POLITICA- Pagina 291

Neppure di fronte all’addio di Damilano il Centrodestra si degna di fare autocritica

“La riconoscenza è la virtù del giorno prima”.

La Lega piemontese ha reagito così alla decisione di Paolo Damilano, candidato sindaco di Torino per il centrodestra proprio in quota Lega, di abbandonare il fronte dell’opposizione in Comune. Sarà anche vero che è mancata la riconoscenza, ma è sicuramente mancata l’autocritica dei leghisti che hanno imposto un candidato facendo finta di non sapere e di non capire che, Damilano, nulla aveva a che fare con l’intero centrodestra.

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Con Paolo Damilano per una destra liberale

La scelta di rottura operata nelle scorse ore da Paolo Damilano, rispetto ad una coalizione di centrodestra in balìa di se stessa, in crisi di identità ed alla perenne ricerca di una leadership credibile, non può che essere accolta con grande favore dalla Buona Destra che, da sempre, sottolinea l’esigenza di una politica “altra ed alta” ed un ritorno ai valori liberali e democratici di un’area politica ad ambizione maggioritaria.

Secondo Claudio Desirò, Segretario Regionale della Buona Destra del Piemonte, “Paolo, da vero leader, ha rotto gli indugi prendendo una decisione chiara che era nell’aria da tempo e che tutti noi auspicavamo potesse arrivare nel breve periodo. Di fronte a partiti, in particolar modo uno, alle prese con ì giravolta del proprio leader in perenne difficoltà ed alla ricerca di consenso effimero, non si vedevano alternative. Non si può essere al contempo Destra di governo e Destra di opposizione. Non si possono mettere in dubbio i valori europeisti, atlantisti e democratici, per solleticare la pancia degli scontenti e raschiare qualche voto in più”.

“La scelta operata da Damilano e da Torino Bellissima, di cui siamo parte da oltre un anno”, continua Desirò, “è in linea con quanto proponiamo come Buona Destra, anche a livello nazionale, fin dalla nostra nascita. Negli ultimi anni il centrodestra è derivato in posizioni che non gli appartengono, accodandosi agli umori dei presunti leader che lo hanno trascinato verso sovranismo ed antieuropeismo. Finalmente, diversi leader credibili, da Damilano a Giorgetti, passando per Fedriga, hanno deciso di prendere una posizione netta e che potrà ridare fiato all’area liberale e moderata, riconsegnando al Paese un modo di fare politica in modo concreto e costruttivo. Non ci possono essere dubbi o tentennamenti, non si può continuare a tollerare questa crisi di identità, di leadership e di valori che contraddistinguono partiti in preda alla confusione dei propri leader”.

“In un momento di svolta storica, tra lo spettro della crisi economica e gli ingenti investimenti derivanti dal PNRR, non possono esserci dubbi”, conclude Desirò, “per questo, come Buona Destra continueremo a supportare e contribuire alla crescita dell’area liberale e moderata, di cui Paolo Damilano è esponente di punta, dialogando e collaborando con tutti coloro che vogliono partecipare alla ricostruzione di Torino, del Piemonte e dell’intero Paese”.

Buona Destra Piemonte

Merlo e Zambon: bene Damilano se rafforza il Centro

“La presa di distanza di Paolo Damilano e del suo movimento ‘Torino Bellissima’ dalla destra
sovranista e populista ha un grande significato politico se è finalizzato a rafforzare una posizione
di Centro e un progetto di Centro. A livello piemontese come a livello nazionale. Del resto, di
fronte a due schieramenti – la destra e la sinistra – che si manifestano sempre più inadeguati e
precari, nonchè fragili, è necessario far emergere in modo visibile il ruolo e la funzione politica di
un Centro che sia in grado di superare coalizioni che ormai si sono ridotti a due pallottolieri di
partiti e di movimenti, incapaci di declinare una vera strategia politica e di governo.
‘Noi Di Centro’ è impegnato a livello nazionale e a livello locale a consolidare una presenza
politica di Centro, con tutti i partiti, i movimenti, e le forze civiche che non si riconoscono più nei
due cartelli elettorali. E il movimento di Damilano, sotto questo profilo, può avere un ruolo politico
importante e di qualità se, oltre a denunciare giustamente la deriva populista e sovranista della
Lega salviniana, riesce anche a consolidare un Centro sempre più necessario ed indispensabile
per il futuro della politica locale e nazionale. Solo i fatti e le scelte politiche concrete lo diranno”.
Giorgio Merlo, Presidente nazionale “Noi Di Centro-Mastella”.
Renato Zambon, Segretario regionale “Noi Di Centro-Mastella”

Intelligenza artificiale, Montaruli: “basta governi quaquaraqua”

“Sull’intelligenza artificiale il Governo non può rimangiarsi la parola nei confronti di Torino. Non accettiamo di essere trattati come una succursale, non vogliamo apprendere di queste decisioni che tradiscono gli impegni verso la città in questo modo. Lunedì in Parlamento porteremo la questione perché là misura e’ colma. Sposiamo ogni singola parola del mondo dell’imprenditoria. Torino deve avere l’intelligenza artificiale. Basta chiacchiere e bugie, basta governi quaquaraqua” così il deputato di Fratelli d’Italia Augusta Montaruli.

Intelligenza artificiale, Ruffino: procedere con progetto Torino

“Alla luce delle recenti dichiarazioni del Ministro Messa, chiediamo che si chiarisca in tempi rapidi il destino del previsto centro per l’intelligenza artificiale (I3A) proprio a Torino. Lo prevede un decreto legge del 2021, per il quale sono stati stanziati anche i primi 21 milioni di euro. Le parole dl Ministro dell’ Università e della Ricerca hanno provocato confusione e dubbi, dubbi che Torino e l’Italia non possono permettersi.” Lo ha dichiarato in una nota la deputata di Azione Daniela Ruffino

“Il Governo ha assunto un impegno, deve dare dunque seguito ad una legge del Parlamento. Se Torino perdesse davvero il centro per l’intelligenza artificiale sarebbe un colpo ferale. Fare rete tra territori, Università e imprese diventa fondamentale in un momento di ripresa come quello che viviamo. Il Governo dia una risposta definitiva e proceda col progetto.” Ha concluso la Ruffino.

Torino Bellissima si smarca dal “centrodestra populista” e va avanti da sola

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Il candidato sindaco del centrodestra alle ultime comunali di Torino, Paolo Damilano, annuncia che la sua lista Torino Bellissima “non è interessata a derive populiste improvvisate, comprese quelle che affliggono parte di questo centrodestra”
Ecco la nota di Damilano
Un anno fa circa, proprio in questi giorni, ero impegnato nel pieno della mia campagna elettorale. La data delle elezioni era stata spostata da maggio a settembre a causa del protrarsi della emergenza legata alla pandemia e il Centrodestra era ancora molto in difficoltà nel mettersi d’accordo sulla scelta dei candidati delle grandi città come Roma e Milano. Difficoltà nel trovare un accordo che si sono manifestate su tutta una serie di tematiche importanti durante le ultime fasi della campagna elettorale, come “vaccini”, “green pass”, “diritti” e che hanno contribuito pesantemente alla sconfitta in campagna elettorale.
A elezioni perse, il centrodestra non è stato in grado di recuperare la propria unità neanche nell’espressione del candidato all’elezione del Presidente della Repubblica, offrendo un quadro politico desolante. E oggi, con l’avvicinarsi delle elezioni amministrative, osserviamo ancora episodi di evidente difficoltà nel relazionarsi per trovare accordi, anche dove la vittoria parrebbe di facile portata.
Se aggiungiamo a questo i tentennamenti in politica estera, come se fosse possibile mettere oggi in discussione la posizione atlantista ed europeista dell’Italia, possiamo comprendere il disorientamento degli elettori, che hanno difficoltà a capire quale sia il centrodestra di governo e quale sia il centrodestra di opposizione su ormai quasi tutte le tematiche, sia politiche che economiche.
È in particolare il partito che ha creduto per primo in Torino Bellissima – e che ha appoggiato fin dall’inizio la nostra impresa conclusasi con un grande successo, affermando la nostra lista come quella più votata della coalizione – a vivere oggi una profonda crisi di identità politica e di leadership, che ne mina la credibilità acquisita in questi ultimi anni di grande consenso e successo.
Lo spettro della recessione è ormai evidente e anche i più ottimisti fra di noi non possono che essere preoccupati dallo scenario socio-politico ed economico che si sta annunciando per i prossimi anni, con la pandemia che speravamo ormai quasi alle spalle si contava molto sul rilancio del PNRR, che purtroppo rischia di essere del tutto vanificato dal crescere dei costi delle materie prime.
Serve innanzitutto serietà ed è per questo che Torino Bellissima non seguirà alcuna deriva populista, compresa quella che purtroppo oggi affligge parte di questo centrodestra, ma proseguirà autonomamente nel suo progetto di ricostruzione liberale di Torino e del Paese, in attesa di capire quali saranno le evoluzioni politiche dei prossimi mesi.
Non si fa attendere la risposta della Lega, attraverso  le dichiarazioni del capogruppo del Carroccio alla Camera e segretario piemontese Riccardo Molinari:
“Sembra strano sentire certe parole dallo stesso Damilano che è stato candidato dalla Lega e dal segretario Matteo Salvini sindaco di Torino e che ha più volte manifestato interesse per iniziare un percorso politico nello stesso partito nel quale ha cercato egli stesso sostegno. Vicinanza che ha manifestato anche in tempi recenti. Ma, del resto, la riconoscenza è sempre la virtù del giorno prima”.

M5S contro gli inceneritori

Con l’approvazione del DL aiuti del Governo Draghi non votato dal Movimento 5 stelle perché contenente poteri speciali al Sindaco di Roma sul nuovo inceneritore nella capitale, si è riaperta la discussione sugli inceneritori. O meglio, non è mai stata chiusa. Ricordiamo anche nel 2018 l’allora Governo gialloverde del Conte 1 insieme ad un pimpante Matteo Salvini che asseriva, tra un mojito ed una serata al Papeete, essere necessario “un termovalorizzatore per ogni provincia” e che “chi dice sempre di no provoca roghi tossici e malattie”. Anche in quella occasione fu ribadita la nostra contrarietà.
Il Movimento 5 stelle è contrario ad ogni tipo di inceneritore, consapevole che il ciclo del rifiuto debba passare da una transizione ecologica e sostenibile. Nel pieno di un’emergenza climatica è impensabile ricorrere ancora ad una tecnologia vecchia di trent’anni, che spreca energia, inquina, mette a rischio la salute delle persone ed è correa dell’ormai evidente innalzamento delle temperature. In tal senso si è espressa anche la Commissione Ambiente del Parlamento Europeo che ha votato per l’ inclusione degli Inceneritori tra gli impianti che dovranno acquistare crediti per compensare le emissioni climalteranti prodotte. Tale proposta passata con larga maggioranza, fa parte del pacchetto clima noto anche come FIT FOR 55, che intende ridurre le emissioni del nostro Continente.
Anche sul nostro territorio ci viene prospettato un nuovo inceneritore (completamente privato per di più) a Frossasco con le solite promesse del riciclo e di nuovi Eldorado di posti di lavoro.
 Ma è davvero così?
Uno stabilimento che ha una capacità produttiva di 360.000 mc, pari a 400.000 tonnellate/anno di cui circa 200.000 t di legno vengono riciclati. E che fine fanno le altre quasi 200.000 tonnellate comprese colle e resine in entrata? La maggior parte finisce in atmosfera (10 tonnellate/h), in pratica abbiamo un inefficiente processo produttivo che ricicla all’ incirca il 50% del materiale che vi entra. Questo nonostante quanto sostiene RILEGNO, uno dei 7 consorzi del CONAI, cioè che sia possibile riciclare fino al 97,1% del legno in entrata. Altra contraddizione riguarda, stante la mancanza di un collegamento ferroviario e l’enorme bacino di utenza, il forzoso ricorso alle centinaia di passaggi quotidiani di TIR, necessari per alimentare un impianto che ricordiamo è a ciclo continuo 7 giorni su 7 per 24 ore al giorno.
E quei posti di lavoro in più promessi ma non certi, non possono prevalere sulla volontà di una comunità e di un sistema produttivo volto all’agricoltura e al turismo e con occupazione ad oggi tangibile. Sistema che sarebbe coinvolto inevitabilmente ed inesorabilmente in un declino ampiamente previsto. I danni sulla salute degli abitanti della zona poi sono attestati dai tantissimi esempi sul territorio nazionale: il più emblematico è l’Ilva di Taranto città con le più alte percentuali di tumori in Italia. Qui per fortuna non siamo ancora come a Taranto e soprattutto possiamo ancora porre un freno a tale eventualità.
Nonostante le nostre preoccupazioni siamo fiduciosi e pronti a stare al fianco dei nostri amministratori che proseguono il loro lavoro istituzionale con la mozione votata in Consiglio comunale all’ unanimità prima e la conseguente apertura di un tavolo di lavoro con tutte le amministrazioni del territorio interessato.
Per quanto ci riguarda continueremo a confrontarci e dare il nostro contributo ai comitati della zona in piena sinergia con loro, con la serenità di chi sa di stare dalla parte in cui dovrebbe sempre schierarsi la politica: quella dei cittadini e dell’interesse pubblico. A cominciare dalla salute e dell’ambiente.
𝗟𝗮 𝗻𝗼𝘀𝘁𝗿𝗮 𝘀𝘁𝗿𝗮𝗱𝗮 é 𝗶𝗻𝗲𝗾𝘂𝗶𝘃𝗼𝗰𝗮𝗯𝗶𝗹𝗺𝗲𝗻𝘁𝗲 𝘁𝗿𝗮𝗰𝗰𝗶𝗮𝘁𝗮.
M5S

Le alleanze e il rischio autoritario

Diceva Mino Martinazzoli a metà degli anni duemila – e quindi già in piena seconda repubblica – che in Italia “la politica è sempre stata politica delle alleanze”.

Apparentemente una banalità ma, come ovvio, non era così. Anzi. Perchè storicamente, e anche recentemente, la cosiddetta “cultura delle alleanze” è stata avversata, duramente avversata. Da forze politiche che si collocano su fronti diversi se non addirittura alternativi.
Voglio fare, al riguardo, tre soli esempi a conferma di questa riflessione politica.
Innanzitutto la cosiddetta “vocazione maggioritaria” di veltroniana memoria. Certo, il leader del Pd dell’epoca l’aveva disegnata senza doppi fini e senza alcuna malizia politica. Ma è indubbio che quella impostazione era allergica alla costruzione delle alleanze tradizionali perchè individuava nella centralità del partito l’elemento cardine per creare e consolidare la democrazia dell’ alternanza nel nostro paese. Ovvero, il partito come alternativa all’alleanza tra partiti e soggetti politici diversi. Ma se questa era la motivazione nobile che giustificava la discesa in campo della “vocazione maggioritaria”, è altrettanto vero che si trattava di un progetto politico che affondava le sue radici ideali nella cultura gramsciana che, nella fattispecie, faceva proprio del partito il “nuovo principe” della società. Una concezione che alla base difettava su un punto decisivo: ovvero, la sottovalutazione del pluralismo e di ciò che rappresenta nello scenario politico e culturale del nostro paese.
Come secondo esempio non posso non ricordare che il leader della destra italiana, seppur di questa anomala destra nostrana, Silvio Berlusconi, ha sempre sostenuto che il suo programma di governo lo “si può realizzare solo il giorno in cui avrò la maggioranza assoluta dei seggi in Parlamento”. Una tesi alquanto ardita, al di là della propaganda che accompagna purtroppo in modo sistematico la politica contemporanea. Ma, al fondo, la concezione è sempre quella. E cioè, la coalizione o l’alleanza è vista ed interpretata come un inciampo e un fastidio più che non come una ricchezza e un valore aggiunto per il governo e la stessa democrazia italiana.
Un terzo ed ultimo esempio è rappresentato dal populismo dei 5 stelle. Cioè dal partito populista per eccellenza nel sistema politico italiano. Una strategia che non prevedeva alcuna alleanza perchè gli altri partiti erano sostanzialmente dei soggetti da non considerare in quanto incompatibili con il verbo e i dogmi del populismo anti politico e demagogico. Una prassi che è stata urlata e decantata per anni da tutto il partito dei 5 stelle in tutte le piazze italiane salvo poi rinunciarvi improvvisamente e collettivamente per motivazioni di puro potere. Ovvero, per dirla in termini più semplici, per continuare a conservare il seggio parlamentare e gli incarichi ministeriali con relativi benefit e privilegi. Da qui la gestione trasformistica ed opportunistica della politica e della stessa prassi politica. Ossia, il peggio che la politica possa offrire. Ma anche in questo caso persiste una radicale e scientifica ostilità e diffidenza nei confronti delle alleanze e delle coalizioni.
Ecco perchè, in ultima analisi, se vogliamo recuperare anche in vista delle ormai prossime elezioni politiche il senso, la mission e il ruolo delle alleanze, dobbiamo rifarsi organicamente alla cultura democratico cristiana e cattolico popolare. Una tradizione che ha sempre individuato nelle alleanze il valore aggiunto e la cifra distintiva della nostra democrazia e del nostro sistema politico. Una cultura che riconosce e valorizza il pluralismo politico e culturale – di norma rinnegato da chi individua nel proprio partito il salvatore della patria o il “nuovo principe” – e, di conseguenza, la centralità delle coalizioni e il valore delle alleanze politiche. A cominciare dall’esperienza politicamente più rilevante, quella dell’esecutivo a cui Alcide De Gasperi diede vita dopo le elezioni del 1948 dove preferì governare con una coalizione e non con la sola Dc, anche se ottenne la maggioranza assoluta dei seggi.
Insomma, anche su questo versante è la storia che legge le singole vicende politiche e che le spiega meglio di qualsiasi altra interpretazione. Di parte o meno che siano. Ed è per questo che non si possono accettare lezioni, su questo versante, nè dai populisti dei 5 stelle, nè dalla tradizione post comunista della sinistra italiana e tantomeno dalle varianti della destra italiana. Semplicemente si deve solo recuperare, ed inverare sempre di più nella politica italiana, la lezione di quel filone democratico cristiano e cattolico popolare attraverso il magistero dei suoi statisti e leader. Ancora una volta, quindi, dal passato si traggono gli spunti decisivi per governare il presente e guidare il futuro.

Giorgio Merlo

Ddl Concorrenza, Molinari (Lega): Regionalizzazione idroelettrico, vittoria autonomia Piemonte

“Il ddl Concorrenza conferma la regionalizzazione del settore idroelettrico. Il testo mette la parola fine ai tentativi maldestri di alcune forze politiche che negli ultimi anni hanno cercato di demolire una delle prime forme concrete di autonomia delle Regioni. Chi ha provato a mettere le mani sui canoni idrici a vantaggio dei concessionari uscenti e con grave torto ai territori montani e pesanti danni erariali, non aveva fatto i conti con la Lega che ha sempre saputo contrastare e respingere queste manovre con un gioco di squadra che ha coinvolto Matteo Salvini e il ministro Giancarlo Giorgetti. Con le procedure di riassegnazione delle concessioni da parte delle Regioni verranno invece riconosciuti canoni adeguati ai territori montani interessati, compensazioni ambientali e forniture di energia gratuita. Dopo oltre 20 anni di stallo, partirà una stagione di grandi investimenti per modernizzare e rilanciare l’idroelettrico, un asset strategico per la nostra nazione per puntare ai target su energia da fonti rinnovabili e per ridurre la nostra dipendenza energetica dall’estero”.

Lo dice in una nota Riccardo Molinari, presidente dei deputati della Lega e coordinatore regionale del Piemonte per il partito.

Rifondazione consegna le firme contro il carovita

In occasione della Giornata Nazionale di mobilitazione lanciata da Rifondazione Comunista, ieri una delegazione del Partito, composta dal Segretario Provinciale Fausto Cristofari, dalla componente della Segreteria Provinciale Marina Loro Piana, da Gianni Destefano, in rappresentanza del Circolo di Nichelino e da Mauro Gualeni, in rappresentanza del Circolo di Settimo Torinese, è stata ricevuta dal Prefetto Vicario di Torino, dott. Lastella. L’iniziativa si è realizzata in parallelo, per ciò che riguarda il Piemonte, con i presidi organizzati a Ivrea, Asti, Biella, Cuneo, Casale Monferrato, Tortona.

Nell’occasione è stata consegnata al rappresentante del Prefetto una prima tranche (circa 800) delle firme raccolte nei mercati e nelle piazze di Torino e provincia, a sostegno della campagna di Rifondazione Comunista contro la guerra e il carovita.

L’iniziativa intende portare l’attenzione sul pesante aumento del carovita e del costo delle bollette, originatosi già prima dell’invasione dell’Ucraina, a causa di speculazioni e privatizzazioni, ed accentuatosi con l’avvento dell’attuale “economia di guerra” perseguita dal governo Draghi.

Nel corso dell’incontro è stata argomentata l’insufficienza e l’iniquità delle misure tampone decise dal governo e sono state illustrate le proposte alternative di Rifondazione Comunista: blocco dell’aumento delle bollette; introduzione di un calmiere sui generi di prima necessità; aumento degli stipendi e delle pensioni; introduzione di un meccanismo di recupero degli stipendi rispetto all’inflazione. Le risorse per attuare queste urgenti misure sono reperibili utilizzando gli extraprofitti delle aziende che lucrano su produzione e distribuzione dell’energia e istituendo una tassa sulle ricchezze superiori a un milione di euro.

Il Prefetto Vicario, in base alle proprie prerogative, si è impegnato a rappresentare tali valutazioni e proposte direttamente al governo.

La campagna di raccolta firme da parte di Rifondazione Comunista proseguirà nel corso delle prossime settimane.