte, dai suoi umori e dalla fedeltà nei suoi confronti. Dalle candidature alla linea politica, dalla polemica contro gli avversari alla mediazione necessaria per arrivare ad un accordo, dalle alleanze da stipulare di volta in volta alla propaganda da condurre in televisione, sui giornali o nella rete. Insomma, un pensiero unico accompagnato dalla totale identificazione del partito, cioè del cartello elettorale, con il suo capo assoluto, riconosciuto ed osannato dai suoi fedeli.

Ora, per non illudersi anzitempo, quella stagione e’ del tutto alle nostre spalle? Ovviamente no. È appena sufficiente prendere atto, oggettivamente, che cosa sono, per restare nel campo del centro
sinistra, i partiti di Renzi e di Calenda per rendersi conto che i “partiti personali” continuano ad esistere. Per non parlare dell’eterna Forza Italia o della sempre più forte Lega di Salvini.
Ma, al di là dei singoli casi, quello che non si può non cogliere in questa specifica fase storica e’ che il clima complessivo spinge verso una dimensione della politica più partecipativa e meno solitaria, più collegiale e meno autocratica. E quando soffia il vento di una presenza più attiva dei cittadini alle vicende della cosa pubblica, prima o poi qualcosa capita. Certo, nessuno pensa – per convinzione culturale o per tentazione nostalgica – che il passato possa ritornare. Per capirci, che i partiti del passato possano di nuovo trovare un ruolo nella cittadella politica italiana. Ma un fatto è indubbio. E cioè, non può esserci una buona politica se non ci sono i partiti.

I partiti democratici, per capirci. Cioè, quegli strumenti e quei luoghi politici che hanno una classe dirigente diffusa a livello nazionale e a livello locale; partiti che hanno un saldo radicamento sociale e territoriale e, soprattutto, partiti con una cultura politica che ispira e condiziona le singole scelte politiche e i rispettivi progetti di governo. Cioè, per dirla con Ciriaco De Mita, “partiti che abbino un pensiero”. Ecco perché tutto si intreccia. Quando cresce la partecipazione, quando aumenta la domanda di politica e di buona politica, quando la collegialità non è più soltanto un optional o un banale e burocratico richiamo statutario, significa che anche l’ultimo tassello del mosaico è destinato ad arrivare. Cioè la stagione dei partiti democratici, pluralisti, di governo e non appesi alle virtù salvifiche e miracolistiche dei capi. Se così sarà, non potrà che giovarsene la qualità della democrazia e la credibilità delle stesse istituzioni democratiche.

Giorgio Merlo

Il crollo dei grillini, gli errori della Lega  e il ritorno del bipolarismo

In queste elezioni regionali nessuno può dichiarare di essere stato  comunque vincitore, come spesso accade in altre occasioni in cui tutti hanno in qualche modo  vinto. Qui appare chiaro ed evidente chi ha vinto e chi ha perso

di Pier Franco Quaglieni
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In queste elezioni regionali nessuno può dichiarare di essere stato in qualche modo vincitore, come spesso accade in altre occasioni in cui tutti hanno, dal loro punto di vista, vinto. Qui appare chiaro ed evidente chi ha vinto e chi ha perso. I risultati elettorali di domenica scorsa hanno infatti  registrato il successo del candidato del Pd in Emilia e Romagna e  della candidata di  Forza Italia in Calabria. Avrebbero dovuto sconvolgere il quadro politico nazionale ,ma forse,come vedremo, finiranno per rafforzarlo, malgrado sia riapparso un bipolarismo che sembrava del tutto scomparso sul quale è bene fare un’adeguata riflessione.
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La Lega che voleva ”cacciare i rossi “ dall’Emilia si è sgonfiata e il suo estremismo verbale non ha avuto successo .Salvini non ha convinto,ma ha impaurito tanti elettori moderati. Suonare  i citofoni non non  gli ha portato fortuna   anche se ancora una volta il solito Gustavo Zagrebelski non ha smentito il suo estremismo ideologico ,privo di  una adeguata riflessione storica, paragonando il piccolo episodio bolognese  niente meno  con il podrom della Notte dei cristalli nazista  in Germania del 1938. Sciocco Salvini ad attaccarsi ai citofoni, ma intollerabilmente fazioso e privo di  reale significato politico Zagrebelski che si è lasciato prendere la mano ,esprimendo dei giudizi che appaiono quasi  incompatibili con la sua fama di  esimio professore e di emerito presidente della Corte Costituzionale.
Ha sicuramente ragione il presidente Conte quando definisce il gesto di Salvini come un gesto oscurantista che sa di gogna ed evoca il “dagli all’untore“.  E’ un gesto illiberale che forse solo
i liberali colgono in tutto il suo significato negativo anche perché erano presenti le televisioni che lo hanno enfatizzato. Un ex ministro dell’interno e un senatore della Repubblica avrebbe dovuto denunciare alla magistratura il presunto spacciatore senza clamori inutili.
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Salvini  ha esagerato e anche in Calabria ha perso consensi. I laici, i liberali, i liberal-democratici  non avrebbero potuto votarlo, anche se il tentativo di vedere in Salvini un pericolo fascista e’ del tutto privo di fondamento. Salvini si è rivelato un politico  incapace di tattica e di strategia, come già dimostrò in modo clamoroso, uscendo dal governo nell’agosto scorso. Può essere un propagandista adatto ad un pubblico di bocca buona, ma non è un politico capace di vedere oltre il consenso elettorale  spicciolo. Forza Italia non è crollata come previsto,anche se in Emilia e Romagna la candidatura di Sgarbi ,anche lui eccessivo e assai poco convincente, ha portato il  suo partito ad un risultato davvero pessimo. Ottimo invece il successo di Jole Santelli in Calabria, prima donna presidente in una regione per definizione molto maschilista.
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Non c’e’ stato un vero exploit, come annunciato dai sondaggi, di Fratelli d’ Italia che pure si  sono rivelati molto  più avveduti e misurati rispetto alla Lega. Clamoroso l’ulteriore – e credo definitivo – insuccesso di Più Europa e di Calenda , letteralmente spazzati via compreso il presuntuoso  voltagabbana Cazzola, non eletto in Regione .  Bonino e i suoi pochi giannizzeri debbono mettersi il cuore in pace e farsi da parte : una miserevole fine dei radicali che hanno tradito Pannella. Non c’ è stata la possibilità di testare il partito di Renzi di cui non si conosce la consistenza elettorale, se non attraverso i sondaggi.
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Zingaretti, malgrado alcuni suoi colossali errori politici e i risultati affatto convincenti del Conte bis, e’ uscito bene dal confronto elettorale e il Pd si sta riprendendo dalla gestione  Renziana che lo aveva ridotto  ai minimi termini. La sinistra estrema resta invece residuale e le posizioni di Bersani appaiono vecchie e complessivamente incapaci di attrarre consensi. Ma il fatto politico più importante e’ il crollo dei 5 Stelle. Un crollo che significa la fine del qualunquismo populista rappresentato da un partito destinato  a finire, come accadde per il Partito di Guglielmo Giannini.La protesta non regge sulla lunga distanza, ma se poi va al governo e si rivela vistosamente inadeguata, risulta invotabile .Lo stesso partito grillino sta implodendo. Grillo e Di Maio escono con le ossa rotte ed è una era festa per la democrazia italiana che può tirare il fiato. La minaccia dei grillini è  finita,ma purtroppo i grillini  sono al governo e temo che ci rimarranno.
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Nessuno oggi ha interesse a mandare a casa Conte  perché nessuno dell’alleanza giallo-rossa  ha interesse ad andare al voto.  Un numero alto di deputati e senatori non tornerebbero più a Roma, se si votasse nei prossimi mesi. E poi c’ è l’elezione del presidente della Repubblica a creare un intralcio ad un nuovo voto che sarebbe comunque rinviato dal referendum sulla riduzione dei parlamentari voluta dai 5 Stelle . L’orizzonte politico appare caratterizzato da personaggi di basso livello incapaci di prevedere un futuro politico al Paese come, nel suo piccolo, ha dimostrato di saper fare Bonaccini.
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Noi passiamo da una elezione regionale all’altra (che blocca la politica nazionale  e persino i lavori parlamentari), avendo un governo dal fiato cortissimo, diviso da insanabili divergenze e  guidato da un  vero dilettante che non ha eguali nella storia italiana. Persino Facta,l’avvocato di Pinerolo, che nel 1922  aprì le porte a Mussolini, era migliore. Ma l’esito del voto, e non solo quello, ha prolungato  e prolungherà la vita del Conte bis. C’ è da augurarsi  che la disperazione grillina non porti ad altre scelte scellerate come quella della prescrizione. In ogni caso l’attuale alleanza di governo non può esprimere il futuro dell’Italia che avrebbe più che mai bisogno di un governo risoluto e capace. Gli Italiani pretendono questo governo gente preparata e decisa  che affronti le infinite emergenze che restano lettera morta ,dall’Ilva all’ Alitalia, tanto per citare due esempi.
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Il bipolarismo, dicevamo, e’ riapparso ed e’ un gran  bene perché le democrazie mature si fondano su due partiti senza cespugli all’ italiana. La nuova legge elettorale che stanno architettando, prevede il ritorno al proporzionale: una vera jattura  che può determinare L’ingovernabilità’ del Paese. Zingaretti per primo dovrebbe ripensarci ,lasciando al loro destino Renzi e i grillini. Su questo tema si saggeranno le sue  reali qualità, finora assai poco esibite. Un sistema fondato sull’alternanza può  dare stabilità e futuro all’ Italia, consentendo una guida politica forte, come il Paese necessita.

Dopo il voto in Emilia Romagna: il futuro è dei moderati?

Non mi sembra di difficile interpretazione questo voto. Matteo Salvini era convinto di dare la spallata finale a questo governo e si è preso una sbarrata sui denti

Matteuccio  ce l’ha messa tutta. Dal suonare i campanelli ad ingrassare a suon di cotechini e gnocco fritto, ma  non è stato sufficiente

E poi otto punti di distacco tra Bonaccini e, scusate ma non mi ricordo come si chiama la candidata leghista, dato che Salvini le ha rubato la scena, sono un enormità. 48 ore prima del voto tutto era in ballo. Poi l’ aumento dei votanti ha fatto il resto e, ammettiamolo le Sardine hanno tenuto botta. Altro dato: la Lega non è il primo partito. Lividi i leghisti. In Calabria scontata la vittoria del centrodestra e quelli di forza Italia sottolineano che senza i loro candidati non si vince. In altre parole,  Salvini “un uomo solo al comando” non va da nessuna parte. Come dargli torto. E anche qui i pentastellati passano da 17 parlamentari al 7 % con la sorpresa del PD al primo posto.

 

Passiamo al dopo. Il governo tiene. Magari non farà nulla ma tre anni di stipendio assicurato sono un un ottimo collante. Forse  Zingaretti ci riesce nel fargli fare qualcosa, difficile ma non impossibile. Uno che ne esce malconcio è Matteo Renzi. Il gioco di sponda non gli è venuto bene. Scatenerà la Boschi a Roma su prescrizione ed altro. La vedo dura per i pentastellati toccare il boccino. Ci sono poi ( ancora) i rifondaroli e potere al popolo sempre più come i moscerini: fastidiosi ed inutili. Detto con tutto l’affetto possibile. Ma oramai nel nostro paese la vedo dura a prevedere tutto. Ecco mi sono ricordato: Bergonzoni. Che  ritornerà al suo anonimato continuando nell’ adorante visione del Capo. Nel mentre è sia senatrice che consigliera regionale. Buttalo via.   Il capo leghista? Penso che riposerà e si metterà a dieta. Ne va della sua salute. Anche troppi comizi fanno male, non dico che debba andare in convento  nel ritrovare se stesso. Ma mi sembra  che una pausa di riflessione sia  d’uopo. Insomma, in gergo calcistico il primo tempo si chiude in pareggio. Non era scontato.

 

Ed in Piemonte? E a Torino? Per ora nulla. Mi sa che anche qui si aspetterà la scadenza naturale del voto. Chiaretta rimane. Magari Beppe Grillo in ginocchio le  chiede di diventare coordinatore
nazionale. Fa finta di voler continuare a fare il Sindaco e passa il suo tempo a Roma magari con famiglia al seguito. E’ sempre una mamma. Rimane la novità del Rettore del Politecnico. Non penso che voglia essere lui il candidato del centrosinistra. Più importante il Politecnico. Ma ha detto ai 10 candidati in pectore del PD, lasciate stare, anche al candidato  ci pensiamo noi. Cari Torinesi , abituiamoci per altri 2 anni, l’ ignavia continua. A livello regionale se se la gioca bene è arrivato il momento di Cirio. Subito presente a Mondovì contro gli sciacalli antisemiti che oltre ad essere razzisti sono ignoranti. Due aggettivi complementari.  Non per opportunità, ma per convinzione. È il suo momento perché è un moderato. È il suo momento perché Crosetto pensa ad altro come la Meloni è attirata dal’l idea di prendere il posto di Salvini.

 

Mai darsi dei limiti in politica. Le sue ambizioni cozzano col suo estremismo. Magari anche lei si converte al centro. È il suo momento perché i leghisti locali si stanno azzuffano tra loro. E’ il suo momento perché sta gestendo bene la vicenda di Roberto Rosso ancora in carcere. Perché la proposta della candidatura del centrodestra destra a Torino è sua. Forse sono troppo razionale, almeno in questo caso. Di una cosa però sono convinto: l’estremismo non paga. Sia di destra che di sinistra. Sull’ estremismo di sinistra lo abbiamo già stigmatizzato nella sua totale inconsistenza. Su quello di Salvini: bene, puoi arrivare ad un 30% ma, come dimostra l’ Emilia, dopo non sai cosa fartene e perdi.

 

Patrizio Tosetto

Le vignette di Mellana

Cara Greta Thumberg,

oltre a dedicarti anima e corpo alla salvezza del pianeta dal surriscaldamento globale, cosa assolutamente condivisibile e meritoria, potresti per cortesia dedicare qualche ritaglio di tempo ad aiutarci a combattere il surriscaldamento delle menti causato da una politica/spettacolo che sta trasformando le persone in serbatoi di odio e aggressività?
Non per altro ma  avere un bel pianeta ecologicamente sostenibile, abitato però da essere inumani, non mi pare che valga lo sforzo….
Con simpatia e speranza.
Claudio Mellana