LO SCENARIO POLITICO di Giorgio Merlo
Il voto nelle Marche e nella Calabria, i vari dibattiti parlamentari, l’organizzazione delle piazze, la
presenza nei media e nei vari talk televisivi, i riferimenti politici più gettonati e in ultimo, ma non
per ordine di importanza, il profilo e l’identità stessa della coalizione, ci portano ad un’unica
conclusione. E cioè, il campo largo o, meglio ancora, l’attuale coalizione di sinistra e progressista,
sono radicalmente estranei, esterni ed avulsi rispetto a tutto ciò che è anche solo lontanamente
riconducibile al Centro e a ciò che storicamente lo caratterizza sotto il versante politico, culturale,
sociale, valoriale e programmatico. Non si tratta, cioè, di essere pregiudizialmente polemici o
accecati dalla faziosità. La realtà è oggettiva e ormai lo confermano quasi tutti gli osservatori e i
commentatori che su vari organi di informazione – tranne quelli che sono funzionali ad un progetto
politico riconducibile ad una sinistra estremista, radicale e massimalista – individuano
nell’assenza di un autorevole riferimento centrista l’anello debole dell’alleanza alternativa al centro
destra. Il vero rimedio, però, non è quello di sommare alle attuali forze massimaliste, populiste,
radicali ed estremiste anche una piccola ‘gamba di centro’. Che sarebbe quella ideata, progettata
e pianificata a tavolino dal duo Bettini/Renzi. Perchè quell’operazione, come tutti sanno del resto
– ma proprio tutti – è solo un furbesco escamotage per ottenere una manciata di seggi
parlamentari gentilmente concessi dai veri azionisti della coalizione. Quello che conta, semmai e
al contrario, e come avveniva quando esisteva un centro sinistra riformista, plurale e di governo, è
contribuire a dettare l’agenda politica e programmatica dell’intera coalizione. È sufficiente citare il
Ppi di Franco Marini, Gerardo Bianco e Pier Luigi Castagnetti prima e la Margherita di Francesco
Rutelli, lo stesso Marini e Arturo Parisi poi per rendersi conto che quel centro sinistra non era la
banale e goffa riedizione – seppur mutatis mutandis – del “Fronte Popolare” di togliattiana
memoria o della “gioiosa macchina da guerra” ideata da Achille Occhetto e compagni. E questo
perchè l’attuale ‘campo largo’ o larghissimo che sia, come viene concretamente percepito e
soprattutto vissuto dalla pubblica opinione è, molto semplicemente, l’unità delle sinistre.
Qualcuno potrebbe obiettare che i tempi cambiano e anche il profilo e la stessa identità delle
coalizioni sono destinate a cambiare. E profondamente. Probabilmente è così se è vero, com’è
vero, che da una coalizione dove erano visibili e percepiti come tali un Centro riformista e di
governo che si alleava con una sinistra altrettanto di governo e riformista, si è passati ad un
cartello elettorale e politico dove l’aggregazione delle mille sfumature di rosso hanno avuto il
sopravvento rispetto a qualsiasi altro apporto e contributo politico e culturale.
Per queste ragioni, semplici ma essenziali, quel segmento della pubblica opinione che si
riconosce in un progetto politico centrista, riformista e di governo oggi non può che guardare
altrove oppure, e peggio ancora, astenersi dal voto. Come, del resto, puntualmente sta capitando.
Probabilmente, e in attesa che intervengano altri elementi innovativi che introducano una netta
discontinuità rispetto agli attuali equilibri ed assetti politici, il prossimo confronto tra le rispettive
coalizioni sarà ancora ispirato e coerente con i modelli conosciuti e ormai consolidati. E
dovremmo prendere atto, piaccia o non piaccia, che il Centro sarà ancora scientificamente ed
organicamente assente dalla coalizione di sinistra e progressista.
La tregua a Gaza come preludio indispensabile alla pace in Medio Oriente e’ indiscutibilmente un fatto positivo. Quando le armi vengono deposte rinasce la speranza di vita e di futuro. Questo è un insegnamento della storia di tutti i tempi che solo i settari e gli ignoranti non riescono a cogliere. Quindi va riconosciuto a Trump il merito di aver fatto pesare la potenza degli USA verso la pace, così come hanno fatto i paesi arabi. Ho assistitito ad un penoso dibattito su Rete 4 durante il quale la sinistra e la destra settarie e incolte italiane hanno dimostrato dei limiti abissali e imbarazzanti. Litigare sulla pace può sembrare un paradosso,come appare assurda l’analisi di tale prof. Orsini che pure ebbe il merito, in passato ,di scrivere un libretto sul riformismo socialista italiano che nessuno volle presentare. Molti mancano totalmente del senso della storia ,come diceva Omodeo. Dovrebbe sembrare scontato il fatto che Hamas non possa parlare di autodeterminazione della Palestina. Come sempre nella storia gli sconfitti che hanno scatenato la guerra il 7 ottobre del 2023 ,non possono dettare legge. Non c’è stato contro di loro il Vae victis dei Galli, ma, come sempre accade, essi debbono prendere atto della sconfitta. Quando l’ Italia perse la Seconda Guerra Mondiale – malgrado la cobelligeranza 1943/45 – ci fu la perdita di Istria, Dalmazia, Fiume, Briga e Tenda, nonché la perdita delle colonie. Lo sentenziò il trattato di pace di Parigi in modo inappellabile. Basterebbe quest’esempio per capire che ad Hamas e’ stato riservato nelle trattative egiziane un trattamento che appare quasi un inedito perché il terrorismo resta tale,al di là di come possa sembrare a chi in Italia travisa la realtà. In ogni caso si tratta di sconfitti a cui è stata concessa la liberazione dei prigionieri in cambio degli ostaggi del 7 ottobre. La pace implica mediazioni e rinunce e questo è accaduto. Ma in altri casi non accadde.Roma rase al suolo Cartagine, i Romani con la distruzione del tempio di Gerusalemme decretarono la diaspora degli ebrei.E potremmo citare tanti altri casi della storia. La storia è inevitabilmente legata alla forza. Negarlo può equivalere a sentirsi buoni,ma non può addolcire la realtà. Bisogna praticare la pace,ma non si può non considerare a priori la guerra. Solo le anime candide o le anime prave possono sentire diversamente. Chi non ha studiato la storia deve tacere e limitarsi alle scampagnate pacifiste che si spera siano anche pacifiche. Nessuno può essere bellicista, la guerra non può certo essere giustificata, ma ma va capita come una variante drammatica della storia non episodica. La guerra, scriveva Croce, ha un che di ineluttabile nella storia dell’umanità. E aggiungeva che la pace non può essere iniqua per i vinti. Anche questo dev’essere un motivo di riflessione perché i valori umani devono o dovrebbero sempre prevalere, anche se il furore della guerra travolge il senso stesso dell’umanità. Si vedrà se la tregua tiene e avrà sviluppi positivi o se serve solo per il conferimento del premio Nobel per la pace. La storia intricata e sanguinosa del Medio Oriente richiede tempi lunghi per riuscire ad esprimere qualcosa di significativo. Nessuno è in grado di esprimere giudizi e previsioni di sorta. Il solo fatto che tacciano le armi e’ un fatto da salutare con gioia. Le polemiche settarie e l’odio devono essere riposti. E va ribadito il diritto di Israele di esistere non solo perché c’è stato l’Olocausto di sei milioni di Ebrei. L’unico vero genocidio nella storia dell’umanità. Ovviamente la pace non esclude, anzi potrebbe contemplare che schegge non necessariamente impazzite, anzi lucidamente coerenti con il proprio passato, possano scatenare e diffondere il terrorismo. E’ un’ipotesi da non scartare a priori perché la pace mediorientale potrebbe significare l’attivazione di nuove o attualmente dormienti cellule terroristiche, islamiche o islamiste, soprattutto in Europa e negli Stati Uniti.


