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Liguria e Regno di Sardegna uniti dopo il Congresso di Vienna

Nel bicentenario, il Consiglio regionale del Piemonte e il Centro Studi Piemontesi hanno ideato questo convegno di studi che – riunendo in due sessioni di lavoro numerosi e qualificati esperti – ha avuto tra i propri obiettivi quello di fare un punto storiografico sulle luci, ombre, prospettive e sviluppi dell’unione ligure-piemontese

 

RISORGIMENTOLiguria e Regno di Sardegna uniti dopo il Congresso di Vienna: è stato questo l’argomento centrale del convegno che si è tenuto lunedì 5 ottobre a Torino presso l’Aula del Consiglio regionale del Piemonte. Caduto Napoleone, le potenze europee si riunirono a Vienna (1814-1815) dando inizio all’epoca della Restaurazione. Tornata Casa Savoia sul proprio trono, nel Congresso si decise il rafforzamento del Regno di Sardegna attraverso l’unione con Genova e il “Genovesato”.

 

Nel bicentenario, il Consiglio regionale del Piemonte e il Centro Studi Piemontesi hanno ideato questo convegno di studi che – riunendo in due sessioni di lavoro numerosi e qualificati esperti – ha avuto tra i propri obiettivi quello di fare un punto storiografico sulle luci, ombre, prospettive e sviluppi dell’unione ligure-piemontese. Gli esiti delle trattative del Congresso di Vienna stabilirono, tra l’altro, non solo la legittima restaurazione della dinastia sabauda ma anche il suo rafforzamento, in particolare attraverso l’incorporazione nel Regno di Sardegna dei territori che formavano l’estinta Repubblica genovese. Dai lavori del convegno è emerso chiaramente – come fatto rilevare da Gustavo Mola di Nomaglio del  Centro Studi Piemontesi – che tale rafforzamento ebbe un’influenza decisiva sui futuri assetti italiani che, lucidamente ed esplicitamente, fu subito preconizzata dal marchese genovese Antonio Brignole Sale.

 

La riunione della Liguria, alla quale la dinastia sabauda guardava sin dal medioevo, fu accolta da Liguri con approccio differenziato – ha poi raccontato  lo storico e saggista Luciano Garibaldi – la Liguria di Ponente, parte della quale già si denominava correntemente “Liguria sabauda”, fu nel complesso marcatamente favorevole e fortemente predisposta a un immediata alleanza. Meno disponibile si rivelò una parte dei Genovesi ma, in breve tempo anche Genova si saldò pienamente al nuovo Stato, anche grazie all’immediato coinvolgimento dei ceti dirigenti locali. La stessa Repubblica Ligure tardo settecentesca era stata dapprima una creatura dei francesi che poi la cancellarono radicalmente. Se non si fossero verificate nel 1849 in particolare sanguinose repressioni di moti insurrezionali i Genovesi non avrebbero nulla da recriminare, invece le repressioni alimentano ancora oggi qualche polemica. Certamente si tratta di un tema spinoso,  esistono ampi margini per ampliare l’orizzonte, proseguire il dibattito e, magari per promuovere un’ulteriore approfondimento della ricerca. A tutto questo è servito il convegno, che ha avuto il pregio di fare cenno a diversi aspetti della vicenda: oltre a quelli politici, diplomatici e militari anche quelli artistici e urbanistici. 

 

www.cr.piemonte.it

GERALDINE CHAPLIN A TORINO NEL TEMPIO DEL PADRE

La straordinaria ospite della nostra città si fermerà due giorni per girare, all’interno del Museo del Cinema di fronte al Moloch e sul terrazzo della Mole , alcune scene del film di Louis Nero

 

geraldine chaplin2Lunedì 5 ottobre Torino ha vissuto un’ emozionante, unica esperienza: Geraldine Chaplin è la straordinaria ospite della nostra città, dove si fermerà due giorni per girare, all’interno del Museo del Cinema di fronte al Moloch e sul terrazzo della Mole , alcune scene del film di Louis Nero “The broken Key”.La conferenza stampa si è svolta presso il Museo Nazionale del Cinema, presenti Paolo Tenna, A.D. di FIP, Paolo Manera, Direttore di Film Commission Torino Piemonte, Paolo Damilano, Presidente di Film Commission e del Museo Nazionale del Cinema, Alberto Barbera, Direttore del Museo e alcuni dei protagonisti del film. Fra questi ultimi Andrea Cocco,il protagonista principale,Diana Dell’Erba, Walter Lippa, Marco Deambrogio. Ma la vera,unica grande e attesa protagonista era lei, Geraldine Chaplin.

 

“Quando ho ricevuto la sceneggiatura – ha confessato la Chaplin – devo dire di non averci capito molto; poi, una volta riletta, non solo l’ho capita,ma l’ho proprio sentita; alla terza lettura, “bombardata” da così tante immagini , mi sono detta: deve assolutamente uscirne un film. Questo è un film davvero particolare, molto diverso rispetto a quelli che ho fatto finora. Devo ringraziare Louis Nero, che è un grande artista, per me è un onore lavorare per lui.” “ Vedere ed entrare nel Museo – ha proseguito l’attrice – per me è stato “sopraffacente”. Al pensiero che, quando girai tempo fa a Torino il film “Imago mortis”, non fui portata dal regista in questo posto davvero unico,magico, mi verrebbe voglia di manifestargli il mio grande disappunto,anche se in ritardo”.geraldine chaplin

Nel film Geraldine Chaplin è la custode del Genio Alato ossia della Conoscenza.” Il mio personaggio – ha detto la Chaplin – lo si incontrerà nella fase finale di un viaggio simbolico di purificazione,alla maniera dantesca, verso l’Illuminazione, la Luce. Il viaggio avrà il suo compimento,appunto, all’interno della Mole Antonelliana.” Paolo Damilano e Alberto Barbera hanno dichiarato concordemente che “ è davvero un grande onore ricevere questa grande artista nella nostra città, si tratta di un evento davvero straordinario.” Barbera ha poi aggiunto: “Torino è stata resa internazionale grazie a Louis Nero. Il regista ci ha portato attori del calibro di Rutger Hauer, di Franco Nero e, adesso, nientemeno che di Geraldine Chaplin. Lui riesce a fare quello che a nessun altro riesce.” The broken Key ,ambientato nel futuro, è un film concepito sulla linea orizzontale delle Sette Arti Liberali, dall’Antico Egitto alla Torino di domani. Un viaggio simbolico, disseminato da insidie e repentini colpi di scena, verso la conoscenza di noi stessi. Ovvero la via del ritorno alla sapienza e alla nostra vera casa, nel cielo.

Helen Alterio

 

(Foto: Sabrina Conti)

Grom vende (tutto) il gelato al colosso Unilever: "Ma la gestione resterà qui"

I dipendenti, leggendo la notizia sul giornale si interrogano legittimamente su quale saranno i possibili cambiamenti per il loro futuro lavorativo

 

gromSi sentirà anche questa volta il ritornello: “Torino perde un pezzo alla volta”. In effetti la notizia che il colosso anglo-olandese Unilever ha acquisito la celeberrima azienda artigianale dei gelati  Grom, un certo effetto lo fa. La storia di questo brand tutto subalpino è nota: la prima gelateria Grom venne aperta sotto la mole nel 2003 da due amici, Federico Grom e Guido Martinetti. Questo geniale esperimento, allora finanziato con poche migliaia di euro, tanto per partire, ha fruttato molto:  oggi i negozi della catena sono 67 non solo a Torino e in Italia ma in tutto il mondo. L’azienda tranquillizza: “Il business Grom rimarrà autonomo e continuerà a essere gestito da Federico e Guido, sempre da Torino”. I dipendenti, leggendo la notizia sul giornale si interrogano legittimamente su quale saranno i possibili cambiamenti per il loro futuro lavorativo. Ma sulla bontà dell’operazione interviene anche un manager di successo, Marco Boglione, manager di Robe di Kappa e BasicNet, che ha dichiarato ai giornali: “Avrei fatto la stessa cosa”. Saranno gli sviluppi della vicenda a dimostrare se l’operazione darà ricadute positive o meno sulla città.

Teatro di figura, sette giorni di Incanti

RASSEGNA INTERNAZIONALE XXII EDIZIONE

 

incanti teatroUna 7 giorni ricca di eventi dove l’eccellenza del Teatro di Figura internazionale si confronterà con opere della letteratura e del teatro classico e contemporaneo. Dal 6 al 12 ottobre si assisterà ad un susseguirsi di compagnie provenienti da Giappone, Turchia, Francia, Germania e naturalmente dall’Italia, rappresentazioni che andranno dal racconto dell’affascinante viaggio di Gulliver attraverso il teatro delle ombre fino ad arrivare alle fiabe dei fratelli Grimm, esplorate attraverso l’uso della materia carta. Ricca la presenza e la commistione di diverse tecniche come il teatro d’oggetti, il teatro d’ombre, il teatro gestuale, di marionette e burattini per offrirci differenti visioni del rapporto Letteratura/Teatro di Figura. Continua inoltre la collaborazione con il Museo Nazionale del Cinema, che andrà a concludere il festival omaggiando il maestro d’animazione cinematografica giapponese Hayao Miyazaki. Tra gli appuntamenti fissi della rassegna è presente il PIP –Progetto Incanti Produce ed il progetto CANTIERE che quest’anno si è svolto in collaborazione con la Scuola Holden di Torino, il Teatro del Buratto di Milano e Is Mascareddas di Cagliari. Novità del 2015 è anche il progetto PAB# Progetto Accademia che si occupa di fare da ponte tra le principali scuole europee di Teatro di Figura e la città di Torino. Numerosi sono anche gli eventi collaterali che la rassegna propone.

 

L’intero programma è disponibile al sito www.festivalincanti.it

 

c/o Casa del Teatro Ragazzi e Giovani
Corso Galileo Ferraris 266, 10134 Torino

Ancora qualche riflessione sul caso del tragico Tso di Andrea Soldi

soldi andrea

Imperizia? Inefficienza? Poco coordinamento? Probabilmente tutte e tre le cose, come hanno dichiarato anche gli ispettori inviati dal Ministro della salute Beatrice Lorenzin. Se il TSO, previsto per legge dal 1978, sia una pratica adeguata ed efficiente per soccorrere chi soffre di malattie mentali non spetta sicuramente a noi giudicarlo. Quello che possiamo constatare è che Andrea Soldi, afflitto da tempo dal suo disturbo, negli ultimi sette mesi era stato totalmente abbandonato a se stesso e alla sua famiglia


Nonostante le pagine dei quotidiani abbiano smesso di parlarne, il caso di Andrea Soldi e del suo TSO dal finale tragico e inconcepibile, continua a creare polemiche e a rappresentare un’enorme cicatrice all’interno del corpo della polizia municipale.
In questi giorni infatti il Nucleo Servizi Mirati è stato protagonista di un forse prevedibile ma nello stesso tempo inaspettato cambio della guardia: il commissario Elisabetta Ferraresi, responsabile del “reparto speciale” a cui appartengono i tre vigili urbani accusati di aver causato, il 5 agosto scorso, la morte di Andrea Soldi, ha abbandonato il timone per fare posto ad Alessandro Parigini, attuale capo del Nucleo di prossimità.

 

Dal Comune di Torino non smettono di affermare il “non intento punitivo” di questa scelta: nessuno vuole compiere una crociata contro un intero reparto di vigili urbani, anche perché, come prevede la nostra giustizia, le responsabilità penali dei singoli sono personali e devono essere giudicate e sentenziate solo dalla magistratura. E’ certo però che dopo le accese polemiche scaturite dal tragico e terribile episodio, il trasferimento del commissario Ferraresi e la nomina di Parigini ai “Mirati”, lascino intendere la volontà da parte del Comune di intervenire, provando ad imporre ed imprimere un approccio di vicinanza e di ascolto; stesso approccio che da anni contraddistingue l’operato di Parigini. Lo slogan “meno manette, più ascolto” e la riorganizzazione degli incarichi di responsabilità messa a punto in questi giorni dal Comando di via Bologna, sono il segnale che le varie polemiche e le rumorose proteste insorte dopo il tragico episodio, abbiano per lo meno smosso le troppo spesso dormienti, poltrone istituzionali.

 

La domanda che però adesso sorge spontanea, è se questo primo cambiamento basterà a placare gli animi di quella parte di opinione pubblica che negli ultimi due mesi si è scagliata contro le istituzioni pretendendo chiarezza e soprattutto giustizia. Il problema sono le nostre forze dell’ordine male istruite a gestire casi delicati e particolari così com’era quello di Andrea, oppure il vero problema è proprio l’esistenza di un provvedimento come il TSO (Trattamento Sanitario Obbligatorio)?

 

Andrea Soldi era un uomo di 45 anni che viveva a Torino con la sua famiglia. Era da molti anni malato di schizofrenia, una malattia psichiatrica che danneggia molto duramente le capacità cognitive e razionali del soggetto che ne soffre. Negli ultimi anni aveva spesso interrotto le cure, peggiorando così le sue condizioni. Soldi, a quanto riportano familiari e alcuni testimoni, non era una persona violenta; i suoi problemi dati dal peggioramento della malattia, riguardavano – sempre attenendoci a quello che raccontano alcuni testimoni – la sua scarsa igiene personale e la sua apatia nei confronti della vita. Un nuovo intervento di TSO (ricordiamo che egli era già stato interessato da altri interventi di Trattamento Sanitario Obbligatorio) era stato richiesto dal padre ottantenne che, a detta della sorella Maria Cristina Soldi, aveva grosse difficoltà a gestire la condizione del figlio dato anche il rifiuto di quest’ultimo nel sottoporsi alle cure. Il 5 agosto 2015 tre vigili urbani del Nucleo dei Progetti e Servizi Mirati di Torino, uno psichiatra e un infermiere, sono intervenuti per eseguire un TSO su Soldi; quel pomeriggio Andrea, seduto sulla panchina del parco di piazza Umbria dove era solito stare, ha perso la vita.

 

Imperizia? Inefficienza? Poco coordinamento? Probabilmente tutte e tre le cose, come hanno dichiarato anche gli ispettori inviati dal Ministro della salute Beatrice Lorenzin. Se il TSO, previsto per legge dal 1978, sia una pratica adeguata ed efficiente per soccorrere chi soffre di malattie mentali non spetta sicuramente a noi giudicarlo. Quello che possiamo constatare è che Andrea Soldi, afflitto da tempo dal suo disturbo, negli ultimi sette mesi era stato totalmente abbandonato a se stesso e alla sua famiglia. Aveva saltato i controlli imposti dai protocolli e dalle linee guida della Regione per verificare l’efficacia della terapia e la corretta assunzione dei farmaci, ma nessuno né dall’Asl né dai Servizi Sociali, si era mosso per capire il perché e per controllare le sue condizioni (i protocolli impongono, in caso di diagnosi simili, il controllo del paziente almeno una volta al mese). Nonostante il TSO per essere attivato richieda l’intervento di due medici, del Sindaco e dell’assessore comunale competente, in questo caso si può constatare che sia mancata totalmente la presa in carica del paziente. Il quarantacinquenne torinese, chiamato da chi lo conosceva il “gigante buono” a causa dei suoi 120 kg di peso, doveva essere aiutato – come chiedeva la famiglia – a curarsi; il 5 agosto scorso quell’aiuto si è trasformato nella sua condanna a morte.

 

Simona Pili Stella

Lavia apre con Brecht la stagione dello Stabile

“Vita di Galileo” di Brecht diretta e interpretata dall’attore e regista. Il continuo anelito dell’autore nel ricercare la verità,  alla luce del dramma della seconda guerra mondiale e delle bombe atomiche in Giappone

 

teatriSarà una celebre opera di Bertold Brecht, “Vita di Galileo” a inaugurare la stagione 2015-2016 del Teatro Stabile di Torino, al teatro Carignano di Torino, martedì 6 ottobre prossimo, alle 19.30. Con questo grandioso affresco, composto di ventisei interpreti e tre musicisti dal vivo, Lavia affronta per la prima volta, come regista e interprete, questo dramma di Brecht in uno spettacolo che debutta in prima nazionale. “Vita di Galileo” si apre a Padova nel 1609, dove lo scienziato detiene la cattedra di matematica dal 1592. Proprio qui Galileo viene in contatto con il canocchiale,  inventato l’anno precedente in Olanda, e lo perfeziona,  giungendo alla sua prima grande scoperta, l’esistenza dei quattro satelliti di Giove. Come pone in evidenza il drammaturgo tedesco nella scena III, si tratta della prima grande prova capace di mettere in crisi il sistema tolemaico, secondo cui il Sole e tutti gli altri pianeti ruotano intorno alla Terra, centro immobile di tutto l’universo.

 

Giunto a Firenze alla corte di Cosimo de’ Medici, Galileo è desideroso di presentare al granduca il canocchiale, ma gli aristotelici con cui si scontra spostano la disputa su di un piano puramente filosofico, mostrando tutto il loro disprezzo per le prove sperimentali. Il Collegio romano, invece, grazie alla curiosità del futuro Papa Urbano VIII,  conferma le scoperte di Galileo.  Proprio Urbano VIII, una volta divenuto Papa, proverà avversione a opporsi ai risultati filosofici galileiani, che costituiscono, tuttavia, per la loro tendenza a rimettere sempre tutto in discussione, un serio pericolo per l’ordine su cui si fonda la Chiesa.

 

Nella seconda versione, scritta da Brecht in lingua inglese, fra il 1944 e il 1947, la figura di Galileo subì una profonda revisione. Dopo lo scoppio della bomba atomica a Hiroshima e Nagasaki, Galileo non verrà, infatti, più considerato dal drammaturgo di Augusta l’abile scienziato con il vizio della verità,  ma colui il quale, con l’abiura,  aveva rinunciato a scardinare il potere costituito, incarnato dall’autorità ecclesiastica. Aveva svuotato la nuova scienza delle potenzialità utili per la trasformazione della società.  Secondo Brecht il “crimine” di Galileo può essere considerato alla stregua del “peccato originale delle moderne scienze naturali” , mentre la bomba atomica è il prodotto finale della sua omissione verso la società. La prima versione della “Vita di Galileo” venne completata da Brecht in Danimarca tra la fine del 1939 e l’inizio del ’39, per venire rappresentata, per la prima volta,  a Zurigo nel 1943.

 

In questa prima stesura Brecht aveva già mutato idea su Galileo, che veniva presentato in modo ambiguo, non più in forma eroica,  ma come colui il quale aveva effettivamente paura della morte, nel sostenere le proprie argomentazioni scientifiche di fronte all’Inquisizione, motivo che lo spinse a ritrattare le sue convinzioni copernicane. Vita di Galileo approdò in Italia al Piccolo di Milano nel 1963, con la magnifica regia di Giorgio Strehler,  con Tino Buzzetti nel ruolo di Galileo. Si trattò di uno spettacolo che cambiò la vita di Gabriele Lavia, facendogli prendere la decisione di fare teatro, di dare un indirizzo alla sua vita e di entrare all’Accademia d’Arte drammatica Silvio D’Amico.

 

“Brecht – afferma Lavia, che è regista e interprete del dramma –  pone una domanda: che cos’è la verità?  La risposta è che l’essenza ( la possibilità) della verità è la libertà.  Non si può trovare la verità,  se non a costo duro, difficile e doloroso della libertà.  La libertà non è fare quello che si vuole, ma è la limitatezza della conoscenza.  Brecht è un politico e parla della verità della polis,  dello stare al mondo insieme agli altri. Il grande insegnamento che ci dà il drammaturgo tedesco è che l’uomo ha il diritto di sapere e di capire,  in uno scambio costante”

 

 

Mara Martellotta

La bella Miss Torino 1957 fu aggredita a morsi da un'amica per 10 mila lire

COSA SUCCESSE IN CITTA’  / di Simona Pili Stella

 

pili simonaSecondo una ricerca condotta presso l’ University College di Londra dalla neuroscienziata Eleanor Maguire, il passato è strettamente connesso al futuro, tanto che chi soffre di amnesia e quindi dimentica il passato, non riesce più nemmeno ad immaginare e a prospettarsi un futuro. Ebbene, forse per attenerci un po’ alle recenti scoperte, o forse perché in fondo il mondo e nello specifico la città in cui viviamo è fatta di storia e di aneddoti passati,  Il Torinese ha deciso di dedicare una rubrica a Torino e agli avvenimenti più curiosi e che più l’hanno segnata nel corso degli anni, se non addirittura dei secoli precedenti

 

Erano le ore 14.00 del 24 settembre 1947 quando Giovanni Musso, uomo di 34 anni, biondo e dall’aria patita, si gettò sulle rotaie di Corso Statipiazza castello vecchia Uniti, all’angolo con Via Sacchi, proprio dove stava passando il tram della linea 9 sbarrato. Fortunatamente il manovratore, accortosi in tempo dell’insano gesto dell’uomo, riuscì ad evitare la tragedia; stordito ma incolume, Giovanni si rialzò tra le urla spaventate dei passanti e si allontanò velocemente. Due ore più tardi l’uomo venne fermato dagli agenti del commissariato di San Salvario, allertati da alcuni passanti che avevano visto il giovane uomo tentare di strangolarsi nei pressi di Ponte Isabella. Una volta condotto al commissariato, Giovanni confessò agli agenti di aver tentato più volte il suicidio in quel giorno: la prima volta gettandosi sulle rotaie del tram, la seconda volta supplicando un giardiniere (che lavorava al Valentino) di mozzargli la testa con il falcetto, e la terza, appunto, tentando di strangolarsi con un “fazzoletto” mentre si trovava sul Ponte Isabella. L’uomo, residente in provincia di Cuneo, non fu in grado di motivare agli agenti le cause degli insani gesti; l’unica cosa che continuò a ripetere fu la volontà di andare in carcere piuttosto che ritornare a casa. Venne richiesto immediatamente l’intervento del medico che lo fece ricoverare in osservazione all’ospedale psichiatrico.

 

[ La Gazzetta del Popolo]

 

Era il 7 settembre del 1957 quando una donna di 39 anni, Rosanna Gallano, dopo essere entrata in un caffè del centro di Torino, si tolse la vita ingerendo dell’acido muriatico. Quella mattina Rosanna, impiegata da molti anni come contabile presso l’amministrazione postale, invece di recarsi presso il suo ufficio in via Amendola 9, si fermò al caffè “Stadio” di corso Vittorio, all’angolo con corso Vinzaglio. La donna, dopo essersi seduta ad un tavolino e avere ordinato, come una normale cliente, un cappuccino, cominciò a sentirsi male, accasciandosi al suolo e contorcendosi lamentando forti dolori. La povera donna venne immediatamente soccorsa dal proprietario del bar e da alcuni avventori, che notarono subito uno strano segno bluastro intorno alla bocca della sventurata. Ormai agonizzante e con un filo di voce, Rosanna confessò di aver ingerito pochi minuti prima dell’acido muriatico, così, non appena giunsero i soccorsi, venne trasportata d’urgenza all’ospedale Mauriziano. Purtroppo a causa della gravità dell’avvelenamento, la donna morì qualche ora più tardi. Secondo le indagini della polizia, la signora Gallano compì il tragico gesto per la paura (infondata) di essere sottoposta ad un’ inchiesta per il suo operato in ambito lavorativo.

[La Gazzetta del Popolo]

 

ACCADDE MISSEra invece la sera del 14 settembre sempre del 1957, quando l’ospedale Martini ospitò la donna che al tempo venne considerata la più bella della città. Quella sera infatti, giunse al Pronto Soccorso, in seguito ad una violenta aggressione subita da una sua amica, Mira Pillon, la diciannovenne eletta (qualche mese prima) “Miss Torino”. Poco tempo prima che venisse eletta “Miss”, Mira, abitante in via Vittoria 32, aveva cucito un paio di vestiti per la sua amica e coetanea Carmen Palletti. Dopo aver consegnato i vestiti all’amica, la giovane pretese il pagamento di diecimila lire per il lavoro effettuato, ma la cliente invece di ricompensare l’amica non si fece più vedere, negandosi più volte sia al telefono che a casa. Passarono i mesi, Mira venne eletta “Miss Torino” e partecipò al concorso di Miss Piemonte, ma di quelle diecimila lire non ci fu più traccia. In seguito, finita l’estasi e la popolarità dei concorsi, la giovane si recò nuovamente dall’amica per riscuotere ormai quel vecchio pagamento. La bella “Miss” citofonò a casa di Carmen, ma appena la porta si aprì la ragazza venne aggredita dalla stessa Palletti che avventatasi su di lei, cominciò a colpirla con calci pugni e addirittura morsi. La povera Mira, spaventata e dolorante, si recò immediatamente al commissariato Borgo Dora dove sporse denuncia per l’aggressione subita e anche per il mancato pagamento delle diecimila lire. Una volta giunta al Pronto Soccorso la ragazza scherzò sul fatto che quei lunghi capelli che le erano valsi il tanto ambito e desiderato scettro, erano stati il suo punto debole durante l’inaspettato “incontro”.

[La Gazzetta del Popolo]

 

Erano le ore 19.00 del 5 settembre 1966 quando Domenico Corati, commerciante di 41 anni, abitante in strada Settimo 45, venne arrestato perACCADDE VECCHIO aver aggredito e minacciato con una pistola il benzinaio di 28 anni, Eugenio Campia. L’episodio avvenne davanti al chiosco di benzina di Strada Settimo 14, di proprietà del signor Campia. Domenico Corati giunto al chiosco per fare benzina, chiese al benzinaio 1000 lire di “normale” ma, al momento di pagare, il conto risultò essere di 2865 lire poiché gli era stato fatto il pieno. Domenico cominciò a protestare e a rifiutarsi di pagare e quando il proprietario del chiosco minacciò di chiamare la polizia, il commerciante tirò fuori una pistola da sotto il sedile della sua macchina. Il benzinaio, senza farsi intimidire, cercò di strappare l’arma dalle mani dell’uomo e tra i due iniziò una violenta lotta che terminò con il sopraggiungere della polizia avvisata da alcuni passanti. Il signor Corati venne portato al commissariato Barriera di Milano dove venne arrestato con l’accusa di tentata rapina e porto abusivo d’armi. Al benzinaio non venne mai pagato il pieno.

[La Gazzetta del Popolo]

 

Il 20 settembre 1980 un tragico episodio sconvolse la città. Lo studente universitario Carlo Bertolo di 21 anni e una sua amica, la diciassettenne Paola Narciso, precipitarono dal tetto dell’abitazione del loro amico Francesco Rovere. Il terribile episodio avvenne poco dopo la mezzanotte quando i due giovani, alla fine di una festicciola data dal ventiquattrenne Francesco, nella sua mansarda in via Saluzzo, decisero (forse dopo aver bevuto qualche bicchiere di troppo), di uscire fuori sulla piccola terrazza e di salire sul tetto. La tragedia avvenne in pochi secondi: mentre stavano tornando indietro per far rientro in casa, i due ragazzi scivolarono improvvisamente, precipitando spaventosamente nel vuoto dal tetto della palazzina di cinque piani. I due corpi precipitarono tra le urla degli altri ragazzi che assistettero impotenti alla terribile scena. Vennero immediatamente chiamati i soccorsi ma mentre la prima ambulanza che soccorse Carlo, arrivò quasi subito, l’altra ambulanza destinata a soccorrere Paola, ritardò inspiegabilmente di quasi quindici minuti. Entrambi i ragazzi dopo essere stati soccorsi sul posto vennero immediatamente trasportati alle Molinette in condizioni gravissime.

[La Stampa]

 

torino 70Il 23 settembre 1992 una macabra storia interessò le pagine di cronaca della città. Il pomeriggio di quel giorno venne ritrovato, all’interno di un congelatore, situato in una cascina di None, il corpo senza vita di Graziano Bausa, un quarantacinquenne residente in quella cascina con la sua famiglia. L’uomo venne ucciso tredici mesi prima dalla moglie Grazia Fichera, 43 anni, dal figlio Vito di 18 anni, dalla figlia Maria Franca di 20 anni e da una sua amica, la ventiquattrenne Romilda Odin. I quattro addormentarono l’uomo facendogli ingerire un potente sonnifero sciolto nella minestra, poi una volta che l’uomo si fu addormentato, gli somministrarono tramite una siringa, una dose letale di eroina. Dopo averne constatato la morte, misero il corpo dell’uomo all’interno di un congelatore, immergendolo completamente in una soluzione di acido muriatico così da accelerarne i tempi di decomposizione. Il corpo senza vita dell’uomo rimase nel congelatore (posto tra l’altro tranquillamente contro una parete della cucina), per ben tredici mesi, fino a quando i carabinieri non intercettarono (per caso) una telefonata tra Grazia Fichera e un tossico dipendente, Marcello Fornerone, un uomo che gli agenti stavano da tempo tenendo d’occhio per altri motivi. Durante la chiamata, la donna offriva dei soldi a Fornerone (venuto a conoscenza del fatto poiché amico intimo di Romilda Odin), affinché si liberasse del congelatore con dentro il cadavere di suo marito. Quando i carabinieri giunsero sul posto trovarono i resti dell’uomo all’interno del congelatore; la madre ed i figli dichiararono di aver compiuto il folle gesto poiché non sopportavano più il comportamento violento dell’uomo e confessarono inoltre, di aver mascherato la sua sparizione dicendo a parenti e amici che Graziano era scappato in Brasile con l’amante.

[La Stampa]

 

 

Simona Pili Stella

Nuovi medici in arrivo all'ospedale di Susa

Adjusting Google Glass

Si registrano alcune recentissime assunzioni, frutto degli impegni a suo tempo sottoscritti con i sindaci della Valle

 

L’assessore regionale Antonino Saitta, recentemente, è stato al centro di diverse polemiche per la proposta di risistemazione del sistema sanitario. Contestazioni sono arrivate soprattutto dal territorio, Casale Monferrato e Vercelli sono alcune. Nella Citta Metropolitana, forse, le cose vanno diversamente. A Susa, infatti, si registrano alcune recentissime assunzioni, frutto degli impegni a suo tempo sottoscritti con i sindaci della Valle. Dal 1 ottobre ha preso servizio un nuovo medico al pronto soccorso di Susa, con una lunga esperienza nella medicina d’urgenza. Sempre a Susa è stato assegnato un altro chirurgo per rafforzare il pool dedicato all’area dell’emergenza di una struttura, che, con la stagione turistica invernale, tornerà ad essere frequentata non solo dalla popolazione locale. Ma le novità non sembrano essere finite. L’assessore spiega che “A novembre arriverà, sempre all’ospedale di Susa, uno specialista in ortopedia e traumatologia per dare supporto al pronto soccorso, aumentando così l’orario di accesso diretto al traumatologo e riducendo i tempi di attesa: Inoltre sono in arrivo pure un ortopedico ed un urologo all’ospedale di Pinerolo.

Massimo Iaretti

 

La storia di Aldo Puttin è il calvario di un uomo innocente

tosettoSTORIE DI CITTA’ / di Patrizio Tosetto

 

“Ero in isolamento. Vi assicuro, è stata molto dura. Straordinaria mia moglie Antonina. Sempre presente mi ha dato le forze che venivano a volte meno. Ora sono contento di non aver ceduto allo sconforto”. Nel raccontare m’assale lo sconforto. Tutto è tristemente caotico. Questa giustizia è proprio da riformare

 

Nella storia le date sono importanti. E il tempo fondamentale nel definire e giudicare la storia. Una Storia con la esseputtin maiuscola, almeno per noi che di questa storia siamo stati spettatori partigiani. Convinti che le cose non andassero per il verso giusto.  Aldo è ironico. Ironico soprattutto con se stesso. Quasi non avesse patito, sopportato, quasi fosse stato tutto “normale”. Architetto, Aldo Puttin dal 1979 lavora per i consorzi di cooperative aderenti alla Lega Coop. Rispondendo ad un annuncio sul giornale, si è presentato, come suo costume, senza rete. Solo dopo hanno scoperto al CCCPL di Reggio Emilia, che era segretario di una sezione del Pci. A metà degli anni 90 diventa responsabile del Piemonte del Consorzio di Ravenna. “Tenerlo fermo” è pressoché impossibile. Schizza da tutte le parti della regione con capatine in Lombardia e Liguria. Metà del fatturato del consorzio lo si deve a lui. Comincia ad infastidire, questo suo iper attivismo. Veniamo ai fatti salienti. 

 

Nel 2001 i carabinieri gli perquisiscono casa ed ufficio.Stefano Bernardi Presidente di un Consorzio di cooperative sociali denuncia una “cupola” che si spartisce i lavori del verde nel comune di Torino. Ma le indagini non approdano a nulla ed il Bernardi successivamente fallisce con l’azienda. Nel luglio 2002 viene arrestato. Viene scarcerato a novembre con altri 20 giorni di arresti domiciliari . Diversi capi d’imputazione, tra i più gravi turbativa d’asta ed associazione a delinquere. 23 marzo, inaspettata svolta. I pm chiedono l’archiviazione di Aldo Puttin. Il Gip un po’ imbarazzato convoca le parti.  Poi, un  reato meno grave: associazione esterna. Nel maggio 2006 inizia il processo di primo grado, con 42 imputati. In 109 hanno patteggiato. 28 Aprile 2008,  la sentenza. 32 imputati condannati. Aldo Puttin a 2 anni e 5 mesi. 12 Aprile 2010, dopo 6 mesi  la sentenza di Appello. Assolto dall’accusa di associazione esterna. Turbativa d’asta prescritta. L’architetto Aldo Puttin è innocente e la sua fedina penale rimane immacolata. Per dovere di cronaca alcuni processi civili per risarcimento danni (che non lo riguardano) sono ancora in essere. E il tribunale ha respinto la richiesta del Comune di Torino perché doveva essere dettagliata per singoli appalti, Nel raccontare m’assale lo sconforto.

 

Tutto è tristemente caotico. Questa giustizia è proprio da riformare. Alla fine comunque, tutto bene? Non mi pare! Ad Aldo faccio una sola domanda: come hai vissuto i mesi di carcere? “Ovviamente male. Ma mi sono organizzato studiando. Studiando gli atti ed il codice penale. Non avevo alternativa, i magistrati volevano farmi dire cose che semplicemente non erano vere. Ho persino dovuto e voluto ricusare l’avvocato iniziale. Mi chiedeva di collaborare confessando qualcosa che non avevo commesso. Ero in isolamento. Vi assicuro, è stata molto dura. Straordinaria mia moglie Antonina. Sempre presente mi ha dato le forze che venivano a volte meno. Ora sono contento di non aver ceduto allo sconforto”. E grazie anche da parte mia, Antonina. Aldo è un vero  amico.

Cancro alla prostata con gli integratori?

La ricerca è stata coordinata da Paolo Gontero, della Clinica Urologica universitaria

 

molinetteLe sostanze naturali presenti negli integratori alimentari possono rivelarsi cancerogeni nel tumore alla prostata. L’allarme è stato lanciato da uno studio della Città della Salute di Torino, pubblicato sulle riviste americane ‘Nature Reviews Urology e ‘The Prostate’. La ricerca coordinata da Paolo Gontero, della Clinica Urologica universitaria, rivelerebbe che  l’assunzione in alte dosi di sostanze alimentari contenute in molti integratori accrescono il rischio di sviluppare il cancro alla prostata.

 

(Foto: il Torinese)