Dal 24 gennaio al 24 febbraio, presso la Sala Mostre del Palazzo della Regione Piemonte, in piazza Castello 165 a Torino, dalle 10 alle 18, con ingresso libero, la mostra “EXODOS – rotte migratorie, storie di persone, arrivi, inclusione” sarà il contenitore per approfondire il tema dei migranti, dall’accoglienza ai servizi di inclusione sociale e lavorativa. La mostra, realizzata dall’Associazione Allievi del Master in Giornalismo “Giorgio Bocca”, si avvale delle immagini di 12 fotografi e video maker e documenta il viaggio dei profughi dai campi di raccolta fino alla situazione in Piemonte. Immagini impattanti ma anche un ricco programma di incontri, di testimonianze, di riflessioni e di workshop.Le immagini sono di Marco Alpozzi, Mauro Donato, Max Ferrero, Mirko Isaia, Giulio Lapone, Matteo Montaldo, Giorgio Perottino, Andreja Restek, Paolo Siccardi e Stefano Stranges, mentre i video sono di Stefano Bertolino e Cosimo Caridi. L’obiettivo del progetto è quello di fornire un punto di vista sulla crisi dei migranti, un punto di vista sfaccettato e multiforme, tanti sono gli autori impegnati in questo reportage collettivo; raccontare il «volto umano» della crisi dei migranti partendo dalle persone, dagli sguardi, dalle storie; valorizzare quanto costruito in questi anni dai nostri territori sul tema dell’accoglienza e dell’integrazione. Le foto e i video sono stati realizzati tra il 2014 e il 2016 in alcuni dei momenti e dei luoghi più drammatici dell’emergenza profughi, come le isole di Lesbo e Kos, la frontiera di Idomeni, la giungla di Calais, ma anche i Balzi Rossi vicino a Ventimiglia o il mare al largo di Lampedusa. Per l’allestimento, si è scelto un percorso tematico, per guidare il pubblico nei vari momenti che scandiscono la quotidianità di chi dalla propria terra intraprende il cammino verso un mondo migliore. Nell’itinerario espositivo si è così scelto di individuare e concentrare l’attenzione sulle fasi salienti di questi viaggi: il «Mare», trampolino e naufragio verso il miraggio di un nuovo mondo; la «Strada», attraverso i campi, i fiumi, le lande desolate delle terre di nessuno; l’arrivo davanti alle «Barriere», fatte di reti, muri, confini; i «Campi», luoghi di attesa, di riposo, di speranza, di paura; «Incontri» tra le società, i turisti e i migranti. La mostra è stata realizzata dall’associazione Allievi del Master in Giornalismo Giorgio Bocca e dalla Regione Piemonte e affronta il tema osservandolo da tre diversi punti di vista: quello dell’esperienza e della narrazione internazionale, quello dell’esperienza del sistema di accoglienza e quelle degli strumenti di inclusione della Regione Piemonte.
Il fatto che dei teppistelli pinerolesi si divertissero ad imbrattare una chiesa con bestemmie e svastiche rivela il grado di avvilimento a cui si è giunti. Si poteva capire ,in passato e forse anche nel presente, la bestemmia dell’operaio in fabbrica o del contadino alle prese con il suo duro lavoro dei campi. C’erano persone che avevano addirittura assunto la bestemmia come intercalare quasi inconsapevole. Ma che ci siano dei giovani che scrivano per divertimento delle bestemmie, coniugandole con le svastiche hitleriane, è davvero troppo. Chi scrive è per la libertà di pensiero e non ritiene che nessuna opinione, neppure la più odiosa e grossolana come la bestemmia, debba essere considerata un reato: ciascuno ha, per esprimersi, i mezzi che ha. C’è il santo e il bestemmiatore, il poeta e lo scaricatore portuale, con in mezzo tanta gente banale che non ha opinioni e che non prega e non bestemmia. Divertirsi offendendo gli altri risulta tuttavia particolarmente difficile da comprendere. Mi piacerebbe conoscere il grado di acculturazione dei questi giovani e dove hanno frequentato o frequentino la scuola. Nella loro mostruosa ignoranza i ragazzini di Pinerolo non lo sanno, ma l’accoppiamento di bestemmia e svastica non appare così strano: Hitler , in nome di un paganesimo germanico delirante, voleva proprio cancellare la civiltà cristiana nel 1942 trovò nel laico Croce il suo strenuo difensore: così nacque il famoso “Perché non possiamo non dirci cristiani” durante la sua villeggiatura in Piemonte. Certo gli untorelli che usano la bomboletta spray non costituiscono pericoli di sorta, perché lo fanno per divertimento. Dopo aver giustificato per troppi anni l’ignoranza e aver declassato la funzione della scuola anche come scuola di civismo, ci ritroviamo a fare i conti con questi giovani che certo sono un’eccezione, ma spesso l’eccezione purtroppo conferma la regola. Sono i figli di una società malata e nichilista e il prodotto deteriore di una scuola che non riesce più a svolgere la sua funzione.
Pier Franco Quaglieni
LA VERSIONE DI GIUSI / di Giusi La Ganga
Di scissioni di partito me ne intendo, purtroppo. Le dinamiche sono sempre le stesse: I voti un po’ se ne vanno, molti restano, parecchi mandano a quel paese entrambi i contendenti. Il risultato finale è a somma negativa.
Per queste ragioni sono fra quelli che pensano che il PD debba essere difeso e sostenuto, per quanti errori abbia fatto l’attuale gruppo dirigente. Ho partecipato ieri alla riunione preparatoria dell’assemblea nazionale, che si terrà il 18 febbraio, dell’Associazione Democraticisocialisti, promossa dal Presidente della Toscana, Enrico Rossi, che intende tener viva, dentro e non fuori dal PD, la cultura socialista, rinnovata e attrezzata ad affrontare i tempi completamente nuovi di fronte a noi. Viviamo un passaggio difficilissimo della democrazia italiana, che sconta una classe dirigente inadeguata e litigiosa, con un elettorato che passa da un uomo della Provvidenza all’altro, senza rendersi conto che non esistono scorciatoie salvifiche ma solo la necessità di un duro lavoro di ricostruzione del paese.
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Si vuole andare di corsa a votare, senza mettere ordine nella legge elettorale e senza costruire i presupposti politici perché il voto risulti utile all’Italia. Ognuno fa un miope calcoletto di convenienza personale o di fazione. L’esito è già scritto, al di là delle frottole propagandistiche: l’ingovernabilità si accentuerà e le prospettive di un’Italia come la Grecia si avvicinano. Continua a sorprendermi il fatto che molte persone che stimo non vedano o fingano di non vedere i pericoli che incombono. Che preferiscano applaudire entusiasticamente anziché provare a ragionare. Che si spellano le mani quando sentono dire che la legislatura è finita con il voto del 4 dicembre (ed è vero, nella sostanza) e che si indignano però se si fa notare come quel voto abbia anche chiuso il ciclo dell’attuale gruppo dirigente del PD e che sia necessario un nuovo congresso. In altri tempi, dopo tre sconfitte consecutive si sarebbe sentito il bisogno di una nuova legittimazione congressuale. Oggi si fa finta di nulla, anzi si spera che i contestatori (che non sempre hanno ragione) tolgano il disturbo.
Possibile che si debba andare baldanzosi verso un baratro?
Giusi La Ganga
Il Museo del Risparmio di Torino lancia una call for action: “fateci avere i vecchi quaderni dei conti della vostra famiglia”. Daranno un contributo prezioso alla mostra che il Museo sta preparando nelle sue sale in vista dell’8 marzo.
“Quel genio di mia nonna! Dai libri di casa al kakebo” sarà un’esposizione di ricordi di famiglia e di veri e propri cimeli messi a disposizione da alcune istituzioni. Non mancherà l’ultimo arrivato: il kakebo, versione rivisitata del quadernetto dei conti di casa inventato nel 1904 dalla giapponese Motoko Hani, figlia di samurai e prima direttrice donna di una rivista femminile.
C’è molto da imparare dalle precedenti generazioni, che già avevano grandi capacità di pianificazione da cui prendere esempio. Come spendevano le nostre nonne? Come gestivano il bilancio familiare o i terreni, le cascine, i raccolti? E come annotavano queste spese?
Per partecipare all’iniziativa servono le foto del proprio libro di casa, almeno della copertina e di una pagina interna, accompagnate da un commento che ne racconti la storia o le particolarità. Si possono mandare al Museo del Risparmio attraverso Facebook, e-mail e Instagram entro il 20 febbraio. I dettagli sul sito www.museodelrisparmio.it
Venerdì 3 febbraio alle ore 18 nella sede del Centro Pannunzio, Sala “Sergio Pininfarina” (via Maria Vittoria 35 H, Torino), Pier Franco Quaglieni terrà una conferenza sul tema: 1947, UN ANNO CRUCIALE DELLA STORIA D’ITALIA, SETTANT’ANNI DOPO. Secondo alcuni, il ’47 è stato l’anno in cui l’Italia ha scelto la conservazione piuttosto che le riforme, secondo altri, è l’anno in cui Alcide De Gasperi, Luigi Einaudi e Giuseppe Saragat hanno salvato l’Italia da una dittatura comunista incombente, facendo fare al Paese una scelta di campo inequivocabilmente occidentale. Si è trattato di un periodo tormentato, animato da forti passioni e scosso da profonde, laceranti conflittualità che hanno pesato nella storia successiva. Fu l’anno della Costituzione, del Trattato di Pace, del passaggio di Istria e Dalmazia alla Jugoslavia, della scissione di Palazzo Barberini, della strage di Portella della Ginestra, della morte di Vittorio Emanuele III. I 70 anni trascorsi offrono l’opportunità di enucleare i temi più importanti per una ricostruzione storica mettendo a confronto tante opinioni discordanti per offrire a chi ascolta la possibilità di trarre le conclusioni che ritiene.
Apre i battenti a Vinovo (Torino) il laboratorio di rigenerazione di grandi elettrodomestici del progetto del Sermig, “Rigeneration”, che coniuga solidarietà e imprenditorialità. E’ ospitato nei locali messi a disposizione da Astelav, storica azienda torinese da 50 anni specializzata in ricambi per elettrodomestici.
Al taglio del nastro, che si terrà martedì 31 gennaio alle ore 9, sarà presente Ernesto Olivero. La nuova iniziativa dell’associazione di volontariato fondata da Ernesto Olivero ha un duplice scopo: “Creare opportunità di lavoro per persone in difficoltà e contribuire a costruire una mentalità di contrasto allo spreco e all’ inquinamento”, spiega Rinaldo Canalis, coordinatore del progetto.
Laboratorio Rigeneration presso Astelav s.r.l.
Via Cavour 20 – Frazione Garino, Vinovo (TO)
Già a partire da lunedì 30 gennaio saranno in funzione due coppie di treni regionali “Fast” in sostituzione dei Frecciabianca da Torino a Milano, poi diventeranno tre. Da Torino si fermeranno solo a Vercelli, Novara e Rho, fino a Milano Porta Garibaldi, con tempi di percorrenza pari o persino inferiori a quelli dei Frecciabianca cancellati da Trenitalia. I nuovi convogli cercheranno di ridurre l’impatto degli aumenti sugli abbonamenti mensili da Torino e Vercelli verso Milano. L’assessore regionale ai Trasporti Balocco sottolinea che gli aumenti non sono di responsabilità della Regione.
(foto: il Torinese)
di Pier Franco Quaglieni *
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Venerdì’ 27 si è celebrata la Giornata della memoria. Si sono tenute cerimonie in tutto il Piemonte. A Torino spicca il ricordo del Gen. Emanuele Balbo Bertone di Sambuy trucidato insieme ad altri cinque generali italiani nel 1945 nel lager tedesco in cui era prigioniero. Per merito di Nino Boeti , presidente del comitato regionale per l’affermazione dei valori della Resistenza e della Costituzione, le rievocazioni hanno sempre tenuto conto dell’apporto delle Forze Armate alla Resistenza e alla Guerra di Liberazione. Si tratta di un apporto considerevole, spesso ignorato per ragioni politiche per tanti anni. In alcune commemorazioni del 27 gennaio in Piemonte è stato invece trascurato il sacrificio dei 600mila internati militari in Germania,a pieno titolo resistenti anche in termini legali ,oltre che storici. Guareschi in “Diario clandestino” ci ha lasciato la più alta e commossa testimonianza di quella tragedia di cui fu partecipe e vittima. Guareschi scriveva che i soldati prigionieri, privati delle stellette, le sentivano come idealmente ” avvitate alla carne” .Un’espressione che, mi disse una volta il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa,lo aveva ispirato nell’affermare che i carabinieri sentivano gli alamari “cuciti sulla pelle”. Parlando alla Prefettura di Savona ho ricordato anche la Principessa Mafalda di Savoia .Ma forse è troppo pretenderlo da chi ignora perfino gli internati militari. Si è tentato addirittura di equiparare gli ebrei della Shoah con gli immigrati arrivati in Europa, rasentando il ridicolo, con affermazioni goffe e antistoriche. Ma ci si è guardati bene dal parlare di Israele e dell’esodo odierno di tanti ebrei da un’Europa insicura ed impaurita che sembra arrendersi, senza nemmeno tentare di difendere della sua identità laica e cristiana.
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Sullo storico edificio che ospita l’istituto “Regina Margherita” in via Valperga Caluso a Torino sono comparsi vistosi disegni geometrici rossi e blu che non c’entrano nulla con la facciata. Perché? Forse per far parlare del “Regina Margherita”? Finora nessuno ne ha parlato. Quando ebbe presidi uomini come Roberto Berardi, divenuto ispettore centrale del Ministero della P.I., non c’era bisogno di espedienti di quel tipo: l’istituto era noto in tutto il Piemonte per il suo rigore, i suoi docenti qualificati, la sua storia. Il primo in assoluto cui seguiva il “Domenico Berti”, lasciando in fondo alla classifica il magistrale “Antonio Gramsci”, un’enclave contestativa e facilistica che finì assorbito da altro istituto per mancanza di allievi. Un preside del “Regina Margherita” alla fine degli anni 70,nella sua foga demagogica, permise agli allievi di dipingere-l’espressione giusta sarebbe imbrattare – le aule e i corridoi a loro piacimento, consentendo un obbrobrio esteticamente devastante. Dovette pagare, come al solito, il contribuente per recuperare le aule al loro stato originario. Contro quel preside non vennero mossi addebiti , anzi fu promosso.
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All’inaugurazione dell’anno giudiziario del 28 gennaio le parole del Presidente della Corte d’Appello di Torino Arturo Soprano , che ha criticato apertamente l’ANM e il suo presidente Davigo per le sue “apparizioni mediatiche autocelebrative”, parlando anche di “comunicati sterili” e della necessità di ripensare la “politica” dell’Associazione Magistrati, mi hanno indotto ad un ideale, forse troppo emotivo, parallelo con il giudice Bruno Caccia,freddato sotto casa dalla criminalità organizzata. Caccia si rifiutò di scioperare, sentendo la funzione del magistrato talmente alta e indipendente, da rendere incompatibile l’esercizio del diritto di sciopero da parte dei magistrati.Era una schiena diritta che non si piegava di fronte a nulla e a nessuno.
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Domenica 29 gennaio nella chiesa di San Lorenzo verranno ricordati i soldati italiani che combatterono, morirono, soffrirono un’atroce prigionia in URSS nel corso della II guerra mondiale. Mons. Carlo Chiavazza che vi partecipò come cappellano militare , dettò una lapide in ricordo dei commilitoni caduti e reduci di Russia. Ogni sera alle 18 la campana di San Lorenzo suona in loro ricordo. Il vecchio parroco di San Massimo, il canonico Italo Ruffino , morto centenario nel 2015 , ci ha lasciato un libro che andrebbe riletto:”Bianco, rosso e grigioverde” edito da Fogola. Insieme ai libri di Giulio Bedeschi , Mario Rigoni Stern, Don Carlo Gnocchi, quello di Italo Ruffino è una testimonianza umana,letteraria e religiosa intensa. Io lo ricordo per le sue prediche appassionate pronunciate dal pulpito di San Massimo, quand’ero bambino. Mi colpiva la sua eloquenza ,magari senza capire a fondo il significato del suo dire ,sempre profondo e molto colto. Non sapevo che era stato cappellano in Russia, quando lo conobbi tanti anni dopo apprezzai la tempra di un uomo e di un sacerdote eccezionale. A San Massimo è ricordato il parroco che aiutò la Resistenza, sarebbe il caso di dedicare una lapide anche a Mons. Ruffino.
*Direttore del Centro “Pannunzio”
Fiction bussola per la società
Chiedere ai bambini cosa vogliono diventare significa educarli all’idea che in fondo tutto è possibile e se a cinque anni sognano di diventare astronauta, hanno tutto il diritto di poter esprimere il loro sogno. Influenzano i giochi, gli esempi, le trasmissioni tv
di Paolo Pietro Biancone*
Gli adulti chiedono spesso ai figli, ma anche agli amichetti o ai figli degli amici, cosa vogliono fare da grandi. Perchè poniamo questa domanda? La maggior parte dei bambini risponde di voler diventare calciatore, pompiere, o poliziotto, o dottore. Quando crescono il fascino della divisa comincia a scemare e le risposte virano più su giornalista, scienziato, attore e così via…
Chiedere ai bambini cosa vogliono diventare significa educarli all’idea che in fondo tutto è possibile e se a cinque anni sognano di diventare astronauta, hanno tutto il diritto di poter esprimere il loro sogno. Influenzano i giochi, gli esempi, le trasmissioni tv. È ormai risaputo il potere orientativo delle fiction tv: ha fatto notizia in Olanda il boom di donazioni di organi riscontrato a seguito della messa in onda di una fiction che ne ha raccontato a lungo i benefici.
È notizia di questi giorni: “Provaci ancora prof!”, la fiction che va in onda su Rai 1 dal 2005 è ispirata ai racconti di Margherita Oggero, scrittrice e insegnante torinese, apre i casting per attori e comparse a Torino. Sono aperti i casting per attori, attrici e comparse di “Provaci Ancora Prof! 7”, una delle fiction Rai più amate dal pubblico e che dalla quinta stagione è girata e ambientata proprio a Torino, dove si svolgono le vicende e le indagini della professoressa Camilla Baudino, interpretata da Veronica Pivetti, e del vice questore Gaetano Berardi, personaggio con il volto di Paolo Conticini.
Raccontare la pubblica amministrazione e i il suo valore per la collettività rappresenta un messaggio forte e di orientamento per i giovani, che spesso percepiscono scollamento e distacco. Nessun bambino da piccolo sogna di fare il “posto fisso”, nonostante autorevoli film lo segnalino. Il bambino vuole emulare esempi virtuosi, vuole far parte degli “eroi” che fanno parlare di sé nel mondo, perché fanno cose buone, salvano, migliorano, innovano. Sono tante e sempre di più. Attraversano generi e pubblici diversi. Costano molto ma rendono tanto.
La fiction italiana è tornata di gran moda: dall’autunno 2015 alla primavera del 2016 sono state trasmesse in prime time ben 22 serie televisive con un ascolto medio di circa 4 milioni e mezzo di share. Fuori dal computo, ovviamente, il successo dei «Medici» targato dal Lux Vide e «The Young Pope» di Sky. Ma al di là di queste ultime due produzioni internazionali il racconto italiano – come pure ha sottolineato recentemente il più importante giornale economico francese Les Echos – sta vivendo una grandissima stagione: in Italia, ma soprattutto anche all’estero. Del resto basta citare i grandi successi di Gomorra e The Young Pope per scommettere che anche la saga dei «Medici» della Lux venduta già in mezzo mondo farà altrettanto. Al di là dei numeri quello che maggiormente colpisce del racconto italiano è la capacità di attraversare pubblici e generi diversi e fasce di età disomogenee. Un prodotto, insomma, che unisce e che è trasversale su tutte le piattaforme televisive italiane: dalla generalista alla pay passando per il web. E così, se le donne che guardano «Che Dio ci aiuti» (sempre Lux Vide 32,8% di share) il 25,1% degli uomini segue Don Matteo mentre il 42,1% dei giovani di età compresa tra i 12 anni e i 17 guarda «Braccialetti rossi» che è anche la serie con l’età media più bassa, 49 anni. il vantaggio di investire in fiction è giustificato da un lato dalle aspettative di audience della prima visione e dall’altro dall’elevata replicabilità e sfruttamento del prodotto. Se a questo si aggiunge che il valore medio stimato di costo è di circa 620 mila euro l’ora, allora,si comprendo anche meglio l’attenzione che i grandi network televisivi riversano sul seriale.
E poi il valore sociale. Il cambiamento e l’innovazione partono dall’orientamento: investire sui giovani è saperli indirizzare, saperli valorizzare presentando loro tutte le opportunità possibili con tutte le chiavi di lettura e i linguaggi più persuasivi. E anche le fiction giocano un ruolo importante, di esempio, di incoraggiamento e di immagine, diventando, se ben orientate, diventare da stimolo per i giovani e per il loro futuro. Comunicare ciò che di buono c’è, aiuta a indirizzare il futuro.
*Professore Ordinario di Economia Aziendale e coordinatore del Corso di Dottorato in Business & Management
Idee innovative con TedX
In tutto 23 relatori per Tedx Torino, l’evento promosso al Lingotto dal titolo ‘This must be the place’ in programma domenica al Centro congressi con il sostegno della Compagnia di San Paolo. Esauriti i biglietti (500 posti) ormai da tempo. L’ispirazione è Ted, organizzazione no profit americana nata in California per scoprire idee che meritano di essere diffuse. Ogni relatore ha tra i cinque e i quattordici minuti per spiegare la propria idea innovativa, ma anche rivoluzionaria o controcorrente. Tra i nomi conosciuti Luca Mercalli, presidente della Società Metereologica Italiana, l’ex allenatore sportivo Mauro Berruto, Guido Avigdor, guru della comunicazione, i MyBossWas, vincitori di Biennale College. Durante le pause si può dialogare con i relatori.
(FOTO: IL TORINESE)