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A Chieri, Babbo Natale arriva su una rossa “Corvette elettrica”

Sarà un Natale ricco di suggestioni, eventi e sorprese magiche e luminose “che di più non si può”, quello alle porte delle “Cento Torri” chieresi

Dal 29 novembre al 6 gennaio 2026

Chieri (Torino)

Fate bene il conto! Da sabato prossimo 29 novembre a martedì 6 gennaio, quando Madama la “Befana” e Monsù “Babbo Natale” arriveranno in città su una splendida “Chevrolet Corvette” elettrica, omaggiando i bambini con regali e caramelle, accompagnati da un “folletto” ed uno “spazzacamino” trampolieri, passano un bel po’ di giorni. Più di un mese! Quest’anno, per festeggiare il periodo natalizio, nulla da dire!, il “Comune di Chieri” – in collaborazione con numerosi Enti e Istituzioni locali – non ha proprio badato a “spese” in fatto di fantasia e creatività e a tanta, ma proprio tanta tanta, capacità organizzativa.

Lo confermano con giusto orgoglio il sindaco e l’assessora alla “Cultura, Eventi e Promozione del Territorio”, Alessandro Sicchiero ed Antonella Giordano“Anche quest’anno la Città di Chieri festeggia il Natale con un ampio programma di iniziative che avvolgeranno la nostra città in un gioioso abbraccio di colori, suoni ed emozioni …  Per oltre un mese non ci sarà giorno senza una proposta che offra ai chieresi un’opportunità di divertimento, svago, riflessione e raccoglimento per affrontare con rafforzato spirito comunitario i tempi incerti che stiamo vivendo”. E proseguono: “Le luminarie rallegreranno, per le Feste di quest’anno, non solo le tradizionali vie dello shopping in centro ma saranno estese anche ad altre zone, da Piazza Mazzini a via San Giorgio, fino a via Andezeno, via Garibaldi, via Cesare Battisti, via Marconi e oltre. Di grande impatto l’‘albero di Natale’ in Piazza Umberto, così come il ‘grande abete’ nel cortile del Municipio. Dallo scorso anno inoltre abbiamo deciso di illuminare anche le ‘zone periferiche’, cominciando da Pessione. E quest’anno abbiamo aggiunto ‘Borgata Maddalena’, dove è stata installata una scenografia luminosa che colora di blu e dorato l’ingresso del quartiere”.

Sarà anche un grande e gradito ritorno quello, in piazza Cavour, della “pista per pattinaggio su ghiaccio”, dove i pattinatori in erba potranno imparare a “slittare” e quelli più provetti saranno liberi di esercitarsi in divertenti acrobazie. Fino alla fine di gennaio!

Suggestiva novità di quest’anno, le sei “Christmas Parade” ovvero elaborate performance artistiche e “spettacoli di animazione itineranti” proposti dall’imperiese “FEM Spettacoli”, che coinvolgeranno le vie del centro storico in un gioco collettivo con protagonisti Babbo Natalealberi di Natale viventifolletti giocolieri e trampolieri e una “Corvette” elettrica rossa (6, 7, 8, 13 e 20 dicembre e il 6 gennaio).

Tante le attività per grandi e piccini organizzate anche in collaborazione con le “Associazioni” del territorio: dalla rassegna musicale “Adventum Incantum” (varie le sedi ospitanti) ai concerti e spettacoli di “Natale in Coro, Natale in scena”; dallo spettacolo teatrale “Dio, nostra madre-volti di misericordia” a cura  della “Confraternita della Misericordia” al “Santuario della SS. Annunziata”, alle visite alla centrale “MAC – Mostra Archeologica di Chieri”, alla “StArt Gallery” (ex Convento “San Filippo Neri”), al “Museo del Tessile” e a “Palazzo Opesso”, fino alle varie iniziative organizzate nella “Biblioteca Civica Nicolò e Paola Francone”. E ancora il “Calendario dell’Avvento” in piazza Cavour (dal 1° al 24 dicembre, ogni giorno un’Associazione chierese aprirà una casella dell’albero di legno dedicata ad un valore da condividere e su cui ragionare in questo particolare periodo dell’anno) e il “presepe artistico” di Emilio Parente nel “Duomo” cittadino. Immancabile l’appuntamento con i “mercati straordinari” delle domeniche di dicembre. Infine, grazie alla collaborazione con “Ascom Chieri” e “Comitato Centro Storico Chieri”, sabato 6 dicembre, i negozi del centro resteranno aperti fino alle 22 per una “Notte magica” che sarà allietata dalla “BabbiBand” della “Filarmonica Chierese”.

Insomma a Chieri si contano ormai i giorni. E poi, per oltre un mese, si andrà – magari sulla “Corvette elettrica” rossa di “Santa Claus” – a “tutta Festa!”

Per info e programma dettagliato: “Comune di Chieri”, piazza Palazzo di Città, 10; tel. 011/94291 o www.comune.chieri.to.it

g.m.

Nella foto:  Parade con il Babbo Natale “automunito”

Torino Drink Market, un evento ideato da Spiriti in Cantina 

Un evento interamente dedicato agli amanti del vino, agli estimatori di birre artigianali, ai curiosi del mondo dei distillati ma anche chi vuole scoprire nuovi prodotti Alcool Free. Il Torino Drink Market, in programma domenica 30 novembre all’AC Hotel by Marriott Torino, è il luogo d’incontro tra produttori selezionati e pubblico, dove poter assaggiare, scoprire e acquistare direttamente una selezione di eccellenze italiane e internazionali del bere di qualità.
Ideato da Spiriti in Cantina, Torino Drink Market assume anche i toni del Natale: un’occasione perfetta per scegliere un regalo diverso, fatto di sapori autentici e storie da raccontare, e scoprire le bottiglie giuste per i brindisi delle Feste.

Trenta produttori, tra vignaioli, birrai, distillatori e artigiani del bere, presenteranno le loro referenze in assaggio, offrendo al pubblico la possibilità di degustare, dialogare e acquistare direttamente.
Dai vitigni autoctoni riscoperti ai distillati con botaniche locali, fino ai birrifici storici e alle nuove realtà nate da una passione: ogni prodotto racconta una storia autentica, da vivere e portare a casa.
Ogni produttore sarà presente in prima persona per raccontare la propria visione del gusto con un’attenzione alla qualità, alla sostenibilità e alle radici territoriali.
Ci saranno i vignaioli delle Langhe, come Cecilia Monte, Stefano Gagliasso, Beatrice Cortese e Baudana Flavio, che interpretano la classicità del Nebbiolo e della Barbera con la finezza delle piccole produzioni; le realtà storiche del Monferrato come Cascina Gilli, Poggio Ridente e Roggero Vini, insieme alla solidità della cantina sociale Barbera dei Sei Castelli e giovani realtà familiari di Tenuta Ca da Vite e Tenuta San Bernardo. A rappresentare la realtà del Canavese con diverse sfumature di Erbaluce Tenuta Roletto e L’erm; mentre La Stellata ci farà scoprire la sua interpretazione del Timorasso dei Colli Tortonesi.
Presenti anche due produttori fuori regione, l’Azienda Agricola Lorenzo Ramò di Pornasso (Liguria) e Cantine Caccamo di Taurianova (Calabria).
L’orizzonte si allarga con Galantéa e Lusitania Vini, che portano in degustazione etichette di ricerca da Francia, Spagna e Portogallo, e con George – Tre Qvevri, ambasciatore torinese dei vini georgiani in anfora.
Un’attenzione speciale è dedicata alle donne del vino e dell’artigianato che uniscono territorio, inclusione e creatività. Gringhigna (la vigna Queer), Tenuta La Pergola, Beatrice Cortese, Cecilia Monte, La Stellara e L’erm sono le protagoniste di una viticoltura che unisce radici e innovazione, sensibilità e visione contemporanea.
Accanto ai vignaioli, una selezione di produttori indipendenti del gusto: il birrificio campano Akudunniad, la storica insegna Metzger1848, i giovani birrai di Pratorosso, i distillati artigianali di Distillerie Bosso e CandeGIN, dal packaging che non passa inosservato, fino a Mintriga, liquore piemontese alla menta di Pancalieri e agli spirits di Divinity Lab.

Spazio anche alle nuove culture del bere fermentato, con Melly’s Kombucha e TibiLab, e alle erbe officinali di Yacamo, laboratorio di tisane e miscele botaniche.
A completare il percorso, i dolci d’autore della Pasticceria Capello e le proposte gourmet di Eredi Borgnino, perfette per chi ama regalare esperienze di gusto.
Durante la giornata, il pubblico potrà partecipare a masterclass, degustazioni guidate, talk ed experience, per approfondire le diverse identità dei territori e imparare a scegliere in modo consapevole.
Il Torino Drink Market è una giornata per curiosi, appassionati e sognatori del gusto: un luogo dove ogni calice racconta un pezzo d’Italia e ogni bottiglia può diventare un regalo capace di emozionare.

AC Hotel by Marriott Torino – Via Bisalta, 11 Torino

Telefono: 011 6395091

Mara Martellotta

Con un sacco di fieno in fabbrica

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Da vent’anni, riposta nel solaio la bricolla da contrabbandiere, varcava puntualmente alle sette del mattino i cancelli dell’acciaieria di Villadossola. Alto e secco, con l’andatura un poco ciondolante, Ugo aveva alle spalle una vita a dir poco avventurosa.

Già in tenera età boscaiolo, addetto al palorcio della teleferica e all’accatastamento del legname; poi partigiano con Superti in Val d’Ossola e, dopo la Liberazione, contrabbandiere per necessità, arrancando sui sentieri degli spalloni per racimolare qualche misero guadagno per poter mettere insieme il pranzo con la cena e dare una mano alla vecchia madre. Alla morte della genitrice lasciò ad altri i rischi dell’andar di frodo scegliendo di lavorare in fabbrica dove aveva trovato impiego come operaio addetto al laminatoio. La sua era diventata, da quel giorno, una vita più regolare, scandita dai turni in azienda. Aveva così anche il tempo  per dedicarsi alla passione per la lettura, soddisfacendo la sua curiosità di sapere le cose nel mondo. Comprava regolarmente due giornali ( uno era il quotidiano più diffuso, dove trovava anche la cronaca locale; l’altro era L’Unità), divorava libri di ogni genere, andava al cinema appena poteva e frequentava anche gli spettacoli della filodrammatica amatoriale che di tanto in tanto metteva in scena opere classiche e senza tempo sul palcoscenico del teatro comunale.

Era conosciuto e rispettato perché sapeva fare bene il proprio mestiere, sempre attento e puntuale sul lavoro, ben voluto dai compagni del reparto. Ugo era tra quelli che, fieri della propria rettitudine, potevano andare a testa alta. Comunista convinto anche se non aveva mai avuto in tasca la tessera di quel partito perché il suo spirito ribelle non gli consentiva di soggiacere alle regole e alle liturgie della vita di partito. Il suo punto di vista, formatosi nel vivo della lotta partigiana, si era fatto più saldo nell’inferno di calore, polvere e rumore dell’acciaieria. Era lì che era maturata la presa di coscienza di tutta una condizione lavorativa, umana, politica. Era lì che aveva fatto l’amara scoperta che di lavoro si muore perché la vita degli operai valeva meno del profitto. Dopo i bagliori delle lotte sul finire degli anni sessanta era iniziato un periodo opaco. Soffriva molto nell’assistere al tramonto della centralità operaia nell’immaginario della società italiana e nell’orizzonte politico delle stesse forze di sinistra. I segnali che attestavano l’arretramento del movimento dei lavoratori, sottoposto a ripetuti attacchi, l’avevano reso più nervoso e meno accomodante. La figura e il ruolo dell’operaio si erano fatti sempre più complicati e le ultime generazioni erano andate a scuola, avevano studiato maturando la convinzione che la fabbrica non rappresentasse più un’occasione di riscatto sociale, perdendo parte del senso di appartenenza a una ben precisa classe sociale. Tutto era diventato più fluido e la compattezza e l’orgoglio di un tempo erano un ricordo sfocato. Eppure Ugo avvertiva che fra i vecchi e  i giovani c’era ancora uno scambio di saperi e che il nocciolo duro della militanza sindacale e l’etica del lavoro e delle cose ben fatte non erano spariti del tutto. Forse era per via di quelle radici che affondavano nella tenacia di quella cultura contadina di montagna che da quelle parti era cosa seria, dove  l’universo dell’acciaieria con l’altoforno, le colate e i laminatoi era condiviso dai tanti che mantenevano un legame con i campi e gli alpeggi, la fienagione e qualche animale nella stalla. Aveva maturato una consapevolezza che il tempo aveva levigato rendendola disincantata, lucida, a volte venata da una malinconia che veniva ben presto scacciata da quel suo carattere deciso, incline alla battuta arguta, al commento salace. Non perse nemmeno l’abitudine di andare a votare, come amava dire, “in zona Cesarini”. I seggi chiudevano alle quattordici del lunedì e cinque minuti prima del termine ultimo varcava la soglia del seggio, soffermandosi davanti ai tabelloni con le liste. Si prendeva un paio di minuti per far scorrere lo sguardo sui simboli e candidati e poi, ritirata la scheda, entrava nella cabina commentando ad alta voce: “ Vediamo un poco.. Toh, ecco il simbolo di quelli che fanno portare la croce agli altri e quello dei padroni. E l’altro dove sarà mai?? Ah, eccolo qui, Quello che piace a me. Il simbolo degli operai, anche se un poco sbiadito. Un segno qua e un segno là . E anche questa volta ho votato bene!”. Ripiegava la scheda e la infilava soddisfatto nell’urna, salutando presidente e scrutatori con un largo sorriso. Un giorno scelse di manifestare il suo disprezzo per crumiri e per i pavidi che non protestavano e non scioperavano mai presentandosi alla portineria d’entrata con un sacco di fieno in spalla. I due guardiani che sostavano davanti al cancello gli chiesero cosa intendesse fare con quel sacco e lui, serafico, rispose: “Ci sono quelli che portano in fabbrica la schiscetta con il pranzo, il panino o il quartino di vino? Bene. Io ho portato il fieno per dar da mangiare a tutti gli asini che stanno qui dentro. Non ci vedo niente di male, no? Sono una persona generosa, io”. Ugo in fondo era così e niente al mondo l’avrebbe cambiato, tant’é che quando andò in pensione in fabbrica avvertirono tutti, anche quelli ai quali non era mai stato simpatico, un vuoto, un’assenza che rese l’ambiente ancora più povero di quanto non fosse già diventato.

Marco Travaglini 

 

AIS Piemonte festeggia sessanta anni di cultura del vino

Dal 28 novembre al primo dicembre prossimi un calendario di appuntamenti per celebrare  i sessanta anni di AIS Piemonte, l’associazione Italiana Sommelier, punto di riferimento nazionale per la migliore cultura del vino.
Era il 1965 quando a Milano nasceva L’AIS, diventata nel tempo la più numerosa e storica  associazione di professionisti del vino. Tra le sedi più attive e dinamiche di questa realtà  vi è da sempre la delegazione piemontese, che, proprio in virtù di questa lunga storia, ha deciso di organizzare quattro giorni di celebrazioni, dal 28 novembre al primo dicembre, con un programma che unirà approfondimenti culturali a banchi d’assaggio, momenti di convivialità a degustazioni.
Si tratta di un modo per raccontare il migliore mondo del vino nella maniera in cui AIS ha sempre fatto, con i suoi corsi e le sue iniziative, riconoscendogli il ruolo centrale che ha nella cultura e nella tradizione del nostro Paese.
I festeggiamenti della sede piemontese per i 60 anni dell’Associazione Italiana Sommelier si apriranno venerdì 28 novembre prossimo con un convegno speciale nella sede di AIS Piemonte di via Modena 23 dalle 10.30 a ingresso libero. Il convegno vedrà alternarsi nel racconto della cultura enologica  autorevoli rappresentanti del vino quale patrimonio culturale, economico e identitario del nostro Paese. Il titolo del convegno è “Il racconto del vino” e ha la volontà di costruire a 360 gradi una riflessione sul mondo del vino contemporaneo, facendo intervenire esperti quali Bruno Ceretto, delle Aziende Vitivinicole Ceretto, Michele Antonio Fino, professore di Fondamenti del Diritto Europeo dell’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, Mauro Agnoletti, della cattedra Unesco dei “Paesaggi del patrimonio agricolo” presso l’Istituto Universitario di Studi Superiori dell’Università di Firenze, Carmine Garzia, professore di Strategia e Imprenditorialità alla Scuola  Universitaria Professionale della Svizzera Italiana  e professore associato di Economia Aziendale all’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, Barbara Sgarzi, giornalista, Livio  Proietti, presidente dell’Ismea , Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare.

In un’ora di convegno la volontà è quella di trattare i principali argomenti di attualità,  interpellando alcuni dei più noti esperti sul tema de “Il valore del paesaggio nell’identità e nel racconto del vino del futuro” (Mauro Agnoletti), sulla situazione attuale del mercato del vino ( Carmine Garzia), sul rapporto della Generazione Z con il vino ( Barbara Sgarzi), sui numeri del vino piemontese tra sfide e prospettive ( Livio Proietti) e i sessanta anni del vino in Piemonte con Bruno Ceretto.

Il convegno sarà concluso dalla lectio magistralis di monsignor Dario Olivero, vescovo di Pinerolo, membro del Dicastero per il dialogo interreligioso del Vaticano e presidente della Commissione CEI per l’ecumenismo e il dialogo.
A seguire, nel corso della stessa giornata, vi saranno momenti di formazione professionale e un viaggio memorabile tra i grandi vini piemontesi, con una degustazione di Barolo della storica cantina Borgogno, accompagnata da momenti musicali e da un piatto della tradizione piemontese preparato dallo chef Stefano Gallo (ingresso riservato ai soci 140 euro).

Sabato 29 novembre la giornata si aprirà alle 10.30, sempre nella sede di AIS Piemonte con “AIS 1965-2025. Radici, grappoli, identità e gloria”, un grande banco d’assaggio aperto a tutti dedicato ai vitigni del Piemonte, con oltre ottanta aziende partecipanti. La giornata darà la possibilità di degustare, nel format di un walk around tasting, numerosi vini provenienti da tutti i principali territori della regione, suddivisi per vitigni, raccontati e serviti dal Sommelier di tutte le delegazioni.
Come nelle migliori tradizioni, nella giornata della domenica, protagonista sarà il pranzo, un viaggio nel gusto pensato da quattro grandi interpreti piemontesi, che avranno il compito  di reinterpretare i grandi classici della cucina , sessanta anni dopo. Giovanni Grasso de La Credenza, una stella Michelin, Stefano Gallo dell’omonima gastronomia, e il maestro cioccolatiere Guido Castagna saranno i protagonisti di questo appuntamento organizzato nelle cucine dell’AIS Piemonte e riservato agli associati.
Chiusura dei festeggiamenti lunedì 1 dicembre, con una giornata di formazione dedicata ai professionisti della ristorazione.

Mara Martellotta

Le vostre foto. Nel cuore di Torino

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Alcune immagini scattate dalla nostra lettrice Isotta Meliga. Gli scatti ritraggono il cuore di Torino, da piazza San Carlo a via Garibaldi. In copertina la panchina rossa in Galleria San Federico, dedicata alla Giornata di oggi,  25 Novembre, contro la violenza sulle donne.

Le migliori esperienze da vivere a Torino nel periodo di dicembre

Informazione promozionale

Torino a dicembre è una città che incanta con la sua atmosfera elegante, fatta di luci, tradizioni e scoperte culturali capaci di affascinare visitatori da tutta Italia e dall’estero. È anche un periodo in cui molte realtà professionali scelgono il capoluogo piemontese come location per riunioni aziendali a Torino, unendo appuntamenti di lavoro a momenti di piacere, cultura e intrattenimento. Ma ciò che rende davvero speciale la città in questa stagione è la varietà di esperienze che offre, trasformando ogni giornata in un percorso ricco di emozioni, profumi e scenari unici.

Il rito del bicerin: la tradizione più amata dell’inverno torinese

Tra le prime esperienze da vivere non può mancare il bicerin, la bevanda simbolo della città. Preparato con cioccolato, caffè e crema di latte, è una coccola calda e avvolgente perfetta per affrontare le giornate fredde di dicembre. Degustarlo nei caffè storici — magari in una piccola tazza fumante mentre fuori brillano le decorazioni natalizie — permette di entrare immediatamente in sintonia con l’anima autentica e accogliente di Torino. È un rito che scalda il cuore e che racconta, in un solo sorso, la storia gastronomica del capoluogo sabaudo.

Chocobus Cabrio: il tour più dolce e panoramico della città

Una delle attività più suggestive è il Chocobus Cabrio di Somewhere Tour & Events, un tour che combina la magia delle Luci d’Artista con la degustazione del miglior cioccolato torinese. A bordo del bus scoperto, ci si immerge in un percorso romantico e goloso che attraversa alcune delle installazioni luminose più iconiche della città.

Torino Sotterranea: un viaggio nel cuore nascosto della città

La Torino Sotterranea offre invece un’esperienza completamente diversa: cunicoli, gallerie e rifugi antiaerei che raccontano un passato misterioso e affascinante. Il contrasto tra la città illuminata in superficie e la quiete del sottosuolo rende il tour ancora più emozionante nel periodo natalizio.

Passeggiare nel Parco del Valentino

Una pausa nella natura invernale del Parco del Valentino permette di respirare l’essenza più romantica della città. Il Po, gli alberi spogli, il Borgo Medievale e gli scorci panoramici rendono questo luogo ideale per un momento di tranquillità.

I caffè storici: eleganza sabauda e gusto autentico

I caffè storici come Fiorio, Baratti & Milano e Mulassano custodiscono la tradizione sabauda. Tra velluti, marmi e luci soffuse si possono gustare gianduiotti, cioccolate calde e, naturalmente, altri bicerin, riscoprendo l’atmosfera raffinata della Torino ottocentesca.

Palazzo Reale e Giardini Reali: splendore sabaudo d’inverno

Il Palazzo Reale e i Giardini Reali rappresentano due tappe irrinunciabili per chi desidera vivere la storia sabauda immerso in ambienti eleganti, arricchiti da decorazioni e scenografie invernali.

Mole Antonelliana e Museo del Cinema: il simbolo da vedere almeno una volta

La Mole Antonelliana, con la sua vista spettacolare sulla città illuminata, è una delle esperienze più emozionanti del periodo natalizio. All’interno, il Museo del Cinema offre percorsi immersivi per adulti e bambini.

Museo Egizio: un viaggio nella civiltà faraonica

Il Museo Egizio, celebre nel mondo per la sua collezione unica, permette di vivere un pomeriggio culturale tra sarcofagi, statue, papiri e storie millenarie.

Teatro Regio: vivere la magia dello spettacolo

Il Teatro Regio propone nel mese di dicembre una programmazione ricca di opere, concerti e spettacoli che rendono ogni serata speciale e memorabile.

Gustare le specialità piemontesi

Le trattorie torinesi propongono piatti tipici come brasato al Barolo, agnolotti del plin, tajarin e bagna cauda, ideali per scaldare il cuore e scoprire la tradizione culinaria locale.

Aperitivo in Piazza Carignano

Infine, un aperitivo in Piazza Carignano, avvolti da architetture barocche e luci natalizie, rappresenta uno dei momenti più caratteristici dell’inverno torinese.

Il Black Friday di Birra Metzger 1848

La tradizione torinese dal birrificio a casa tua

Dal 24 al 28 novembre prossimi , dalle 11 alle 19, sarà possibile scoprire da vicino il luogo in cui nasce la storica birra torinese e approfittare di due offerte pensate per accompagnare il ritorno di un marchio che, dopo quasi due secoli di storia, ha ripreso a brillare grazie a una rinascita autentica e profondamente legata alla torinesità.
Metzger 1848 celebra il Black Friday invitando tutti a compiere un gesto semplice, ma speciale, acquistare le nuove birre direttamente nel rinnovato birrificio di via Catania 37, nel cuore di borgo Rossini.
In occasione del Black Friday , le sei nuove birre Metzger , Bionda Helles, Weiss, Ambrata,  Vienna Lager, Modern IPA, Bock e Doppel Bock , saranno disponibili nel  Party Pack da 12 bottiglie a 39 euro invece di 60 euro e nella confezione da tre bottiglie a scelta a 9,9 euro invece di 15.

Si tratta di un’occasione per assaporare ricette che uniscono tradizione, qualità e alta bevibilità, frutto di un progetto che affonda le sue radici nel  passato, ma guardando però al futuro. Da quasi due secoli Metzger è parte dell’identità industriale e culturale della città. Nata nel 1848 per mano del mastro birraio alsaziano  Karl Metzger, cresciuta fino a diventare  una delle principali realtà brassicole nazionali e poi scomparsa dal mercato nel 1975, la birra torinese torna oggi grazie alla nuova visione dell’imprenditore Marco Bianco che, nel 2025, ha ricomprato il marchio e il birrificio, inaugurando una nuova stagione per questa icona cittadina. Attorno a lui un team di professionisti lavora con l’obiettivo di restituire a Metzgerl la sua identità attraverso una filosofia di produzione contemporanea basata su artigianalità premium, materie prime selezionate, attenzione alla sostenibilità  e apertura al territorio, con collaborazioni di eccellenza come quelle nate con Riccardo Mascioscia della Piazza dei Mestieri  e Alessio Gatti del birrificio Canediguerra.
Il team di professionisti che collabora al birrificio Metzger  è formato da Guido Palazzo, Davide Masoero, i birrai Pietro Lanzilotta e Francesco Giacomelli, con la supervisione tecnica di Giampaolo Tonelli.
Il birrificio non è soltanto un sito produttivo,  ma un vero e proprio centro di  cultura della birra, destinato ad accogliere visite, corsi e degustazioni, con iniziative come il Metzger Fest di ottobre e i walking tour mensili dedicati alla storia del quartiere.  Il Black Friady diventa, così,  un momento simbolico, l’occasione per scoprire da vicino una storia torinese che continua a rinnovarsi e per portare a casa il gusto autentico di una tradizione che dal 1848 accompagna il cammino di Torino.

Mara Martellotta

Dalle iconiche Birkin e Kelly Hermès alle Bamboo di Gucci all’asta Bolaffi

Dalle borse cult di Hermès, Chanel, Louis Vuitton e Gucci agli oggetti più glamour a tema natalizio, come le boule de neige di Chanel e il calendario dell’avvento di Louis Vuitton, fino a un prezioso
mobiletto-archivio in edizione limitata contenente schizzi e campioni tessili di Yves Saint Laurent raccolti in 40 anni. Sono questi alcuni dei lotti più significativi della prossima asta di moda vintage firmata Aste Bolaffi, in programma martedì 25 novembre alle 10 presso la Sala Bolaffi di via Cavour 17, a Torino. Sotto i riflettori borse emblematiche, foulard d’autore e bijoux che raccontano epoche e sogni, tra eleganza senza tempo e un tocco di nostalgia, tutti accuratamente selezionati per stato di conservazione e autenticità.
La selezione sfiora i 560 lotti tra borse e valigeria, cravatte e foulard, alta bigiotteria di lusso, portachiavi e piccoli oggetti decorativi: un viaggio nel gusto e nello stile delle grandi griffe
italiane e internazionali che unisce lusso, artigianalità e storia della moda.
Tra i pezzi più attesi, Hermès è rappresentata da sette Kelly, dalla Retourné 32 del 1966 in pelle box nera alla rara Sellier 20 del 1987 in pelle Courchevel Gold passando per la Kelly 28 Sellier
in pelle Epsom Bleu Royal con manico impreziosito da foulard Twilly “Les Clés à Pois” e dalla Birkin 35 del 2008 in pelle Togo Curry.
Di Chanel spiccano la pochette Cassette del 2004 in lucite nera con
dettagli bianchi, la Classic Flap Bag matelassé (lotto 389, base 3.500 euro) e la Timeless Maxi Jumbo in pelle blu verniciata con motivo a spina di pesce.
Louis Vuitton è proposta anche con un set di valigie vintage e due borse in edizione limitata di Takashi Murakami: la Neo Deauville Cerises 2005 e la Marilyn 2008 in pelle Monogram multicolore con dettagli in coccodrillo fucsia e borchie dorate.
L’eccellenza della moda italiana è rappresentata da Fendi, Ferragamo e Gucci, di cui si segnalano sette Bamboo, tra cui una 1947 degli anni Settanta in pelle rossa con interno in camoscio. Inoltre è presente anche la Peekaboo Mini 2010 di Fendi in coccodrillo citron con interno viola.
In catalogo si distingue inoltre un lotto dal valore quasi museale: il mobiletto-archivio in edizione limitata della Fondazione Pierre Bergé-Yves Saint Laurent & Éditions de la Martinière, che custodisce schizzi, note di sfilata e campioni tessili della maison dal 1962 al 2002. Infine, tra gli accessori e le idee regalo natalizie si segnalano le boule de neige firmate Chanel e il calendario dell’avvento 2022 di Louis Vuitton,con 24 caselle ancora intatte e piccole decorazioni di lusso firmate Luis Vuitton.

L’asta sarà preceduta dall’esposizione, aperta al pubblico nella
stessa sede, da venerdì 21 a lunedì 24 novembre alle ore 10-18:30, domenica esclusa.

https://astebolaffi.it/it/auction/456

Martedì 25 novembre 2025, ore 10:30
Sala Bolaffi, via Cavour 17/F, Torino – www.astebolaffi.it

Mara Martellotta

La gallina Maddalena e gli opossum

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Nel santuario torinese di piazza Santa Rita da Cascia, con un gesto cristianamente dubbio e poco credibile considerate le sue convinzioni religiose, Carletto accese una candela davanti alla statua della santa degli Impossibili ringraziandola, confidando nella sua divina intercessione affinché venisse mantenuta nel tempo quella grandissima invenzione che gli anglofoni chiamavano smart working e gli autoctoni avevano tradotto in lavoro agile. A dire il vero, almeno per lui e per chi apparteneva a quello che alcuni ribattezzarono “il club degli opossum”, la parola lavoro provocava un naturale rigetto, una sorta di eritema dell’animo. Cerimonioso, abilissimo a svicolare gli impegni e a rendersi quasi invisibile per schivare il lavoro, Carletto aveva interpretato a modo suo il lavoro a distanza, da casa. Omettendo il riferimento a tutto ciò che significasse attività, servizio, impiego, mansione, compito, responsabilità, azione oppure risultato si era concentrato sulla parte dell’agile da intendere come un processo di inoperosità, massima aspirazione per coloro che non provavano alcun rimorso nell’essere dei perdigiorno, degli scansafatiche. Pazienza se poi questo atteggiamento sfociasse nell’imbroglio o nella truffa, ingannando il prossimo e principalmente chi gli aveva affidato il lavoro.

Rosina, sua socia in tutto e per tutto (aspetti sentimentali a parte), la pensava ovviamente alla stessa maniera. Erano davvero una bella coppia e, affidandosi all’immortale capolavoro di Collodi, non si faticava a identificarli con il gatto e la volpe. O con l’opossum e la sua nota strategia di fingersi morto per scoraggiare i predatori. Solo che, nel caso dei due, si trattava di un buon modo per schivare lavoro e impegni, infrattandosi al fine di rendersi indivisibili e silenziosi. Il lavoro reclamava attenzione e presenza? Chissenefrega e buonanotte ai suonatori, tanto c’era sempre qualcuno sul quale si poteva, in qualche maniera, scaricare le incombenze. Rosina era nipote di Mario, conosciuto dai più come “il Mario pulito”, uno stradino originario della provincia di Rovigo il quale, mantenendo fede al suo soprannome, aveva sempre e tenacemente operato per ottenere con il minimo sforzo la massima resa dalla sua attività. A differenza di sua moglie Maria che si “tirava nera” a lavorare, lui era diventato famoso per la proverbiale abilità a sdraiarsi ai bordi della strada dove, disteso su un vecchio plaid, allungava le mani nelle cunette per estirpare le erbacce con movimenti tanto lenti quanto studiati. Ben attento a non faticare troppo e a non sporcarsi gli abiti. Se ne accorse anche il vecchio cavaliere Hoffman, pentendosi amaramente di avergli offerto il lavoro di giardiniere nel parco della sua villa. Il buon Mario si sdraiava sotto gli alberi sul finire dell’estate in pigra attesa che le foglie cadessero e solo quand’erano tutte a terra, con una gran flemma, iniziava a raccoglierle, una ad una. E lo stesso in primavera quando, dopo la sosta invernale dove veniva pagato per non far nulla, attendeva che l’erba crescesse fino ai polpacci per rasare il prato con il tosaerba riservandosi tutto il tempo che riteneva necessario. La nipote non poteva certo smentire quell’attitudine perché, come si usa dire, buon sangue non mente. Eppure i due, nonostante tutto, erano simpatici e nemmeno lontanamente paragonabili a Stella, conosciuta come “la gallina Maddalena”, parafrasando una canzone di Roberto Vecchioni. A parte l’idiosincrasia per il lavoro che, forse, poteva accomunarla a Carletto e Rosina ma in una versione molto più acuta, la sua personalità era contorta e poco raccomandabile. Falsa come il peccato di Giuda, cattiva d’animo e terribilmente pettegola, anche lei come la gallina Maddalena si credeva una faraona e ingrassava “senza fare mai le uova”. Piena di se e sempre pronta a cambiar bandiera, tagliuzzava i vestiti addosso al prossimo con la sua linguaccia ma non voleva essere criticata (“io, le cose, non le mando mica a dire… Io, le cose, non le faccio alle spalle. Non è vero che io non abbia mai torto: sono gli altri che non hanno mai ragione”). Quel posto di lavoro per lei era solo un rifugio all’ombra del politico compiacente e lo smart working lo intendeva non come lavoro a distanza ma la maggior distanza possibile dal lavoro che, peraltro, non era in grado di fare a causa dei propri limiti e dell’assenza di un seppur piccolo barlume di volontà. Ma come spesso capita le cose possono cambiare improvvisamente e non è detto che i cambiamenti siano in meglio. Anzi. E così capitò che un giorno finì il suo credito con la fortuna e dovette ridare indietro tutto ciò che aveva ottenuto con intrighi e piccole furbizie. In poche parole, dalla sera alla mattina, la gallina rimase “senza penne sul di dietro”. Ancora una volta quella canzone del grande maestro ritornava quasi fosse una condanna (“Maddalena dei lamenti, che stà lì, che aspetta e spera; Maddalena senza denti, vittimista di carriera; Maddalena dei padroni che van bene tutti quanti: le stanno tutti sui coglioni, però manda gli altri avanti”). Quelli che definiva i suoi santi in Paradiso caddero in disgrazia e per quanto manifestasse la sua disperazione, le toccò andare a lavorare in un fast food. Tra le otto e le dieci ore al giorno a friggere ali di pollo e patatine senza il conforto di un aeratore che funzionasse erano il risultato dell’applicazione della legge del contrappasso per chi, come lei, aveva sempre riso in faccia a chi era costretto a faticare per mettere insieme il pranzo con la cena. E lì la presenza al lavoro era obbligatoria, non facoltativa. Qualche volta capitò che dei conoscenti ai quali aveva riservato in passato le sue attenzioni, delle quali avrebbero fatto volentieri a meno, si fermassero a fare un boccone in quel locale canticchiando “Maddalena, Maddalé, Maddalena dei funamboli: prima c’era e poi non c’è, Maddalena, Maddalé; Maddalena dei tuoi comodi: basta che va bene a te; Maddalena dei pronostici: “io l’avevo detto che…”. Maddalena dei colpevoli: tutti quanti tranne te, Maddalena, Maddalé”.

Marco Travaglini