La robiola di Cocconato, l’uva fragola, lo Zabasù e la panna cotta
Con l’arrivo dell’autunno, cresce la voglia di sapori morbidi e rassicuranti: Alberto Marchetti ha scelto di accompagnare questo periodo dell’anno con due gelati al gusto di uva fragola e robiola di Cocconato, che celebrano la semplicità dei prodotti stagionali, che non hanno stagionalità e possono essere vissuti tutto l’anno. Accanto a nuovi gusti, Marchetti ha preparato altre due golose novità, lo Zabasù e panna cotta. Due dolci che rappresentano una coccola autentica e preparata a regola d’arte. Con il suo sguardo appassionato verso il territorio, Marchetti per questo autunno ha voluto dar spazio alla qualità delle materie prime e la semplicità degli ingredienti, convinto che un buon gelato nasca da pochi elementi, ma perfetti. Ogni novità è un racconto del Piemonte, di artigianalità e di gusto puro. Un gelato che è un vero omaggio a un borgo del Piemonte, e che Alberto Marchetti ama, Cocconato, in provincia di Asti, è quello alla robiola di Cocconato. Formaggio “pat”, dal sapore delicato e leggermente acidulo, che si trasforma in una crema vellutata, elegante e avvolgente, capace di raccontare la storia e le tradizioni di un territorio antico. Ogni cucchiaio è un viaggio tra le colline tra profumi di erbe e latte appena lavorato, un’esperienza che unisce semplicità e raffinatezza. L’uva fragola, dolce, aromatica, sorprendentemente intensa, diventa protagonista di un gelato che parla da sé. I sentori di fragola e uva fresca si intrecciano in armonia. Un gusto che evoca vigneti soleggiati e il lento scorrere dell’autunno in ogni assaggio. Zabasù, rivisitazione del classico italiano tiramisù, è interpretato da Marchetti come dolce a cucchiaio. Uova da galline allevate a terra, montate a mano, mascarpone fresco, zucchero e caffè espresso si fondono in una crema vellutata e avvolgente. I savoiardi, provenienti dal prestigioso biscottificio Giovanni Moro, di Fonni, e lavorati secondo una ricetta tramandata da tre generazioni, aggiungono una nota fragrante e armoniosa, completando un dessert elegante e autentico. Ogni cucchiaio è un minuto di piacere puro. Per questa stagione autunnale, Alberto Marchetti presenta la novità Zabasù, dove il tiramisù incontra lo zabaione, creando un dolce al cucchiaio ancora più ricco e seducente. Il dolce al cucchiaio preferito da Marchetti è la panna cotta al caramello, una ricetta che incarna la filosofia della bontà autentica: panna fresca, zucchero, latte e un caramello dorato che avvolge ogni assaggio di note calde e leggermente tostate. La panna cotta al caramello è un inno alla tradizione piemontese, resa attuale da una consistenza perfettamente liscia e da un equilibrio raffinato tra dolcezza e intensità. Naturale, senza glutine, è pensata per tutti gli amanti dei sapori genuini. Un classico della pasticceria piemontese.
Mara Martellotta
Si vedevano bene i profili delle montagne e bastava andare un po’ in alto, sulla scalinata della chiesa, che si potevano distinguere le alpi svizzere. E l’altra sponda? Un gioco di luci a rincorrersi sul lungolago tra Suna e Pallanza fino alla punta della Castagnola, dove la riva ridiventava scura e si poteva solo intuire che c’era Intra, nascosta dietro la curva dell’Eden. Verso Laveno e Santa Caterina del Sasso altre luci, altre strade, altre case e altra gente. Lì, sulla sponda lombarda, avrebbero potuto quasi intravedermi se qualcuno, puntando un cannocchiale con delle buone lenti d’ingrandimento, si fosse preso la briga di curiosare verso l’imbarcadero di Baveno. Avrebbe visto una figura, un’ombra seduta lì, sulla panchina dal verde un po’ corroso dal tempo, intenta ad ascoltare il rumore della risacca. A dire il vero, per me, più che un rumore è un suono, quasi un sottofondo musicale. Il ritmare dell’onda che s’infrange, che si ritira per far posto all’altra, apprestandosi a compiere lo stesso gesto secondo il moto dell’acqua e la direzione del vento. E’ come una musica che calmava i nervi, distende l’animo. “ Ecco, vardala lì. A l’è l’acqua stràca. L’acqua che sciùscia i remi dì barch, che la carezza suta al ventar ogni barca e sura la cràpa ogni sàss”, mi diceva il mio amico Angelo Branca, vecchio lupo di lago, commentando le onde che, ormai deboli e provate, s’arrestavano sui muri del vecchio molo. L’ Angiolino, nato e cresciuto sull’isola Pescatori, aveva ormai affidato la sua vecchiaia alla terraferma. Ma non mancava mai, nelle notti di luna buona, di farmi compagnia all’imbarcadero. Insieme guardavamo l’acqua scura, ascoltandone il mormorio. Sembrava quasi lo sgranarsi di un rosario sottovoce. Ogni tanto, quasi a rompere quel ritmo dondolante, arrivava un onda solitaria, più decisa. “ E’ l’onda vagabonda. Ascoltala bene, amico mio. Ogni tanto arriva. Così, di colpo, senza preavviso. E’ diversa dalle altre: a l’é l’acqua che scàpa e che la turna indrèe . A l’è cùma una lèngua che ta diss che l’aria la cambia”. E, infatti, l’aria cambiava e s’alzava un vento tiepido che muoveva le onde con più decisione. Era l’effetto dei venti di föhn che, scendendo dalle Alpi, asciugavano e riscaldavano l’aria, facendo assaggiare i primi scampoli di primavera. “Ma, attenzione”, ricordava Angiolino. “Non facciamoci fregare. Quest’aria prima è dolce e dopo à ta càgna i vestìi, perché dal Mottarone s’incanala giù anche un venticello che risente ancora dell’ultima neve e che ti legna facendo finta d’accarezzarti. Vedi come fa increspare l’acqua del lago, verso l’isola?”. Parole piene di saggezza. Infatti, passate le prime leggere folat, l’aria diventava più brusca e veniva spontaneo tirarsi su il bavero della giacca per poi infilarsi le mani nelle tasche. Così, salutato il lago e lasciate alle spalle le imbarcazioni dondolanti tra le onde, ci incamminavamo verso la piazza del Municipio. L’Angiolino canticchiava una canzone che aveva imparato alla radio. Gli piaceva perché, diceva “ è fatta giusta per notti come queste, quando il vento porta in giro l’odore del lago”. E attaccava, data l’ora, sottovoce: “Vent cunt’el pàss balòss, quell che vorì mia tiram via da dòss. Slàrga al fiaa e bùfa in giir i stell, lassa al tò disegn in su la mia pell…”. Era tempo d’andare a casa. E la luna si stagliava più lucente che mai nel cielo nitido e trapuntato di stelle.
