POLITICA- Pagina 2

Carceri minorili, Pd: “Cambiare rotta”

 «Lunedì 17 novembre un giovane detenuto è evaso dal carcere minorile Ferrante Aporti di Torino. Non è un caso isolato. Come non sono un caso isolato le legittime denunce dei sindacati che sottolineano la grave carenza di organico degli istituti minorili. Lo stesso sindacato Osapp ha richiesto le dimissioni del capo del Dipartimento della Giustizia Minorile, sollecitando un intervento del sottosegretario» affermano le Consigliere regionali del PD Simona Paonessa e Gianna Pentenero, ed il responsabile Legalità dei Giovani Democratici Piemonte Filippo Gambini.

Che continuano «le denunce dei sindacati testimoniano come il Ferrante Aporti opererebbe con almeno venti agenti in meno. Una carenza di personale che si ripercuote in modo pesante sul personale impiegato in un lavoro già di per sé molto complesso e a cui va la massima solidarietà. Su questo delicato tema, ci torna in mente la scelta del Governo di impiegare donne e uomini delle proprie Forze dell’Ordine nei centri migranti in Albania, peraltro togliendo risorse a scuola, sanità e politiche attive del lavoro, lasciando sprovvisti di personale e in difficoltà praticamente la totalità di strutture sul territorio nazionale. Va inoltre sottolineato come il sovraffollamento delle strutture carcerarie sia un problema serio da risolvere, non nascondendo la testa sotto la sabbia e dimenticandocene appena i fatti di cronaca spariscono dai giornali».

«Quando il personale educativo e di sorveglianza è sotto pressione, la qualità delle relazioni con i minori detenuti rischia di deteriorarsi – concludono Paonessa, Pentenero e Gambini – e con essa la funzione rieducativa degli istituti che è fondamentale. Come è fondamentale costruire ponti con la comunità, associazioni, Enti locali, per sviluppare percorsi formativi, come quelli di formazione professionale o laboratori creativi. Se un giovane esce da un carcere senza aver avuto veri strumenti per cambiare, la probabilità che commetta di nuovo reati è alta. Investire nella rieducazione significa proprio dare a ragazze e ragazzi un’alternativa, un futuro diverso, una possibilità concreta di reinserimento nella società».

Casa, Grimaldi (AVS): Vicenda Molino parla alla politica, nessun alibi 

“Da mesi ci battiamo per dire che gli speculatori esistono, eccone uno conosciutissimo: Giorgio Molino, il ‘ras delle soffitte’ di Torino, la cui annosa vicenda giudiziaria per evasione fiscale si è appena conclusa con un patteggiamento: tre anni di reclusione da scontare ai domiciliari e 7 milioni di euro evasi da versare al fisco. Parliamo di un uomo che per decenni ha utilizzato società intestate a terzi per gestire oltre 1.400 immobili, cantine e soffitte affittate a persone fragili in condizioni indegne. L’iter giudiziario si è compiuto, ma è compito della politica trovare gli strumenti per impedire queste forme di speculazione edilizia ed evasione fiscale da parte dei grandi proprietari immobiliari, e per garantire al contempo edilizia popolare e canoni agevolati per le famiglie in condizione di difficoltà economica. I casi come quello di Molino sono proprio quelli che una seria ricognizione degli immobili privati permetterebbe di far emergere. E non si usi l’alibi dell’episodio isolato, di competenza della magistratura, per rifiutare di agire su un mercato lasciato a se stesso, che non garantisce il diritto alla casa e non blocca speculazioni e abusi. Serve un Piano casa nazionale, come chiede la nostra proposta di legge e come chiedono le assessore e gli assessori alle politiche abitative di oltre 40 città italiane, che animano l’alleanza municipalista per il diritto alla casa” – lo dichiara il Vicecapogruppo di AVS alla Camera, Marco Grimaldi.

Dalla Grecia a Torino, un aiuto a Marios

Nallo: “Le istituzioni non voltino lo sguardo”

Evi è la mamma di Marios, un ragazzo greco affetto da una malattia rara che gli ha devastato il fegato e il cuore. E la loro storia vi racconta il dolore ma anche il grande coraggio e forza di una madre.

Ieri, Evi e Marios sono arrivati in Italia dopo un vero e proprio viaggio della speranza: un viaggio che nessuna madre dovrebbe essere costretta a fare pur di salvare il figlio. Sono stati fatti atterrare a Pisa, ma Evi, sola, con bagagli alla mano e tanta preoccupazione, ha attraversato 5 ore di viaggio in treno notturno per raggiungere Marios, trasportato al centro trapianti di Torino in ambulanza.

Il racconto che mi ha fatto è duro e lascia aperte molte domande sulla situazione sanitaria in Grecia: ritardi nelle procedure, mancate visite con i medici, un trapianto rimandato all’infinito, fino al ricovero d’urgenza.

Per questo ho presentato un’interrogazione alla Giunta per sapere se la Regione fosse informata dell’arrivo di Marios, se si sia attivata per garantire cure e sostegno, e se stia dialogando con il Governo per chiarire il ruolo delle autorità greche e difendere il diritto di questo ragazzo a essere curato senza ostacoli. La stessa cosa hanno fatto i nostri parlamentari, Fregolent e Borghi, depositando una interrogazione.

In queste ore Marios lotta, ed Evi è qui a sostenerlo con una forza enorme. Il minimo che possiamo fare, come Istituzioni, è non voltare lo sguardo.
E da mamma a mamma, do tutto il mio sostegno.

Vittoria Nallo
Consigliera regionale Stati Uniti d’Europa

Non è il voto obbligatorio a salvare la democrazia

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni

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Leggere in un giornale che perde lettori e copie da  molti anni,  la proposta di rendere obbligatorio il diritto di voto, sia pure come ipotetica provocazione, appare molto singolare. Rendere obbligatorio un diritto diventa paradossale, anche se votare è sicuramente un dovere civico. Sarebbe quasi come rendere obbligatorio far l’amore per combattere l’inverno demografico…. E’  vero che gli italiani votanti sono calati per diverse ragioni: l’abbassamento del livello della classe politica, i partiti privi di un’autentica democrazia interna, la consapevolezza che le grandi decisioni sono passate dalla politica al potere economico – finanziario che con Trump ha preso il sopravvento anche a livello istituzionale. La Repubblica italiana, a quasi 80 anni dalla sua creazione attraverso un referendum non privo di ombre poco democratiche, si rivela fragile. In Italia si è passati attraverso sistemi elettorali che hanno tolto al cittadino la possibilità di decidere chi li rappresenta, pur se è vero che anche nelle elezioni in cui è rimasta la preferenza, essa non aumenta di molto il numero degli elettori attivi. C’è chi ha detto che il voto ridotto è segno di una democrazia matura, ma si tratta di una mistificazione perché oggi dobbiamo parlare di una democrazia malata in cui decide in realtà  quasi una minoranza. Questo fatto dimostra una patologia in atto che non si cura però rendendo il voto obbligatorio. Anche il sindacato è ammalato e per potersi esibire in piazza deve ricorrere alla generazione Z  e perfino a quella Alfa che sulla democrazia hanno atteggiamenti di disprezzo perché esse vorrebbero una olocrazia in cui  le masse hanno il predominio e  le minoranze sono oppresse. Un ritorno al giacobinismo populistico.  Il populismo vorrebbe una sorta di democrazia diretta nella quale il voto rappresentativo diventa manifestazione inutile dei ludi cartacei a destra e a sinistra. La democrazia parlamentare che ha rivelato inefficienze e costi altissimi, è in profonda crisi. E’ questo il motivo per cui non si vota più. Evocare i paesi dove il voto è obbligatorio rappresenta un diversivo controproducente: dalla Corea del Nord con partecipazioni bulgare ai tanti paesi dell’America Latina che democratici non sono. Certo non sono democrazie liberal , ma alla fin fine sono finte democrazie, democrazie totalitarie come direbbe Tocqueville.
Il voto bisogna guadagnarlo sul campo con azioni di governo o azioni di opposizione che convincano i cittadini. Lo stesso pessimo malfunzionamento dell’Europa non è certo un incentivo a rafforzare la democrazia. C’è chi più realisticamente propone il voto on line che dovrebbe però essere facoltativo perché nessuna legge può obbligare all’alfabetizzazione informatica in un paese di analfabeti di ritorno. Il voto on line non si improvvisa, ma potrebbe essere una strada percorribile. Tuttavia se manca una forte capacità di rifondazione del patto repubblicano dopo 80 anni , tutti gli obblighi diventano inutili. La Federazione degli editori chiede sussidi per garantire una libera informazione di qualità. Non si sono domandati perché i giornali non si vendono più? Anzi, porrei questa domanda anche ai giornalisti che fanno i giornali. Il sussidio serve per riprendere un po’ di fiato. Il voto obbligatorio è anch’esso un sussidio che senza sciogliere il nodo del patto entrato in crisi serve a poco. In ogni caso esiste la scheda bianca e quella nulla, ammesso che non si voglia rendere palese il voto. Ricordo che in certe assemblee sessantottine i contestatori si scandalizzavano quando qualcuno chiedeva il voto segreto nelle assemblee: lo consideravano un anacronismo borghese ed ipocrita  da evitare.

Castello (Lista Cirio): “Educare i giovani alla prevenzione della violenza”

Passo fondamentale contro i femminicidi e altre forme inaccettabili di prevaricazione

Una mattinata dedicata ai ragazzi delle scuole di Pianezza per analizzare, insieme a esperti di livello nazionale, il fenomeno del cyberbullismo. E’ uno degli eventi che il Comune ha organizzato nell’ambito dell’iniziativa “Pianezza contro la violenza sulle donne”: tra i relatori, i referenti nazionale e regionale dell’Osservatorio Violenza e Suicidio, Stefano Callipo e Ludovica Franchini, l’attrice e conduttrice Emanuela Tittocchia, Ivano Zoppi, Segretario generale della fondazione Carolina, e Cristina Seymandi, Coordinatrice Italia Economy.

Ad aprire il dibattito, moderato dalla giornalista Adele Piazza, Mario Salvatore Castello (Lista Civica Cirio Presidente PML), Consigliere segretario dell’Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale del Piemonte: “Coinvolgere i giovani in una seria riflessione sulla violenza – ha affermato Castello -, è indispensabile per prevenire eventi ancora più gravi: se uno dei nostri obiettivi è prevenire la violenza sulle donne e i femminicidi, non possiamo che passare dai giovani, condividendo con loro una seria riflessione sulle dinamiche culturali che vi sono sottese. Nell’ambito della mia delega al Corecom, che si occupa anche di prevenzione del bullismo e cyberbullismo, sottolineo l’importanza dell’attivazione del patentino per i giovani per l’utilizzo di dispositivi elettronici, in modo che siano formati e anche preparati ai rischi che si possono correre online: il nostro dovere, come istituzioni e come adulti, è tutelare le vittime e aiutare anche chi è autore di episodi di cyberbullismo, intervenendo quanto prima”.

“Non posso che ringraziare il Comune di Pianezza e tutti i Comuni piemontesi che in questi giorni stanno organizzando eventi, momenti di riflessione e testimonianza – conclude Mario Salvatore Castello -; è compito anche di tutti noi che siamo impegnati nelle Istituzioni offrire modelli alternativi di società e di comportamento, evitando azioni e soprattutto parole, anche nel dibattito, che possano essere travisate o trascendere il normale livello della dialettica fra le parti. Come componente dell’Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale mi propongo di essere particolarmente attento e sensibile proprio a questi aspetti: a volte è sufficiente una parola non adeguata o non collocata al posto giusto, nella foga della discussione, per rendere meno efficaci molteplici sforzi e costante impegno per la prevenzione”.

Geopolitica, il vuoto di potere dura poco

IL PUNTASPILLI di Luca Martina

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Un principio chiave della geopolitica è che il vuoto di potere non dura mai a lungo. Quando un territorio perde controllo o influenza da parte di un attore, un altro (spesso avversario) tende a colmare immediatamente quel vuoto. La Cina ne è l’esempio più evidente, avendo saputo sfruttare questa dinamica per estendere la propria influenza su un insieme sempre più ampio e variegato di Paesi, rappresentato dall’evoluzione, intervenuta negli ultimi anni, del gruppo dei “BRIC”, irresistibile polo di attrazione per una nuova generazione di Paesi “non allineati” (coloro che durante la Guerra Fredda non si schieravano formalmente con nessuno dei grandi blocchi di potere nelle relazioni internazionali)… con l’Occidente.
Il termine “BRIC” è stato coniato nel 2001 da Jim O’Neill, economista di Goldman Sachs nel suo articolo “Building Better Global Economic BRICs”. L’acronimo BRIC indicava: Brasile, Russia, India e Cina. La tesi proposta da O’Neil era che queste economie emergenti avrebbero dominato l’economia globale entro il 2050 grazie alla loro crescita rapida, popolazione numerosa e risorse naturali abbondanti.
Risale a qualche anno dopo, nel 2006, il primo incontro informale tra i ministri degli esteri dei BRIC all’Assemblea Generale ONU al 2009 il primo vertice ufficiale a Ekaterinburg (Russia), dove fu formalizzata la cooperazione. Nel 2010 avviene poi l’ingresso del Sudafrica, trasformando il gruppo in BRICS. Dal primo gennaio 2024, il mondo ha a che fare con una versione riveduta ed allargata dei BRICS: ai cinque membri originari (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica) si sono infatti aggiunti Egitto, Etiopia, Iran, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti ed Indonesia (l’Argentina ha declinato l’invito). Il BRICS+, così viene ora definito, rappresenta oltre il 46% della popolazione mondiale, produce circa il 37% del PIL globale a parità di potere d’acquisto (grafico seguente, aggiornato a fine 2022) e controlla quasi la metà della produzione petrolifera mondiale e una quota significativa di materie prime strategiche. Agli 11 Paesi membri si sono aggiunti recentemente altri 10 “Paesi partner” (categoria introdotta nel 2024): Bielorussia, Bolivia, Cuba, Kazakistan, Malesia, Nigeria, Thailandia, Uganda, Uzbekistan e Vietnam.
Questi ultimi non sono membri a pieno titolo, ma partecipano ai vertici, alle riunioni ministeriali e possono contribuire ai documenti ufficiali.
Sebbene non costituiscano una minaccia diretta, le forme alternative di cooperazione Sud-Sud sono spesso meno trasparenti e più bilaterali: l’UE, per esempio, non ha un rapporto unitario con i BRICS+ ma solo relazioni con i singoli Paesi (ad es. accordi con India, Brasile, Sudafrica).La volontà di creare una valuta comune (o di accrescere l’utilizzo di valute locali) potrebbe inoltre indebolire il sistema di pagamenti internazionali (SWIFT) ed il dollaro, con effetti indiretti sul commercio internazionale. Si corre così il rischio di perdere influenza e rapporti economici nei Paesi emergenti, dove la New Development Bank (NDB) e la cooperazione BRICS+ offrono alternative più rapide e a condizioni meno restrittive. La NDB, fondata nel 2015 con sede a Shanghai, è il braccio finanziario dei BRICS e con l’allargamento del BRIC ha ampliato la sua base di capitali e membri ed ha come obiettivo quello di finanziare importanti progetti infrastrutturali nei Paesi membri, offrendo un’alternativa alla Banca Mondiale e al FMI, promuovendo gli scambi in valute locali e riducendo la dipendenza dal biglietto verde.
I principali finanziatori della NDB sono i Paesi fondatori dei BRICS, che hanno contribuito in modo paritario alla sua costituzione con un capitale autorizzato di 100 miliardi di dollari (versato per 52,7). Ogni Paese fondatore ha quote uguali e diritti di voto paritari, a differenza di istituzioni come il FMI o la Banca Mondiale (dove il peso dipende dalla quota detenuta ed è maggiore per i Paesi più importanti).La NDB ha inoltre creato il Contingent Reserve Arrangement (CRA) “si tratta di una piattaforma di sostegno finanziario reciproco alla quale i membri dei BRICS possono ricorrere in caso di difficoltà nella bilancia dei pagamenti. Il CRA è pienamente operativo ed è accessibile in qualsiasi momento su iniziativa di uno dei membri. Attraverso il CRA, i membri si impegnano a fornire riserve internazionali per un importo complessivo fino a 100 miliardi di dollari USA, così ripartiti: Cina (41 miliardi USD), Brasile (18 miliardi USD), India (18 miliardi USD), Russia (18 miliardi USD) e Sudafrica (5 miliardi USD). I nuovi membri dei BRICS possono richiedere l’adesione al CRA, che sarà valutata dal Consiglio Direttivo dell’organismo, in conformità al Trattato per l’istituzione del BRICS Contingent Reserve Arrangement, datato 15 luglio 2014. Ad oggi, nessun Paese partecipante ha dovuto richiedere risorse al CRA.”
Dal 2021, la NDB ha accolto nuovi membri che partecipano anche finanziariamente ma non hanno diritto di veto e la governance rimane equamente distribuita tra i fondatori: Bangladesh, Emirati Arabi Uniti, Egitto, Algeria, Colombia e Uzbekistan.
Questi Paesi non hanno lo stesso peso decisionale dei fondatori ma contribuiscono al capitale e possono accedere ai finanziamenti. I principali progetti (120) finanziati dalla NDB dal 2016 sono stati pari a circa di 35 miliardi di dollari, ancora poca cosa rispetto ai 120 miliardi erogati nel solo 2025 dalla World Bank ma sono certamente destinati a crescere esponenzialmente nei prossimi anni. Ciò che deve preoccupare maggiormente l’occidente è il fatto che non si tratta della “semplice” creazione di un’area di libero scambio bensì di sistema commerciale e finanziario alternativo a quello attuale, dominato dal dollaro, con evidenti intenti da parte della Cina di coalizzare intorno a sé un sempre maggior numero di Paesi, con conseguenze potenziali di ampia portata (non solo economica). La globalizzazione ha prodotto certamente degli effetti indesiderati (e passi frettolosi, come l’ammissione della Cina nel WTO) ma ha comunque consentito una crescita economica accelerata ed una riduzione della povertà globale che l’ascesa dei movimenti populisti e l’accresciuta importanza dei Paesi non allineati con i valori rappresentati dall’Europa e gli Stati Uniti rischia ora di ostacolare. Compito dei Paesi occidentali sarà quello di seguire con attenzione quanto sta avvenendo e contribuire a riportare tutto nell’alveo di una corretta competizione tra aree fisiologicamente concorrenti ma comunque parti di un sistema di scambi sempre più integrato e produttivo di reciproci benefici.
Non riuscirci ci esporrà ad un futuro sempre meno stabile e difficile da prevedere.

Pentenero (PD): “Cirio tratta l’autonomia come un tema elettorale”

17 novembre 2025 – “Ancora una volta il presidente Cirio affronta un tema delicatissimo come l’autonomia differenziata con fretta e superficialità, piegandolo alle esigenze della campagna elettorale. È evidente che la sua accelerazione sia dettata più dalle imminenti elezioni regionali in Veneto che da una reale visione per il futuro del Piemonte. L’autonomia differenziata dovrebbe essere invece un tema di confronto, approfondimento e convergenza” dichiara la Presidente del Gruppo Pd in Consiglio regionale, Gianna Pentenero, commentando la notizia della firma delle pre-intese da parte del ministro Calderoli con le Regioni Veneto, Lombardia, Piemonte e Liguria dei prossimi giorni.

“L’autonomia è una questione che comporta rischi enormi e, solo se ben gestita, qualche possibile opportunità. Ma è troppo importante per essere trattata come un passaggio burocratico o un atto di propaganda. Non esiste autonomia differenziata senza garanzie di uguaglianza e senza risorse certe: altrimenti si rischia di creare cittadini di serie A e di serie B, indebolendo la coesione nazionale e penalizzando proprio i territori più fragili” prosegue la Presidente del Gruppo Pd.

 “Il Partito Democratico ribadisce che la fretta è una cattiva consigliera e che non si dovrebbe ridurre un tema cruciale a una bandiera elettorale. Il Piemonte merita serietà, trasparenza e un confronto vero, non scorciatoie dettate dalla campagna elettorale” conclude Gianna Pentenero.

Scanderebech (Fi): “Piazza Sofia, situazione insostenibile”

La Capogruppo del Gruppo consiliare di Forza Italia, Federica Scanderebech, è intervenuta  in Consiglio Comunale per denunciare la situazione ormai insostenibile del parcheggio sotterraneo GTT di piazza Sofia, da anni teatro di vandalismi, furti e danneggiamenti che colpiscono decine di cittadini. L’interpellanza ha riportato al centro del dibattito una ferita aperta della mobilità torinese, un nodo strategico quotidianamente utilizzato da pendolari, lavoratori e famiglie.

 “Tra il 30 e il 31 maggio, e poi ancora a fine luglio 2025, decine di auto sono state devastate e saccheggiate. È solo l’ennesima replica di una situazione che va avanti da anni e che riguarda non solo piazza Sofia, ma anche altri parcheggi GTT come piazza Abba e l’area Stura. Non parliamo di episodi isolati: è un fenomeno ricorrente, conosciuto e mai affrontato con decisione. I cittadini pagano un servizio pubblico, ma vengono lasciati in balìa dei vandali.”

 “La discussione di oggi ha riportato risposte non del tutto soddisfacenti. L’Amministrazione deve finalmente assumersi la responsabilità di una scelta chiara: considerare piazza Sofia un parcheggio di interscambio strategico – e quindi garantirgli misure adeguate di sicurezza, monitoraggio e manutenzione – oppure dichiarare apertamente che non è una priorità.”

Conclude SCANDEREBECH : “Accogliamo positivamente l’ipotesi di un presidio di sicurezza fisso: è un primo passo, un risultato che chiediamo da tempo. Ma non deve diventare un alibi per fermarsi. La città vive un’escalation di vandalismi che colpisce troppi parcheggi e zone sensibili. Questo dimostra che l’attuale gestione non è più sufficiente. Servono investimenti veri, tecnologie efficaci e controlli costanti. Le istituzioni devono prendere in mano la situazione con coraggio e determinazione, restituendo ai torinesi il diritto di muoversi, vivere e lavorare senza paura. Basta interventi tampone: è il momento delle soluzioni strutturali.”

Molinari (Lega): “Firma Autonomia differenziata passo in avanti”

“La pre-intesa tra Stato e Regione Piemonte che sarà firmata mercoledì dal Ministro Calderoli e dal Governatore Cirio rappresenta un tassello fondamentale nel percorso verso la concreta applicazione dell’Autonomia differenziata, risultato fortemente perseguito dalla Lega a supporto dello sviluppo dei nostri territori e, ricordiamolo, previsto dalla nostra Costituzione. Protezione civile, Previdenza complementare integrativa, Professioni, Coordinamento della finanza pubblica in ambito sanitario sono le prime quattro materie (le prime tre non Lep, la quarta Lep) su cui il Piemonte è al lavoro da tempo, in parallelo a Veneto, Lombardia e Liguria. Autonomia e sussidiarietà sono un vantaggio per tutti, e una forma di riequilibrio importante per una Regione come il Piemonte, che vanta nei confronti dello Stato un residuo fiscale annuo di circa 10 miliardi di euro.

Non solo: una volta ottenuta l’Autonomia, l’obiettivo deve essere trasformare l’Italia in uno Stato federale, con un numero maggiore di competenze legislative esclusive per le Regioni e uno Stato sempre più snello. Avvicinare le decisioni sempre di più ai cittadini e ai territori è la nostra missione. Questo è un passaggio che arriva dopo anni di battaglie parlamentari del nostro Gruppo, dopo due referendum in Lombardia e Veneto, dopo svariati tentativi sempre bloccati dallo Stato centrale. Grazie al Ministro Calderoli e al Segretario Salvini per averci portato fin qui.  E un pensiero a Umberto Bossi, a cui tutti noi ci ispiriamo nella nostra battaglia autonomista”.

Così l’on. Riccardo Molinari, capogruppo della Lega alla Camera e segretario della Lega in Piemonte, commenta la firma della pre-intesa tra Ministro per gli Affari regionali e le Autonomie e Regione Piemonte.

Il referendum sulla Magistratura

IL COMMENTO  di Pier Franco Quaglieni

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Pier Franco Quaglieni
Ho letto con attenzione la Legge Nordio che genererà un referendum confermativo  sulla separazione delle carriere dei magistrati. Non sono entusiasta della legge che non completa affatto la riforma Vassalli che aveva ben altro spessore. E’ una legge minore ,non confrontabile con la legge Cantabria ottenuta a prezzo di duri compromessi. Nella legge Nordio manca soprattutto la responsabilità civile dei giudici che è il vero spartiacque tra una legge giusta e una corporativa. Come presidente del Centro Pannunzio eserciterò il mio ruolo di garante,  favorendo civili e pacati confronti tra sostenitori del sì e del no. E quindi garantirò un Centro bipartisan, non luogo privilegiato per nessuno. Questo è lo stile Pannunzio. L’unica volta che ci impegnammo fu nel 1974 contro il referendum abrogativo del divorzio. Se vedo oggi come è ridotto il matrimonio e come il divorzio italiano è diventato,  simile a quello  fulmineo e poco serio degli USA, come non si sarebbe mai immaginato, credo che  sarei stato più cauto nel 1974.
Volevo  limitarmi a  seguire il dibattito, anche se ero  deciso a votare sì per distinguermi da chi voterà  no e  e che suscita in me un dissenso e un’antipatia anche  umana quasi intollerabile .A decidermi ad impegnarmi è stato il prof. Zagrebelski con il suo settarismo fino ad ora mai raggiunto che in pulloverino  kashmir ha lanciato parole d’ordine che porteranno tanti a votare sì. L’eterogenesi dei fini che riesce benissimo al vecchio professore torinese. Io ho rapporti di stima e quasi di amicizia  con tanti magistrati  esemplari che apprezzo. Non sono quelli che vanno in Tv e dominano sui giornali come fossero delle dive . E questi magistrati che lavorano in silenzio ritengo che vadano rispettati e considerati. Sono vittime dei giudici politicizzati.  Ho forti riserve invece  su una certa magistratura che ha avuto il suo simbolo deteriore in quello che Cossiga considerava più una marca di tonno che un cognome umano. Debbo aggiungere che anche il sì di Di Pietro  mi dà fastidio. Provoca  in me  un forte dissenso   il comitato messo su dalla Fondazione romana “Einaudi“ che è una replica  di quella che fu presieduta da Malagodi e da Badini Confalonieri. Il  suo Comitato appare abbastanza raffazzonato. Fa quasi pensare ad una piccola armata Brancaleone, almeno nel momento della sua  costituzione. Detta Fondazione non va confusa con quella di Torino voluta dalla famiglia di Luigi Einaudi che non scenderebbe mai in contese politiche di parte. A quel comitato non avrei mai potuto aderire. Ho invece volentieri accolto l’invito ad entrare nel Comitato per il sì Pannella, Sciascia, Tortora, tre nomi che da sempre suscitano in me stima e ammirazione.
Tutti e tre sono stati seriamente impegnati per una giustizia giusta e Tortora fu vittima di quella ingiusta. Per Tortora mi sono battuto per la sua innocenza e a fianco di Francesca Scopelliti perché ne fosse tramandato il ricordo non come sterile rievocazione , ma come impegno a cambiare le cose in Italia. Non credo che il sì al referendum possa cambiare molto, un diluvio di sì può però costringere i supponenti sostenitori del no per ragioni corporative  a più miti e ragionevoli consigli. Ci vorrebbe Forattini per predisporre un’altra bottiglia di champagne come nel 1974. Il tappo potrebbe avere un volto torinese o siciliano o anche di altre regioni meridionali. Non farò molto perché l’attivismo non è la mia passione in quanto prediligo pensare e scrivere liberamente. Ma darò una mano insieme ad un giovane amico, Mario Barbaro, che stimo molto. Anche lui è uomo che ama gli studi senza i quali la politica è mero attivismo.