LIFESTYLE- Pagina 6

Estate pelosa

L’arrivo dell’estate porta con sé, come ogni anno, il problema dell’abbandono degli animali da compagnia.

Durante l’inverno, anche per essere spronati ad uscire di casa e fare un minimo di movimento, compriamo o, più raramente, adottiamo un cane ma quando giunge l’estate non sappiamo a chi lasciarlo, non vogliamo rinunciare alle solite ferie, liberi e senza vincoli, non troviamo un posto che accetti l’amico peloso e,quindi, che fare? Lo abbandoniamo o, solo per i casi più eclatanti, non avendolo microchippato lo portiamo al canile sostenendo di averlo trovato per la strada.

A parte che non microchipparlo costituisce infrazione amministrativa, soggetta a sanzione, va da sé che se proprio vogliamo una compagnia temporanea che non ci crei problemi durante le vacanze, possiamo comprare un robottino giapponese, una playstation o, più costoso, affittare una prostituta sempre che la moglie ce lo consenta.

In Italia, facendo una media tra tutte le regioni, ha un cane una famiglia su sei, pari quindi al 17%; alcuni canili, vuoi per mancanza di spazio, vuoi per carenza di volontari, non accettano più cani e, dunque, se non lo portiamo in farie possiamo sempre legarlo al guardrail dell’autostrada o ad un albero in un parco.

Ovviamente ciò che scrivo è ironia mista all’incredulità che l’uomo, che dovrebbe essere l’animale più evoluto, in realtà sia l’unico animale che provoca atrocità per proprio interesse e non per necessità o salvaguardia di sé stesso e dei suoi cari.

Ho parlato dei cani perché per i gatti il discorso è meno impegnativo: quando mi recavo spesso in missione, avendo una gatta che non potevo ovviamente portare con me, chiedevo ad un amico o ad un cugino di passare due volte al giorno a cambiare l’acqua, lavare la ciotola del cibo e mettergliene di nuovo ed a pulire la cassettina della sabbia, oltre a coccolarla un po’ magari se si fermava da me a cena o a guardarsi un film; il fatto che quando la gatta e quella persona si incontravano scattassero fusa e strusciate tra i due indica che non solo non vi erano stati screzi tra loro ma che, anzi, si era creato un feeling.

In ogni caso in ferie, sia questa gatta che i due gatti posseduti contemporaneamente in precedenza, sono sempre venuti con me; basta chiedere preventivamente alla struttura se accettino animali e se vi sia un sovrapprezzo, peraltro comprensibile visto il maggior lavoro di pulizia per i peli lasciati qua e là.

Ritengo sia una questione di cultura e di civiltà, esattamente come mettere al cane guinzaglio e museruola; sarà anche in cane più docile al mondo, ma se chi mi viene incontro ha paura dei cani, io lo devo tenere al guinzaglio vicino a me (il cane, non chi viene incontro) e, pur essendo mansueto potrebbe essere infastidito da qualcosa o qualcuno (un profumo, un gesto, un altro animale) e mordere. Soprattutto se si pesa 50 chili e si porta fuori un bovaro del bernese che ne pesa quasi il doppio, immaginate cosa possa succedere se il cane parte di colpo per azzuffarsi con un altro cane o una persona.

E se il cane fuggendo provoca un danno, è assicurato per l’RC? Se correndo fa cadere una persona o un ciclista? Ecco che la civiltà comincia a vacillare, perché la quasi totalità dei possessori di cani non ha stipulato polizze specifiche o, quantomeno, la c.d. “polizza del capofamiglia” che, tra gli altri rischi, copre anche i danni provocati dal parente a quattro zampe.

In un’epoca in cui si è soli anche quando si è in tanti, accompagnarsi ad un animale d’affezione è comprensibile, corretto ed umano, ma occorrono alcune precauzioni e sapere cosa si fa; adottare un animale solo perché molti lo fanno, perché anche il mio vicino ha un cane di quella razza, perché così avvicino più facilmente le fanciulle ai giardinetti non è sensato.

Non è neppure sensato, oltre che proibito, prendere un cane, o due, per farli riprodurre e vendere i cuccioli, sperando di arricchirsi: se non sono cani di razza, dotati di pedigree, e provenienti da un centro autorizzato e riconosciuto, non possono essere venduti o, comunque, ceduti a titolo economico, ma solo donati.

Rifletteteci e poi, pensateci ancora.

Sergio Motta

In volo sul lago

Il giorno prima della partenza avevamo controllato per bene le previsioni meteorologiche. La mongolfiera non può staccarsi da terra in presenza di pioggia, temporali, vento troppo forte o gran caldo. Ma dal centro Geofisico Prealpino di Varese, nell’edizione mattutina della trasmissione radiofonica “Gazzettino padano“, garantirono che il tempo volgeva al bello. Era già più che una garanzia ma comunque, per scrupolo, verificammo anche sui vari siti meteo di internet, trovando conferma. Per il decollo avevamo scelto un ampio prato poco distante dal capannone. Era il luogo ideale: non c’erano ostacoli che potessero intralciare le manovre di volo. Posizionata la cesta iniziammo a stendere l’enorme pallone bianco e rosso e in meno di  mezz’ora era pronto per essere gonfiato con l’aria fredda di un ventilatore. Un lavoro che durò circa venti minuti, al termine del quale la mongolfiera era pronta per il decollo. Eravamo emozionati e non vi dico che sensazione provai quando ci staccammo da terra e iniziò l’ascensione. Il rumore del bruciatore e quella fiammata che ci scaldava le guance ci avevano distratti e quasi non ci rendemmo conto di essere già in volo. In meno di un quarto d’ora l’altimetro segnava 3600 piedi. “Quindi, amico mio, stiamo viaggiando a poco più di mille metri d’altezza“,disse Roland. L’apparecchio rilevava anche  la variazione della pressione atmosferica rispetto all’altezza sul livello del mare  e questa tendeva a diminuire aumentando la quota. Da terra, André Lacroix, uno degli amici di Roland, aveva il compito di comunicare con noi attraverso la radio aeronautica in VHF. Quest’ultima, dalle frequenze sempre aperte, ci  consentiva  di mantenere il contatto con l’assistenza. Una rapida occhiata alla sonda termica che misurava la temperatura interna dell’involucro ci confermò che tutto procedeva per il meglio.

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Il volume della nostra mongolfiera , come ho già ricordato, corrispondeva a quelle di medie dimensioni, capaci di portare tre o quattro persone. L’autonomia di volo poteva variare da un’ora e mezza a un paio d’ore,secondo la quantità di propano a disposizione per il bruciatore, dalle condizioni climatiche e dal peso trasportato. Nel nostro caso il carico di combustile, il bel tempo e il fatto che eravamo solo due e per di più longilinei, ci garantiva un ampio margine verso le due ore. Roland si confermò un provetto “pilota dell’aria“,controllando l’andamento dell’aerostato e manovrando il bruciatore. Quando apriva la valvola, aumentando la quantità di aria calda,il pallone tendeva a salire;viceversa, quando la diminuiva, tendeva a perdere quota lentamente e in modo graduale. La magia di volare in mongolfiera era indescrivibile. Il panorama non era per nulla paragonabile a quello che si può vedere dall’alto di una montagna. Era più completo, vario, mobile. Il lago pareva una creatura viva. La nostra ombra, in basso, sfiorava l’acqua e le terre che la circondavano. Da quassù le cose mutavano forma: i profili dei monti, il reticolo delle strade, le strutture di case e piazze, i corsi d’acqua,i battelli,la ferrovia. Roland, filosofando,disse: “E’ davvero un altro punto di vista,  molto probabilmente una visione diversa del  mondo“. Ero anch’io molto eccitato.“Guarda là, Roland. Guarda la statua del San Carlone!Impressionante!Domina la città di Arona e parte del Golfo Borromeo dall’alto dei suoi 35 metri”.Si vedevano il centro abitato,il lungolago e i resti della Rocca Borromea , la “Gibilterra del Lago Maggiore” che fu espugnata e distrutta da Napoleone nel 1800. Più a sud le macchie colorate dei campeggi di Dormelletto e il ponte di ferro sul Ticino che segna il confine tra Piemonte e Lombardia dove, da una sponda all’altra del fiume,Castelletto Ticino e Sesto Calende si guardano negli occhi.

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A nord di Arona, tra il lago e le verdi colline del Vergante, s’intravedevano le ville e i borghi di Dagnente, Meina, Ghevio, Lesa, Belgirate e – più in su -Colazza,Pisano,Nebbiuno,Massino Visconti, Brovello Carpugnino. ” Quel campanile è di Gignese e, più giù, c’è Vezzo. Vedi la strada che scende verso Baveno? Levo, Someraro, Campino e Loita sembrano messe in fila“. Stresa, la  “perla” del lago, nobile e un po’ fanè, si specchiava nel golfo borromeo proprio davanti all’Isola Bella e più in su, oltre Baveno, tra Feriolo e Fondotoce, la Toce sfociava nel lago.Ville e campanili, case e fabbriche da Pallanza a Intra sembravano cubetti delle costruzioni mentre la lingua d’asfalto della statale del lago Maggiore attraversava Ghiffa, Oggebbio, Cannero e Cannobio fino a incontrare la sbarra del confine con la Svizzera, tra Piaggio Valmara e Brissago. Sotto di noi, come su di una mappa in rilievo, vedevamo i laghi d’Orta e di Mergozzo e il lungo fondovalle ossolano dal quale partivano come lische di un pesce le strade che salivano verso le testate delle valli laterali, chiuse dalla corona delle alpi Pennine e Lepontine. Ma erano i colori del lago, le increspature dell’acqua mossa dalla brezza di superficie, a provocare una vera e propria vertigine. Galleggiavamo nell’aria e sotto di noi non c’era angolo che non contribuisse a comporre la grande suggestione del paesaggio. Le alture, il profilo dei poggi, i corsi d’acqua scintillanti che corrono tra le vallette verso il lago, la ricca vegetazione dei boschi, i giardini e i parchi, le serre delle aziende che coltivano camelie e azalee. Anche il tempo volava ed era giunto in momento di tornare con i piedi per terra. Ci dirigemmo sulla zona da cui eravamo partiti, scendendo poco alla volta per sondare il vento al suolo. In breve atterrammo nello spazioso prato ai margini della vecchia fabbrica di ceramiche. Scesi dalla mongolfiera ci abbracciammo forte. ” E’ stato un volo bellissimo. Mi era capitato altre volte di salire in mongolfiera ma qui, sul Maggiore, ho provato emozioni da brivido. Adesso io e André sgonfieremo il pallone, smontandolo. Dobbiamo rimetterlo nelle casse poiché, dopodomani, ci toccherà rispedirlo a Ginevra. Come ogni anno, il professor Guy De Marne organizza una gara di mongolfiere e ha bisogno di tutti i suoi aerostati per l’occasione“. Dopo le parole concitate di Roland, ci salutammo con un lungo abbraccio. Era stata davvero una giornata indimenticabile. Sul pontile dell’imbarcadero, nell’attesa di salire a bordo del San Cristoforo, il traghetto che collega Laveno con Intra, pensai che quell’esperienza doveva rimanere unica.  Non era il caso di ripetere quel volo  perché le grandi emozioni sono tali se non ci si fa l’abitudine. A Intra salii sulla motonave “Stambecco” e mezz’ora dopo scendevo al porto di Baveno. Andai a casa, sfinito dalla stanchezza ma contento. Dopo cena mi sdraiai sul letto, guardando fuori dalla finestra della stanza che dà sul lago. La luna, una mezza falce circondata dalle nubi, stava per essere ingoiata dalle stesse. S’annunciava una di quelle notti scure che si mangiano le stelle. Ero pronto a rivivere , in sogno , le gioie intense di questa memorabile giornata. Con un clik! spensi la luce dell’abat-jour. Buonanotte!

Marco Travaglini

A Chieri arriva “BicCHIERI di Birra”, quinta edizione

In piazza Dante, protagoniste 35 grandi Birre. Padrino dell’evento Lorenzo Dabove e in chiusura, concerto di Jo Squillo

Dall’8 al 13 luglio

Chieri (Torino)

Torna a Chieri, da martedì 8 a domenica 13 luglio, e festeggiando i suoi primi cinque anni, “BicCHIERI di Birra”, la rassegna dedicata alla “birra di qualità”, solo ed esclusivamente “artigianale”, organizzata come sempre dalla “Pro-Loco”, con il sostegno e il patrocinio dell’“Amministrazione Municipale”. Solita, come l’anno scorso, la location di piazza Dante, pronta ad accogliere, tutte le sere dalle 18,30, i più incalliti ed esigenti “birrofili”, che avranno di che scegliere tra le oltre 35 diverse qualità di “birra artigianale”, spillate ma anche “raccontate” direttamente dai produttori coinvolti. E sì, anche “raccontate” in modo tale da “trasformare – precisa Antonella Giordano, assessore comunale alla ‘Promozione del Territorio’ – in espressione culturale un semplice gesto professionale. Lo scorso anno avevamo scommesso sul nuovo allestimento in piazza Dante, che effettivamente è stato molto apprezzato dal pubblico. Variegata anche l’offerta di spettacolo dal vivo che accompagnerà l’evento, curata come sempre con passione dalla ‘Pro-Loco di Chieri”.

Saranno cinque i birrifici coinvolti, tutti artigianali e quindi indipendenti e dediti alla produzione di birra non pastorizzata e non microfiltrata: “La Piazza” di Torino, “Filodilana” di Avigliana (Torino), “Sagrin” di Calamandrana (Asti) e, ospiti extra-regionali, “Clandestino” di Livorno e “61Cento” di Pesaro (PU). Padrino dell’evento e coordinatore dei birrifici sarà Lorenzo Dabove, in arte “Kuaska”, origini milanesi ma ligure d’adozione, unanimemente considerato il massimo esperto italiano di birra belga, degustatore, docente, giudice internazionale e scrittore di “birra”, oltre che “Life Member” e degustatore del “CAMRA – Campaign for Real Ale”, poeta d’avanguardia e perfino attore teatrale, sotto lo pseudonimo di Kuaska.

Particolarità di quest’anno, il coinvolgimento degli stessi locali di Chieri, con “BicCHIERI – OF”: i birrifici presenti in piazza forniranno le loro birre ai locali della città, che proporranno eventi, aperitivi e degustazioni a tema.

E poi, largo ai “cibi di strada”, con la partecipazione di attività chieresi e dintorni. L’offerta sarà ricchissima. Dalla “focaccia chierese” al “Rustycone con i coni di carne sfilacciata”, fino al “Pistacchito con cannoli e arancini siciliani” e all’“Hamburgher di Fassona piemontese”, per finire con gelati e dolci leccornie d’ogni genere per tutti i palati, dai più piccoli agli adulti.

Altrettanto ricca sarà l’agenda di “Musica e Spettacoli”, tutte le sere ad ingresso libero.

Fra gli eventi da non perdere: mercoledì 9 luglio(ore 21,30) l’esibizione di Angelica Flutur, cantante romena dalla voce calda ed intensa, accompagnata dal Guppo Folcloristico “Carpatica” di Torino, a cura dell’Associazione Culturale e Sociale italo-romena “Ovidio Onlus”.

E per finire alla grande e “in bellezza”: domenica 13 luglio (ore 21,30) sarà Jo Squillo a riportarci indietro nel tempo con brani come “Siamo Donne” sino alle hit più recenti come “Non sei sola. Bambole di Pezza feat”. Accompagna Piero Vallero con il suo virtuoso sax. A seguire, il Dj Franco Frassi alla consolle chiuderà la kermessee ci darà l’arrivederci al prossimo anno.

Per info sul programma: tel. 333/2651149 o Pagine “Facebook” ed “Instagram” “BicCHIERI di Birra”.

g.m.

Nelle foto: Immagine passata edizione; Angelica Flutur e Jo Squillo

Sapore di mare: gratin di pesce in conchiglia

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Una preparazione dedicata ad un momento di festa che soddisfera’ anche i palati piu’ raffinati

Eccovi una proposta deliziosa a  base di pesce per  un antipasto originale e d’effetto. Una ricetta delicata, un’armonia di sapori resi ancora piu’ invitanti dalla presentazione in conchiglie di capesante, una preparazione dedicata ad un momento di festa che soddisfera’ anche i palati piu’ raffinati.

 

Ingredienti per 8 persone:

300gr. di filetto di nasello

300gr. di salmone fresco

10 code di gaberoni

250gr. di besciamella

100gr. di parmigiano grattugiato

100gr. di emmenthal

Sale, pepe, prezzemolo q.b.

Cuocere a vapore il nasello, il salmone e le code di gambero, lasciar raffreddare. In una ciotola sminuzzare il pesce, salare, pepare, aggiungere tre cucchiai di parmigiano, l’emmental tagliato a cubetti, il prezzemolo tritato e la besciamella. Mescolare con cura, riempire con il composto ottenuto i gusci delle capesante, cospargere di parmigiano e infornare a 200 gradi per 10 minuti poi lasciar gratinare sotto il grill sino a completa doratura. Servire la conchiglia calda su un letto di insalatina.

 

Paperita Patty