LIFESTYLE- Pagina 18

Affrontare il cambiamento / 3

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Il cambiamento parte dalla consapevolezza dei vantaggi che ne derivano, ma per averli ben chiari dobbiamo prima avere contezza anche di tutti gli svantaggi insiti nella situazione in cui siamo, e nel non cambiare. Non c’è motivazione senza questa chiarezza, e non c’è vero cambiamento senza una profonda e stimolante motivazione.
Certo, per affrontare il cambiamento serve coraggio, anche quello di guardare ai nostri limiti, magari scoprendo un’immagine di noi stessi e della nostra reale situazione diversa da quella che vorremmo vedere, e serve il coraggio di venire a contatto con le nostre parti più fragili, più impaurite e quindi più refrattarie al cambiamento.
Come adattarci allora nel modo migliore al cambiamento necessario? In ogni caso, per avere il giusto rapporto con il cambiamento è necessario che siamo in grado di non essere eccessivamente e negativamente attaccati alle nostre abitudini, alle persone e alle cose.
La paura di cambiare, che si tratti del lavoro, di una relazione, di una abitazione, eccetera, è dovuta anche all’eccessivo attaccamento emotivo che abbiamo sviluppato.  E quali sono i comportamenti da adottare per far si che qualsiasi cambiamento avvenga nel modo migliore?
Premesso che non sempre cambiare è necessario od opportuno, sta a noi comprendere se e quando è bene assecondare il cambiamento e modificare le nostre abitudini e i nostri comportamenti. Impariamo ad ascoltarci, ad ascoltare il nostro corpo e le nostre emozioni e sensazioni
Anche quelle che ci piacciono di meno, come la paura, la rabbia e l’ansia, perché esse ci possono suggerire la nostra posizione rispetto al cambiamento da effettuare. Se lo facciamo con attenzione, saremo in grado di dare loro la giusta risposta.
(Fine della terza e ultima parte dell’argomento).
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Potete trovare questi e altri argomenti dello stesso autore legati al benessere personale sulla Pagina Facebook Consapevolezza e Valore.
Roberto Tentoni
Coach AICP e Counsellor formatore e supervisore CNCP.
Autore della rubrica settimanale de Il Torinese “STARE BENE CON NOI STESSI”.

Le radici di Torino: le famiglie che hanno fatto la città

SCOPRI – TO ALLA SCOPERTA DI TORINO

Torino è una città che non si racconta in fretta. Sotto la superficie elegante dei suoi portici, tra i palazzi severi e i caffè storici, scorre una linfa fatta di industria, arte e ambizione. È una città che deve molto non solo ai suoi re e ai suoi architetti, ma anche a un pugno di famiglie che, con visioni diverse ma complementari, hanno contribuito a modellarne l’identità. Gli Agnelli, i Lavazza, i Pininfarina, i Ferrero: nomi che ormai si pronunciano come simboli, ma che nascono da storie di coraggio e di lungimiranza.

Gli Agnelli: Torino e l’Italia sull’asfalto

La storia degli Agnelli è inseparabile da quella della Fiat, e dunque da quella dell’Italia del Novecento. Giovanni Agnelli, il fondatore, vide nell’automobile non solo un mezzo di trasporto, ma una promessa di modernità. A Mirafiori, più che una fabbrica, nacque un simbolo. Le catene di montaggio della Fiat scandirono per decenni il ritmo della città: le sirene che annunciavano i turni, le file di operai, la folla che ogni mattina si riversava verso il lavoro. Ma gli Agnelli non hanno soltanto costruito macchine: hanno costruito un immaginario, una certa idea di eleganza, di discrezione, di potere. Con Gianni Agnelli, “l’Avvocato”, Torino divenne il centro silenzioso di un’Italia che voleva essere moderna ma senza rinnegare il proprio stile.

Lavazza e il gusto dell’identità

Mentre la Fiat portava il nome di Torino nel mondo industriale, un’altra famiglia lo portava in quello del gusto. I Lavazza cominciarono nel 1895 con una piccola drogheria in via San Tommaso. Oggi il loro nome è sinonimo di caffè italiano nel mondo. Ma dietro quella tazzina ci sono decenni di sperimentazioni, campagne pubblicitarie visionarie, una cura maniacale per la qualità. Torino, con il suo gusto per le cose fatte bene e la sua discrezione sabauda, trovò nei Lavazza un riflesso perfetto. Non è un caso che ancora oggi la città sembri avere un legame quasi affettivo con il marchio, come se quel caffè fosse parte della sua identità più profonda.PININFARINA

Pininfarina e Ferrero: il design e la dolcezza

Poi ci sono i Pininfarina, artigiani del sogno e del metallo. Le loro linee hanno vestito Ferrari, Maserati, Alfa Romeo. Torino, con la sua vocazione ingegneristica e il suo gusto per l’armonia, non poteva non generare un simile laboratorio di bellezza. Il design, per i Pininfarina, non è mai stato solo estetica: è stato un linguaggio. Ogni curva racconta un’idea di eleganza italiana, misurata ma riconoscibile ovunque.

E infine i Ferrero, che pur nati ad Alba, hanno sempre avuto un legame profondo con il Piemonte e con Torino. Nel dopoguerra, quando l’Italia cercava di rialzarsi, la famiglia Ferrero trovò nella semplicità e nella dolcezza una via per ripartire. La Nutella, oggi simbolo globale, nacque in un contesto di scarsità: la genialità stava nel trasformare il poco in qualcosa di straordinario. È una lezione torinese, in fondo: eleganza nella misura, forza nella sobrietà.

I Biscaretti di Ruffia: la memoria su quattro ruote

Tra le famiglie meno ricordate ma fondamentali per l’anima culturale della città, ci sono i Biscaretti di Ruffia. Carlo Biscaretti, figlio di un senatore del Regno, fu tra i pionieri dell’automobile in Italia e uno dei primi a capire che l’automobile non era solo un mezzo, ma un simbolo di progresso. La sua passione lo portò a fondare il Museo dell’Automobile, che oggi porta il suo nome, un luogo dove la storia industriale di Torino si fa racconto visivo e sensoriale. È grazie a figure come lui che la città ha conservato la memoria della propria evoluzione, trasformando la tecnologia in cultura.

Una città che vive delle sue famiglie

Torino non sarebbe la stessa senza queste dinastie. Hanno influenzato la sua economia, ma anche il suo modo di pensarsi. Una città che tende a nascondere più che a esibire, che lavora nel silenzio e solo dopo mostra i risultati. Oggi, in un tempo in cui tutto sembra muoversi più veloce, le famiglie storiche torinesi restano come colonne silenziose di un tempio che resiste ai cambiamenti.

Torino continua a guardare avanti, ma con un occhio sempre rivolto a ciò che l’ha resa unica: la sua capacità di far convivere industria e poesia, razionalità e sogno, metallo e caffè, auto e cioccolato. È una città che non si lascia mai leggere tutta d’un fiato. E forse è proprio questo il suo segreto più affascinante.

Noemi gariano

Cercasi modella sieronegativa

Un’inserzione apparentemente banale, una frase che sembrerebbe una giusta precauzione dimostrano purtroppo una realtà in continua espansione: modelle richieste non per posare davanti ad un obiettivo ma per trasformarsi in escort occasionali, stravolgendo i ruoli dell’arte e dele prestazioni sessuali senza, sovente, rispettare chi ha pubblicato l’annuncio.

Lungi da me essere moralista o benpensante, credo che questi atteggiamenti denotino semplicemente una totale mancanza di rispetto nei confronti delle inserzioniste che, spesso, sono studentesse o casalinghe che, amando esibirsi davanti ad un obiettivo, uniscono quel piacere alla possibilità di introitare guadagni, anche se minimi.

Il fatto che quei sedicenti fotografi chiedano alle inserzioniste prestazioni sessuali, spesso di natura BDSM (corde, fruste, urolagnìa), denotano solo mancanza di rispetto, stante che tali prestazioni, legittime se ottenute con il consenso della controparte, dovrebbero essere richieste su appositi siti di incontri, di BDSM, di escort.

Almeno due mie collaboratrici, iscritte ad un sito di modelle, hanno ricevuto richieste di prestazioni sessuali da svolgere tra uno scatto e l‘altro (e anche senza scatti) ovviamente a prezzo da concordare.  Una risponde semplicemente che la cosa non le interessa, mentre l’altra dopo aver ricevuto, in dieci giorni, 49 messaggi di cui 3 per fare la modella e 46 per prestazioni sessuali si è cancellata da quel sito.

Appare subito evidente come, nonostante l’apertura mentaleipotizzata da social e cronache, in realtà vi sia ancora molto maschilismo mascherato da parità di diritti, dove gli uomini pensano ancora di poter acquistare da una donna 1 ora (quando resistono) di sesso mentre fosse la donna a farlo da un uomo sarebbe subito scandalo.

Ovviamente non ne faccio una questione morale, religiosa o etica, quanto piuttosto di rispetto verso le persone in generale e in considerazione che l’aumento nella diffusione delle Malattie a Trasmissione Sessuale (MTS) non spaventa assolutamente.

Il professor Aiuti, nel lontano 1991, baciò in bocca Rosaria Iardino, sieropositiva, per dimostrare che l’HIV non si trasmette attraverso la saliva. Sappiamo, però, che soprattutto negli ultimi anni l’HIV è soltanto uno dei possibili rischi dovuti alla trasmissione per via sessuale: papillomavirus, candida, herpes, epatiti, clamidia, blenorragia e altre. La sifilide, in particolare, sta tornando ai livelli di decenni or sono grazie alla resistenza agli antibiotici sviluppata dal treponema pallidum e dal calo dell’attenzione praticata nei rapporti sessuali da giovani e meno giovani. Un medico di base già cinque anni fa raccontava che era in aumento il numero di suoi pazienti che, già a 18-20 anni, risultavano sieropositivi.

In questo caso parliamo di servizi fotografici, ma potevano essere pulizie a domicilio, servizio come badante, ripetizioni scolastiche: perché considerare quella persona alla stregua di una merce, obbligata ad accettare le nostre avances?

Perché, pagare per pagare, non ci rivolgiamo ad una professionista del sesso? Non la metteremo in imbarazzo dovendo rifiutare, sarà una prestazione professionale al pari di altre (do ut des), non rischieremo patologie perché, se è una professionista seria, accetterà soltanto rapporti protetti (se no scellerati noi a non pretenderli).

Come in ogni aspetto della vita quotidiana, specie in Paesi come il nostro, bacchettone, buonista, falso perbenista e ipocrita, vediamo sempre la giustificazione anziché la condanna, l’escamotage prima (o, forse, al posto) della soluzione.

Con i tribunali sottoorganico ed i magistrati che non sanno più da che parte girarsi non c’è da stupirsi che simili istigazioni (offrire soldi per ottenere una prestazione sessuale è istigazione alla prostituzione) non vengano neppure denunciate.

Dalla parte delle donne ed all’approssimarsi del 25 novembre, Giornata contro la violenza sulle donne, propongo un cambio: sequalcuno offrisse soldi a vostra madre o vostra sorella in cambio di prestazioni sessuali? Come dite? La mamma non si tocca? Probabilmente non siete bravi come fotografi, sicuramente non valete niente come uomini.

Sergio Motta

Quanti formaggi al Festival piemontese!

 

 

Terza edizione

Savigliano (CN), 25-26 ottobre 2025

 

L’Italia si conferma patria dei grandi formaggi: nei primi sei mesi del 2025 il nostro Paese ha esportato oltre 97.000 tonnellate di formaggi, per un valore di quasi un miliardo di euro, superando perfino la Germania nei volumi complessivi. Un risultato che testimonia la forza di un settore in salute e in continua crescita, capace di coniugare tradizione e innovazione, territorio e qualità.

È in questo contesto che nasce e si consolida il Festival dei Formaggi Piemontesi, la manifestazione dedicata all’eccellenza lattiero-casearia regionale, organizzata da ONAF – Organizzazione Nazionale Assaggiatori Formaggio

 

Un progetto corale

 

La terza edizione del Festival, promosso da ONAF – Organizzazione Nazionale Assaggiatori Formaggio, con la piena collaborazione di tutte le Delegazioni piemontesi, si terrà a Savigliano sabato 25 e domenica 26 ottobre 2025, e già si annuncia un successo: oltre 200 i campioni di formaggi ovini, caprini e vaccini provenienti da tutto il Piemonte, iscritti al concorso.

A valutarli sarà una giuria di 60 Maestri Assaggiatori ONAF, provenienti da ogni parte d’Italia, che utilizzeranno le schede di valutazione ufficiali ONAF, garanzia di rigore tecnico e imparzialità.

Sotto: giudici ONAF al lavoro.

Sabato 25 ottobre, presso la Cooperativa Piemonte Latte (via Cuneo 41/c – Savigliano), si terranno le sessioni di assaggio e la valutazione dei formaggi in concorso.

Domenica 26 ottobre, nel Salone d’Onore di Palazzo Taffini d’Acceglio, si svolgerà la cerimonia di premiazione dei migliori formaggi piemontesi, suddivisi per categorie e tipologie produttive.

 

Il Festival dei Formaggi Piemontesi nasce con l’obiettivo di valorizzare la qualità, la varietà e la tradizione casearia del territorio, ma anche di offrire ai produttori strumenti concreti di crescita e confronto. Ogni azienda partecipante riceverà infatti una scheda di valutazione tecnica dettagliata, utile per migliorare ulteriormente i propri prodotti.

 

 

Novità 2025 – “Le vie del formaggio”

 

Dal concorso prenderà vita “Le vie del formaggio”, una guida dedicata ai formaggi piemontesi e alle aziende produttrici, disponibile in formato cartaceo e digitale.

Un progetto che vuole tracciare una vera e propria mappa del gusto del Piemonte, pensata per appassionati, turisti e operatori del settore, e destinata a diventare un punto di riferimento per la valorizzazione delle produzioni locali.

 

«Il Festival è più di un concorso – spiega il delegato ONAF di Cuneo e coordinatore della manifestazione Pier Angelo Battaglino – è un momento di riconoscimento e condivisione per chi ogni giorno lavora per mantenere viva la straordinaria biodiversità casearia piemontese. Diamo valore ai territori, alle mani e alle storie che stanno dietro a ogni forma di formaggio.»

Agriflor torna in piazza Vittorio

Domenica 26 ottobre in Piazza Vittorio Veneto a Torino (orario dalle 9.30 alle 19) torna l’appuntamento mensile con AgriFLOR, il mercatino ad ingresso gratuito di fiori e specialità agricole organizzato da Associazione Orticola del Piemonte.

 

Una giornata intera da vivere con i fiori, le piante e le tipicità agricole del territorio in compagnia di circa una trentina tra vivaisti e agricoltori piemontesi che metteranno in mostra le proprie eccellenze, con una particolare attenzione ai prodotti stagionali.

 

Anche in questa edizione AgriFLOR propone l’iniziativa RiFLOR, ideata dall’Associazione Orticola del Piemonte con l’obiettivo di dare una seconda vita alle piante, riducendo gli sprechi e promuovendo la condivisione del verde all’interno della comunità.

Tutti coloro che desiderano disfarsi di una pianta, perché non hanno tempo da dedicarle o spazio dove metterla, oppure semplicemente perché è malata e non sanno come “curarla,” hanno la possibilità di scambiarla o regalarla, affidandola alle cure dei ragazzi e delle ragazze dell’Associazione Orticola del Piemonte presso lo stand dedicato che sarà sempre presente in occasione di ogni edizione di Agriflor e delle altre manifestazioni di Orticola del Piemonte.

 

Anche i più piccoli potranno partecipare alla festa con il laboratorio a loro dedicato “Mani nella terra”, per imparare a prendersi cura delle piante.

Il laboratorio, della durata di circa 30 minuti, sarà organizzato presso lo stand del vivaio Torino Urban Forest (accesso continuo dalle 10 alle 17.30) e non richiede la presenza dei genitori. È consigliato che i piccoli partecipanti arrivino muniti di un piccolo vasetto in modo da potersi portare a casa la piantina da loro realizzata. La partecipazione è a donazione libera (da 3 euro in su) e servirà a sostenere le semine autunnali del vivaio.

 

 

Gino, sei proprio un gatto!

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D’inverno non è raro che le stelle, in fretta e furia, facciano posto a nuvole gonfie di tormenta. Anche la notte dell’Epifania di quell’anno aveva portato con se la neve. Soffice come l’ovatta, leggera come piume d’oca, era planata lentamente a terra, imbiancando tutto

Non che ne fosse venuta tanta, però. Era, come dire, una specie di patina spessa più o meno cinque centimetri.  Non mi aveva preso alla sprovvista. Rincasando, verso le 23, s’intravedevano già dei piccoli fiocchi volteggiare nell’aria. Erano “palischitt“, pagliuzze gelate. Ma promettevano “d’attaccare giù“. L’aria fredda che s’incanalava per le valli del Mottarone fino ad accarezzare le onde del lago, era un “preavviso” della nevicata. Così decisi di usare le pagine di un vecchio giornale per coprire i vetri della mia piccola Fiat amaranto, posteggiata davanti all’osteria del “Gatto e la Volpe”. Così, al mattino, se non ne veniva giù un sacco, sarebbe bastato rimuovere i giornali per avere i vetri puliti ed asciutti,  evitando – ed era la cosa più importante – che gelassero. Quante volte mi era capitato di vedere i vicini di casa, dopo una notte di brina gelata o di tormenta, armeggiare sui vetri merlettati dal gelo con raspe e fiotti d’acqua calda. Quanti vetri rigati o crepati, per la gioia dei carrozzieri che dovevano quanto prima sostituirli. Era più saggio seguire la buona regola del “meglio prevenire che curare”. Così, dopo una notte di sonno profondo, propiziata da quel silenzio ovattato che si crea quando nevica, mi sono alzato alle sei e mezza, anticipando la sveglia. Mi capita così da una vita. Alla sera carico la sveglia, la punto sulle sette meno venti e regolarmente l’anticipo  di una decina di minuti. Così la mia sveglia non suona mai. Se ne sta lì, vigile, scattante, pronta a squillare ma io, per il suo disappunto, ne rendo superfluo il servizio. Che devo fare? Mi viene così, non lo faccio apposta. E sono convinto che, la volta che mi capitasse di scordarmi di puntarla, resterei “impagliato” a letto. Comunque, una volta alzato e vestitomi di tutto punto, uscii. Non nevicava più e l’aria era fina, pulita. Mi avvicinai all’auto e, voilà: in un attimo sfilai via i giornali. Solo in quel momento mi accorsi che Giovanni Melampo mi sta guardando. Non avevo notato che, con il badile in mano, stava liberando l’entrata laterale dell’osteria del “Gatto e la Volpe”, quella che dava direttamente sulla cucina. Mi guardava interessato e, ad un certo punto, esclamò: “Gino, posso dirti una cosa?”. Non feci in tempo a rispondere che il fabbro aggiunse “ Ecco, volevo dirti che sei furbo come una volpe. Ma come ti è venuta in mente l’idea dei fogli di giornale, eh? A tì sé propri un gatt. Sei proprio un gatto. Dai, vieni qui, fammi compagnia. Andiamo a bere un bicchiere dal Mario. Offri tu,ovviamente, per “bagnare” l’invenzione”. Pur di scroccare un bianchino era capace di qualsiasi stratagemma. E quella mattina era toccato a me. Ne scolò tre, uno in fila all’altro. “Ma non ti faranno male?”, gli dissi. “ Io, appena sveglio, bevo due bicchieri d’acqua del rubinetto che al mattino fa solo bene”. Lui, di rimando, mi rispose che “ l’acqua la fa mal, la bev dumà la gent de l’uspedal”. Lui, ovviamente, non aveva niente a che spartire con la “gente dell’ospedale”, precisando che stava benone e il vino non solo poteva berlo ma era una sorta di medicina.Bevendo, Melampo, si lasciò andare ai suoi racconti. Iniziò a parlare delle disavventure del povero Ottorino Gambina, l’operaio del comune che faceva un po’ di tutto, dal cantoniere allo stradino. Ottorino, detto “robinia” per il carattere pungente che ricordava  le spine scure che ornavano i giovani rami delle robinie, era – come s’usava dire dalle nostre parti – un “nervusatt”.

Bastava un nonnulla e s’incavolava di brutto. Soprattutto quando lo prendevano in giro per le sue gambe. Sì, perché – per sua sfortuna – aveva le gambe storte, ad archetto. Sembrava un fantino ( la statura, più o meno, era quella.. ) al quale avevano sfilato il cavallo da sotto, condannandolo a rimanere così, con gli arti inferiori piegati in forma. Aveva ereditato il lavoro dal suo predecessore, noto a tutti come “Mario pulito” che, mantenendo fede al suo soprannome, aveva sempre e tenacemente operato per ottenere, con il minimo sforzo, la massima resa dalla sua attività. A differenza di sua moglie Maria che si  faceva in quattro nel lavorare, Mario era diventato famoso per la proverbiale abilità a sdraiarsi ai bordi della strada, dove, steso su un vecchio plaid, allungava le mani nelle cunette per estirpare le erbacce, con movimenti tanto lenti quanto studiati. Ben attento, sempre, a non faticare troppo e a non sporcarsi gli abiti. Se ne accorse anche il vecchio Hoffman, ben presto pentendosi di avergli offerto il lavoro di giardiniere nel parco della sua villa a Oltrefiume. Mario si sdraiava sotto gli alberi, a fine estate, nell’attesa che le foglie cadessero e solo quando gli alberi erano spogli e il fogliame a terra – con una gran flemma – iniziava a raccoglierle, una a una. “Robinia” , però, era di tutt’altra pasta. Al lavoro sembrava un trattore: a testa bassa, con la scopa in mano, spazzava con diligenza i marciapiedi e il sedime stradale. Finché, non gli capitò “l’incidente”, come lo definì Melampo.  A lè finì cunt el cü per tèra. Sì, perché è bastato il colpo della strega per metterlo fuori uso. E tutto, pensa un po’, per una cartina del cioccolato che stava lì, in mezzo al sagrato della chiesa. Aveva appena scopato per bene e qualche ragazzaccio passando, mentre era voltato di spalle, gliela aveva buttata lì. Nell’atto di chinarsi ha sentito un “crack” alla schiena ed hanno dovuto portarlo a casa così, piegato in due, fino a che il dottore non gli ha fatto un’iniezione. Sembrava che dovesse finir tutto lì, e invece…”. Era sconsolato, il fabbro. “ Tiricordi com’era? Bianco e rosso, sempre pronto a mangiare e bere. Ed ora? E’ magro che  sembra ‘n gatt che l’ha mangià i lüsert. Un gatto che mangia solo lucertole.. La schiena non gli tiene più, è sempre in mutua e si è messo a bere ancor più di quanto non facesse già. Ha proprio una brutta cera”.In effetti, era così. Non sembrava nemmeno più lui anche nel carattere. Era, come dire?, spento, apatico,rassegnato. Se si cercava di tirarlo su, dicendogli che bisognava aver fiducia, che si sarebbe messo a posto, rispondeva – scuotendo la testa – : “Se l’è minga supà, l’è pan bagna”( se non è zuppa è pan bagnato).Era rassegnato a rimanere così, con la schiena scassata e le gambette sempre più divaricate. Melampo, nel raccontare le sue disavventure, si era immalinconito. Ma reagì subito, proponendomi un altro “giro” di calici.“ Dai, Gino,beviamoci su. Anzi, ci bevo su io anche per te, così buttiamo alle ortiche la malinconia. Mi spieghi ancora una volta la pensata del foglio di giornale, eh?”.

 Marco Travaglini

Alto Gradimento: un incontro tra vignaioli e appassionati

Una giornata dedicata alla scoperta dei migliori vini provenienti da diverse regioni d’Italia, con la possibilità di incontrare i vignaioli che li producono.

Domenica 26 0ttobre 2025
10:00 – 19:00
(ultimo ingresso ore 17:30)
Presso Cascina Era wellness relais
Via Casale, 5, 13876 Sandigliano Biella
Cosa include il biglietto : Calice + tracolla inclusi ingressi- Degustazioni libere presso ciascun produttore- Accesso all’evento e alle attività artistiche e culturali
Attività ed esperienze
• Laboratorio bambini – Wine Painting: 10:00 – 12:00, età 5–10 anni, € 5,00 (posti limitati a 15,
prenotazione via WhatsApp 3703733836)
• Mostra “Wine Painting – Sboccia” dell’artista biellese Sophie Bourkab (ingresso gratuito)
• Intrattenimento musicale live e interviste con Imland Radio
• Proposte gastronomiche a cura di Cascina Era (cucina tradizionale piemontese + opzioni
vegetariane/vegane)
• Promozione Incrociata con I GO TRAVEL , agenzia viaggi santhià (VC): sconto 10% biglietti e pacchetti viaggi. Promozione biglietti per il pubblico HORECA e per il pubblico in gruppo 4+1
Alto Gradimento Fiera Vino – La fiera del Vino nel Biellese
Percorso tra i sapori autentici del vino italiano, passando per Piemonte, Valle d’Aosta, Lombardia, Veneto, Friuli, Emilia Romagna, Toscana, Liguria, Marche, Campania, Puglia, Sicilia fino ad arrivare in Francia, con le sue immancabili bollicine di Champagne.
Selezionati con cura piccoli produttori, molti per la prima volta ad Alto Gradimento: giovani vignaioli e tante donne del vino che ti racconteranno con passione le storie dietro ogni bottiglia. Non mancheranno i nostri produttori storici, quelli che ci accompagnano da sempre con qualità e amicizia.
Nuova collaborazione con Imland Radio, un progetto fresco, giovane e locale fatto da amici con la passione per la musica e la valorizzazione del territorio. Saranno con noi con una diretta live, musica, interviste e tanta energia!
Occasione per conoscere vignaioli, ascoltare le loro storie e farsi travolgere dal loro entusiasmo, e lasciarsi coinvolgere in un’atmosfera conviviale, autentica e tutta da gustare.
Le Donne vignaiole di Alto Gradimento
Ad Alto Gradimento, il vino non è solo un gusto, ma una storia da raccontare. E in queste storie, ci sono tante le donne produttrici a farci da protagoniste.
La loro passione e la loro visione portano un’energia unica all’evento. I loro vini hanno un’anima speciale, che rende ogni degustazione un’esperienza vera e indimenticabile.
12 donne produttrici da tutta Italia in questa edizione, un numero in crescita che testimonia il nostro impegno a dare il giusto valore a chi sta creando il futuro del mondo del vino.
Cantine presenti
Piemonte
• Azienda Chiesa Carlo
• Azienda Alessandro Motta
• Cantina Ioppa (NEW)
• Azienda Vinicola Palladino🎀
• Fratelli Borsetto
• Ca’Ordano🎀
• Monteruello (NEW) 🎀
• Fontecuore (NEW) 🎀
• Cascina Rey🎀
• Taliano Michele (NEW)
• Cantina Tenuta San Bernardo (NEW)
• Cantina Ceste (NEW)
• Kalamass Nuove Radici (NEW)
• Cantina Gili – Officina del Vino
• Garage dell’uva (NEW)
• Lucci Giuseppe (NEW)
• Anzivino Viticoltori in Gattinara (NEW)
• Ilari Salvetti🎀
• Costa di Sera dei Tabacchei
Puglia
• Cantina Nistri
Marche
• Pietro 17 (NEW)
Liguria
• Lorenzo Ramò 🎀
Valle d’Aosta
• La Toula
• Mai Domi (NEW)
Emilia Romagna
• Fangareggi
• Azienda Camorali Pierluigi (NEW)
Toscana
• Poggio al Grillo🎀
• Vini Alisei
Veneto
• Officina dei Gregori (NEW)
• Società Agricola I 5inque (NEW)
• Adamo Canel Cantina (NEW)
• Azienda Agricola Ca’ della Guardia (NEW)
• Tenuta La Falcona e Agricola Cottini
Campania
• Villa Diamante (NEW) 🎀
Friuli
• Azienda Agricola Piccini Elia (NEW)
• Azienda Agricola Stroppolatini (NEW) 🎀
• Azienda Agricola Arzenton (NEW)
Lombardia
• Azienda Agricola Montelio (NEW)
• Vigneti Cenci (NEW) 🎀
Sicilia
• Rocche della Sala (NEW) 🎀
Dalla passione e visione condivisa di Alessandro e Luca nasce “Alto Gradimento Fiera Vino”, un evento che in breve tempo è diventato un appuntamento cruciale nel panorama enologico piemontese.
Un ringraziamento particolare a Roxana, la cui energia e competenza organizzativa hanno trasformato l’iniziativa in un team solido e affiatato, capace di gestire la complessità logistica e relazionale di un evento che oggi ospita con orgoglio oltre 40 produttori provenienti da tutta Italia.
ALLA PROSSIMA !
LUCA GANDIN

Buonissima inaugura  con il premio Bob Noto allo chef Alain Passard

Buonissima si è aperta, come ogni anno, con la cerimonia del premio Bob Noto, presso la Centrale Nuvola Lavazza, mercoledì 22 ottobre scorso. Quest’anno la giuria ha celebrato il talento del grande gastronomo e fotografo torinese, scomparso nel 2017, premiando Alain Passard. Un visionario della cucina contemporanea e un fotografo designer ironico, era Bob Noto. Un amico per molti grandi chef, che ha contributo a scoprire e a portare al successo. Prima di tutto era un appassionato di gastronomia, a tutti i livelli.
Buonissima, come ogni anno, celebra l’arte di Bob Noto, grande talento scout della ristorazione del nostro tempo, omaggiato fin dalla prima edizione con il premio a lui dedicato. In occasione e dell’inaugurazione ufficiale di Buonissima 2025, ad aggiudicarselo è stato lo chef Alain Passard, a capo del leggendario, tristellato e vegetariano “Arpège”, di Parigi, premiato dalla giuria per il tema del “Talento”. Ogni anno, infatti, il premio va alla ricerca di uno chef che rappresenti una delle tante qualità di Bob Noto, per omaggiarlo premiando chi in cucina possa portare avanti al meglio.
Passard, vincitore di quest’anno, va ad aggiungersi al palmarès dei vincitori delle edizioni precedenti: Andoni Luis Aduriz, del Mugaritz, premiato per la qualità “Irriverenza”, nel 2021; Massimiliano Raffaele Alajmo, delle “Calandre”, per “Ironia”, nel 2022; Renè Redzepi, del “Noma”, per “Creatività”, nel 2023, e Mariella Organi, nel 2024, responsabile di sala de “La Madonnina del Pescatore”, per “Empatia”.
La giuria del premio, presieduta dalla moglie di Bob Noto, Antonella Fassio, è composta dagli chef Ferran Adrià e Paolo Griffa, dall’editore Marco Bolasco, da Sara Peirone e dagli ideatori di Buonissima Matteo Baronetto, Stefano Cavallito e Luca Iaccarino, ha così motivato la scelta di premiare Alain Passard: ”È il cuoco che incarna perfettamente l’importanza che hanno sensibilità, perseveranza, talento e visione alla guida di una cucina. Mai schiavo eccessivamente della tecnica, dialoga con la materia, i colori e le sue personali emozioni, riuscendo nell’era moderna, viziata dalla globalizzazione, ad esprimere una linea editoriale propria. Lo stile e il talento di questo cuoco sono unici, e alla sua tavola siedono politici, uomini dell’alta finanza, ma anche giovani curiosi e appassionati gourmet che vanno in pellegrinaggio da lui, capace di abbracciare ben due generazioni di clienti. Il talento, dunque, non ha età e dimostra che innovare è possibile, quando oltre al cuore si esprimono carattere, costanza e amore per ciò che si fa ogni giorno restando in cucina”.

“Ricevere il premio Bob Noto rappresenta un’emozione intensa – ha commentato lo chef Alain Passard – Bob era uno spirito libero, curioso e visionario, con uno sguardo unico sul mondo della cucina. Essere riconosciuto per il talento, valore che lui celebrava con tanta passione, è un onore profondo. Il mio lavoro si nutre del gesto e della sensibilità nei confronti della natura. Sapere che tutto questo trova una risonanza così importante, mi commuove sinceramente”.
“Bob Noto è stato un amico e un maestro che ha trasformato la passione in linguaggio universale – ha dichiarato Giuseppe Lavazza, Presidente del Gruppo Lavazza – La sua capacità non risiedeva solo nell’intuito estetico o nella conoscenza profonda della gastronomia, ma nel sapere e vedere oltre, nell’unire mondi, apparentemente distanti, con naturalezza e ironia. Bob riconosceva il talento negli altri per farlo emergere, senza mai imporsi, con curiosità, rispetto, con quella leggerezza che nasce solo con una grande competenza. Oggi, attraverso questo premio, celebriamo il talento come forza che genera dialogo, cultura e innovazione, proprio come Bob ci ha insegnato”.

“Il premio Bob Noto, nato per onorare mio marito nell’ambito che più amava e che abbiamo maggiormente condiviso, è oggi alla quinta edizione – dichiara Antonella Fassio, moglie di Bob Noto e Presidente della Giuria del premio – per me è un grande onore, grazie a chi con lavoro e passione lo tiene vivo ogni giorno”.

Buonissima è promossa dall’Associazione di Promozione Sociale EatBìn, realizzata con il patrocinio della Città di Torino per la Regione Piemonte e della Camera di Commercio di Torino. L’evento è ideato e organizzato da To Be Company, leader in Italia nella produzione di eventi enogastronomici e corporale.

Mara Martellotta