LIFESTYLE- Pagina 408

La rabbia e la vendetta di DiCaprio nel Revenant dalle 12 candidature

di caprio revenantPIANETA CINEMA / di Elio Rabbione

 

Attore di razza capace per gran parte della durata del film di reggere tutto solo un gran peso, fatto soltanto di silenzi e di sguardi, di labbra serrate e di mugolii di bestia ferita, nel corpo come nello spirito: pronto per afferrare quell’Oscar che sino ad oggi per troppe volte gli è sfuggito

 

 

Ha cambiato faccia Alejandro Gonzàlez Iňàrritu, con il suo ultimo Revenant. Ha abbandonato le claustrofobiche pareti teatrali e la metropoli newyorkese di Birdman (tra i tre Oscar dell’anno scorso anche quello per la miglior regia) per le distese innevate ed i cieli oscuri della Columbia Britannica, con un’appendice nella Terra del Fuoco, ottimamente fotografati dal genio di Emmanuel Lubezki e accarezzati dalle musiche di Ryuichi Sakamoto e Alva Noto: con il risultato eccellente di raggruppare attorno a sé e ai suoi collaboratori le dodici candidature che li porteranno sicuramente in area vincitori. Con i tratti del sovrumano, il film con la sceneggiatura firmata dallo stesso regista e da Mark L. Smith scolpisce robustamente la figura di Hugh Glass, storica e mitica figura della cavalcata verso l’ovest americano, che nel 1823, assunto come guida per una spedizione alla ricerca di pelli e pellicce, buon conoscitore di montagne e di costumi indiani, è attaccato da un grizzly; quei compagni che dovrebbero curarlo e proteggerlo, il perfido Fitzgerald (il sempre più perfetto Tom Hardy, che lo sperabilissimo Oscar quale miglior attore non protagonista dovrebbe far definitivamente decollare verso l’orizzonte cinematografico più alto) ed un ragazzotto succube di lui, preferiscono abbandonarlo, senza non prima avergli ucciso il figlio.di caprio rev

 

Ma l’uomo fuoriesce dalla sua tomba e risorge, sempre all’interno – ora la macchina da presa lo tallona vicinissima, ora lui è un minuscolo punto perduto al nostro occhio nella distesa di neve bianchissima – di una natura bellissima e smisurata, attraversa pericoli di ogni sorta, corre a perdifiato, si nasconde agli indiani e agli agguati, capitombola lungo le rapide del fiume, si costruisce rifugi, squarcia la carcassa di un cavallo per accovacciarsi dentro e salvarsi dal gelo e dal buio della notte, combatte e regola i conti con il cattivo. Un personaggio estremamente compatto nella propria fisicità: un personaggio che è l’occasione giusta per Leonardo DiCaprio di mostrare la forza e la rabbia tenuta dentro, l’intensità e l’immedesimazione con il personaggio, di confermarsi attore di razza capace per gran parte della durata del film di reggere tutto solo un gran peso, fatto soltanto di silenzi e di sguardi, di labbra serrate e di mugolii di bestia ferita, nel corpo come nello spirito: pronto per afferrare quell’Oscar che sino ad oggi per troppe volte gli è sfuggito (a meno che, questa volta, il più agguerrito nemico non si chiami Michael Fassbender, eccellente Steve Jobs). Come pure ci potrebbe essere un raddoppio per Iňàrritu, per l’eccezionale maestria a reggere il ritmo fragoroso del film, a riportarci gli attimi dell’agonia di un uomo, a concertare con risultati tutti da gustare i momenti della lotta tra la belva e l’uomo, a raccontarci una storia antica in un vero stato di grazia.

 

A teatro la nascita del nazismo (con musiche) all’Alfieri, l’omosessualità dei figli all’Erba

teatro attoricabaret teatroDue proposte da non perdere

 

Per la terza volta Saverio Marconi con la sua Compagnia della Rancia torna a visitare(all’Alfieri, sino a domenica, per la stagione di Torino Spettacoli) i toni frivoli e disperati insieme di Cabaret, film indimenticabile (1972) di Bob Fosse con Liza Minnelli nei panni di Sally Bowles e Joel Grey in quelli del Maestro di cerimonie, mostro impiastricciato tra sberleffi e doppi sensi, ambedue premiati con l’Oscar. Ma prima di tutto questo, alla radice, i racconti berlinesi di Christopher Isherwood, il testo teatrale di Van Druten ed il musical a Broadway del ’66. L’inizio degli anni Trenta, la repubblica di Weimar, la violenza e la presa di potere di Hitler, la persecuzione ebraica, la storia di ieri che si riflette in certe pieghe dell’attualità. Il Kit Kat Club, sfacciatamente ambiguo, tra le sue scie di fumo e le ballerinette che cercano con un mezzo o con l’altro di sbarcare il lunario, non è soltanto l’angolo del divertimento dentro cui abbandonare ansie e affanni, è pure il ritrovo di pezzi d’umanità in cerca di un futuro migliore, magari sognato al riparo di qualche compromesso, di Sally fragile e smaniosa, o di Cliff, giovane scrittore inglese che sogna il grande romanzo sotto il cielo di Berlino. Confezionato in una sorta di teatro nel teatro, tra teloni che aprono e nascondono il piccolo appartamento dei due ragazzi per dare spazio alle luci del locale e ai suoi numeri, Marconi ha ormai analizzato appieno i sentimenti e i drammi, il desiderio di divertimento e la vita autentica che stanno all’interno della storia, li accompagna piano piano, tassello dopo tassello, verso il finale, in un crescendo che fa presto dimenticare certe debolezze della prima parte: quando le pareti del Kit Kat si chiudono su se stesse per far posto al vagone di un treno, che porterà ad una destinazione ben nota chi fino a ieri viveva soltanto di risate e canzoni.

 

Restano ben fisse nella memoria di ogni spettatore le musiche di John Kander e le liriche di Fred Ebb, certi brani come “Wilkommen” o “Money” hanno fatto la storia della musica, non si può non sovrapporre le immagini del film con le parole di “Il domani appartiene a me” qui affidate completamente alla voce e all’interpretazione davvero raffinata di Giampiero Ingrassia. Sally ha la voce (lodevolissima) di Giulia Ottonello, forse ancora alla ricerca di qualche robustezza interpretativa. Il corpo di ballo e tutti gli altri raccolgono il successo della serata.

 

Ancora una cosa, se pensate di voler accettare un consiglio da parte di chi scrive. Non perdetevi in questo fine settimana, all’Erba, L’amore migliora la vita scritto e diretto da Angelo Longoni. Prima di tutto, perché finalmente ci troviamo davanti ad un testo italiano e ad una novità, imparando che a teatro non esistono soltanto i pur ineccepibili Pirandello e Shakespeare; in secondo luogo, perché il testo è ben scritto e ottimamente diretto, senza fronzoli, senza vuotaggini, all’insegna non sempre scontata del pane al pane e vino al vino, in una girandola di situazioni tutte in crescendo che fanno la gioia dello spettatore. Tema: l’omosessualità, anzi, ristretta in ambito familiare, l’omosessualità dei figli. Attualissimo. Lui e lui scoperti a scuola sotto la doccia, il desiderio di vivere e studiare insieme a Londra, frequentare il campo della moda, non aver paura delle chiacchiere della gente, eccetera eccetera. E’ chiaro che le due coppie di genitori, finora sconosciute le une alle altre, debbano inventarsi uno straccio di scusa per parlare della situazione, una cena (pensate di recente quanti script al cinema o a teatro scomodano un convivio per intavolare aggiustamenti quotidiani poi deflagranti), che nessuno auspica, che nessuno vuole, che ognuno di loro manderebbe a quel paese.

 

Tutto è messo in discussione, dalle presentazioni in poi tutto sta fuori del politicamente corretto, si srotola senza peli sulla lingua, il linguaggio si fa quanto mai esplicito, le coppie scoppiano anche soltanto per un attimo, quello che non s’è mai fatto o non è mai venuto a galla riempie la serata, sino al sermoncino finale dei ragazzi. Longoni, in un puro divertimento continuo, tra risate e battute che gli attori sono costretti a posticipare di qualche secondo per lasciare spazio ad applausi che non sembrano voler finire mai (il compassato pubblico sabaudo…), analizza, sconcerta, fa l’irriverente, l’immoralista e mai ha il predicozzo a portata di mano, squaderna i pregiudizi, dà sonore sferzate che potrebbero raddrizzare parecchia gente. Quello che ancora non esprimesse la cruda bellezza del testo, ci penserebbero gli attori, quattro, di razza, che si buttano a capofitto in un testo che, al di là del divertimento senza freni, dispensa pilloline di saggezza tra le proprie pieghe. Ettore Bassi, Gaia De Laurentiis, Eleonora Ivone e Giorgio Borghetti, eccezionalmente bravi, con un selfie finale accomunano nel successo il pubblico osannante.

Elio Rabbione

Modellismo (per grandi e piccini), che passione!

modellismo albanese“Il modellismo dinamico è la riproduzione in scala di veicoli telecomandati, che possono essere a scoppio o elettrici. Noi prendiamo i secondi, meno pericolosi e sopratutto meno impattanti”

 

 

Il modellismo, una passione che unisce grandi e piccoli, anzi molto più spesso gli adulti. Anche la Uisp è stata contagiata in questa “disciplina”. Il modellismo dinamico ha una società sportiva:  A.S.D. PiranhaTeam, Campioni Italiani Uisp 2015. Luca Albanese è il presidente ventenne, che ci racconta la storia della società fondata nel 2007.

 

Modellismo dinamico, vogliamo spiegare cos’è?

Il modellismo dinamico è la riproduzione in scala di veicoli telecomandati, che possono essere a scoppio o elettrici. Noi prendiamo i secondi, meno pericolosi e sopratutto meno impattanti, costano un po’ di più, ma necessitano anche di minore manutenzione.

 

La vostra associazione dov’è situata e quanti soci siete ? 

Siamo a Nichelino all’interno dell’agriturismo Il Giardino dei Sapori. Sono una Trentina di soci, con un’età che varia tra gli 8/10 anni (4 componenti) fino ad arrivare ad un veterano di quasi 76 anni. La nostra pista è a disposizione di chiunque voglia provare .

 

Cerchiamo di capire come funziona una gara e quali sono le caratteristiche di una pista.

Noi siamo nella categoria OffRoad, quindi utilizziamo dei Buggy e di conseguenza necessita una pista in terra con dei salti, che sia larga almeno 3 metri e una percorrenza di 210/300 metri, dotata di ostacoli e salti. E’ necessaria una struttura “palco” perchè si guidano i modellini dall’alto e deve essere posta ad un altezza di almeno 2,85 metri. Una competizione simile alla Formula Uno, con le qualifiche e poi a seguire con delle finali, ogni sessione di gara dura dai 5 ai 7 minuti e vince chi impiega meno tempo  a correre lungo la pista. Si inizia sempre con un “Briefing”, dove vengono fatte una serie di raccomandazioni come evitare parolacce, visto che ci sono tanti bambini  e comportamenti scorretti. I concorrenti che guidano sono 10 in genere e in pista ci devono essere almeno 6 persone, che fungono in un certo senso dei Recuperi. 

 

Avete dei piloti professionisti ?

Attualmente nel PiranhaTeam  io sono pilota di punta: passo  interi week end in pista ad allenarmi e a gareggiare. Un hobby di famiglia, anche mio  padre Carlo Albanese circa 20 anni fa correva anche lui, attualmente è il meccanico ufficiale. 

 

Hai degli sponsor ?

Ho sposnor Internazionali che ci aiutano con i materiali e le macchinine 

modellismo alban2

A che età hai cominciato con il modellismo?

Ho iniziato nel 2005 in una pista a Collegno, sempre con dei Buggy. La mia prima gara è stata un Campionato Regionale al quale ho partecipato con la categoria 4WD ” quattro ruote motrici” poi nel 2007 grazie a mio a padre abbiamo tirato su una pista, dove abbiamo fatto parecchi campionati italiani e regionali. Ad oggi ho vinto 3 volte il campionato italiano, con possibilità di fare campionati europei e mondiali.

Vi aspettiamo a Nichelino in Via Buffa 79 !

 

info pistamcrae.wix.com/pista-mcrae

Da "Una pura formalità" di Tornatore la piece teatrale di Glauco Mauri

mauri teatro“Una pura formalità” kafkiana ha per protagonisti Glauco Mauri e Roberto Sturno

 

Uno dei film di Giuseppe Tornatore considerato tra i più belli in assoluto,  ” Una pura formalità”, viene trasposto in teatro e sarà di scena fino a domenica 31 gennaio al teatro Astra,  per la versione teatrale e la regia di Glauco Mauri, interpreti lo stesso Mauri e Roberto Sturno.Si tratta del racconto di una lunga, misteriosa notte in cui un uomo aiuta un altro uomo a cercare di capire quel viaggio stupendo e a volte terribile, ma sempre affascinante,  che è la vita.  Si tratta del racconto di un omicidio e di un famoso scrittore Onoff, che, trovato a vagare sotto la pioggia senza documenti, viene fermato per accertamenti. Un serrato interrogatorio condotto da un commissario ambiguo, duro e impietoso, diventa l’occasione per stimolare lo scrittore a comprendere, innanzitutto, se stesso. Egli ricostruira’ la sua vita pezzo per pezzo, in un’ angosciosa ricerca di prove della propria esistenza. Gli squarci che via via si aprono nella mente del protagonista permettono la ricostruzione del suo passato durante un serrato interrogatorio, che si svolge in un inquietante commissariato di polizia, in cui domina una prospettiva irregolare. Libri e faldoni sono ingrigiti dagli anni, i muri coperti da misteriosi graffiti e l’orologio è senza lancette, quasi a indicare che il tempo si sia fermato. Lo spettatore arriverà alla verità come in un thriller,  con colpi di scena continui, fino al finale del tutto inatteso.

 

Quando l’omonimo film di Tornatore uscì nelle sale nel ’94, fu accolto con una parziale diffidenza a causa  della sua inquietante novità. Ne erano protagonisti Gerardo Depardieu e Roman Polanski con Sergio Rubini.  Nello spettacolo teatrale Roberto Sturno interpreta lo scrittore Onoff e Glauco Mauri il commissario. A Tornatore fu riconosciuto un grande coraggio nell’ aver realizzato un film così teatrale, letterario e pirandelliano, che  più che raccontare una storia, suggerisce un’idea e una riflessione sulla vita,  la morte e la memoria. Il testo ha voluto suggerire l’idea che siamo tutti un po’ fuori posto, un po’ a disagio nei panni che indossiamo. La trasposizione teatrale messa in scena da Glauco Mauri risulta uno spettacolo avvincente e al tempo stesso ricco di mistero. Particolarmente significativa e inconsueta risulta la musica, rappresentata dal rumore incessante della pioggia e da cupi tuoni lontani. In un continuo passaggio dalla luce al buio, soltanto alla fine tutto si plachera’ e la pioggia cesserà,  il silenzio si farà musica e la luce si distendera’ in un chiarore. Il testo teatrale, come il film, suggerisce numerose domande necessarie all’uomo per fargli comprendere quel viaggio stupendo e, al tempo stesso difficile, che è la vita.

 

 Mara Martellotta

 

Venerdi 29 gennaio ore 21

Sabato 30 gennaio ore 18.30

Domenica 31 gennaio ore 18.

 

Teatro Astra via Rosolino Pilo 6

A forza di essere vento..Porrajmos, il genocidio dimenticato

ZINGARI LAGERAl pari della Shoah (lo sterminio di sei milioni di ebrei nei campi di concentramento nazisti), durante la seconda guerra mondiale ci fu un altro genocidio. Quello dei rom e sinti, basato su analoghe teorie razziste

 

Fare memoria significa non fare mai della giornata del 27 gennaio un passaggio rituale. Ricordare l’abbattimento dei cancelli di Auschwitz  equivale a ricordare tutte le deportazioni e non dobbiamo mai smettere di farlo, pensando alla testimonianza di tutti coloro che hanno vissuto la terribile esperienza dei campi di sterminio, i sopravvissuti che non si sono mai stancati di raccontare che “questo è stato”, e i milioni di uomini, donne e bambini che nei campi di sterminio sono stati annientati, annichiliti, uccisi. Il giorno di Auschwitz ci obbliga a ricordare la deportazione degli ebrei e tutte le altre deportazioni. I Rom caddero vittime dello stesso atroce destino. Il nazismo li dichiarò “razza inferiore” e così furono costretti all’internamento, al lavoro forzato, e, infine, allo sterminio. Per raccontare ciò che accadde, usando una parola, si scrive Porrajmos, o Samudaripen, ma in pochi lo leggono o sanno che cosa vuol dire. Al pari della Shoah (lo sterminio di sei milioni di ebrei nei campi di concentramento nazisti), durante la seconda guerra mondiale ci fu un altro genocidio. Quello dei rom e sinti, basato su analoghe teorie razziste. In lingua romanì, quella parlata dai rom, porrajmos vuol dire proprio distruzione: l’annientamento di almeno 500mila persone di etnia rom e sinti nei lager dell’Europa Orientale, ma anche in Italia, come nei campi di Agnone, di Berra e nelle Tremiti. Furono uccisi in Unione Sovietica e in Serbia e deportati nei campi di concentramento di Bergen-Belsen, Sachsenhausen, Buchenwald, Dachau, Mauthausen, Ravensbruck. Una bella canzone di Fabrizio De Andrè  “Khorakhané ( A forza di essere vento)” li ricorda: “..i figli cadevano dal calendario/ Jugoslavia,Polonia,Ungheria/ i soldati prendevano tutti/ e tutti buttavano via..”. I khorakhané (alla lettera: i “lettori del Corano”) sono una tribù rom musulmana di origine serbo-montenegrina. Il viaggio per i rom è necessità e tradizione, ma nella canzone di De Andrè diventa molto di più: è il simbolo stesso della libertà.

 

LiZINGARI LAGER2La libertà è come il vento, che può viaggiare continuamente da est a ovest e da nord a sud. Ma nel vento, dopo essere stati cremati nei lager, ci finirono a centinaia di migliaia. Furono, come già ricordato, almeno mezzo milione gli Zigeuner – usando il termine dispregiativo tedesco, cioè gli “zingari”– uccisi nei campi di sterminio nazisti dagli assassini con la croce uncinata. Oltre ventimila nel solo Zigeunerlager, il campo loro riservato dentro al campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau, tra il febbraio 1943 e l’agosto 1944. A migliaia trovarono la morte Jasenovac, sulla sponda sinistra del fiume Sava, nel campo costruito nel 1941 dal regime ustascia di Ante Pavelic. Un regime nato il 10 aprile di quell’anno con il sostegno della Germania nazista e dell’Italia fascista. A quel tempo la  Repubblica Indipendente di Croazia NDH, si estendeva dall’attuale territorio della Croazia – esclusa l’area occupata dall’esercito di Mussolini – alla Bosnia Erzegovina e parte della attuale Serbia. Dopo il 1945 altre persecuzioni sono seguite, con il mondo rimasto a guardare. Solo venti anni fa si è parlato di pulizia etnica in ex Jugoslavia, dall’altra parte dell’Adriatico, davanti a noi. E le cancellerie hanno lasciato fare, prima di intervenire. Il giorno della memoria, per essere utile, deve servire a scolpire in noi, nella nostra coscienza civile  l’inaudita eredità della storia dietro di noi. Non dobbiamo mai abbassare la guardia sui nostri valori. Il rispetto di tutte le etnie, l’accoglienza, il loro diritto di cittadinanza, non possono essere parole vuote. Sono le nostre azioni concrete a dare senso a ciò in cui diciamo di credere. Sono i valori della nostra Costituzione, un testo bello e attuale che spesso qualcuno vuole peggiorare. Le semplificazioni del quotidiano invece, e spesso, ci allontanano dalla memoria di quel che è stato e ci inducono a sottovalutare i mai sopiti segnali di intolleranza verso le differenze. Ricordare tutte le deportazioni serve a far sì che le nostre città siano luoghi di accoglienza e rispetto di tutti. Ad ognuno di noi, per ciò che può e per ciò che deve, il compito di renderlo possibile.

 

Marco Travaglini

Le ‘Panchine rosse’ per dire NO alla violenza

panchine donne violenzaDiventano così l’emblema del “posto occupato” da una donna vittima di femminicidio

 

Camminando per la città potrebbe capitarvi di sentirvi osservati da due grandi occhi che vi guardano insistentemente. È la nuova iniziativa della Città di Torino per ribadire con forza un secco no alla violenza sulle donne, attraverso l’installazione permanente di alcune panchine rosse sparse nei parchi della città. Le ‘Panchine rosse’ diventano così l’emblema universale del “posto occupato” da una donna vittima di femminicidio, simbolo e segno tangibile open-air di un vuoto causato dalla violenza. 

Per scoprire dove sono le panchine: http://goo.gl/fTfDMV

 

www.comune.torino.it

Canapa, uso terapeutico in fase di partenza

molinetteLa Giunta regionale  è anche pronta a istituire una commissione scientifica per ampliare gli studi e le ricerche sull’impiego e sugli effetti della canapa

 

In Piemonte il primo passo ufficiale per mettere in pratica l’uso terapeutico della canapa. La Commissione regionale Sanità di Palazzo Lascaris ha infatti approvato la delibera regionale di indirizzo che fa proprie le disposizioni contenute nel cosiddetto ‘decreto Lorenzin’ del ministero.

Presto l’Assessorato alla sanità, in base alle richieste emerse in Commissione, manderà un’informativa a tutte le Asl piemontesi e a tutti i medici di famiglia, per approfondire la conoscenza dell’impiego, le modalità di prescrizione e le forme di rimborso. La Giunta regionale  è anche pronta a istituire una commissione scientifica per ampliare gli studi e le ricerche sull’impiego e sugli effetti della canapa.

Gruppo di lavoro per l'ospedale Asl To5

accordo_ospedale_to5L’assessore alla Sanità, Antonio Saitta, ha insediato il gruppo di lavoro tecnico trasversale, interno alla Regione Piemonte, incaricato di seguire direttamente l’attuazione dell’iter per la realizzazione del nuovo ospedale unico dell’asl TO5. Ne fanno parte dirigenti e funzionari delle Direzioni regionali Sanità, Ambiente, Pianificazione territoriale, Trasporti ed Opere pubbliche

 

“Per l’ospedale unico della TO5 – osserva Saitta – il protocollo d’intesa firmato il 3 dicembre scorso dalla Regione con i Comuni di Carmagnola, Chieri e Moncalieri prevede che l’area sarà individuata dalla Regione sulla base di precisi criteri: contesto urbano (esposizione, qualità del suolo, qualità urbana dell’intorno); baricentricità valutata sia in rapporto alla dislocazione sul territorio degli utenti sia ai tempi necessari per raggiungere l’area; facilità di accesso che dovrà essere garantita a tutti i cittadini del territorio di riferimento ad una pluralità tipologica di accessi, sia di carattere infrastrutturale, sia con sistemi alternativi, anche attraverso la previsione del servizio di elisoccorso; rete infrastrutturale e di sottoservizi già esistente e strutturata o che richieda minimi investimenti per la sua integrazione; rete di trasporto pubblico o comunque sua possibile integrazione; fattibilità dell’intervento in relazione ai vincoli di carattere idrogeologico e ambientale. Questioni tecniche puntuali sulle quali entro quindici giorni i vari settori, ciascuno per la propria competenza, mi forniranno relazioni dettagliate. Sulla base di questi criteri, la Regione individuerà ancora prima della localizzazione dei terreni le zone che corrispondono alle caratteristiche concordate con i sindaci”.

 

“Un metodo di lavoro trasparente – conclude Saitta – che ci consentirà a breve di valutare oggettivamente le numerose candidature locali. Il nostro obiettivo è realizzare in tempi rapidi lo studio di fattibilità e mettere a gara la progettazione, la realizzazione e la gestione del nuovo ospedale unico.”

 

Gianni Gennaro

gianni.gennaro@regione.piemonte.it

Dalla Regione arriva un fondo di 12 milioni per sostenere le piccole e medie imprese

REGIONE PALAZZO

 I tassi di interesse, inferiori a quelli di mercato, sono stati predefiniti per ogni classe di rating

 

Una misura anticrisi della Regione attiva attraverso Finpiemonte un fondo di 12 milioni di euro. L’obiettivo? sostenere gli investimenti delle piccole e medie imprese. Il fondo, denominato  “Tranched Cover Piemonte”, prevede un intervento a garanzia dei finanziamenti che saranno concessi da tre istituti bancari: Unicredit, Intesa San Paolo e Monte dei Paschi di Siena. L’iniziativa intende allargare il perimetro del credito e abbassarne il costo, per rilanciare gli investimenti.

 

Il finanziamento, che dovrà essere concesso entro il 30 settembre 2016, potrà spaziare da 25mila euro ad un milione di euro per ogni beneficiario. I tassi di interesse, inferiori a quelli di mercato, sono stati predefiniti per ogni classe di rating.

 

L’assessore regionale alle Attività produttive, Giuseppina De Santis, spiega che “non si vuole replicare ciò che fanno le banche, ma operare per un maggiore accesso al credito laddove il mercato arriva con difficoltà. Questa misura, che movimenterà risorse per circa 150 milioni, potrà dare un forte impulso alla ripresa degli investimenti, contribuendo al rafforzamento del tessuto economico piemontese”.

 

“Si tratta – ha aggiunto il presidente di Finpiemonte, Fabrizio Gatti – di una manovra aggiuntiva e non sostitutiva dei finanziamenti bancari. E’ la prima volta che la finanziaria regionale fa una cosa del genere, che rientra appieno nella sua funzione di sostenere l’economia piemontese”.

 

(Foto: il Torinese)

E' CARNEVALE, CAVAGNOLO IN FESTA!

carnevaleSabato 30, dalle ore 15, ci sarà il Carnevale dei bambini al Palazzetto dello sport

 

Con la polentà a baccalà a mezzogiorno, svoltasi domenica 24 gennaio, al circolo Stazione, organizzata dalla Polisportiva, è partita la serie di manifestazioni del carnevale di Cavagnolo. Sabato 30, dalle ore 15, ci sarà il Carnevale dei bambini al Palazzetto dello sport, a cura della pro loco. E sempre questa associazione domenica 7 febbraio andrà invece ad organizzare, alle ore 11.30, in piazza Vittorio Veneto, la fagiolata. Martedì, poi nuovamente pro loco sarà l’anima della polentata con salsiccia, al centro culturale Martini (dalle ore 18.30). Infine il tour della pro loco attraverso Cavagnolo si concluderà a mezzogiorno di domenica 21, con polenta e salsiccia al Borgo Allegria.

Massimo Iaretti