POLITICA- Pagina 115

Dilettanti allo sbaraglio

Il titolo, per chi abbia almeno 60 anni, porta alla memoria la mitica trasmissione “La corrida” andata in onda per molti anni dove persone che non si erano mai esibite in pubblico cercavano il loro momento di notorietà; va da sé che, comunque fosse andata, non avrebbero creato alcun problema né all’emittente, né a loro stessi né al pubblico.

La ormai imminente tornata elettorale ripropone il problema dei dilettanti allo sbaraglio ma, in questo caso, con il rischio che i danni siano irreparabili.

Non so quanti di voi abbiano avuto esperienze politiche a vario livello (dai Comuni alle Regioni, al Parlamento italiano fino al Parlamento europeo): basta assistere ad una seduta di un Consiglio comunale o di una Giunta per rendersi conto di quanto sia complessa la macchina amministrativa, quanto la burocrazia sia tentacolare, quanto siano farraginose le norme da rispettare e quanto difficile sia riuscire a mettere d’accordo tutti i componenti di un’istituzione.

Io ho cominciato a seguire la politica al liceo, all’età di 16 anni, quando vi furono le Elezioni del Parlamento europeo del 1979 e, dunque, ho accumulato una discreta esperienza, anche se la politica attiva mi vede attore solo da 5 anni, da quando cioè sono stato eletto Consigliere comunale.

Alcune norme, non lo nego, sono ancora ostiche anche per me, perché non tutti i casi si verificano periodicamente e, dunque, ho spesso bisogno di ripassare elementi di diritto amministrativo, il Testo unico degli enti locali, il Codice civile e, soprattutto, di mantenermi continuamente aggiornato ad ogni modifica della legislazione o della giurisprudenza.

Quest’anno, come ogni moda che si rispetti, vedo ovunque perfetti sconosciuti della politica candidarsi nelle liste degli oltre 3500 Comuni che rinnoveranno la loro amministrazione o, se proprio hanno un ego ipertrofico, in quelle regionali. Conosco almeno una decina di persone che hanno accettato la candidatura offerta loro da liste civiche o da partiti e, cosa che mi spaventa come cittadino, pensano di essere in grado, in caso di elezione, di poter gestire la res publica con relativa facilità (“una volta lì imparerò”, “leggerò qualche manuale”, “chiederò a qualcuno più esperto” e così via).

Ho avuto già modo, su queste pagine, di parlare della Sindrome di Dunning-Kruger, cioè di quella deformazione cognitiva per cui gli incapaci totali si sentono totalmente qualificati mentre, al contrario, chi è veramente esperto dubita spesso di sé e delle proprie capacità.

Se a questa distorsione aggiungiamo il bisogno compulsivo di ottenere soldi e fama ecco che la calata dei barbari è spiegata. Qualcuno ha spiegato ai candidati al consiglio comunale che, almeno nei comuni con meno di 5000 abitanti, non vi è stipendio ma solo un gettone di presenza di 18 euro lordi a seduta? Le sedute si tengono, di norma, ogni mese o due, ma se sei onesto lavori, e molto, soprattutto quando non sei in seduta.

Sanno la differenza tra delibera e determina? Tra Consiglio e Giunta? Tra Decreto Legge e Decreto Legislativo? E tra Parlamento e Governo? Quale potere esercita uno e quale l’altro?  Con la scomparsa dell’educazione civica dalle nostre scuole, al disinteresse atavico degli italiani per la politica (quello degli anni ’70 era fanatismo) si aggiunge l’ignoranza mai colmata da letture in privata sede, stante che gli italiani leggono, grasso che cola, un libro l’anno ciascuno.

Per non fare figure da asino vestito a festa, consiglio a quanti abbiano voglia di buttarsi in politica (il termine rende bene l’idea dell’agone politico nel quale si scende con l’elezione) e a quanti siano già candidati, di ammettere con estrema umiltà la propria incapacità, la propria ignoranza e suggerisco loro di seguire, magari in rete, i tutorial di educazione civica, di politica, di diritto amministrativo e costituzionale.

Dato che non ve l’ha ordinato il medico e che, se sbagliate o violate una delle innumerevoli norme, poi sono dolori (per gli amministratori locali non esiste l’immunità) perché non provate per una volta a fare le cose con criterio, in modo serio e professionale, dedicandovi il tempo necessario sottraendolo, e giàqui sarebbe una vittoria, ai giochini sullo smartphone o aiprogrammi TV per decerebrati?

Sergio Motta

Sandro Pertini, il “partigiano Presidente” che parlava al cuore degli italiani

Il 24 febbraio 1990, ci lasciava Sandro Pertini. Il “partigiano Presidente”, amatissimo dagli italiani. Nell’immaginario collettivo è diventata un’immagine leggendaria quella della sua esultanza allo stadio di Madrid, durante la finale del mondiale di calcio del 1982, vinta dall’Italia contro la Germania. L’intera vita di Pertini si presenta come un ritratto dai contrasti netti, marcati: un uomo di rara intelligenza e coraggio, dal carattere deciso, a volte irruento, generoso. Sandro Pertini fu il settimo Presidente della Repubblica Italiana, in carica dal 1978 al 1985. Durante la prima guerra mondiale, Pertini combatté sul fronte dell’Isonzo. Nel dopoguerra aderì al Partito Socialista Italiano e si distinse per la sua energica opposizione al fascismo che lo costrinse all’esilio in Francia. Alla caduta del fascismo, nel 1943 Pertini divenne una delle personalità di spicco della Resistenza italiana. Nell’Italia repubblicana fu eletto deputato all’Assemblea Costituente per i socialisti. Fu parlamentare dal 1953 al 1976 e per otto anni Presidente della Camera dei deputati. Al di là della sinteticità di questa nota biografica emerge prepotentemente l’impronta umana, l’incredibile empatia che gli valse una notevole popolarità. In un’intervista, precisando il suo pensiero sui valori fondamentali che ne segnarono l’intera vita, disse: “Per me libertà e giustizia sociale, che poi sono le mete del socialismo, costituiscono un binomio inscindibile: non vi può essere vera libertà senza giustizia sociale, come non vi può essere vera giustizia sociale senza libertà. Ecco, se a me socialista offrissero la realizzazione della riforma più radicale di carattere sociale, ma privandomi della libertà, io la rifiuterei, non la potrei accettare. […] Ma la libertà senza giustizia sociale può essere anche una conquista vana. Mi dica, in coscienza, lei può considerare veramente libero un uomo che ha fame, che è nella miseria, che non ha lavoro, che è umiliato perché non sa come mantenere i suoi figli e educarli? Questo non è un uomo libero. Sarà libero di bestemmiare, di imprecare, ma questa non è la libertà che intendo io”. In poche frasi, pronunciate con determinazione e chiarezza, sintetizzò il suo “spirito garibaldino”. Ma è un episodio lontano della vita di Sandro Pertini che vale la pena rievocare. I fatti accaddero durante l’Undicesima battaglia dell’Isonzo, combattuta tra il 17 e il 31 agosto del 1917. Sandro Pertini, all’epoca, era uno studente che non aveva ancora compiuto vent’anni, simpatizzante socialista e convinto neutralista, quando venne chiamato alle armi a metà del 1916. Destinato in un primo momento al 25° Rgt Artiglieria, 1^ Compagnia automobilisti, di stanza presso il Comando della I° Armata in Trentino, partecipò   controvoglia, a causa delle sue idee , al corso accelerato per allievi ufficiali dal quale uscì con il grado di aspirante. Durante quella che per gli italiani rappresentò la terza estate del conflitto, il sottotenente dei mitraglieri Fiat Pertini raggiunse il 227° Rgt Fanteria sul fronte isontino. Il capo di Stato maggiore italiano, il piemontese Luigi Cadorna, originario di Pallanza sul lago Maggiore, aveva concentrato tre quarti delle sue truppe sull’Isonzo dove venne sferrato l’attacco su un fronte che da Tolmino (oggi comune sloveno) si estendeva fino alle coste dell’Adriatico.

Il combattimento fu aspro e sanguinoso sull’altipiano della Bainsizza dove si lottò strenuamente per conquistare il Monte Santo. Fu un’esperienza che il futuro Presidente della Repubblica non potè mai dimenticare. La ricordava così: “Ho vissuto la vita orrenda della trincea fra il fango, fra i pidocchi. Sparavamo agli austriaci, che erano giovani soldati, giovani ufficiali come noi”. Temendo sommosse o diserzioni i comandi italiani osteggiavano gli ideali socialisti, reprimendoli con durezza e ferocia. Lo stesso Pertini, simpatizzante del partito fondato da Turati e frequentatore dei circoli operai genovesi, era segnalato e guardato a vista. Durante i durissimi scontri di quel terribile agosto sulla dorsale dei monti Descla- Jelenik il sottotenente Pertini si distinse per una serie di atti di eroismo e venne proposto per la medaglia d’argento al valore militare per aver guidato, in quella battaglia, un assalto contro i nemici, espugnando con pochi uomini delle postazioni austro-ungariche difese da nidi di mitragliatrici, con questa motivazione:”Durante tre giorni di violentissime azioni offensive, senza concedersi sosta alcuna, animato da elevatissimo senso del dovere, con superlativa audacia e sprezzo del pericolo, avanzava primo fra tutti verso le munitissime difese nemiche, vi trascinava i pochi suoi uomini e debellava una dietro l’altra le mitragliatrici avversarie numerosissime e protette in caverne. Contribuiva così efficacemente alla conquista di ben difesa posizione nemica catturando numerosi prigionieri e bottino importante. Bellissima figura di eroismo ed audacia. Descla- M. Cavallo- Jelenik, 21, 22, 23 agosto 1917”. Ma la medaglia non gli fu mai consegnata. Forse dell’incartamento si persero le tracce durante la rovinosa ritirata di Caporetto o, più probabilmente, come scrisse lo stesso Pertini, non venne assegnata per motivi politici (“Sono stato proposto per la medaglia d’argento. Non me la diedero perché mi ero opposto all’intervento”). Il tenente Pertini, onorificenza a parte, non per scelta, ma per dovere combatté in prima linea, sul medio Isonzo e poi sul fronte del Pasubio, per tutto il resto della guerra. Ne scrisse, in seguito: “Ricordo quei massacri. Per prendere una collina, mandavano all’assalto i battaglioni inquadrati, ufficiali in testa con la sciabola sguainata. La sciabola brillava alla luce del sole e quegli ufficiali diventavano sagome per un tragico tiro al bersaglio. Ma in luogo di adottare una più intelligente tattica di assalto, fu deciso di brunire le sciabole”. A guerra finita, congedato con il grado di capitano, Pertini riprese gli studi, si laureò in Giurisprudenza e nel 1919 si tesserò al Partito Socialista. Qualche anno più tardi, nella seconda metà degli anni ’20, il distretto militare di Savona riuscì a ricostruire l’intera vicenda, ma il regime occultò la pratica di quell’impenitente sovversivo ben noto alle autorità per la sua irriducibile attività antifascista . Quell’incartamento “dimenticato” fece la sua ricomparsa dopo quasi settant’anni passati nei polverosi archivi del distretto militare, al tempo in cui l’ex eroe del monte Jelenik ricopriva la massima carica della Repubblica. Fu lo stesso Pertini a raccontare il fatto ai giornalisti con la consueta schiettezza: “Un giorno venne a trovarmi al Quirinale il capo di Stato maggiore della Difesa, Torrisi. Presidente, mi disse, sa cosa abbiamo trovato in una vecchia cassa di documenti? Una proposta del 1917 per darle la medaglia d’ argento. Io sapevo della proposta, ma non immaginavo che un giorno l’avrebbero ritrovata. Beh, quella notizia che mi portò Torrisi mi fece un grande piacere; che volete, ai miei vent’ anni ci tengo“. Ma il saldo di quell’antico debito d’onore nei confronti di Pertini dovette attendere lo scadere del suo mandato presidenziale poiché fu proprio lui a rifiutarsi di firmare il decreto finché fosse rimasto al Quirinale. Così, per sua stessa richiesta, la medaglia gli venne consegnata solo nel 1985, con un decreto firmato dal neopresidente Cossiga. Per la cronaca, quel decreto attribuì al decorato, secondo i dettami di legge, anche la considerevole somma di lire italiane duecentocinquanta mila. Anche da questo episodio emergono il profilo e lo spessore umano del “Presidente più amato dagli italiani”. Come dar torto a Indro Montanelli quando scrisse sul Corriere della Sera del 27 ottobre 1963 “non è necessario essere socialisti per amare e stimare Pertini. Qualunque cosa egli dica o faccia, odora di pulizia, di lealtà e di sincerità”.

Marco Travaglini

 

+Europa consegna cannabis light a Cirio

Questa sera  il portavoce di +Europa Torino Andrea Turi ha consegnato ad Alberto Cirio una bustina di cannabis light a Chieri (TO). Turi commenta in una nota: “Alberto Cirio ha ricevuto una bustina di cannabis light che il governo vuole criminalizzare. Si tratta di un indotto di 10.000 imprese che fattura 150 milioni di euro. Alberto Cirio da imprenditore dell’agro-industriale dovrebbe sapere quanto questa demonizzazione fa male all’economia”.

In piazza Carignano comizio di Costanzo (Libertà)

Alberto Costanzo candidato Presidente per la lista LIberta’ alle elezioni regionali del Piemonte ha incontrato gli elettori in piazza Carignano a Torino. Tra le proposte di Costanzo una moneta locale regionale che porti effetti positivi all’economia.

Frediani (Piemonte Popolare) a San Didero: “No alla Torino-Lione”

La candidata alla presidenza della Regione, Francesca Frediani, ha incontrato i militanti di Piemonte Popolare a San Didero “per ribadire sempre e comunque No al TAV, no alle opere inutili e dannose. No alla devastazione del territorio. No allo sperpero delle risorse pubbliche”. Così Frediani commenta su Facebook.

Pace Terra Dignità: bandiere bianche sul ponte di piazza Vittorio

Riceviamo e pubblichiamo

Venerdì 7 giugno alle ore 18 Pace Terra Dignità concluderà la sua  campagna elettorale a Torino con un presidio di bandiere bianche sul
ponte di piazza Vittorio Veneto, la musica degli Egin, gli interventi di  Angelo d’Orsi e Anna Camposampiero, candidat3 di Pace Terra Dignità nella  Circoscrizione Nord Ovest, insieme alle altre candidate e candidati torinesi
Marina Castellano, Federico Dolce ed Enrico Peyretti.

Sfileremo con le bandiere bianche non in segno di resa, ma per esprimere il
nostro impegno per il dialogo e la Pace, contro la legge delle armi. Sarà il
nostro modo di opporci alla guerra e all’economia armata che distrugge le
politiche di sostegno alla sanità, al lavoro, alla scuola, condannandoci alla
logica del terrore e della violenza.
Dialogare, non sparare! Organizzare il dialogo e la trattativa in Ucraina.
Imporre il cessate il fuoco al governo di Israele, fermando il massacro del
popolo palestinese, per affermarne il diritto all’esistenza e alla
autodeterminazione. Portare in Europa una posizione coerente per la Pace,
scoperchiando l’ipocrisia di chi dice di essere contro la guerra mentre la
sostiene e la arma.
L’8 e 9 giugno scegliamo insieme la Pace, la Terra e la Dignità!
Diamo a tutte e tutti appuntamento a Torino venerdì 7 giugno dalle 18 sul
ponte di piazza Vittorio Veneto. Portate con voi una bandiera bianca (un
pezzo di stoffa ad esempio) ed un’asta per sventolarle tutt3 assieme.

Pace Terra Dignità
Circoscrizione Nord Ovest

Disabato (M5S) con Appendino a Caselle

La candidata alla presidenza della Regione Piemonte Sarah Disabato ha chiuso la campagna elettorale ieri sera a Caselle Torinese. Tra militanti e candidati anche l’ex sindaca di Torino, oggi deputata, Chiara Appendino.

Avs chiude la campagna con il videomessaggio di Ilaria Salis

Ieri sera 6 giugno a Torino, in piazza Castello Avs  ha chiuso la campagna elettorale per le europee e per le regionali con la manifestazione nazionale di Alleanza Verdi Sinistra. È intervenuta la candidata presidente  del centrosinistra Gianna Pentenero. 
Il programma della serata ha visto gli interventi di Alice Ravenale, Roberto Tricarico, Manon Aubry, Benedetta De Marte, Cristina Guarda, Leoluca Orlando, Ignazio Marino, Mimmo Lucano, Marco Grimaldi, Roberto Salis, Angelo Bonelli, Nicola Fratoianni. In collegamento da Budapest Ilaria Salis.
Live con Checco, Carota e Bebo de Lo Stato Sociale, Modena City Ramblers, Orchesta di ritmi moderni Arturo Piazza. Italiani. Carlone, Li Calzi, Righeira. Morino Combo. Oskar degli Statuto e Dario dei RimozioneKoatta.