LIFESTYLE- Pagina 407

Torino e Myanmar per le imprese

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Fassino ha ricordato che l’ex capitale di Sato “è una città in crescita che offre occasioni di investimento, scambio e lavoro”

 

Due ex capitali di Stato, due città che nel passato hanno lottato per la Libertà, sono oggi più vicine. Piero Fassino, sindaco di Torino, e U Hla Mynt, primo cittadino di Yangon città del Myanmar (quella che un tempo era chiamata Birmania) hanno firmato in memorandum d’intesa durante una cerimonia presieduta dal vice presidente del consiglio comunale Silvio Magliano. Nel suo intervento Fassino ha ricordato che l’ex capitale di Sato “è una città in crescita che offre occasioni di investimento, scambio e lavoro che la nostra città e le nostre imprese vogliono cogliere, sempre nell’ottica di una crescente internazionalizzazione di Torino”

Massimo Iaretti

Vita in Barriera ieri e oggi tra nostalgia, disagio e speranza

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balo3balon1porta palazzoIo sono Nato in Barriera e quasi tutti i giorni ci torno. Per portare la figlia al Liceo. Per fare spesa. Ci sono ancore “mitiche” panetterie pugliesi. e finalmente dopo tanti anni il mercato di piazza Foroni o Cerignola. Si stanno realizzando i lavori di adeguamento, ed ovviamente nei banchi i non italiani aumentano nella gestione. Tanti negozi gestiti da orientali.

 

Io ci sono nato in Barriera. Barriera di MIlano. Era un pezzo di città nella Città. A metà degli anni 70 venne realizzato uno studio sugli anziani Torinesi, I più longevi erano i cittadini nati, vissuti per tutta la loro vita  in Barriera. in altre parole si stava bene. Persone che dalle case di ringhiera si spostavano in “moderni” casermoni anni 60 e 70. Persino il mercato immobiliare era tra i più sostenuti. E sapete perché? Molto presente la comunità pugliese, in particolare quella di Cerignola. Si diceva che le famiglie volevano restare unite. Figli e figlie sposati volevano restare vicini ai genitori affittando e poi comprando alloggi vicini. Io 58 anni fa sono nato in Barriera. Vent’anni fa sono scappato. Cominciavo a non riconoscerla più, sentndomi un po’ lontano da me stesso. Forse quasi uno che tradisce. Una volta si diceva lontano dalle proprie radici. Tante, forse troppo cose sono cambiate. Inesistenti le vecchie Boite. Artigiani che spesso e volentieri si erano formati in Fiat come operai specializzati. Tornitori o fresatori. Maestri ed artisti nel loro genere. Io sono Nato in Barriera e quasi tutti i giorni ci torno. Per portare la figlia al Liceo. Per fare spesa. Ci sono ancore “mitiche” panetterie pugliesi. e finalmente dopo tanti anni il mercato di piazza Foroni o Cerignola. Si stanno realizzando i lavori di adeguamento, ed ovviamente nei banchi i non italiani aumentano nella gestione. Tanti negozi gestiti da orientali.

 

Sabato un signore comprensibilmente inveisce contro tre zingari. Due bambini si arrampicavano dentro i contenitori d’indumenti usati. E l’adulta, con tono stizzito gli dice di non preoccuparsi. Quando la voce si alza si dileguano. Rimango solo con il passante per scambiare “quattro parole”. Cerco di calmarlo dicendo che il suo comportamento per quanto encomiabile è inutile e rischia di far danno solo alla sua salute. Mi risponde deciso ed educatamente racconta: “Sono stato per 37 anni vigile. Ora sono in pensione. Sono nato e vissuto in Barriera, vede abito lì dietro. Non posso sopportare che facciano quello che vogliono in casa mia. Poi , sa? rubano questi vestiti per poi rivenderli a Porta Palazzo. Io continuo a insistere: non si arrabbi. l’unica soluzione è andarsene. Lui nega, quasi si spazientisce e poi confessa. “Lei mi dice le stesse cose dei miei figli. Ma chi ha venduto ha svenduto. Qui anche le case valgono poco”. Ci si saluta. Finisco la spesa. Nella pasticceria scopro che il 24 maggio si festeggiano i 100 anni della scuola materna Gabelli. Io che sono nato in Barriera, lì ho fatto le elementari. Con la maestra che a ottobre ci faceva disegnare i cachi perchè si vedevano dalle finestre interne al cortile. Parliamoci chiaro questa si chiama nostalgia. e si sa la nostalgia è figlia di un tempo che non ritorna. Anche perchè, cara Barriera, sono andati oltre. Il ricordo è mio e nostro. Il presente di altri. Sento, comunque, che qualcosa posso ancora fare. Raccontare. Magari sarà l’inizio di qualcosa di positivamente nuovo. Ci si “rivede” sempre su questo giornale.

 

(Foto: il Torinese)

Patrizio Tosetto

Le 10 star peggio pettinate dello showbiz (1° Rihanna)

capelliVediamo insieme le 10 celeb peggio pettinate di sempre

 

A chi non è capitato almeno una volta nella vista di sbagliare taglio? Lacrime, disperazione nera, ma alla fine i capelli, fortunatamente, ricrescono. E un errore ci può anche stare, l’importante è non perseverare. E consolatevi: a “toppare”, nonostante i vari consulenti di immagine e i parrucchieri “stellati” di cui dispongono, sono anche le celeb. Ad alcune è capitato di sbagliare una, due volte al massimo nella propria vita sotto i riflettori. Altre sono delle “peccatrici seriali”. Vediamo insieme le 10 celeb peggio pettinate di sempre

 

1.Rihanna: La voglia di cambiamento e la sua l’estrosità non giustificano i terribili (e frequenti) haircut della cantante. Colori indecenti, undercut e skrillex al limite dell’arresto. Un consiglio Riri: datti una calmata e cambia hair stylist!
2.Beyonce: Un’altra che non trova pace. Sappiamo per certo che i suoi cambi di look sono (de)merito delle numerose parrucche. Ma in certe occasioni avrebbe dovuto scegliere con più cura. Colori azzardati, frangette improponibili, e l’unica volta che ha provato a tagliarli cortissimi (con tanto di documentazione sui social) i fan le si sono rivoltati contro
3.Kelly Osbourne: Capostipite dei capelli verdi, viola e grey che tanto vanno di moda di questi tempi, quello che sbaglia è abbinare colori fluo a tagli esagerati, undercut o retrò. O si osa col colore, o col taglio: tutte e due insieme fanno reato.
4.Lady Gaga: Stesso discorso di Rihanna e Beyoncè. È vero che le parrucche assurde con le quali si presenta ai concerti o agli eventi ufficiali sono diventate il suo marchio di fabbrica, ma quando si spoglia dei costumi di scena e le ripone nell’armadio, spereremmo di vederla pettinata normale. Invece toppa anche con i suoi capelli naturali. Il talento musicale è indubbio, il gusto estetico lascia a desiderare.
5.Renée Zellweger: L’attrice premio Oscar ha nei capelli il suo punto debole, va detto. Come da lei stessa più volte confessato, sono spenti, fini e radi. Certo però ci mette del suo, nella scelta del colore e della lunghezza, per peggiorare la situazione. Il taglio più azzeccato era forse quello dei tempi di Bridget Jones. Abbiamo detto tutto..
6.Kristen Stewart: La protagonista di Twilight, che pure ha dei capelli naturalmente belli anche se non foltissimi, fa di tutto per penalizzarsi. Quando li lascia lunghi e selvaggi può andare, quando passa al corto fa degli scivoloni da manuale. Tagli e colori che non le donano affatto. Chi la consiglia sarebbe da denuncia
7.Christina Aguilera: Biondi ossigenati, punte colorate fluo, frangette mal tagliate. Quando non insiste con la manie delle treccinee del frisè. Orrore!
8.Gwen Stefani: La manie della decolorazione sempre e comunque (quando non è abbinata al bicolore shock) la fanno entrare di diritto nella classifica. Ci piacerebbe vederla almeno una volta se non del suo colore naturale, con un’altra tinta.
9.Quelle che… hanno toppato una volta o due. Di norma strappano la sufficienza, un paio di volte hanno proprio toppato: come il corto biondo ossigenato di Anne Hathaway, il caschetto bicolore di Drew Barrymore, quello sfilato e sciapo di Cameron Diaz, l’undercut esagerato di Scarlett Johansson e i boccoloni da pecora Dolly di Jennifer Lopez agli Oscar.
10.Le italiane. Tra i peggiori hair cut degli ultimi tempi: Eva Riccobono, con caschetto e frangetta, Micaela Ramazzotti coi capelli corti e scuri, Claudia Pandolfi con alcuni tagli corti da dimenticare. Ovviamente, questo è il nostro parere, non tutti i gusti sono alla menta…

 

(www.dilei.it)

Turin Half Marathon, domenica al Borgo

Privilegiata la corsa maschile che vedrà sulla linea di partenza del Borgo Medievale il keniano Benard Kipkemoi e i connazionali Gideon Kurgat e Henry Mukuria

 

MARATHON 2015Domenica 24 maggio a Torino si corre la mezza maratona, la Turin Half Marathon, con partenza alle ore 9 dal Borgo Medievale del Parco del Valentino. La manifestazione si svolgerà tra le ore 9 e le ore 12 circa. Privilegiata la corsa maschile che vedrà sulla linea di partenza del Borgo Medievale il keniano Benard Kipkemoi e i connazionali Gideon Kurgat e Henry Mukuria. Il loro valore in termini cronometrici è molto simile e lascia aperta la gara. I tempi di accredito sulla mezza maratona sono rispettivamente di 01:03:37, 01:03:19 e 01:03:05Kurgat e Mukuria appartengono al team Run2Gether che ne ha scoperto il talento ed entrambi si allenano a Kiambogo, piccolo villaggio sull’altipiano keniano. Mukuria è compagno di allenamento di Geoffrey Gikuni, maratoneta da 02:08. Kipkemoi si allena con la Demadonna Athletics e, grazie alla sua giovane età (1994), ha già ottenuto i primi risultati su tutte le distanze del mezzofondo e del fondo. A dare loro battaglia, l’azzurro Danilo Goffi. La carriera sportiva dell’atleta si caratterizza per essere stata fino al 2012 agonistica ad alto livello, conquistando anche il traguardo della Turin Marathon del 2005 e un argento, sulla stessa gara, nel 2002. L’atleta, con un personal best sui 42 chilometri di 02:08:33 ottenuto a Rotterdam nel 2008, affronta la seconda parte della sua carriera sportiva riscoprendo quella passione e quella voglia di correre che gli permettono, oggi, di allenarsi con costanza e dedizione come se fosse un atleta top anche se over quaranta. la s con un tempo di tutto rispetto, e una seconda stagione che ha visto tornare in lui quella passione e quella voglia di corre che glia hanno permesso di allenarsi con costanza e dedizione quale atleta top anche se over quaranta. Tra le ore 9 e le ore 9.30 ci saranno rallentamenti sul ponte Regina Margherita perché sarà limitata la circolazione (non interdetta). Tra le ore 9 e le ore 10 saranno chiusi i ponti di corso Vittorio Emanuele e di piazza Vittorio Veneto/Gran Madre. Corso Moncalieri, da Moncalieri, sarà sempre percorribile, mentre da Torino a Moncalieri sarà vietato percorrerlo tra le ore 9 e le ore 10.30. Corso Maroncelli, tra via Ventimiglia e via Genova, sarà chiuso al traffico tra le ore 9.45 e le ore 11.30. Corso Unità d’Italia risulterà sempre percorribile. Per circa un paio d’ore quindi non sarà possibile accedere a Nichelino da piazza Bengasi e a Moncalieri da corso Moncalieri

Al via il Day Service dell'Ospedale di Susa

LETTO OSPEDALEAl centro il problema clinico del paziente. Ridurrà gli accessi impropri ottimizzando i percorsi di cura

Dopo la sua visita all’Ospedale di Susa, la scorsa settimana e dopo aver condiviso il progetto, il Dr. Flavio Boraso – Direttore Generale dell’ASL TO3 ha deciso di attivare con immediatezza il nuovo centro diurno multispecialistico dell’Ospedale di Susa: si tratta di una innovativa sperimentazione di assistenza incentrata non più sulla prestazione sanitaria ma sul problema clinico del paziente; in particolare riguarda la gestione di casi la cui soluzione richiede l’erogazione di indagini cliniche e strumentali, previste da uno specifico percorso diagnostico terapeutico. Questo nuovo modello assistenziale, denominato Day Service, è finalizzato a razionalizzare l’assistenza ospedaliera migliorando l’appropriatezza nell’uso dell’ospedale, rendendo possibile il trasferimento di una consistente quota di attività dal regime di ricovero, in particolare di day hospital, ad un modello assistenziale alternativo, di tipo ambulatoriale.

 

La particolare collocazione geografica, nonché la tipologia dell’utenza distribuita su di un ampio territorio, rendono il Presidio di Susa una collocazione ideale per l’attuazione del progetto. Peraltro l’iniziativa rientra anche nelle previsioni di attività da mantenere e svolgere a Susa in base a un protocollo definito recentemente ed oggetto di condivisione con l’Assessorato alla Sanità della Regione Piemonte e con i sindaci del territorio. Dal punto di vista logistico la realizzazione ed attivazione di questo nuovo servizio si rende ora possibile grazie agli interventi eseguiti nell’ex reparto di ortopedia/chirurgia, attività trasferite nella nuova ala dell’Ospedale di Susa; il nuovo servizio di Day Service è sito al primo piano dell’Ospedale di Susa e sarà operativo, nella prima fase di avvìo, tutti i giorni dal lunedì al venerdì dalle ore 8.30 alle ore 12.30. Successivamente, si provvederà a misurare, attraverso appositi indicatori, l’impatto del nuovo servizio in modo tale da poterne implementare le attività estendendone l’orario. Parallelamente sarà attivato anche l’ambulatorio di prericovero centralizzato per tutte le specialità di area chirurgica dell’Ospedale di Susa (Chirurgia Generale, Ortopedia e Ginecologia). Sarà inoltre trasferito, in questi giorni, il Day Hospital dal 2° piano (presso il reparto di Medicina) all’interno del centro diurno multi specialistico, per migliorare l’integrazione con le attività del Day Service.

 

Il modello operativo di presa in carico prevede che i pazienti potranno essere inviati il Day Service di Susa (e, successivamente, anche presso il C.A.P. di Avigliana) seguendo i seguenti criteri: le richieste (effettuate da Medici di Medicina Generale, Pronto Soccorso, Specialisti ambulatoriali del territorio, derivanti da dimissioni da Presidi Ospedalieri ASLTO3 e/o da altre ASL) perverranno al Day Service di Susa (e, in una seconda fase anche al C.A.P. di Avigliana), saranno  prese in carico da un Medico gestore del percorso clinico coadiuvato dal coordinatore infermieristico del servizio di Day Service e dal Servizio di Assistenza Primaria che si occuperanno di programmare e condividere il processo assistenziale con l’equipe sanitaria anche in accordo con i referenti del territorio.“La creazione del Centro diurno multispecialistico nell’Ospedale di Susa è elemento strategico per il servizio reso, in quanto permette di migliorare l’appropriatezza delle cure e la continuità del percorso assistenziale in un’ottica di sempre maggiore  integrazione tra i servizi ospedalieri e quelli territoriali” sottolinea il Dr. Flavio Boraso – Direttore Generale dell’ASLTO3 “garantendo altresì il miglioramento nell’erogazione dei servizi sanitari rispetto ad attività sanitarie intermedie, clinico-assistenziali, nel controllo e monitoraggio delle patologie croniche”.

 

In effetti il nuovo servizio è stato progettato e implementato grazie alla fattiva collaborazione della Direzione Sanitaria di Susa con i Medici e Coordinatori infermieristici, con l’evidente obiettivo di contrastare l’inappropriatezza di quelle prestazioni (DRG) non più ammissibili in ricovero ordinario, di ridurre gli ingressi inappropriati al Pronto Soccorso, implementare la dimissione dai reparti per acuzie, favorire la continuità assistenziale, nel momento in cui l’utente viene seguito sempre dallo stesso specialista, ridurre i tempi di attesa. Il Servizio Diurno Multidisciplinare attivato a Susa rappresenta ad oggi un unicum nel panorama aziendale dell’ASLTO3, ma verrà valutata la successiva estensione ad altri presidi. Inoltre, il possibile ed ipotizzabile contributo della telemedicina per la gestione dei pazienti cronici rappresenterà un ulteriore motivo di performance del suddetto modello organizzativo.

 

Ufficio stampa ASL TO 3

Il parco del Valentino si tinge di rosa con la Valentina

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Madrina della manifestazione sarà Maura Viceconte, in un giorno che per lei vuole dire tanto. Il 21 maggio fu, infatti, il giorno in cui diventò primatista italiana in maratona e sempre nella stessa data, quattro anni fa, mamma di Gabriele

 

Tutto pronto per il 21 maggio quando si svolgerà la Valentina, manifestazione non competitiva rivolta alle donne. Questa manifestazione nasce negli anni novanta quando, quasi in contemporanea, due podiste, una a Central Park e una in un parco torinese, furono violentate durante il loro consueto allenamento settimanale, diventando così l’evento simbolo del diritto che ogni donna ha di correre liberamente nei parchi senza essere oltraggiate. In un’ottica di sensibilizzazione del territorio si è scelto, nei vari anni, di svolgere la manifestazione nei diversi parchi della città: quest’anno la Valentina ritornerà nella sua sede storica, il parco del Valentino.Il 2015, oltre a essere un anno di sensibilizzazione sarà anche un anno di celebrazione. Un modo per festeggiare le donne che corrono, nello sport e nella vita. In questi ultimi anni la corsa in rosa sta crescendo a livelli esponenziali introducendo nuovi modi di vivere questo sport quali la partecipazione, il divertimento e il benessere. La TuttaDRITTA dello scorso 24 aprile ne è stato un esempio. La manifestazione, infatti, ha riscontrato una partecipazione al femminile del 35% sulla totalità degli iscritti.

 

L’appuntamento, quindi, è per il 21 maggio 2015 alle ore 19.00. La corsa-camminata si svolgerà su un percorso ad anello di circa due chilometri e mezzo da ripetere due volte. Partenza e arrivo al Borgo Medievale, che poi da venerdì 22 maggio diventerà la sede logistica della Turin Half Marathon – mezza maratona dell’Arte, il primo degli appuntamenti inseriti nella collaborazione tra Turin Marathon e la Fondazione Torino Musei. Ad attendere tutte le partecipanti della Valentina ci sarà un ricco rinfresco e per tutte coloro che lo vorranno sarà possibile acquistare la maglietta ricordo della manifestazione. Madrina della manifestazione sarà Maura Viceconte, in un giorno che per lei vuole dire tanto. Il 21 maggio fu, infatti, il giorno in cui diventò primatista italiana in maratona e sempre nella stessa data, quattro anni fa, mamma di Gabriele.  Maura Viceconte è l’esempio di come le difficoltà della vita si possono affrontare e superare: la formazione che le ha dato lo sport le ha permesso di affrontare e sconfiggere una malattia importante, tornando forte e determinata come  e più di prima.

 

Iscrizioni – sarà possibile iscriversi online, sul sito www.turinmarathon.it, fino alle 12.00 di giovedì 21 maggio 2015, in alternativa, per tutto coloro che non l’avranno fatto sarà possibile iscriversi personalmente al Borgo Medievale dalle ore 18.00 alle ore 18.45. La partecipazione è gratuita.

I migranti nelle caserme torinesi e la solidarietà del ministro smemorato

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pinotti_grazianoLa città ospita esuli, rifugiati e immigrati da tre secoli. Anche senza Pinotti

 

 

Costruisci una capitale sulle caserme e sugli stabilimenti industriali, ti affezioni a immagini di baietti in coda al distretto militare e di baracchini che affollano il 92 sbarrato, ed è un attimo che i milioni di baionette si arrugginiscono e che la fabbrica si mette a parlare Inglese e a produrre in Serbia o a Detroit. Abbiamo appena festeggiato un trentennio di uscita dal club delle città con oltre un milione di abitanti, ed ecco che, con poca fantasia, la ministressa Pinotti (nomina sunt consequentia rerum, con tutto rispetto), a margine di una stanca passerella istituzionale al Salone del Libro, offre la disponibilità del Ministero della Difesa a offrire le caserme per alloggiarci i profughi dal Canale di Sicilia. La notiziona non ha generato frisson d’effroi  né in precollina né alla Falchera o alla case Snia. Neppure una misera raccolta firme di qualche esponente leghista in vena di battaglie di principio. Sarà che forse Torino le ha viste tutte? 

 

La ministressa forse non ha considerato il vezzo torinese di interpretare la Parigi di provincia, ospitando tra Otto e Novecento esuli, anime in pena e visitatori più o meno illustri in fuga dai quattro angoli del Pianeta: a Torino vennero a studiare, nascondersi o spegnersi, insieme a centinaia di attivisti carbonari, nazionalisti  e liberali (senza Torino non si sarebbe scritto Piccolo Mondo Antico), figure come Lajos Kossuth, Friederich Nietzsche, Juan Domingo Peròn, per citarne soltanto alcuni. Ma in fatto di profughi con minor fascino dell’esule maledetto, Torino non si fa insegnare nulla dalla prima Pinotti che passa: è stata la città italiana, dopo Roma, che ha ospitato più profughi italiani in fuga dalla Libia all’avvento di Gheddafi, e prima ancora dall’Istria-Dalmazia (acquartierati provvisoriamente, manco a dirlo, in casermette e fabbricati militari, prima di finire, in un inedito esperimento di dumping sociale, nei nuovi quartieri delle Vallette). Degli immigrati dal Sud è stato detto e scritto abbondantemente: hanno di fatto raddoppiato la popolazione nell’arco di due decenni, stravolgendo l’impianto sociale e urbanistico della città.  E’ difficile però spiegare oggi a un ventenne che il Calabrese degli anni ’60 non era meno malvisto del subsahariano di oggi, sopravvissuto a Lampedusa. Provate a fargli leggere La donna della Domenica (con visione dell’ottimo film) e forse se ne farà un’idea. Per quanto riguarda gli africani immigrati (o rifugiati, ché i confini tra categorie ahimé sono fluttuanti, e il balsero in fuga da Boko Haram può passare dallo status di richiedente asilo, guardato con colpevole solidarietà dalle anime pie dell’associazionismo, a quello di illegale guardato a vista nei container del Centro Identificazione ed Espulsione di Corso Brunelleschi), da almeno vent’anni ci ingegnano a metterli qua e là negli edifici sopravvissuti alla loro utilità.

 

Prendete le scuole: è dai primi anni ’90 che si insediano, ovviamente sempre “in via sperimentale” e attraverso il “progetto pilota”, gli immigrati negli edifici dismessi . Ci hanno provato a Mirafiori Sud, al Lingotto e persino alla Falchera, che di suo già non è una vetrina di qualità urbana. L’esperimento di solito non funziona. Sarà forse per questo che in una ex scuola delle Vallette sono finiti i Giudici di Pace, che sono un po’ i sans papier dell’amministrazione giudiziaria italiana. Per non parlare della più recente “riconversione delle riconversioni”: il villaggio olimpico del MOI, trasformato non in ricovero per poveri esuli, ma in repubblica autonoma multietnica, sottratta all’ordinamento italiano, fondata sulla delinquenza di strada e sulla risoluzione delle controversie a mezzo accoltellamento. In Municipio ancora conservano una galleria di immagini dei Sindaci degli anni eroici, quelli che si sono affannati a costruire case, scuole, fognature e ospedali  per evitare che trecentomila operai immigrati dalle campagne meridionali e insulari finissero a vivere nelle villas miserias e che Torino diventasse una disordinata metropoli sudamericana.  Noi Torinesi un Pincio non ce lo possiamo permettere: troppo vistoso. Ma non per questo bisogna dimenticare che Torino, in fatto di accoglienza, non deve certo aspettare la generosità fatta cadere dal Ministro pro tempore.

 

fv

Una storia di non amore

ANNIBALI

Come avviene in molti, troppi episodi di violenza contro le donne, anche in questo caso è stato l’abbandono a innescare la miccia del risentimento. Lo schema è purtroppo “classico”: il possesso scambiato per amore, la rabbia che diventa ferocia, fino all’essenza della crudeltà: l’acido in faccia.

 

“La disavventura di cui sono stata vittima mi ha insegnato ad avere più fiducia e rispetto nei confronti di me stessa. Mi ha aiutato a comprendere che voglio vivere una vita piena e intensa e ad amarmi di più”. Con queste parole l’avvocatessa Lucia Annibali ha esordito, sabato 16 maggio al Salone del Libro, per illustrare il volume autobiografico “Io ci sono. La mia storia di non amore”. All’incontro, promosso dalla Consulta delle elette del Piemonte, sono intervenute la presidente della Consulta Stefania Batzella, la coautrice del volume Giusi Fasano e la giornalista Stefanella Campana. “Tutto è cominciato il 16 aprile 2013 a Pesaro – ricorda Lucia Annibali – tornando a casa dopo essere stata in piscina. Ad attendermi, dentro il mio appartamento, trovo un uomo incappucciato che mi tira in faccia dell’acido sfigurandomi. Le ustioni, devastanti, corrodono anche il dorso della mano destra. Quella stessa notte viene arrestato come mandante dell’aggressione Luca Varani, avvocato, che con me aveva avuto una tormentata relazione troncata nell’agosto del 2012 e che, secondo la Magistratura, aveva assoldato per l’agguato due sicari albanesi, pure loro poi arrestati”.

 

Come avviene in molti, troppi episodi di violenza contro le donne, anche in questo caso è stato l’abbandono a innescare la miccia del risentimento. Lo schema è purtroppo “classico”: il possesso scambiato per amore, la rabbia che diventa ferocia, fino all’essenza della crudeltà: l’acido in faccia. Nel suo libro Lucia Annibali ripercorre la propria storia con quell’uomo, dal corteggiamento al processo (“Il tempo con lui è stato una bestia che digrignava i denti e io mi lasciavo sbranare”); passa in rassegna i momenti dell’emozione e quelli della sofferenza; racconta l’acido che scioglieva il suo viso (“Un minuto dopo la belva era ammaestrata”) e poi i mesi bui e dolorosissimi, segnati anche dal rischio di rimanere cieca. Per la sua tenacia, la sua determinazione e il coraggio di mostrarsi, oggi Lucia è diventata un’icona, un punto di riferimento per tutte le altre donne vittime dei propri aguzzini.

 

(www.cr.piemonte.it)

Il vero volto dei santi sociali secondo Laura Curino

gobetti teatro

Le vite dei Santi colte attraverso un racconto dell’intelligenza e dello spirito,  al di là degli scontati limiti agiografici

 

Atteso ritorno sul palcoscenico torinese, il 19 maggio al teatro Gobetti, di Laura Curino nel lavoro teatrale “Santa Impresa”, accanto, per la terza volta,  a Anagoor. Insieme, infatti, hanno già affrontato le biografie e la storia del Teatro giornale di Roberto Cavosi e hanno anche cercato di tracciare un’impossibile biografia di Giorgione, il maestro di Castelfranco, sullo sfondo di una Venezia al suo acme,  in “Rivelazione, sette meditazioni intorno a Giorgione”. In “Santa Impresa” vengono narrati, invece, l’intelligenza e lo spirito di quegli uomini  straordinari che vanno sotto la denominazione di “Santi sociali”. Furono quei Santi che, a Torino, si presero cura delle necessità,  delle ferite e dei dolori della gente del popolo e, in particolar modo,  dei giovani di un’Italia appena nata. Don Bosco, Cottolengo, Cafasso, Faa’ di Bruno, Murialdo, Giulia di Barolo, e anche don Orione,  Alamanni,  Frassati, Domenico Savio sono alcuni dei loro nomi più celebri. “Nessuna regione come il Piemonte – affermano Laura Curino e Derai – ha avuto tra il 1811, anno di nascita di San Giuseppe Cafasso, e il 1888, anno in cui morì Don Bosco,  una così elevata concentrazione di vite straordinarie  che scelsero i poveri e si impegnarono al loro servizio in imprese che hanno lasciato un segno nella vita torinese.  Riuscirono con il loro esempio di vita straordinario a colmare un vuoto   presente nella società,  animati da un ardente attivismo rivolto alle categorie sociali più bisognose. A muoversi furono ideali elevati e certezze incrollabile.  I Santi sociali furono, tuttavia, tormentati allo stesso tempo da quelle inquietudini tipiche degli altri uomini,   furono a tratti paradossalmente ribelli e reazionari insieme”.

 

“Risulta piuttosto facile, per questo motivo – prosegue Laura Curino –  cadere nell’agiografia,  proprio perché raccontare il “bene” è sempre un’impresa piuttosto ardua. Raccontare la vita degli uomini costituisce sempre un’impresa difficile, ancor più  se tali uomini sono dei santi. Infatti sussiste sempre un’immensa sproporzione tra la fissità di un volto che si è ormai cristallizzato nell’immaginario collettivo e la mobilità inafferrabile di una vita vissuta. Vera o romanzata che sia la loro esistenza,  contaminata o meno dal potere poetico conferito dalla memoria, torna anche nei sogni il ricordo di un secolo visionario, accompagnato dal senso romantico della sproporzione tra l’individuo e l’orizzonte che lo ha circondato “. Il procedere del lavoro teatrale, assolutamente non ispirato a criteri agiografici,  segue, invece,  uno schema di sette partizioni,  anche se non perfettamente cronologico. Si tratta di sette giornate che tentano di mettere a fuoco i cardini e l’avanzare della creazione, il compiersi,  dapprima solo abbozzato, e poi sistematico dell’ opera dei Santi sociali. I sette giorni echeggiano i sette giorni della Genesi biblica e propongono una visione dell’opera dei Santi in chiave divina, quale una struttura aperta e da compiersi, vale a dire una realtà in continuo divenire. Le sette stazioni suggeriscono anche allo spettatore la riflessione per porsi delle domande sul significato profondo della santità.

 

Mara Martellotta

 

Al teatro Gobetti fino al 7 giugno

Fondazione Teatro Stabile.

Mart- giov  Ore 19.30

Merc- ven- sab  Ore 20.45

I sindacati: "Telecom smembra Olivetti"

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“Un piano inaccettabile, spegne quel po’ che rimane di Olivetti”, dice la Fiom

 

Il piano di Telecom Italia per l’Olivetti prevede l’accorpamento dell’azienda di Ivrea  a Telecom Italia Digital Solution, per creare un polo informatico, mantenendo il marchio Salvati nella nuova Olivetti circa 200 dipendenti su 538. Invece 250 saranno spostati in altre aziende del gruppo, 40 prepensionati. I sindacati sono preoccupati e hanno proclamato 8 ore di sciopero per mercoledì prossimo. “Un piano inaccettabile, spegne quel po’ che rimane di Olivetti”, dice la Fiom.