Il Master di II livello in Sport Engineering sarà dedicato alla formazione di una nuova generazione di tecnologi e manager per l’industria europea dello sport, in collaborazione con la Scuola dello Sport del CONI, Città Studi Biella e il Johan Cruyff Institute

Per ottenere prestazioni eccezionali un atleta non può contare solo sulla sua performance ma ha bisogno del contributo di un’intera squadra e delle tecnologie più all’avanguardia per arrivare all’obiettivo: proprio in questa direzione si muove il nuovo Master di II Livello in Sports Engineering del Politecnico di Torino, in collaborazione con la Scuola dello Sport del CONI e Città Studi Biella, e certificato dal Johan Cruyff Institute, strutturato per formare i componenti di un team sempre più spesso composto anche da tecnici esperti di tecnologia.
Il Master rappresenta un luogo di confronto per professionisti con competenze multidisciplinari: un programma post-laurea che nasce dalla consapevolezza delle competenze, nell’insegnamento e nella ricerca, disponibili al Politecnico in diversi campi connessi e utili al mondo dello sport che rientrano nell’ingegneria sportiva. L’ingegneria dello sport è infatti una scienza con molte sfaccettature che richiede competenze in diversi campi: dalla scienza dei materiali alla meteorologia, dall’ICT alla biomeccanica, dallo sviluppo dei sensori alle statistiche, dall’alimentazione alla medicina sportiva.
In partenza a settembre 2018 con chiusura delle iscrizioni il 15 giugno prossimo, il Master si terrà a Biella nel moderno campus di Città Studi, progettato dal famoso Architetto Gae Aulenti: si tratta di un contesto sociale ed ambientale favorevole alla pratica sportiva, con facile accesso alle piste da sci, ai laghi e a circuiti di trekking e mountain bike. Un anfiteatro naturale inserito nella cornice delle prealpi biellesi, nodo formativo tessile di eccellenza, strategico per tutto il comprensorio.
Il master formerà la nuova generazione di tecnologi e manager per l’industria europea dello sport attraverso un’ampia offerta formativa in lingua inglese: 10 corsi per un totale di 400 ore, basati su una didattica moderna con un approccio learning-by-doing che prevede attività in campo e in laboratorio; una settimana di attività al centro di preparazione Olimpica di Acqua Acetosa “Giulio Onesti” con i tecnici del CONI; 550 ore di stage in azienda o in federazione per mettere in pratica le competenze apprese in aula; un corso online della durata di 60 ore in “Sport Management Fundamentals”, certificato da “Johan Cruyff Institute”; 4 top seminar con testimonial di eccezione.

Al termine di questo percorso formativo, l’ingegnere sportivo sarà competente per tutto ciò che concerne l’attrezzatura, la scelta e lo sviluppo di materiali tecnici all’avanguardia, dall’abbigliamento agli strumenti sportivi, per migliorare le prestazioni degli atleti implementando anche l’aspetto sicurezza; e ancora sarà in grado di progettare sistemi di analisi e di gestione dei dati per supportare manager, allenatori e atleti con i sistemi di addestramento e allenamento più avanzati.
Il Master sarà presentato il 4 maggio 2018 alle ore 12.00 al Politecnico di Torino (Sala Consiglio di Facoltà); interverranno sui temi
L’Ingegneria dello Sport tra Didattica e Innovazione
Il Delegato allo Sport del Rettore del Politecnico di Torino, Marco Barla
Il Direttore della Scuola Master, Carlo Rafele
L’Assessore allo Sport del Comune di Torino, Roberto Finardi
La Direttrice della Scuola dello Sport – C.O.N.I., Rossana Ciuffetti
Il Presidente di Città Studi Biella, Pier Ettore Pellerey
L’e-learning Director Johann Cruyff Institute, Victor Jordan
La Vice-Direttrice del Master Sports Engineering, Ada Ferri
L’Ingegneria dello Sport tra analisi della prestazione e sviluppo dei materiali
Marco Galiazzo, Campione Olimpico Tiro con l’Arco, Il punto di vista dell’Atleta
Rossano Galtarossa, Campione Olimpico Canottaggio, Il punto di vista dell’Atleta
Marco Iazzetta, Analista di Performance – Nazionale Italiana Vela – Federazione Italiana Vela,
Il punto di vista del Tecnico
Alessandro Poggio, Arbitro Internazionale di Fioretto e Maestro di Scherma della Federazione Italiana Scherma, Il punto di vista del Giudice-Arbitro
Matteo Moncalero, Reponsabile Ricerca e Sviluppo Montura, Il punto di vista del Tecnico dei Materiali
Modererà l’evento Alessandro Pezzoli, coordinatore del Master in Sports Engineering nonché Meteorologo ed Analista Ambientale del Comitato Olimpico Svedese – Nazionale Olimpica Svedese di Vela.



l 4 maggio prossimo, al Campus ONU di Torino, il Centro per l’UNESCO organizza la Giornata Conclusiva del Percorso Formativo “Turismo Sostenibile in Piemonte, a partire dai Siti UNESCO: ambiente, patrimonio ed economia”
meccanica strutturale e delle tecnologie informatiche di calcolo parallelo, in modo da accrescere ulteriormente le loro competenze e prepararli per le sfide più attuali nel campo delle simulazioni numeriche a supporto della progettazione meccanica.
Di Patrizia Polliotto*
*Avvocato, Fondatore e Presidente del Comitato Regionale del Piemonte dell’Unione Nazionale Consumatori.
Trieste, “pensosa e schiva”
inquietante “budello” tra le mura di cemento alte undici metri, s’incontra la “cella della morte” e più avanti le 17 micro-celle in ciascuna delle quali venivano ristretti fino a sei prigionieri. Erano luoghi di detenzione riservati a partigiani, politici e ebrei destinati all’esecuzione. Le prime due venivano usate per la tortura o la raccolta di materiale prelevato ai prigionieri: vi sono stati rinvenuti, fra l’altro, migliaia di documenti d’identità, sequestrati non solo a detenuti e deportati, ma anche ai lavoratori inviati al lavoro coatto. Quasi tutti i documenti, prelevati dalle truppe jugoslave che per prime entrarono nella Risiera dopo la fuga dei tedeschi, furono trasferiti a Lubiana, dove sono attualmente conservati presso l’Archivio della Repubblica di Slovenia. Le porte e le pareti dei locali della Risiera erano ricoperte di graffiti e scritte. L’occupazione dello stabilimento da parte delle truppe alleate, la successiva trasformazione in campo di raccolta di profughi, sia italiani che stranieri, l’umidità, la polvere, l’incuria degli uomini hanno in gran parte fatto sparire graffiti e scritte. Ne restano a testimonianza i diari dello studioso e collezionista Diego de Henriquez , conservati dal “Civico Museo di guerra per la pace” a lui intitolato, che ha sede al 22 di via Cumano, a Trieste. Nei diari è stata riportata l’accurata trascrizione delle scritte, offrendo una testimonianza drammatica di quanto accadde tra le mura della Risiera. Nel successivo edificio a quattro piani venivano rinchiusi, in ampie camerate, gli ebrei e i prigionieri civili e militari destinati per lo più alla deportazione in Germania: uomini e donne di tutte le età e bambini anche di pochi mesi. Da Trieste venivano inviati a Dachau, Auschwitz, Mauthausen, verso un tragico destino che solo pochi hanno potuto evitare. Nel cortile interno, proprio di fronte all’area contrassegnata dalla piastra metallica (dove si pensava sorgesse l’edificio destinato alle eliminazioni) si trovava il forno crematorio. L’impianto era interrato. Sull’impronta metallica della ciminiera sorge oggi una simbolica Pietà costituita da tre profilati metallici a segno della spirale di fumo che usciva dal camino. La struttura del forno crematorio venne distrutta con la dinamite dai nazisti in fuga, nella notte tra il 29 e il 30 aprile 1945, per eliminare le prove dei loro crimini, secondo la prassi seguita in altri campi al momento del loro abbandono. Tra le macerie furono rinvenute ossa e ceneri umane raccolte in tre sacchi di carta, di quelli usati per il cemento. Calcoli effettuati sulla scorta delle testimonianze danno una cifra tra le tre e le cinquemila persone soppresse tra quelle mura di mattoni rossi.
fascista, che sul Litorale non si trasformarono nella Guardia Nazionale Repubblicana di Salò ma assunserò il nome di ”Milizia Difesa Territoriale” e i vari reparti di polizia vennero impiegati anche nelle operazioni di rastrellamento, repressione della guerra partigiana e controllo della classe operaia nelle grandi fabbriche. Il braccio operativo e repressivo divenne tristemente nota come ”banda Collotti”, dal nome del suo comandante, il commissario Gaetano Collotti che continuò il suo ”servizio” dopo l’8 settembre fornendo ai tedeschi piena collaborazione contro gli antifascisti e nella cattura degli ebrei che, a Trieste, erano moltissimi. Il “Litorale” fu l’ultima conquista territoriale del regime nazista che voleva costruire una piattaforma economica e politica per il suo disegno espansionistico nell’area mediterranea.
creazione del Territorio Libero di Trieste. Nel 1943 e dopo la fine della guerra, tra il maggio e il giugno 1945, migliaia di italiani della Venezia Giulia, dell’Istria e della Dalmazia vengono uccisi dall’esercito jugoslavo del maresciallo Tito e molti di loro venenro gettati nelle “foibe”, voragini naturali disseminate sull’altipiano del Carso triestino e in Istria, che si trasformarono in grandi fosse comuni. Un dramma, quello delle foibe, che va inserito nel lungo periodo della storia giuliana che parte dal “fascismo di confine” e si snoda attraverso gli avvenimenti della guerra in Jugoslavia e nella Venezia Giulia, fino alla creazione del Territorio Libero di Trieste. Stragi, queste, che colpirono tutti coloro che si opposero all’annessione delle terre contese alla nuova Jugoslavia: furono così barbaramente uccisi collaborazionisti e militi fascisti ma anche membri dei comitati di liberazione nazionale, partigiani combattenti, comunisti contrari alle cessioni territoriali e cittadini comuni.
L’imponente opera, conosciuta anche come il sacrario “dei Centomila”, custodisce i resti dei soldati caduti nelle zone circostanti, in gran parte già sepolti inizialmente sull’antistante Colle di Sant’Elia. Al culmine della scalinata e sulla sommità dei 22 gradoni (alti 2,5 metri e larghi 12) che, in ordine alfabetico, custodiscono le spoglie dei 39857 soldati identificati, due grandi tombe coperte da lastre di bronzo raccolgono i resti di oltre 60 mila soldati ignoti. Nell’anniversario dell’inizio della Prima guerra mondiale, Papa Francesco scelse proprio il sacrario per pronunciare un’omelia dai toni molti forti e decisi.”Qui, in questo luogo, trovo da dire soltanto: la guerra è una follia“. Così il Papa quel giorno a Redipuglia. “La guerra distrugge. Distrugge anche ciò che Dio ha creato di più bello: l’essere umano. La guerra stravolge tutto, anche il legame tra fratelli. La guerra è folle, il suo piano di sviluppo è la distruzione!“. Un messaggio universale che vale oggi più che mai.