LIFESTYLE- Pagina 3

L’importanza di essere consapevoli dei valori che ci guidano / 1

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I valori personali sono l’elemento che, se conosciuto, rispettato e ben seguito, dà senso, equilibrio e armonia alla nostra esistenza. Essi sono fondamentali per il benessere personale di ognuno di noi. Ma siamo consapevoli dei valori che ci guidano? Li conosciamo davvero?

E il nostro percorso esistenziale, le nostre scelte grandi e piccole, le situazioni in cui decidiamo di entrare o meno, le persone e gli ambienti che scegliamo di frequentare, il lavoro che facciamo, il modo in cui conduciamo la nostra esistenza sono in linea con i nostri valori?

Rispondere consapevolmente e positivamente a queste domande è essenziale per la qualità della nostra vita, per il nostro equilibrio interiore, e per vivere serenamente e in armonia con noi stessi. La maggior parte dei nostri disagi emotivi, delle nostre confusioni e dei nostri squilibri comportamentali nasce proprio dalla non sufficiente conoscenza dei valori che ci guidano.

Valori che sono diversi per ciascuno di noi, che affondano nella nostra più profonda natura, nella nostra specifica personalità e nel carattere, plasmato nel tempo dalle nostre esperienze, e che sono la causa e l’origine delle nostre passioni, desideri, sogni.

Se non li conosciamo sufficientemente e se non li viviamo adeguatamente, ne consegue una serie di negatività che vanno dal disorientamento esistenziale, ai comportamenti contraddittori, e a emozioni negative quali rabbia e frustrazione. Fermarci a riflettere sui nostri valori guida, pertanto, è davvero il primo passo verso un’esistenza piena e gratificante.

Soltanto l’essere consapevoli dei nostri valori ci permette di fare le giuste scelte e conseguentemente di agire nel modo migliore per vivere in pace con noi stessi e proiettati verso il benessere e la nostra armonia personale e della nostra esistenza.

Roberto Tentoni
Coach AICP e Counsellor formatore e supervisore CNCP.
www.tentoni.it
Autore della rubrica settimanale de Il Torinese “STARE BENE CON NOI STESSI”.

(Fine della prima parte)

Potete trovare questi e altri argomenti dello stesso autore legati al benessere personale sulla Pagina Facebook Consapevolezza e Valore.

Il gusto autentico di Torino: viaggio nelle gelaterie più amate dai torinesi

SCOPRI – TO ALLA SCOPERTA DI TORINO 
A Torino il gelato non è un semplice sfizio estivo. È un rito, una tradizione che si rinnova stagione dopo stagione, anche d’inverno, quando i più affezionati non rinunciano a una coppetta avvolti nella sciarpa, magari scegliendo gusti più intensi, più “caldi” al palato. Non è solo questione di gusto: qui si parla di cultura, di artigianato, di memoria collettiva. La città, con la sua eleganza discreta e la sua passione per i sapori autentici, custodisce alcune delle gelaterie più celebri d’Italia, vere e proprie istituzioni locali, amate da generazioni. Ma accanto a queste, anche insegne più recenti hanno saputo trovare il loro spazio, con formule nuove che parlano un linguaggio contemporaneo senza rinunciare alla qualità.
La qualità è casa: le gelaterie nate sotto la Mole
È impossibile parlare di gelato a Torino senza citare Fiorio, in via Po, un nome che evoca immediatamente immagini di nobiltà sabauda e salotti letterari. Aperto nel 1780, era uno dei luoghi preferiti di Cavour, e ancora oggi conserva quell’aria un po’ austera, ma incredibilmente affascinante, che lo rende unico. Qui il gelato è classico, senza compromessi, e i gusti storici, gianduia, zabaione, crema Fiorio , continuano a fare scuola. Non si cerca l’effetto sorpresa, ma la perfezione nella semplicità: una nocciola morbida, profonda, in cui si sente tutta la Langhe; una crema pasticcera vellutata, dal sapore netto e sincero.
Ma accanto a Fiorio, c’è un’altra gelateria che ha segnato una rivoluzione, e che, pur essendo ormai presente in molte città del mondo, conserva un legame forte con Torino: Grom. Nata nel 2003 dall’idea di due giovani torinesi, Grom ha riportato al centro la ricerca dell’ingrediente naturale, della frutta vera, del latte fresco. Una scommessa che ha saputo coniugare visione imprenditoriale e amore per il gelato come una volta. Tra i gusti più rappresentativi ci sono il sorbetto al limone femminello, il pistacchio di Bronte, e il cioccolato extranoir, ma non manca mai il gusto “crema come una volta”, semplice solo in apparenza. Chi ama la frutta può scegliere fragola, albicocca o fico in base alla stagione, tutti ottenuti da coltivazioni selezionate.
Un altro nome sempre più centrale nella mappa torinese del gelato è Mara dei Boschi, laboratorio nato nel quartiere San Salvario e divenuto rapidamente una meta cult per chi cerca qualcosa di diverso. Qui il gelato è artigianale nel senso più puro del termine: ogni gusto nasce da una riflessione, da una sperimentazione. C’è un uso costante di ingredienti locali, come il latte crudo o la nocciola Piemonte IGP, ma anche un’apertura verso accostamenti più arditi. Tra i gusti che sorprendono ci sono il gelato al sesamo nero, la crema allo yuzu (un agrume giapponese profumato e agrumato), il cioccolato con fava tonka, oppure il latte affumicato con caramello salato. Chi entra per la prima volta da Mara dei Boschi capisce subito che qui il gelato è considerato quasi una forma d’arte. Anche i sorbetti sono speciali, come quello al mango Alphonso, alla mora selvatica o alla barbabietola con lampone.
E poi, naturalmente, c’è Pepino, storico marchio torinese famoso per aver inventato nel 1939 il “Pinguino”, il primo gelato su stecco ricoperto di cioccolato. Una vera icona cittadina, ancora oggi disponibile in diverse versioni – gianduia, menta, nocciola – con uno stile retrò che affascina.
Non solo torinesi: quando la qualità parla a tutti
In mezzo a questa offerta ampia e radicata, c’è chi è arrivato da fuori ma ha saputo conquistare la città, senza fare troppo rumore, ma con una qualità che non ha lasciato indifferenti. È il caso de La Romana, catena originaria di Rimini, che a Torino ha trovato un pubblico sorprendentemente affezionato. Con un approccio che punta molto sulla cremosità, sulla golosità delle creme, sulla panna montata al momento e sulla possibilità di colare cioccolato fuso nel fondo del cono, La Romana ha saputo intercettare un gusto torinese che, seppur raffinato, non disdegna l’intensità e la ricchezza dei sapori.
Tra i gusti più apprezzati c’è il “150”, una crema ricca con pandispagna al cioccolato sbriciolato dentro, che richiama immediatamente l’idea di un dolce della nonna. C’è poi il “Biscotto della nonna”, con vere briciole di biscotto croccante che contrastano la morbidezza della base cremosa. Da non perdere nemmeno la “Crema al limone”, fresca ma intensa, perfetta nelle giornate calde ma piacevole anche come contrasto nei mix di gusti più ricchi. E per chi ama i sapori decisi, ci sono il “cioccolato fondente Venezuela” o la crema “Zabaione con Marsala Superiore”. Il tutto condito da un servizio sempre accurato, che accompagna l’esperienza come fosse una piccola cerimonia.
Il successo di queste gelaterie, tutte molto diverse tra loro, dimostra che a Torino il palato non si accontenta. I torinesi, sotto sotto, sono dei veri intenditori. Non si lasciano abbindolare da decorazioni vistose o mode passeggere. Cercano la sostanza. E quando la trovano, sono fedeli. Per questo, tra le vie del centro e i quartieri più residenziali, le gelaterie migliori sono sempre frequentate, anche nei mesi freddi. Perché il gelato, a Torino, è un piacere che non ha stagione. E non è mai solo un dolce: è un piccolo pezzo di identità cittadina.
NOEMI GARIANO

Vieni avanti cretino

Non passa settimana in cui io non riceva segnalazioni o lamentele su questa o quella azienda, questo o quel funzionario o dirigente, per la sua ottusità, l’incapacità di discernere i problemi reali da quelli che lui stesso ha creato e, in generale, per l’insoddisfazione crescente delle maestranze.

Non ultima una segnalazione pervenutami oggi, nella quale una persona mi segnala che avendo aderito circa 3 mesi fa all’incentivazione aziendale aspettava, giustamente, una risposta per l’esodo che avrebbe dovuto avvenire alla fine di questo mese.

Superfluo dire che solo oggi, a 20 giorni dal possibile esodo, i Soloni abbiano decretato che non c’erano più soldi, che non era possibile accogliere la sua richiesta, ecc ecc.

Al di là della sostanza e del rispetto che tutti i lavoratori meritano in costanza di un rapporto privo di rimproveri, rilievi disciplinari e via dicendo, va da sé che una azienda organizzata secondo la diligenza del buon padre di famiglia (Codice civile docet) non può impiegare tre mesi per dirimere una questione, magari per decisione del padrino di turno, del politico del momento o del dirigente figlioccio di tale, parente di Tizio  segnalato da Caio o, più probabilmente, perché è stata adibita la persona sbagliata alla mansione giusta.

Purtroppo, si è passati da un’Italia, patria di poeti e navigatori, ad un coacervo di professionalità approssimative, di lauree conseguite nelle università più dannose per il Paese, di professionisti, come dice Paolo Cevoli, “inutili come un culo senza buco”. 

Il compianto Piero Angela, che ebbi modo di incontrare ormai molti anni fa, soleva dire:

“L’Italia è un Paese morto.

Non ci sono punizioni per chi sbaglia.

Non ci sono premi per chi merita”

Sindacati che, dopo l’exploit rivendicativo del 1969 (che ha permesso di ottenere lo “Statuto dei lavoratori” solo perché l’allora Ministro del Lavoro, Carlo Donat Cattin, lo offrì alle parti sindacali) hanno pensato bene di tenere il cuore dalla parte dei lavoratori ed il portafoglio da quella degli imprenditori.

Contratti collettivi che, grasso che cola, al rinnovo concedono ai lavoratori 30 euro lordi al mese, salvo riconoscere benefit degni degli Emirati arabi ai dirigenti.

E’ palese che imprese di tale genere siano destinate ad implodere perché qualunque dipendente, presa coscienza dei propri meriti e consapevole dei limiti imposti, cercherà di emergere per rispetto di quell’autostima sviluppata sul campo, che manca a chi la carriera l’ha fatta per meriti altrui o per “chiara fama”.

In un’epoca in cui nulla è più precario del definitivo, proprio chi occupa posizioni apicali dovrebbe viaggiare con le spalle contro il muro per la consapevolezza di essere il primo a rischiare in caso di crisi.

Adagiarsi sugli allori posti sul capo di altri non soltanto è pericoloso, inutile e indice di scarsa professionalità, ma significa non volere la crescita dell’impresa e lo sviluppo delle competenze, ma crogiolarsi grazie a meriti altrui, ringraziando ogni giorno chi ha offerto una possibilità che, altrimenti, sarebbe andata, per merito, ad altri.

Se avete un’idea di massima del panorama imprenditoriale italiano non vi sarà difficile comprendere in quali difficoltà versi la nostra economia che ha ridotto il Belpaese da Paese di spicco a latrina dei Paesi più avanzati. Sono certo che, dopo oltre 700 anni, Dante proclamerebbe a voce ancora più forte: 

“Ahi serva Italia, di dolore ostello, 

nave sanza nocchiere in gran tempesta,

non donna di provincie, ma bordello!”

Credo, però, che la citazione che meglio di ogni altra rende giustizia sia tratta da “La volpe e la maschera da tragedia” di Fedro: “[..] Hoc illis dictum est, quibus honorem et gloriam fortuna tribuit, sensum communem abstulit.”  (Dico questo a coloro a quali la fortuna ha tributato onore e gloria, ma ha tolto il buon senso).

Sergio Motta

Festa della birra di montagna Birrificio Pian della Mussa a Balme 

Arriva la Seconda edizione 

L’appuntamento è dal 24 al 27 luglio a Balme con cibo, musica, tornei sportivi, attività, visite allo stabilimento produttivo e, ovviamente, birra a fiumi.

A un anno dall’inaugurazione della Birreria, il Birrificio Pian della Mussa, uno dei più alti d’Italia (si trova a 1432 metri slm), torna a festeggiare celebrando la seconda edizione della Festa della birra di Montagna con quattro giorni di cibo, musica, tornei sportivi, tanta voglia di stare insieme e, ovviamente, birra a fiumi.
Dopo il grandissimo successo dell’edizione 2024, la Festa torna con un programma ampliato e ancora più divertente, pensato per un pubblico trasversale fatto di giovani, famiglie e amanti del buon cibo e del buon bere.

 

L’appuntamento è dal 24 al 27 luglio a Balme, paesino delle valli di Lanzo ai piedi del Pian della Mussa dove eccellenza, rispetto della natura, tecnologia e amore per il proprio lavoro si incontrano per produrre una birra biologica fatta con l’acqua di montagna, attingendo da una sorgente dedicata (caso unico in Italia) e utilizzandola senza che venga in alcun modo trattata. Qui la famiglia Brero, con Alessio, AD del Pian della Mussa e sua moglie Elisa, responsabile marketing e amministrazione, porta avanti il progetto iniziato diciassette anni fa quando Michele Brero decise di acquisire lo stabilimento del Pian della Mussa, per riscattare il fallimento e riportarlo all’antico splendore. Da allora, l’acqua di questi luoghi è tornata ad essere un’eccellenza produttiva, seguita dalla birra biologica e dal coraggioso progetto della birreria, inaugurata un anno fa come luogo di convivialità e condivisione.

 

E proprio la birreria sarà al centro di un programma che riempirà di momenti, di buon cibo e di ottima birra un lungo weekend estivo, da trascorrere al fresco abbracciati dalle montagne.
Per l’occasione, la birreria proporrà uno speciale menu delle feste, fatto di taglieri, stuzzichini fritti, stinco alla birra, porchetta e formaggi. La proposta sarà affiancata da quella di un gruppo di food truck d’eccellenza, che stazioneranno nel piazzale antistante la birreria per garantire una diversità di scelta al pubblico della Festa. E poi, ovviamente, musica e intrattenimento fino a tarda notte.

Giovedì 24 si inizia alle 19 in birreria con la cena (prenotazione obbligatoria per chi vuole sedersi al tavolo), per poi scatenarsi con la musica dei Back to Vinyl, un dj set con vinili dedicato ai grandi classici degli anni Ottanta e Novanta.

Si continua poi venerdì 25 con il doppio appuntamento gastronomico (pranzo e cena) in birreria tra degustazione di birre e proposte culinarie a tema. Durante la giornata si potranno prenotare in loco le visite guidate in azienda (al mattino dalle 10 alle 12 e al pomeriggio dalle 14 alle 18), per approfondire la conoscenza di una realtà davvero unica.
Per la cena ecco arrivare i food truck, che affiancheranno il menu della birreria: Emporio Vegetale, realtà torinese di ottime soluzioni vegetali pret à Manger, che arriverà a Balme con la sua proposta stagionale, fresca e veg di focacce farcite con verdure e preparazioni golose, oltre a un’offerta di dolci al cucchiaio; poi RockBurger, con la sua proposta di panini dalle note Rock e le proposte orientali di Donburi House.

Per il dolce (o per uno spuntino goloso) ci sarà anche il carrettino della Piccola Gelateria di Montagna L’Ape Drola, impresa locale di Cantoira, produttrice di miele e prodotti della terra delle Valli di Lanzo.

 

Durante la serata ci sarà anche la possibilità di partecipare a una camminata per la Val Servin (con un itinerario adatto a tutti i camminatori, di qualsiasi esperienza – durata 1 h / 1.30 h), con visita al museo delle guide alpine in notturna. Per gli amanti della birra più sedentari e meno esplorativi, concerto alle 20.30.

Sabato 26 sempre disponibile l’opzione del pranzo e cena in birreria con prenotazione, oppure la proposta di Rock burger, Emporio Vegetale e Donburi House.

Oltre alle visite guidate in azienda, dalle 10 alle 16 ci sarà un bel momento di festa e di gioco, con il Circo Wow che proporrà attività per il pubblico di tutte le età raccontando e facendo provare i giochi di una volta (accesso libero e gratuito).

Alle 21 ancora musica con il concerto country e Rock & Roll dei Love Sick Music e poi dalle 23 dj set.

Domenica 27 la Festa prosegue già dalla colazione, con la performance di voce e arpa di Cecilia harp live che si terrà alle 10.30 nel giardino della birreria. Si continua poi per tutto il giorno con la proposta gastronomica, le visite in azienda e con l’intrattenimento del Circo Wow, a cui si aggiunge dalle 11 alle 16 la possibilità per i più piccoli di fare una cavalcata in sella a un pony. Il concerto dei Beatwins, cover band dei Beatles, accompagnerà le attività del pomeriggio, per chiudere in bellezza quattro giorni di grande festa.

 

Il tempo libero dei torinesi: tra parchi cittadini e fughe nel verde

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SCOPRI – TO  ALLA SCOPERTA DI TORINO
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Chi vive a Torino sa che per respirare non serve per forza scappare lontano. La città, oltre a musei, palazzi e caffè storici, offre un patrimonio verde che non ha nulla da invidiare ad altre capitali europee. I torinesi lo sanno bene: quando hanno bisogno di staccare, di rilassarsi o di ritrovare un po’ di silenzio, si rifugiano nei parchi.
Il Parco del Valentino è una vera istituzione. Più di 400.000 metri quadrati di verde affacciati sul Po, con viali alberati, prati per sdraiarsi, angoli ombreggiati per leggere e piste perfette per correre o andare in bicicletta. È uno di quei luoghi dove si mescolano tutte le generazioni: dai bambini che rincorrono le bolle di sapone agli anziani che si ritrovano sulle panchine, dai ragazzi che ballano swing la domenica alle coppie che fanno il primo picnic della stagione.
Poi c’è la Pellerina, la distesa verde più vasta di Torino. Un polmone urbano dove si viene a correre, a portare a spasso il cane, a leggere un libro sotto un albero. Nei fine settimana si organizzano eventi, mercatini, attività per i bambini. Ci sono anche piccoli stagni, ponticelli in legno e spazi dedicati allo sport. È un parco vissuto, autentico, dove si respira la città in versione lenta.
Ma il verde torinese è fatto anche di spazi più raccolti, come il Parco Rignon con la sua villa storica, o il Parco della Tesoriera, che in primavera si riempie di colori e profumi. In centro, i Giardini Reali offrono una pausa elegante tra un museo e una passeggiata sotto i portici, mentre il Parco Dora, con la sua impronta post-industriale, attira giovani, skater e fotografi urbani. Insomma, ogni quartiere ha il suo angolo di natura: e ogni torinese ha il suo posto del cuore dove rallentare.
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Cibo e passeggiate: i piaceri della libertà
Per i torinesi, il tempo libero è anche un’occasione per vivere la città senza fretta. Il sabato mattina, ad esempio, è facile vederli passeggiare tra le bancarelle del mercato di Porta Palazzo o tra i banchi del Balon, alla ricerca di un vinile, un libro usato o un oggetto curioso. Poi si entra in una libreria indipendente, si prende un caffè in un dehors o si fa una pausa in una delle tante pasticcerie che resistono al tempo, con le loro vetrine piene di bignole e cioccolatini.
Nel pomeriggio si passeggia in via Lagrange o via Garibaldi, si sbircia tra i negozi, si entra in una galleria d’arte. E quando viene fame? Niente panico: Torino è una città che ama mangiare bene. Dai piatti della tradizione – come gli agnolotti, il vitello tonnato, la bagna cauda o i plin burro e salvia – alle reinterpretazioni moderne in ristoranti e bistrot che valorizzano i prodotti locali. E poi i formaggi, le nocciole, i vini: ogni pasto diventa un piccolo rituale.
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Weekend nelle Langhe: tra vigne, colline e grandi vini
Quando arriva il fine settimana, la voglia di cambiare panorama si fa sentire. E così i torinesi prendono la macchina e si dirigono verso le Langhe. In poco più di un’ora ci si ritrova immersi in paesaggi che sembrano disegnati: colline coperte di vigneti, borghi antichi, cascine, strade tortuose che regalano scorci sempre diversi.
Langhe, vigneti
A Barolo, piccolo gioiello collinare, si respira l’odore del vino ovunque. È impossibile resistere alla tentazione di fermarsi in una delle tante cantine per una degustazione o di prenotare un tavolo con vista. Ristoranti come Locanda Fontanazza o La Vite Turchese sanno coniugare cucina autentica e panorama mozzafiato. Qui si assaporano piatti come i tajarin al tartufo nero, la carne battuta al coltello o la fonduta di Raschera con verdure di stagione. Tra una passeggiata e l’altra, tra un bicchiere di Barolo e una visita al WiMu – il Museo del Vino – i torinesi riscoprono un tempo diverso, fatto di piccoli piaceri e grandi silenzi.
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Asti e Monferrato: sapori, colline e tradizione
Non solo Langhe. Anche il Monferrato e la zona di Asti sono mete amatissime. Meno affollate ma altrettanto affascinanti, queste colline dolci e ondulate sono punteggiate di borghi, castelli e filari di viti. Qui il tempo scorre ancora più lento, e il legame con la terra è fortissimo.
Asti, con il suo centro storico elegante, è perfetta per una passeggiata tra chiese romaniche, mercatini e botteghe artigiane. Il sabato mattina c’è il mercato in Piazza Alfieri, e in autunno il profumo di tartufi invade le vie del centro. Molti torinesi vengono qui anche solo per pranzare in ristoranti tipici come Tacabanda o Campanaro, dove si trovano piatti come la finanziera, il bunet, il brasato al Barbera.
Nel Monferrato, invece, si cercano esperienze più intime: una camminata tra i noccioleti, una visita in una cantina biologica, una notte in agriturismo con cena a lume di candela. Paesi come Cocconato, Montemagno o Grazzano Badoglio custodiscono una bellezza discreta, lontana dal turismo di massa.
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Alba, il gioiello delle Langhe
E poi c’è Alba, una città che i torinesi sentono un po’ loro. Capoluogo delle Langhe, è il punto di partenza perfetto per esplorare il territorio. Ma è anche una meta in sé: elegante, vivace, autentica. Le sue strade medievali, le torri, le piazze raccolte, i profumi che escono dalle botteghe artigiane: tutto invita alla calma, alla curiosità, al piacere.
Alba è famosa in tutto il mondo per il tartufo bianco, celebrato ogni anno con una fiera internazionale che richiama migliaia di visitatori. Ma la sua offerta non si ferma lì: vini eccellenti, dolci alla nocciola, pastifici storici, osterie con una cucina che sa rinnovarsi senza tradire la tradizione. Piazza Duomo, il ristorante tristellato dello chef Crippa, è un’esperienza unica. Ma anche trattorie come La Piola o Enoclub raccontano con autenticità il territorio.
Qui il tempo libero si fa arte di vivere: si passeggia senza fretta, si mangia con gratitudine, si brinda alla bellezza delle cose semplici. E al ritorno verso Torino, con il bagagliaio pieno di bottiglie e la testa ancora tra le colline, si porta a casa un pezzetto di quella quiete.
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Noemi Gariano

“Joyful green together!” per ridurre l’impatto delle feste di laurea

“Joyful green together!” è il claim della campagna di comunicazione e sensibilizzazione avviata dal Politecnico di Torino in collaborazione con Città di Torino e Amiat Gruppo Iren per ridurre l’impatto ecologico dei festeggiamenti di laurea. L’obiettivo è rendere un momento di gioia e celebrazione, come quello delle proclamazioni dei neo-dottori e dottoresse, anche occasione per promuovere la sostenibilità, garantendo allo stesso tempo il rispetto degli spazi comuni e cittadini.

Infatti, a fronte di problematiche ambientali e di decoro urbano causate da coriandoli, fumogeni, rifiuti abbandonati e affissioni non autorizzate, a partire dalla scorsa sessione di proclamazioni l’Ateneo, insieme ai partner, ha avviato una campagna di sensibilizzazione e interventi concreti per promuovere comportamenti più responsabili.

La campagna si fonda su un appello alla responsabilità da parte dei laureandi e delle laureande e delle loro famiglie e amici: è stato fornito un decalogo di comportamenti sostenibili realizzato in collaborazione con il Green Team di Ateneo e promosso sui canali di comunicazione digitali e social, ma proposto anche durante le cerimonie di laurea con segnaletica apposita e messaggi sugli schermi.

Per invogliare dottori e dottoresse ad abbandonare i coriandoli, che risultano essere una delle problematiche ambientali più impattanti dei festeggiamenti, l’Ateneo ha poi offerto a chi ha conseguito il titolo nella sessione primaverile delle bolle di sapone realizzate ad hoc per la campagna: un’alternativa ecologica ai coriandoli, con packaging in bioplastica.

Grazie a Città di Torino e Amiat Gruppo Iren, infine, sono stati potenziati i punti di raccolta con contenitori per vetro, carta, plastica e indifferenziato dedicati ai festeggiamenti. Nello specifico, sono stati messi a disposizione, durante le sessioni di laurea, 24 contenitori suddivisi tra le diverse frazioni; il contributo di Amiat prevede inoltre interventi di pulizia e uno svuotamento ad hoc dei cestini nelle giornate dei festeggiamenti

I primi risultati sono incoraggianti: è in corso un monitoraggio giornaliero attivo da luglio 2024, che dimostra come nella sessione di marzo-aprile 2025, 9 rilevazioni su 10 hanno registrato un uso di coriandoli inferiore alla media e 6 su 10 una riduzione delle affissioni non autorizzate. L’iniziativa intende proporsi come un progetto pilota per stimolare i cittadini a trovare soluzioni sostenibili anche per altri momenti di festa in spazi pubblici di Torino.

 

«Con la campagna “Joyful green together!” vogliamo dimostrare che la sostenibilità può essere parte integrante dei momenti più belli della vita accademica. Celebrare la laurea in modo consapevole significa non solo rispettare l’ambiente e la città che ci ospita, ma anche rafforzare il senso di comunità e responsabilità che caratterizza il nostro Ateneo. I risultati ottenuti finora ci incoraggiano a proseguire su questa strada, valorizzando comportamenti positivi e coinvolgendo attivamente studentesse, studenti e le loro famiglie in un cambiamento culturale concreto», commentano Silvia Barbero, Vicerettrice per la Comunicazione e la Promozione del Politecnico e Fulvio Corno, Vicerettore per la Formazione.

 

“Ogni piccolo gesto può fare la differenza quando si parla di sostenibilità ambientale. Questa campagna è un esempio concreto di come, anche nei momenti di festa, si possano adottare comportamenti alternativi che rispettano l’ambiente, senza rinunciare alla gioia della celebrazione. Come Città di Torino, stiamo lavorando con il Politecnico di Torino e altri partner per raggiungere la neutralità climatica, grazie agli impegni che sono stati inseriti nel Climate City Contract, nell’ambito della missione europea NetZeroCities: tra questi, una buona raccolta differenziata e la riduzione dei rifiuti sono degli step fondamentali. “Joyful green together!” ci invita a ripensare le nostre abitudini in modo creativo e consapevole, contribuendo a rendere Torino una città più sostenibile e vivibile per tutte e tutti.”, aggiunge Chiara Foglietta, Assessora alla Transizione ecologica e digitale della Città di Torino.

“Siamo orgogliosi di contribuire a un progetto che coinvolge gli studenti dell’ateneo, responsabilizzandoli ma, allo stesso tempo, rendendoli protagonisti di un impegno concreto per l’ambiente. Questa iniziativa si inserisce pienamente nell’impegno quotidiano di Amiat a creare alleanze capaci di promuovere comportamenti sostenibili, educare al rispetto della città e rafforzare la cultura ambientale delle nuove generazioni: insieme al Politecnico e alla Città di Torino, vogliamo dimostrare che è possibile celebrare, con responsabilità” conclude Paola Bragantini, Presidente Amiat.