POLITICA- Pagina 14

CPR di Torino, Ispezione delle consigliere regionali di AVS Ravinale e Marro

Disagio mentale e burocrazia kafkiana, una macchina di propaganda sulla pelle delle persone straniere che va fermata al più presto.
Avevamo promesso di verificare con costanza le condizioni del Centro per la Permanenza e il Rimpatrio di Torino e lo stiamo facendo: questa mattina abbiamo svolto una nuova ispezione, trovandoci nuovamente di fronte alla desolazione delle gabbie di corso Brunelleschi e alla disperazione di persone che non sanno come sono finite lì dentro e per quanto sono destinate a rimanerci.

La situazione kafkiana che si trovano ad affrontare le persone straniere illegalizzate dalle norme sull’immigrazione vigenti in Italia è ben esemplificata dalla vicenda di un ragazzo gambiano di 22 anni, che abbiamo incontrato questa mattina. Nonostante abbia una richiesta d’asilo pendente – e dunque sia destinato, per legge, ad uscire dal CPR – il giovane resta trattenuto in attesa della prossima udienza. Ma non è tutto: il ragazzo, che presenta problemi di salute e lamenta la carenza delle cure, è stato denunciato dagli agenti che operano nel Centro per resistenza a pubblico ufficiale, un reato che a fronte del DL Sicurezza voluto dal Governo Meloni può portare ad una condanna fino a 7 anni di carcere. Il giudice chiamato a pronunciarsi sulla denuncia ha disposto l’obbligo di firma come misura cautelare: la situazione è quindi quella di un ragazzo giovanissimo trattenuto in CPR per l’espulsione nonostante abbia una richiesta d’asilo pendente, per il quale si celebrerà un processo per resistenza a pubblico ufficiale che rischia di portarlo in carcere per anni e che è tenuto all’obbligo di firma mentre già si trova nella custodia dello Stato in Corso Brunelleschi. A quale perversa logica risponde tutto questo? Come è possibile che le istituzioni – dalle forze di pubblica sicurezza alla magistratura – dedichino a questo le loro energie, che dovrebbero essere investite per il bene comune?

Molto preoccupanti sono poi le condizioni di salute mentale delle persone trattenute: ricordiamo che per entrare tutti devono avere una certificazione di idoneità dell’ASL, ma le situazioni di disagio mentale sono talmente evidenti che gli stessi medici interni del CPR o i giudici spesso dispongono accertamenti ulteriori rispetto al referto di ingresso, per non parlare del consumo di psicofarmaci che resta elevato. Chi soffre di disturbi di salute mentale è una persona vulnerabile che all’interno del CPR non deve mettere piede, secondo le stesse direttive ministeriali: invece, come sempre, ci siamo trovate di fronte persone con significativi disturbi, che uniti alla disperazione per la insensatezza della reclusione conducono spesso ad atti di autolesionismo – numerosi anche nel mese di agosto.

Al momento le persone trattenute sono 68, distribuite nelle tre aree aperte (su sei complessive). Dalla riapertura di fine marzo ad oggi sono transitate nel Centro 354 persone, di cui ne sono state rimpatriate 38, vale a dire il 10% dei trattenuti e meno di un terzo dei rimpatri complessivi effettuati dalla Questura di Torino, come comunicati ieri in una nota stampa. Per tutti gli altri il CPR resta un trauma inutilmente inflitto dallo Stato italiano alle persone straniere, molte delle quali permangono nel CPR nonostante sia già perfettamente noto alle autorità che sarà impossibile il rimpatrio vista l’assenza di accordi con i paesi di origine. Per noi la soluzione resta una sola: chiudere al più presto queste strutture, in tutta Italia.

Cattolici, rilanciare la politica: convegno a Bardonecchia

Ripartono da Bardonecchia i convegni di settembre di democristiana memoria che negli anni ottanta servivano a rinnovare i programmi dei partiti e delle Amministrazioni locali. Negli anni ‘80 l’Italia era la quinta potenza economica del mondo. Nel 1989 in Italia si producevano 1.900.000 auto all’anno e la FIAT era prima per quota di mercato in Europa. Poi tra Tangentopoli, la fine delle partecipazioni statali, la svendita delle partecipazioni statali fatta da Prodi, l’attacco delle Torri gemelle, la guerra in Iraq, la crisi dei mutui surprime, l’attacco della speculazione internazionale al debito pubblico italiano e altri elementi seppur di minor portata, abbiamo avuto purtroppo trent’anni di bassa crescita. Trent’anni di governi con 12 anni a guida centro destra, 12 anni a guida centro sinistra e 6 anni di governi tecnici e grillini. Con una differenza che mentre nei primi venticinque anni del dopoguerra – governi De Gasperi e seguenti – la crescita economica premio’ anche le classi più deboli, negli ultimi trent’anni di bassa crescita sono aumentate molto le diseguaglianze. Al punto che oggi possiamo parlare di una nuova ed inedita “questione sociale”. Alla luce di questo scenario politico e sociale, parte la riflessione che ha portato Mino Giachino ed altri esponenti politici torinesi e piemontesi ad organizzare un Convegno che si terrà a Bardonecchia sabato 20 settembre con un titolo quantomai chiaro: “ Ridare un’anima alla politica. Il valore aggiunto dei cattolici”. Un convegno che ha anche, e soprattutto, l’obiettivo di rilanciare una politica di sviluppo a livello locale che guardi con attenzione anche alla metà della Città di Torino che sta male, secondo la famosa definizione dell’Arcivescovo NOSIGLIA scomparso nei giorni scorsi ma solido riferimento degli organizzatori. Non a caso nella mattinata, a cura di Mauro Zangola e Luca Davico, verranno presentati alcuni dati che dimostrano la distanza forte tra la metà della Città che sta bene e la metà della Città che sta male, con gli interventi altrettanto qualificati di industriali e sindacalisti. Nel pomeriggio la tavola rotonda politica e programmatica tra ex DC come Vito Bonsignore, ora UDC, Mauro Carmagnola, segretario della Nuova DC, Marco Calgaro ex deputato, Gianpiero Leo della Fondazione CRT, Giorgio Merlo, ex deputato e Presidente nazionale del movimento ‘Scelta cristiano popolare”, l’on. Fabrizio Comba segretario regionale di Fdi e Mino Giachino. Chiuderà i lavori l’ex Ministro Maurizio LUPI. Il Convegno, dopo il forte rilancio della Dottrina sociale della Chiesa da parte del nuovo Papa Leone e il sostanziale silenzio dei cattolici nel PD della Schlein e con un centro destra più spostato a destra dopo il forte successo politico ed elettorale della Meloni, risponde anche alla esigenza di fare ritornare protagonista il ruolo dei cattolici impegnati nell’agone politico. E, per quanto riguarda i contenuti programmatici, dalla difesa del settore industriale ad una nuova politica salariale; dalla realizzazione delle infrastrutture strategiche allo spostamento di nuove iniziative economiche nei quartieri dimenticati che portino anche ad una maggiore sicurezza nei luoghi di lavoro . Il Convegno si terrà a Bardonecchia nella Sala dell’hotel LA BETULLA.

Merlo: Partiti e classe dirigente. Pd, nomine dall’alto; FI, si elegge dal basso. Il caso Campania

“La selezione democratica della classe dirigente è la condizione essenziale e decisiva per
misurare la credibilità, la serietà, la trasparenza, la democraticità e l’autorevolezza del partiti. Sotto
questo versante, ciò che sta concretamente emergendo dalla Campania è un modello da non
seguire e da non copiare. E questo perchè, al di là delle chiacchiere e della propaganda spicciola,
rappresenta il peggio di come oggi può essere selezionata una classe dirigente di partito. L’esatto
opposto di quello che, per fare un solo esempio, avviene in Forza Italia dove la classe dirigente
locale del partito è stata eletta attraverso regolari congressi democratici e di base. Congressi, di
conseguenza, contendibili e quindi dibattuti e veri.
È la differenza che passa quando la democrazia viene predicata e quando, al contrario, viene
invece praticata”.

On. Giorgio Merlo
Presidente nazionale ‘Scelta Cristiano Popolare’

Zootecnia, Ue – Mercosur: il Piemonte potrebbe patire ripercussioni

L’intesa UE – Mercosur, elaborata già sei mesi fa a Montevideo dopo un lunghissimo negoziato e in ratifica da ieri alla Commissione europea, desta preoccupazione tra gli agricoltori e gli allevatori del Piemonte.

“È un accordo che non ci soddisfa perché, pur avendo potenziali vantaggi per alcuni settori, rischia di minare la stabilità, già peraltro precaria, di alcuni fondamentali comparti agricoli del nostro territorio: mi riferisco, in particolare, alla zootecnia da carne e alla cerealicoltura” afferma Enrico Allasia, presidente di Confagricoltura Piemonte.

 

Il libero scambio con i paesi del Mercosur (Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay) prevede una riduzione elevata delle tariffe doganali su vino e liquori (fino al 35%), eccellenza tutta italiana. Inoltre, dovrebbe sostenere una crescita dell’export di quei prodotti agroalimentari tradizionali e di alta qualità europei, proteggendo da riproduzioni fraudolenti le 344 indicazioni geografiche europee.

Se da un lato l’economia europea potrebbe, grazie anche alle clausole di salvaguardia che verrebbero siglate da entrambe le parti, vedere aumentate le esportazioni, c’è da considerare l’ingresso, sebbene sulla carta potenziale, di un massiccio contingente di prodotti sudamericani, realizzati con regole ambientali e sanitarie meno stringenti rispetto alle attualmente in vigore in Europa e, soprattutto, in Piemonte: “I nostri allevatori e cerealicoltori hanno investito per anni in qualità, sicurezza alimentare e sostenibilità: non possiamo accettare una concorrenza al ribasso che vanifica questi sforzi” evidenzia Allasia.

 

Nel processo di ratifica, con la presentazione ai 27 Paesi membri e all’Europarlamento, Confagricoltura auspica che ci siano spazi di miglioramento, soprattutto per i comparti più esposti. La Commissione ha rassicurato sul fatto che ci saranno misure concrete a tutela degli standard ambientali e sanitari, con un rafforzamento dei controlli nei Paesi partner.

 

le garanzie annunciate dalla Commissione non sembrano al momento tutelare a sufficienza il nostro settore e l’eccellenza delle nostre produzioni. Apprezziamo gli sforzi del governo italiano nel tutelare le imprese agricole. Lavoreremo insieme ai nostri rappresentanti a Bruxelles e con il Copa affinché il settore primario europeo non paghi il conto di un’intesa che grava sul comparto già fortemente colpito dai dazi Usa e dal contesto geopolitico internazionale” precisa il presidente nazionale Massimiliano Giansanti

Se la Russia attacca l’Occidente, uno scenario possibile

Cosa c’è di così urgente da chiamarmi su questa linea…sbotta il presidente degli Stati Uniti interrotto bruscamente mentre era impegnato nella riunione annuale dei fornitori di energia elettrica americani in un hotel per conferenze a Seattle. Dall’altro capo della linea c’è il direttore della Cia. La voce è agitata. “Signor presidente, abbiamo immagini satellitari e conferma visiva sul terreno che piccole unità russe sono sbarcate sulla costa dell’Estonia nel Baltico, si tratta di un attacco limitato da parte della Russia a uno Stato membro della Nato. Sul posto abbiamo circa 2500 uomini che potrebbero intervenire subito e riconquistare l’area ma a questo punto si tratterebbe di un confronto militare diretto tra la Nato e la Russia”. Allora siamo in guerra con la Russia, chiede il capo della Casa Bianca. “Sì presidente, una controffensiva scatenerebbe una terza guerra mondiale” risponde il capo di stato maggiore. Come andrà a finire? Uno scenario possibile lo offre un esperto in materia con il libro “Se la Russia attacca l’Occidente”, Rizzoli, scritto da Carlo Masala, docente di Politica internazionale all’Università delle Forze Armate tedesche di Monaco, politologo e ricercatore. editorialista di quotidiani e riviste estere. È il 27 marzo 2028: i russi invadono a sorpresa l’Estonia. L’attacco all’Europa è iniziato…Nessuno ha oggi intenzione di attaccare l’Europa, ribadisce Putin, come se volesse tranquillizzare l’Occidente, ma molti analisti ne dubitano fortemente sostenendo invece che la guerra della Russia in Europa è iniziata e non finirà certo in Ucraina perché il vero obiettivo del presidente russo è quello di ricostituire, pezzo dopo pezzo, l’impero nell’Europa orientale. Oggi l’Ucraina e domani, come ipotizzato nel libro, i Paesi baltici. Ad essere ottimisti la Russia non ci attaccherà, l’Occidente, tutto insieme, rimarrà forte e la nostra democrazia sarà in grado di resistere. Ma se non fosse così e se la Russia attaccasse davvero l’Occidente, cosa accadrebbe? Siano abituati al lieto fine, scrive Masala, è così in ogni film di Hollywood. È stato così nel mondo reale del 1945 e del 1989, magari non subito, però all’ultimo tutto si risolve. Ma proviamo a immaginare che per una volta le cose vadano diversamente…”. E allora scorriamo le pagine di questo libro che si legge tutto d’un fiato, come il diario di una guerra annunciata, i fatti narrati giorno per giorno, ora per ora, e che ci lascia preoccupati e sospesi fino all’ultimo capitolo. Siamo nel 2028, la guerra tra Russia e Ucraina è finita da tre anni con un accordo di pace che ha decretato la vittoria dell’invasore russo mentre l’Ucraina è piombata nel caos e l’Europa non ha ancora deciso cosa fare, se e come riarmarsi di fronte alla minaccia dello Zar. I russi ne approfittano e all’alba del 27 marzo 2028 le truppe di Mosca occupano la piccola città estone di Narva e l’isola di Hiiumaa nel Mar Baltico. Le bandiere russe sventolano dalle torri dei comuni conquistati. L’attacco alla Repubblica baltica è iniziato, ufficialmente, dicono gli aggressori, “per difendere la minoranza russa dalla persecuzione e dall’oppressione”. La situazione precipita, gli ambasciatori della Nato si riuniscono d’urgenza a Bruxelles in collegamento video con il presidente americano. Per difendere l’Estonia la Nato applicherà il famoso articolo 5? Cosa deciderà l’Alleanza, cosa faranno gli Stati Uniti? Si rischierà una guerra nucleare? Putin nel frattempo si è dimesso e ha nominato come successore un suo fedelissimo, Zelensky ha perso le elezioni presidenziali anticipate ed è uscito di scena. L’Europa è sempre più debole, incapace di decidere e di agire. Risuona l’allarme in tutte le cancellerie europee, l’intero pianeta rischia un conflitto nucleare. Mi fermo qui. L’autore chiarisce: “c’è un altro aspetto importante da tenere in considerazione: di regola, si gioca con gli scenari per far sì che ciò che in essi è descritto non si verifichi ma il confronto con Mosca continuerà anche dopo la guerra in Ucraina e la Russia rimarrà la minaccia centrale per la sicurezza in Europa nel prossimo futuro”.                          Filippo Re

Emergenza Cinghiali a Mirafiori Sud, l’allarme di Forza Italia

ROSSO – FONTANA – BALENA (FI): “IL SINDACO BATTA UN COLPO”

«Ancora una volta i cittadini di Torino vengono lasciati soli. Ora tocca ai residenti di Mirafiori Sud, costretti a convivere con la calata dei cinghiali anche in città. È inaccettabile che, di fronte a un problema così serio, il sindaco e la sua giunta si volatilizzino, schiacciati dalle solite vocazioni ambientaliste della propria maggioranza» dichiarano il senatore Roberto Rosso, vicesegretario piemontese di Forza Italia, Marco Fontana, segretario cittadino, e Davide Balena, capogruppo azzurro in Circoscrizione 2.

«Chiediamo al sindaco di Torino di battere un colpo! – aggiungono Rosso e Fontana –. Se gli abbattimenti non vanno bene, ci dicano quali misure intendono adottare o se i risarcimenti dei danni li pagheranno gli esponenti del loro partito che ostacolano la strada intrapresa da Governo e Regione, la stessa che il centrosinistra seguiva quando era al Governo! Troppo comodo giocare la politica dei due forni: applicare certe azioni dove si è maggioranza e contestarle dove si è opposizione.
Sull’emergenza cinghiali ci sono tre ordini di problemi: i danni alle cose, i possibili danni alle persone e la questione Peste suina. Proprio su quest’ultimo punto Coldiretti Torino è stata chiara nel condannare il no ideologico all’anticipo dei piani di contenimento deciso da Atc e Ca. Qui si gioca anche con la salute a fini elettorali: è inaccettabile. I cittadini di Mirafiori Sud non possono essere considerati di serie b solo per giustificare l’esistenza di qualche partito o esponente politico e per raccattare voti».

«Come al solito, quando la sinistra non riesce a risolvere i problemi, finisce per contraddirsi, oscillando tra promesse e proteste – conclude Balena –. Cerca persino vane alleanze per inseguire le velleità animaliste del Movimento 5 stelle, tentando di conservare consensi in un campo largo che si rivela soltanto opportunistico, con l’unico risultato di mettere a rischio la sicurezza dei cittadini».

Una demiurga tra salotti, ministri e silenzi: il ritorno sottovoce di Monica Macchioni

Ha scritto discorsi, scelto giacche, evitato gaffe, lanciato programmi tv e politici. Monica Macchioni era ovunque — senza esserci mai. Ora rompe il silenzio. Con stile.

Scritto da Alessio Tommasi Baldi il . Pubblicato in .

Intervista esclusiva rilasciata a ConsulPress

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Una demiurga tra salotti, ministri e silenzi: il ritorno sottovoce di Monica Macchioni

Atl, Valle (Pd): “Ritardi mettono a rischio stipendi”

Il consigliere regionale lancia l’allarme: “Manca metà 2024 e tutto il 2025”

«Il passaggio della delega del Turismo dall’assessora Chiarelli al suo collega di Giunta Paolo Bongioanni doveva segnare un cambio di passo, che per ora non si vede. Certamente non lo si vede per quanto riguarda la tempistica dei trasferimenti. Preoccupa, in particolare, il ritardo dei pagamenti da parte della regione Piemonte alle ATL. Che stanno ancora aspettando metà 2024 e tutto il 2025! Una situazione che mette a rischio le loro attività e lo stipendio dei dipendenti. Il sistema turistico piemontese ha bisogno di certezze in tempi rapidi».

cs

 

Tortora ritorna

IL COMMENTO  di Pier Franco Quaglieni

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Al festival del cinema di Venezia viene presentata la serie Tv in 6 episodi “Portobello” diretta da Marco Bellocchio. Appare un buon segno che “Portobello“ si riferisca in primis alle lettere dal carcere  di Enzo Tortora – lo storico conduttore della trasmissione televisiva – inviate alla compagna  Francesca Scopelliti. Aprendo il “Corriere della Ser “ che ha dato la notizia con il dovuto risalto, ho chiesto ad una ventenne al bar della spiaggia se sapesse chi fosse stato Tortora. Mi ha detto subito che non sapeva nulla neppure di “Portobello“, la celebre trasmissione di Enzo in  Rai. Che i giovani non sappiano nulla di Tortora  è un male (a volte dimenticare può anche essere un bene  che significa che  alcuni fatti negativi del passato sono stati rimossi e archiviati  da un presente  migliore), è un male, ripeto, perché la vicenda giudiziaria, mediatica,  umana e civile di Enzo arrestato e ammanettato in diretta televisiva è una pagina di storia che non si può dimenticare, come l’affaire Dreyfus dell’ Ottocento, il capitano ebreo (e’ il caso di ricordalo oggi più che mai) accusato ingiustamente e difeso da Zola. Pannella che difese Tortora, fu lo Zola solitario del Novecento. Ho provato a chiedere alla giovane  interlocutrice se sapesse almeno di Dreyfus, ma mi  confessato  di non sapere di cosa si stesse parlando. Forse è il caso di una bella ma ignorante ragazzina che non fa testo , ma forse è l’esempio di una gioventù che non ha studiato a scuola , non ha mai letto un giornale , legge pochi libri futili  ed è incollata al telefonino per ore. E ‘ il segno nefasto dei tempi che viviamo che si sappia tutto di Pippo Baudo e nulla di Enzo Tortora perché il suo caso fa da pietra di paragone in termini di civiltà per non dimenticare mai i danni mortali provocati da una giustizia ingiusta. Tortora fu accusato senza prove da pentiti pluriomicidi.  Un vero pentito fu Maurizio Peci ucciso dalle Br per il suo “ tradimento“.
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I pentiti contro Tortora erano delinquenti comuni e nulla di più.  Molti altri pentiti si dimostrarono non credibili, specie quando furono usati da magistrati come minimo poco attenti. La tragedia di Tortora forse non doveva essere ricordata attraverso la metafora di Portobello, ma doveva essere  titolata direttamente il caso Tortora. C’è da sperare che la nuova serie televisiva possa scuotere le coscienze intorpidite da un populismo ignorante ed arrogante di cui i giovani sono le prime vittime. Anche i liberali di Zanone (che Tortora definì ironicamente il farmacista di Pinerolo) girarono la faccia da un’ altra parte, dimenticando che Tortora era un liberale del PLI e soprattutto dimenticando cosa fosse lo stesso liberalismo. Allora solo Alfredo Biondi seppe stare dalla parte di Enzo. Gli altri, in primis la sinistra giustiziera, fu contro il borghese per bene Tortora, magari strizzando l’occhio ai terroristi rossi. E’  per questi motivi che la ventenne in bikini mozzafiato che non sa nulla di Tortora ,deve rivestirsi di una consapevolezza storica e civica senza la quale si può solo stare in spiaggia a prendere il sole.