LIFESTYLE- Pagina 15

Se Topolino parla torinese

Nella storia a fumetti della Disney ”Topolino e il ponte sull’Oceano” ci vengono presentate due novità assolute. Una é la scrittura in torinese e due si ammicca alla politica nazionale con Orazio che conclude così: « Per traversè l’ocean a venta ch’a sia bel gròss, e pura mi i l’hai ancor nen vistlo ». Per chi legge Topolino e non conosce per niente il torinese che, dialetto dei dialetti è definito piemontese (si utilizzava il ‘torinese-piemontese’ per far parlare un monferrino e un langarolo che non conoscevano i reciproci dialetti), traduco: ”Per attraversare l’oceano bisogna avere un ponte[ implicito nel testo il riferimento al ponte sullo Stretto di Messina ]molto grande, eppure io non l’ho ancora visto”. Qui l’autore della storia a fumetti Alessandro Sisti, neanche surrettiziamente, introduce l’eterna polemica Nord-Sud sulle grandi opere mai concluse o mai iniziate dalla Salerno-Reggio Calabria al ponte sullo stretto di Messina, che Orazio deve ancora, con ironico stupore, vedere iniziare. Il ponte sull’oceano è un ‘oceano’ di intoppi, ritardi, difficoltà che diventano alibi e schermaglie governo-opposizione.

“Lasciamo la parola ai messinesi”, ”si sfora il budget lo dice la corte dei conti”, ”la mafia si infiltrerà negli appalti e non si sa se vuole si o vuole no”, ma alla fine l’essenziale, cioè costruire un ponte che congiungerà la Sicilia con il resto della penisola e che proietterebbe l’Italia tra le nazioni finalmente civili, non riesce a essere una priorità bipartisan. Ebbene questa necessità infrastrutturale, nel mentre scrivo tornata di stringente attualità, viene ‘paradossalmente’ intercettata da una nuvoletta di Topolino pubblicata in dialetto torinese. Una recente iniziativa della Disney Panini Comics, che da un po’ di tempo a questa parte ( inizio 2025), ha lanciato delle storie nei dialetti regionali: Napoletano, Laziale, Pugliese, Lombardo e via dicendo. Con consulenti docenti di linguistica italiana di livello universitario(Riccardo Regis dell’Università di Torino). Una iniziativa molto importante, volta a valorizzare il patrimonio dei dialetti locali, vera fucina della lingua italiana unificata. Valore culturale inestimabile e non reperto fossile di una archeologia del sapere anacronistica e no-global. Ogni numero in edicola ha la storia in dialetto, per i lettori della regione interessata e per quelli delle altre regioni italiane, é uscita e uscirà in lingua nazionale. Cosí che, se molti seguaci della teoria del villaggio globale di Marshall Mc Luhan, hanno sostenuto e sostengono a ragion veduta, che la televisione, nel ventesimo secolo, ha contribuito in gran parte a unificare la lingua italiana e a farla utilizzare in tutto il nostro territorio, così si può sperare che il fumetto con questa e altre iniziative, possa contribuire a rivalorizzare i dialetti nostrani, come vere e proprie lingue parlate, scritte.. e ora anche disegnate.

Aldo Colonna

Frutta che sembra frutta, ma è alta pasticceria: la nuova firma creativa della famiglia Urbani

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SCOPRI -To ALLA SCOPERTA DI TORINO

Al ristorante Urbani, a Torino, ogni dettaglio è parte di un racconto. L’accoglienza, la tavola, la cura degli ambienti: tutto parla di famiglia, di tradizione intrecciata a un gusto contemporaneo che non ha paura di evolvere. È la quarta generazione della famiglia Urbani a custodire questo luogo, guidando una visione che non riguarda solo il mangiare bene, ma l’esperienza nella sua interezza.
La zia Emanuela, con la sua sensibilità estetica e il suo sguardo poetico, ha trasformato gli spazi del ristorante in un piccolo mondo a sé: un bosco luminoso, una casa sospesa tra Piemonte e Parigi, tra memoria e immaginazione.
Ed è proprio all’interno di questo mondo che nasce la nuova pasticceria delle “frutte”, un progetto che porta la firma di Marco Matera Urbani, fratello di Paolo, che con dedizione e pazienza ha studiato, provato, sperimentato finché quelle forme, quelle consistenze, quella bellezza non sono diventate realtà. Un lavoro che non è solo tecnica, ma emozione: Marco mette in questi dolci un desiderio semplice e profondo “fare qualcosa che faccia felici gli altri”.

Intervista a Paolo Matera Urbani

D: Partiamo dall’inizio. Com’è nato tutto?
R (Paolo Matera Urbani): Tutto nasce dal funghetto, che ormai è diventato un po’ il simbolo del ristorante. È nato quasi per gioco, ma è piaciuto subito. È composto da tre cioccolati, un beignet craquelin zuccherato sopra, crema gianduia dentro — che è proprio Torino — il gambo in cioccolato bianco e un crumble fondente alla base. Un dolce che racconta chi siamo: semplice, ma curato in ogni dettaglio. Da lì ci siamo detti: perché non inserire una pasticceria moderna, che dialoghi con la nostra identità?

D: E questa idea evolve nei frutti.
R: Esatto. Abbiamo guardato ai lavori di Cédric Grolet, che ha portato il trompe l’oeil in pasticceria ad altissimi livelli. Ma noi non volevamo copiarlo: volevamo interpretarlo. La frutta, per noi, è un simbolo semplice, quotidiano, ma potente. E ci piaceva l’idea di portare al tavolo qualcosa che stupisce all’occhio, ma poi riporta al gusto vero del frutto. Siamo stati i primi a Torino a ricreare questo tipo di pasticceria e a portarla nel mondo Urbani dove si abbina perfettamente con la nostra location che ricorda un bosco incantato.

D: Come sono costruiti i frutti?
R: Ogni frutto ha tre consistenze del frutto stesso all’interno.
Il guscio esterno è croccante, ottenuto con burro di cacao e cioccolato bianco. Abbinato all’inserto c’è una ganache montata, che cambia per ogni frutto, la pera è con vaniglia e gocce di cioccolato, la mela con cannella e un pan di spagna leggerissimo, per ricordare una torta di mele, il fico invece ha all’interno il caramello.
Ora stiamo lavorando alla castagna e alla nocciola, che dialogano molto bene con l’atmosfera del ristorante.

D: Quanto è importante per voi l’unicità di ciò che proponete?

R: È fondamentale: noi non vogliamo mille dolci anonimi, tutti uguali, “impacchettati” in carta. Ne vogliamo pochi. Pochi, ma perfetti. Vivi. Dolci che respirano il tempo, le stagioni, il bosco che si intravede dal ristorante.
È un lavoro lento e profondamente artigianale: ogni frutto è modellato a mano, uno per uno, come una piccola scultura golosa. E questi frutti non sono soltanto dolci: sono presenze. Si intrecciano con l’ambiente, con i legni, le foglie essiccate, i colori morbidi delle pareti e delle luci.
Il locale stesso, creato con un’attenzione amorevole e quasi fiabesca dalla zia, ricorda un bosco vivo. Non solo nelle forme, ma nello spirito. Ci sono oggetti che evocano radici, cortecce, licheni, piccole meraviglie trovate durante le passeggiate in montagna. Ogni elemento è scelto con cura, con memoria, con affetto.
Così i nostri frutti non “decorano” il ristorante: vi appartengono. Si fondono. Creano una magia silenziosa, quella sensazione di essere in un luogo dove il tempo rallenta, dove la natura non è imitata ma custodita.
Dove ogni dolce è un incontro. Un pezzo di bosco portato in tavola. Un gesto, non una produzione.D: Parliamo di tuo fratello Marco Matera Urbani, pasticcere e creatore di questi meravigliosi frutti.
R: Marco ha sempre avuto una sensibilità particolare. Non è solo un pasticcere: è uno che sente le cose. Ci mette tempo, pazienza, cura. Si emoziona quando qualcosa riesce. E si emoziona quando qualcuno lo apprezza.
Questi frutti sono la sua voce.
Per noi è bellissimo vedere che la cucina è diventata un modo per ritrovarci come famiglia.

D: E infatti tutto questo si ritroverà nell’evento del 15 novembre.

R: Sì, la Degustazione d’Autunno sarà il primo momento in cui racconteremo davvero questi dolci. Ci saranno quattro frutti d’autunno, un calice di prosecco, acqua, caffè, e la possibilità di visitare Maison Urbani, lo spazio creato da mia zia Emanuela. È un luogo piccolo, delicato, pieno di storia, quindi si entra solo su prenotazione, massimo 10-12 persone per volta.

D: Si potranno prendere da asporto i frutti?

R: Certo. Ci saranno box da due, tre o quattro, perfette anche come regalo. Molti li stanno già prenotando come si prenotano le torte delle occasioni. E questa è una cosa che ci emoziona.

Grazie Paolo!

Questi frutti non sono una moda. Sono un gesto d’amore. Nascono dalla mano di Marco, dal pensiero di Paolo, dallo sguardo di Emanuela e dalla storia della famiglia Urbani.
Sono il risultato di tempo, di ascolto, di rispetto e in fondo, è questo che accade quando la pasticceria smette di essere tecnica e diventa racconto, si resta con qualcosa addosso, non solo il sapore, ma la sensazione di essere stati accolti.

NOEMI GARIANO

“Sciopero”. Ai bambini lo spiega l’“orso Cedo”

Lo “sciopero” al centro di un libro per bambini, presentato all’ “Unione Industriali” di Torino

Mercoledì 5 novembre, ore 18

Papà, cosa significa che oggi non vai a lavorare perché aderisci allo “sciopero”? … Ma poi che cos’ è ‘sto sciopero? Il papà: Che domande Carletto! Quando sarai più grande, te lo spiegherò! Ma perché mai aspettare? Lo sciopero e il diritto allo sciopero (art. 40 della “Costituzione Italiana”) spiegato ai più piccoli, in modo semplice e chiaro (magari attraverso i toni della favola) è una cosa assolutamente giusta ed educativa. E allora perché non farlo … magari proprio attraverso le pagine semplici ed accattivanti di un libro? A pensarla così – e ne condividiamo appieno l’idea – è Massimiliano Gerardi, consulente del lavoro di Torino, che sull’argomento s’è messo di buzzo buono e ha scritto proprio un libro, dal titolo “L’orso Cedo e lo sciopero”, che in anteprima, verrà presentato mercoledì prossimo 5 novembrealle 18, all’ “Unione Industriali” di via Fanti, a Torino. E dove sennò?

Poche pagine (com’è giusto), in tutto 28, edito da “Buckfast Edizioni”, con piacevolissime illustrazioni firmate da Chiara Gobbo, il libro ha, quale protagonista, l’amica Bea che, con le altre pecore, non vuole assolutamente farsi tosare: la lana le serve per l’inverno e, invece, dovrebbe finire per la produzione dei pregiati giubbotti “Moncarotin”. Ed ecco allora entrare in gioco, alla bisogna, la figura del “consulente del lavoro” orso Cedo, grazie al quale scoprirà cos’è e come va organizzato uno sciopero e cosa sancisce la “Costituzione” al riguardo. Imparerà cosa sono i “sindacati di categoria” (che nel libro riflettono un chiaro richiamo alla realtà, sia nei nomi delle sigle sia in quelli dei loro segretari) e la diatriba finirà a un tavolo dell’“Unione Animaletti Industriali” per comprendere meglio il valore di un accordo. Si parlerà anche di “premio di produzione” e “welfare aziendale”, di “serrata” e “datore di lavoro”. E non solo. Insomma, lezione completa per un tema di grandissima attualità.

“La mia idea era creare un libro che i bambini potessero leggere con i loro genitori per capire questi diritti costituzionali: siamo o no una ‘Repubblica fondata sul lavoro?”, spiega Gerardi“La mia – continua – vuole essere una storia semplice per avvicinarsi a concetti importantissimi e capire anche meglio la vita dei loro genitori”. Ciò cui, soprattutto, Gerardi tende è arrivare a spiegare a fondo quello che considera il “valore” per eccellenza, messo in luce dal libro: “Il bello della contrattazione collettiva”. Ovvero “trovare un punto d’incontro che soddisfi aziende e lavoratori”. “Si tratta di confronto – aggiunge – e mai di scontro perché, a mio modo di vedere, quando si conclude in modo soddisfacente un accordo e lo si firma, la vittoria è di tutti: imprenditori, lavoratori e i loro rappresentanti.
Il libro che Gerardi presenterà il prossimo mercoledì e che vede protagonista l’orso Cedo segue ad altri tre, tutti presentati al “Salone Internazionale del Libro di Torino”.

Nel 2022 aveva dato alle stampe “L’orso Cedo. Il consulente del lavoro degli animali”, dove affrontava addirittura, a favore di una “tartaruga”, il tema dello “smart working”.

Nel 2023 pubblicava “L’orso Cedo. Il consulente del lavoro degli animali e la videosorveglianza”, dove  “Bea la Pecora” non si sente più tranquilla da quando il suo datore di la­voro, Silvio il Coniglio, ha installato un sistema di vi­deosorveglianza del gregge, peraltro senza avvertire le pecore. Non solo: ha anche licenziato “Salvatore il Cane Pastore” che, fino a quel momento, si è occupato di mantenere al sicuro il gregge.

Nel 2024 è arrivato “L’orso Cedo. Il consulente del lavoro degli animali e gli animaletti con disabilità”: la storia di “Gino il Tal­pino” che essendo sempre costretto a lavorare sot­toterra, ha perso del tutto la vista. Orso Cedo indica, allora, quali sono le regole per rispettare i diritti dei lavoratori con disabilità.

Da questi tre libri è anche nata un’“opera musicale” per bambini, “Le avventure dell’Orso Cedo”, prodotto dall’Istituto Musicale Città di Rivoli “Giorgio Balmas” e musicato da Filippo Bulfamante.

L’idea è di creare, prossimamente, anche un “audiolibro”.

Alla presentazione del libro all’“Unione Industriali” parteciperanno, fra gli altri, con l’autore Massimiliano Gerardi e l’illustratrice Chiara Gobbo, moderati dalla giornalista Chiara Priante, sindacalisti, imprenditori e consulenti del lavoro.

Per ulteriori info: “Unione Industriali”, via Fanti 17, Torino; tel.011/57181 o www.ui.torino.it

g.m.

Nelle foto: Cover libro “L’orso Cedo e lo sciopero”; Massimiliano Gerardi

Pubblicità regresso

Chi di noi non ricorda le campagna di “Pubblicità e progresso” che, a partire dal 1971, hanno diffuso comunicazione persuasiva in ambito sociale?

Campagne destinate a vari aspetti del sociale, dalla Giornata nazionale della memoria e dell’impegno alla Colletta alimentare, da Conosciamo la Sindrome di Tourette a Giallo plasma per citarne solo una ridottissima parte, hanno portato a conoscenza di molti alcuni problemi della nostra società suggerendo come intervenire, come poter contribuire alla loro soluzione.

Di recente, tuttavia, i media tanto cartacei quanto radiotelevisivi sembrano aver invertito la tendenza, portando a conoscenza del pubblico solo alcuni eventi, per la quasi totalità negativi, impedendo alla comunità persuasiva di indirizzo sociale di produrre i suoi frutti.

Mi riferisco, ad esempio, ai TG che dedicano la maggior parte della programmazione serale (l’ora con maggior audience) a stragi, guerre, omicidi efferati, terremoti e ciò che di peggio sia successo di recente; è evidente, poi, che l’audience dei vari TG sia in calo (fonte il Sole 24ore, settembre 2025).

Non intendo dire che i media non debbano occuparsi di tali notizie, anzi, il diritto di cronaca è sacrosanto, ma se le campagne di cui sopra richiamano sottoscrittori e questi, poi, non vengono adeguatamente informati sui risultati ottenuti grazie al loro contributo, si rischia di vanificare l’intera campagna.

Presi come siamo in un vortice di impegni, notizie, scadenze, ecc. è evidente che quasi nessuno di noi riesca a seguire direttamente, ad esempio sul sito di questa fondazione o quell’associazione di ricerca o quell’ente no profit, quale sia stato il raccolto di una campagna, o il risultato di una ricerca reso possibile grazie a tutti i soci.

Ecco che lì i media avrebbero, e sicuramente possono avere, un ruolo primario nella diffusione della campagna, dei risultati e nella conseguente adesione ad ogni campagna successiva dei soci finanziatori.

Si parla tanto di volontariato ma, a detta di moltissime associazioni, specie tra i più giovani l’adesione al volontariato è in calo, complici l’asocialità di molti di essi, uno stile di vita che non consente di essere performanti fino al tardo pomeriggio, la scelta di dedicare il proprio tempo ad attività passive anziché di aiuto al prossimo.

Appare, dunque, evidente come i media di ogni genere (social, radio e TV, carta stampata, affissione stradale, camion vela e altro) abbiano un ruolo fondamentale nel prima, durante e dopo: campagna di sensibilizzazione e raccolta, comunicazioni sull’andamento, comunicazione dei risultati economici e sanitari o sociali della campagna (acquistati 1 milione di vaccini, inviato 100 mila razioni di cibo, ecc).

Credo fortemente che ogni impresa, particolarmente se operante nella comunicazione, non possa e non debba sottovalutare l’aspetto etico: va bene realizzare profitti, è la naturale missione di un’impresa, ma rinunciare ad una minima parte di profitto per favorire la comunicazione persuasiva di tipo sociale (ad esempio applicando tariffe di favore) sono sicuro non sia un dovere menoimportante.

Direttori del marketing, direttori di testata, webmasters e chiunque si occupi della comunicazione su un mezzo di informazione dovrebbe tener presente questo gap nella comunicazione: forse non aumenterebbe la tiratura o l’audience, sicuramente renderebbe un servizio alla società e, perché no, in alcuni casi aumenterebbe la vendita di spazi pubblicitari.

Sergio Motta

Alcott riapre al pubblico il suo storico store di Piazza Castello

Torna da oggi, 31 Ottobre, in Piazza Castello il punto vendita torinese del brand di moda maschile contemporaneo, parte del gruppo Capri, a cui fa capo anche Gutteridge.

 

Torino, 31 ottobre 2025 – Nell’ambito del percorso di rebranding e rinnovamento che sta ridefinendo la propria identità, Alcott riapre al pubblico il suo storico store di Piazza Castello a Torinocompletamente rinnovato e pronto ad accogliere i clienti con un format moderno e interattivo.

 

La riapertura del punto vendita torinese si inserisce in un più ampio piano di espansione nazionale e internazionale del marchio, che fa capo al Gruppo Capri, realtà napoletana proprietaria anche del brand Gutteridge. Dopo la recente riapertura dello storico store di via Torino a Milano, il progetto proseguirà con nuove aperture in Italia e all’estero, tra cui Sorrento e cinque nuovi store in Marocco.

 

Il negozio di Torino presenta oggi un ambiente completamente rinnovato, dove design, tecnologia e interazione si fondono per offrire una shopping experience evoluta: dall’integrazione dell’intelligenza artificiale nel customer care alle casse self-service, fino a un layout immersivo che accompagna il cliente in un percorso dinamico tra moda e innovazione.

 

La riapertura dello store di Torino rappresenta un nuovo passo nel percorso di crescita e valorizzazione del marchio Alcott,” dichiarano Salvatore e Francesco Colella, Amministratori Delegati del Capri Group “Questo progetto incarna la nostra visione di retail esperienziale, capace di coniugare tecnologia, design e relazione con il cliente, rafforzando al contempo la presenza del gruppo sui mercati nazionali e internazionali.” concludono.

 

Alcott conferma la propria visione orientata al futuro, consolidando la presenza sul territorio e rafforzando il legame con il pubblico italiano e internazionale.

Torino Outlet Village: il weekend si anima

 

Tra spettacoli tradizionali, creatività LEGO ed esperienze di arte immersiva

Torino Outlet Village prosegue nel suo cammino di ridefinizione e concetto di “experience” consolidandosi come un polo che unisce lusso, shopping e un’offerta culturale ambiziosa. Nel contesto del recente ampliamento degli spazi dedicati all’arte, il Village annuncia un ricco programma di intrattenimento per i prossimi due fine settimana, dedicando attività coinvolgenti per tutte le età. Per il weekend dell’1 e 2 novembre e dell’8 e 9 novembre, i Boulevard del Village si animeranno con la grande parata degli Sbandieratori, dalle 12 alle 18.30. Un suggestivo spettacolo di tradizione e colore prenderà vita in tutto lo spazio, culminando in show in tutte le piazze.
La Party Room del Village sarà il cuore delle attività ludiche dedicate ai più piccoli. Al mattino, dalle 11 alle 14.30, i bambini sono invitati al laboratorio creativo “Si gira la moda”, per un divertente ritorno agli anni Novanta, dove potranno creare nuovi look e giocare in creatività. Nel pomeriggio, in occasione della mostra “Forever young”, i bambini dai 6 ai 12 anni, con le loro famiglie, sono attesi ai laboratori LEGO Education, in collaborazione con Fondazione ECM – esperienza di Cultura Metropolitana. I laboratori gratuiti si svolgeranno dalle 16 alle 19 in tutte e quattro le giornate di sabato e domenica, permettendo di sperimentare attraverso l’utilizzo del kit LEGO Education i temi della robotica educativa, del coading e dello storytelling digitale. Queste iniziative si inseriscono nel nuovo contesto del Village, che ha destinato i suoi nuovi spazi a un progetto culturale inaugurando tre grandi esposizioni a ingresso gratuito. Un percorso espositivo che prende il via con dipinti animati, Van Gogh Shadow e Claude Monet Shadow. Una straordinaria esperienza che fonde l’eccellenza pittorica dei maestri impressionisti con le più avanzate tecnologie. Grazie all’innovativa tecnica “Shadow art”, i capolavori prendono vita attraverso video mapping e animazione digitale, garantendo al visitatore un’immersione nei sensi. Il viaggio prosegue con la collettiva d’arte contemporanea “Roots of love – innamorati ancora”, frutto della rinnovata collaborazione con Paratissima. Curata da Alessandra Redaelli e Matteo Scavetta, la mostra si sviluppa come un giardino emozionale, dove dodici artisti invitano a riscoprire attraverso dipinti, installazioni e sculture la felicità e lo sguardo sognante tipici dell’innamoramento, rafforzando il dialogo tra arte, moda e lifestyle. Infine l’esposizione “Forever young”, di Riccardo Zangelmi, l’unico LEGO Certified Professional in Italia, celebra il potere del gioco come linguaggio universale. Attraverso sculture e installazioni interamente costruite con mattoncini LEGO, Zangelmi trasforma la materia ludica in espressione emotiva e simbolica, invitando il pubblico allo stupore e alla leggerezza tipici dell’infanzia.

Mara Martellotta

Il Museo dei Serial Killer a Torino

PENSIERI SPARSI di Didia Bargnani

“Non è un caso che si sia deciso di aprire, dopo Firenze, il Museo dei Serial Killer a Torino – mi spiega Gianpaolo Gazziero – dove nel 1861 sono state elaborate le prime teorie sulla Criminologia per arrivare poi ad una disciplina ben definita, l’Antropologia Criminale, grazie a Cesare Lombroso.  Con i miei soci, Filippo Terzani e Luca Pianesi, abbiamo pensato che Torino avrebbe potuto rispondere positivamente ad un museo di questo tipo, non a caso questa è anche la città scelta da Dario Argento per ambientare alcuni dei suoi film cult ed è famosa per essere un luogo esoterico dove si pratica la magia nera”.
E’ un viaggio virtuale, attraverso la storia del crimine dal Medioevo ad oggi, quello che intraprende il visitatore di questo museo aperto da pochi giorni a Torino in via Arcivescovado 9.
Tramite un audioguida possiamo ricostruire la storia di ogni serial killer rappresentato nel museo, cercando di capire quali percorsi di vita hanno contribuito a creare questi “mostri”.
 Siamo abituati a pensare che situazioni simili esistano solo nei film o nelle fiction ma non è così, il male e la malvagità esistono, fanno parte della vita e forse, addentrandoci nella mente di questi personaggi,  possiamo rendercene conto ed esorcizzare in qualche modo la paura nei confronti del male.
 Secondo l’FBI i Serial Killer si dividono in Organizzati e Disorganizzati, i primi pianificano i loro delitti, solitamente hanno una famiglia e una vita sociale irreprensibile, i secondi invece uccidono in preda ad un impulso e lo fanno con molta violenza, le vittime in genere sono oggetto di attenzioni sessuali e cannibalismo.
La mostra inizia con un omaggio a Cesare Lombroso, si prosegue leggendo sulle pareti che l’Italia è il secondo Paese al mondo per numero di Serial Killer, dopo gli Stati Uniti e che donne serial killer sono sostanzialmente di tre tipi: assassine per vendetta, vedove nere che ammazzano componenti della propria famiglia per soldi e gli angeli della morte che decidono di non far soffrire ulteriormente i pazienti a loro affidati.
I manichini che raffigurano i serial killer presenti nel museo sono stati realizzati dall’azienda che produce gli effetti speciali per le produzioni di Netflix e sono impressionanti per la loro attinenza alla realtà: la prima che incontriamo è la Contessa Sanguinaria che nel 1500 in Ungheria uccise più di 600 ragazze per berne poi il loro sangue.
L’incontro successivo è con il cosiddetto Vampiro di Brooklyn, cannibale che si nutriva di bambini, per poi passare a John Waine Gacy, Richard Ramirez, Jeffrey Dahmer, il famoso Charles Manson e, unica italiana, Leonarda Cianciulli detta “ la saponificatrice di Correggio” che trasformava le sue amiche in biscotti e saponi.
Il museo è visitabile tutti i giorni dalle 10.30 alle 18.30, i minori di 14 anni devono essere accompagnati.

Daebak,  il primo festival coreano del Mercato Centrale Torino

Il Mercato Centrale Torino si prepara a ospitare un evento unico domenica 9 novembre, dalle 11 alle 22, quando avrà luogo “Daebak”, il primo festival coreano, un’opportunità straordinaria per immergersi in una cultura ricca e vibrante, gustando piatti tipici, partecipando a masterclass coinvolgenti e vivendo momenti di pura gioia. “Daebak”, che significa “fantastico, incredibile”, è un termine che racchiude le esperienze umane più significative e rappresenta il fil rouge di questa celebrazione. La sua risonanza va oltre il significato linguistico, è un richiamo all’unità, un abbraccio collettivo che incoraggia l’autoespressione e il sostegno reciproco. Si tratta di un invito a costruire legami, a promuovere empatia e solidarietà nel superamento delle barriere culturali e sociali nel sentimento dell’essere qualcosa di più grande e significativo.

Il Mercato Centrale si trasformerà in un palcoscenico di colori, tradizioni e sapori. L’ingresso sarà gratuito, ad eccezione delle masterclass, permettendo a tutti di esplorare la cultura coreana tra cucina, balli, giochi di squadra e skincare coreana. Nello spazio Fare, al secondo piano, gli amanti della gastronomia potranno gustare lo street food coreano, preparato dai migliori chef, con specialità come Tteokbokki con salsa piccante di Gochuyang o formaggio fuso, Pageon di verdure, Bibimbap e Yangnyeom chicken, il pollo fritto coreano con la salsa dolce piccante. I partecipanti potranno scoprire anche il lato ludico della cultura coreana, grazie ai giochi di K Pop Torino e ai workshop di balli organizzati TurinKorea. Per i più audaci la “squid game area”, affrontando sfide al limite dell’impossibile, tra adrenalina e divertimento. Al Cocktail Bar, al primo piano, si troverà il Market K.Pop, ricco di serigrafie abbigliamento e beauty coreani, perfetto per chi vuole portare un pezzo di Corea a casa. L’ingresso è sempre libero e gratuito.

Le masterclass disponibili su prenotazione proporranno esperienze esclusive. Tra queste, in aula didattica, il rituale di skincare coreano, curato da Glow Up, per imparare a curare la propria pelle attraverso prodotti e tecniche tradizionali. Non mancheranno lezioni di cucina con Kim Chipop e Noemi Sciutto, dove si impareranno a preparare specialità come il Kkakdugi e il Bibimbap, piatti che raccontano storie e convivialità. Il Kkakdugi, con i suoi cubetti croccanti di daikon, e il Bibimbap, un’esplosione di colori e sapori, che nutre l’anima e il corpo. L’invito è aperto a tutti, agli amanti della cultura coreana che sono chiamati a unirsi in questa straordinaria celebrazione per non perdere l’occasione di scoprire il fascino della Corea del Sud a Torino.

Appuntamenti di masterclass di skincare, secondo il rituale coreano, saranno in tre momento, dalle 11.30 alle 12.15, dalle 15.30 alle 16.15 e dalle 17.30 alle 18. La scuola di cucina con Kim Chipop ha tre appuntamenti: dalle 11 alle 12, dalle 15 alle 16, dalle 18.30 alle 19.30. Le lezioni di cucina con Noemi Sciutto saranno due, dalle 12 alle 13 e dalle 17 alle 18. Le masterclass sono a pagamento e su prenotazione al link https://app.aloesuite.com/app/widgets/1f0a2828-4e38-6726-b25b-0a7cc52e17b3

Mara Martellotta

Un viaggio sensoriale tra il carattere della Freisa e la “suadenza” dell’Albugnano

Domenica 19 ottobre 2025 presso Enoteca Regionale di Albugnano si è svolta
nel programma Il diavolo e l’acqua santa
la degustazione Dal Frutto alla spezia:
il viaggio di Freisa e Albugnano nel tempo curata dalla delegazione AIS di Asti e condotta dal Presidente AIS Piemonte Mauro Carosso.
Freisa e Albugnano sono due anime del Piemonte vinicolo, diverse per carattere, stile e approccio, ma ugualmente autentiche.
La prima, intrigante, dinamica, capace di passare dalla freschezza del frutto rosso quando è giovane a suggestioni speziate e profonde dopo l’affinamento: la Freisa.
La seconda, fine, composta, con tannini levigati e passo aristocratico: l’Albugnano.
Insieme, sono l’incarnazione del contrasto.
Da questo nasce “Il diavolo e l’acqua santa”:
un evento che esalta le differenze, perché è nei contrasti che il vino racconta il meglio di sé.
È in quella dialettica tra energia e armonia, tra slancio e eleganza, che ogni sorso diventa esperienza.
Banchi d’assaggio con oltre 50 etichette in degustazione, selezionate e raccontate dai sommelier AIS Piemonte, Delegazione di Asti, che hanno accompagnato gli ospiti in un percorso sensoriale completo, tecnico ma accessibile, fatto di assaggi, racconti e scoperte.

Le cantine presenti

+ FreisaAdriano Marco E Vittorio, Cascina Gilli, Cascina Quarino, Crotin 1897, Erede Di, Chiappone Armando, Frasca La Guaragna, La Montagnetta, Claudio Mariotto, Paitin, Pianfiorito, Roggero Bruno E Marco, Scarpa, Tenuta Santa Caterina, Tenuta Tamburnin, Tenute Sussambrino, Terre Dei Santi, Vicara.
Albugnano 549Alle 3 Colline, Ca’ Mariuccia, Ca’ Vironi, Cantine Roggero, Cascina Gilli, Enrico Malfetti, Nebbia Tommaso, Orietta Perotto, Pianfiorito, Tenuta Tamburnin, Terre Dei Santi.
La Masterclass ha messo a confronto Freisa e Albugnano in diverse annate, per scoprirne l’evoluzione nel tempo e lasciarsi affascinare dal dialogo tra due personalità enologiche opposte ma complementari.
Un’occasione unica per ascoltare il vino, leggerne le sfumature più profonde e lasciarsi sorprendere dalle sue storie.
Dieci vini in assaggio :
Albugnano 549
Orietta Perotto Albugnano Doc Superiore
Oltre 500  2021
Al naso : floreale , delicato, piccoli frutti di bosco, un nebbiolo vicino al Roero
In bocca : buona freschezza, sentori di melograno, lampone non maturo, una bella eleganza e finezza easy; 18m di botte rovereAlle tre colline Albugnano Doc Superiore
Va’ anáit 2020
Al naso : frutta rossa matura, viola, avvolgente
In bocca : tannino incisivo, elegante, spezie+ , frutta- , arioso e masticabile Terre dei Santi Albugnano Doc 2019
Al naso :old style, pulito , easy
In bocca : armoniosità rotonda, pulito, fresco persistenza media, un vino sabaudo senza eccessi; 36 mesi di botte grande mt 350 , 140 soci intorno a Chieri Roggero Bruno e Mario Albugnano Doc Superiore 2018
Al naso :spezie, minerali, vegetalita’ aromatica
In bocca : sentori di legno, vino equilibrato; 18 mesi di tonneaux Tenuta Tamburnin Albugnano Doc Superiore 2017
Al naso : balsamico officinale leggero, spezie confettura oscura
In bocca : tannico, armonioso e complesso, duro fantasticamente pulito; veramente un bel vino!
+Freisa
Cascina Gilli Freisa d’Asti Doc Il Forno 2024
Al naso : rustico , terra , radice, china ,leggera affumicatura ,legg sottobosco, mora verde
In bocca : nota scura ,con finale acido/ fresco e tannino disteso ; solo acciaio La Montagnetta Piemonte Doc Freisa
Anphora 2021
Al naso : frutto , spezie , mora e ginepro , susina matura ( dolce ) , alcune note balsamiche
In bocca :buona rotondità , frutto oscuro,tannino tosto , con sapidità continua e long time ;
12 m di anforaScarpa Monferrato DOC Freisa 2021
Al naso :legg liquirizia, terra,radice , sentore quasi marino ; elegante
In bocca : morbido, rabarbaro con acidità vibrante quasi agrumata ; freisa austera in Boca solo acciaio Tenuta Santa Caterina Freisa d’Asti Doc SorìdiGiul 2017
Al naso : frutta dolce, graffite , olfatto dritto , old style
In bocca : fantastica armonia , acid/tannino , finale sapido ; almeno 12m di Tonneaux e botte grande Erede di Chiappone Armando Freisa d’Asti Doc Sanpedra 2013
Al naso : cioccolato, tabacco, tamarindo, china erbe distese
In bocca :freschezza attenuata con eleganza tannica , finale complex
ALLA PROSSIMA !
LUCA GANDIN