ECONOMIA E SOCIETA'- Pagina 557

Il J Village per riqualificare le Vallette

Mentre si parla molto di riqualificare le periferie nasce a Torino un esempio concreto di riqualificazione con un importante investimento in uno dei simboli delle periferie torinesi: il quartiere delle Vallette. Si tratta di un investimento di oltre 100 milioni di Euro e si chiama J Village. Entro la prossima primavera, una volta terminate tutte le opere, questa periferia ospiterà il quartier generale, e tutto ciò che gli ruota attorno, di una delle più importanti società sportive del mondo. ll J Village sorge nel quadrilatero fra via Traves, corso Druento e la nuova via della Continassa. Sono già stati realizzati la nuova sede della Juventus con recupero della cascina Continassa, il Centro di allenamento JTC (Juventus Training Center) per la prima squadra bianconera, la Scuola Internazionale WINS, per circa 700 allievi, dalle materne al liceo internazionale. Nei prossimi mesi terminerà la costruzione del J Hotel con 140 camere, di cui 40 riservate alla Juventus, che sarà gestito dalla società Black and White. Sono 175 mila metri quadrati ceduti dalla città di Torino alla Juventus e da questa al Fondo J Village, gestito fino ad ora da Accademia SGR che dal 1 dicembre passa a REAM SGR, società di gestione del risparmio specializzata nell’istituzione e gestione di fondi di investimento alternativi immobiliari. REAM SGR è l’unica società di gestione del risparmio italiana nel cui azionariato sono presenti esclusivamente fondazioni di origine bancaria, con sede a Torino: sono soci la Fondazione CRT, la Fondazione Cassa di Risparmio di Asti, la Compagnia di San Paolo, le Fondazioni Cassa di Risparmio di Vercelli, Cuneo, Alessandria, Fossano e la Fondazione Sviluppo e Crescita CRT. Per il Presidente di REAM SGR Giovanni Quaglia “Il Fondo J Village, rappresenta un progetto unico in Italia ed anche all’estero. Si tratta infatti di un villaggio sportivo multifunzionale a carattere internazionale e dall’importante valenza sociale: le strutturesportive e ricreative sono a disposizione anche del territorio, un tassello che può contribuire anche alla riqualificazione di una periferia, come il quartiere Vallette di Torino. Il Fondo J Village si aggiunge ai 10 fondi attualmente gestiti da REAM SGR di varie tipologie quali social housing, trophy asset, uffici, residenziale e commerciale, residenze sanitarie assistite e green economy”.

Girare in bici, che cosa dice il codice della strada

Di Patrizia Polliotto*

 

Se la due ruote non è equipaggiata con un campanello, si rischia infatti una multa sino a 100 euro: così prevede il Codice della Strada, che per i velocipedi prevede questo dispositivo utile “per le segnalazioni acustiche”. Il campanello fa parte dell’equipaggiamento obbligatorio per la bicicletta e si può non utilizzare solamente se si partecipa ad una competizione sportiva ufficiale. Lo stabilisce l’articolo 68 del Codice della strada, che lo considera fondamentale insieme ai freni, alle luci e ai catadiottri. Da questo punto di vista esistono regole molto precise, che devono essere rispettate per non andare incontro a sanzioni che vanno da 25 a 100 euro.  La luce anteriore della bici deve essere gialla o bianca, mentre quella posteriore è sempre rossa e accompagnata da un catadiottro che deve avere lo stesso colore. Sui pedali devono essere presenti catadiottri gialli, mentre i freni devono essere presenti su ogni ruota. Per quanto riguarda il campanello, secondo l’articolo 223: “Il suono emesso deve essere di intensità tale da poter essere percepito ad almeno 30 metri di distanza”. Questa regola è molto importante, anche se pochi in realtà la conoscono e spesso i ciclisti vengono multati proprio perché sprovvisti di campanello.

 

*Avvocato, Fondatore e Presidente del Comitato Regionale del Piemonte dell’Unione Nazionale Consumatori

UNIONE NAZIONALE CONSUMATORI
COMITATO REGIONALE DEL PIEMONTE
TEL. 011 5611800, Via Roma 366 – Torino
EMAIL: UNC.CONSUMATORITORINO@GMAIL.COM

Gotti Tedeschi, il coraggio del non politicamente corretto

L’economista Ettore Gotti Tedeschi è di recente intervenuto a Torino in occasione di un convegno dal titolo “Il coraggio del pensiero non politicamente corretto”, in cui sono stati trattati i temi della natalità, della ripresa economica, dell’immigrazione, dell’occupazione e delle pensioni

Accanto a lui è intervenuto anche il consigliere del Comune di Torino Andrea Tronzano, presidente dell’ Associazione “Insieme è domani”. Dal 2009 al 2012 Ettore Gotti Tedeschi, nel ’93 già nominato presidente per l’Italia della Finconsumo Banca Spa, poi Santander Consumer Bank Spa, ha ricoperto l’incarico di presidente dello IOR (Istituto per le Opere di Religione), avviando importanti opere favore della trasparenza. Cattolico e liberale, è stato l’autore, insieme a Rino Camilleri, di un libro dal titolo “Denaro e Paradiso. L’economia globale e il mondo cattolico”, in cui rivendica il ruolo e la superiorità del capitalismo ispirato alla morale cristiana.

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“L’economia – afferma l’economista Ettore Gotti Tedeschi – è una tecnica e uno strumento che risulta buono o non buono a seconda di chi lo usa. Non esiste l’economia che uccide, come invece sostiene papa Francesco. L’economia è uno strumento che, se usato male, può creare disagio per le persone più deboli. Se dovessimo usare una metafora, la mela dell’economia non cade a terra come la mela di Newton, in quanto non è attratta a terra dalla forza di gravità, è uno strumento buono o cattivo a seconda dell’uso che se ne fa. Papa Ratzinger ha riflettuto sul capitalismo e prima di lui già Papa Leone XIII, che ha vissuto nei tempi in cui si stava creando una concentrazione di beni capitalistici. Il Papa ha, d’altronde, un’intuizione che gli deriva dalla condizione di grazia in cui vive e che gli fa capire la bontà o meno dell’uso degli strumenti in mano all’uomo”. “L’economia e il capitalismo – prosegue Gotti Tedeschi – sono carichi di contraddizioni in quanto da una parte producono beni e dall’altro componenti contrarie al benessere. Giovanni Paolo II aveva vissuto nei Paesi socialisti e, per questo motivo, aveva perfettamente capito lo spirito del capitalismo. Nella sua enciclica ” Sollicitudo rei socialis”, in cui tratta della questione sociale a vent’anni di distanza dall’enciclica di Paolo VI ” Popolorum Progressio”, papà Woityla individua nell’uomo di questo secolo un soggetto che ha a disposizione strumenti eccezionali, che, proprio in quanto tali, gli possono sfuggire di mano. Il procedimento di confusione tra fine e mezzo è sempre stato presente ed è all’origine della trasformazione del fine nella fine dell’uomo. Tale confusione è già comparsa dall’epoca del peccato originale. È stato poi il protestantesimo a distinguere e separare i fini dai mezzi”.

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“Papa Ratzinger – prosegue Gotti Tedeschi – non era assolutamente apprezzato dal mondo globalizzato perché era un Pontefice che non accettava il relativismo e la separazione tra fede e ragione. Per questo motivo creò una forte tensione nel mondo filosofico, spiegando l’estrema importanza del rapporto tra fede e ragione. La fede senza ragione rischiava, secondo lui, di essere puro sentimento e la ragione senza fede di essere sterile nelle opere che produceva. Questa era la sfida nei confronti dei pensiero razionalista del mondo globale che promuoveva una omologazione della cultura e della religione. Per papa Benedetto XIII esistevano, infatti, dei presupposti di cultura e di fede che rendevano difficile questo percorso di ecumenismo. Al massimo questo processo sarebbe potuto avvenire tra fedi molto vicine come quella cristiana ortodossa e quella cristiana cattolica”. “L’isolamento di papa Ratzinger – aggiunge Gotti Tedeschi – ha fatto parte della sua stessa vita. Papa Francesco, invece, ha una cultura dello strumento economico che è   mpregnata della teologia del liberismo. Nella sua enciclica “Evangelii gaudium” il Papa parla di un’economia “che uccide”. In realtà è l’uomo che ne fa un uso negativo e l’origine di tutti i mali è il peccato, non l’iniquita’ nella distribuzione delle ricchezze. Papa Francesco si è fatto inoltre portatore di un processo di cosiddetta “conversione differita”, secondo cui se la Chiesa è lontana dalle persone che deve convertire, deve avvicinarsi a loro per essere accettata. Questa teoria potrebbe essere applicata al modello economico. Il Papa avrebbe bisogno, tuttavia, di altri consiglieri economici. La crisi economica attuale, infatti, è ombelicamente legata alla crisi delle nascite prodotta dai neomalthusiani che ora sono i consiglieri di papa Bergoglio “.

 

Mara Martellotta

Turismo e imprese, Torino apre a Marsiglia e alla Provenza

Le potenzialità economiche del territorio di Marsiglia – Provenza sono state presentate a Torino nel corso di un convegno, organizzato anche con l’apporto della Camera di Commercio di Torino, che ha illustrato le concrete opportunità imprenditoriali e di investimento tra Marsiglia e il capoluogo piemontese. La delegazione, coordinata dalla Municipalità e dalla Camera di commercio di Marsiglia e composta da rappresentanti di istituzioni locali e imprenditoriali, ha proposto agli operatori economici torinesi il tessuto del territorio francese per favorire opportunità di reciproche collaborazioni. Sono state in particolare evidenziate le filiere economiche principali dell’area marsigliese: aeronautica, smart city e innovazione, design-moda, turismo. Al convegno sono intervenuti, tra gli altri, l’assessore al commercio, Alberto Sacco e Jean-Claude Gaudin, Sindaco di Marsiglia, già Ministro e Presidente dell’area metropolitana Aix-Marseille-Provence, nella foto con la sindaca Chiara Appendino.

Cia e Isiamed, un modello italiano per l’agroalimentare

Un Modello Digitale Italiano per il settore Agroalimentare è stato l’oggetto dell’incontro con il sottosegretario al Ministero per lo sviluppo economico, on. Antonello Giacomelli da parte dei vertici di CIA (Confederazione Italiana Agricoltori) e di ISIAMED Digitale, la management company impegnata sul fronte della rivoluzione digitale a produrre modelli a tutela dell’identità italiana.Il progetto ha per obiettivo l’innovazione dell’impresa agricola e le filiere agroalimentari italiane contestualmente alla realizzazione della Banda Ultra Larga affidata a Open Fibre ed è stato presentato al Ss. Giacomelli da Alberto Giombetti, Coordinatore della Giunta Nazionale CIA e da Gian Guido Folloni,

Pier Domenico Garrone

Presidente ISIAMED.L’evoluzione digitale nell’agroalimentare sta accelerando su due fronti. Da una parte le soluzioni dedicate al miglioramento delle singole fasi produttive (Internet of things, droni, geolocalizzazione, Decision Support Systems). Dall’altra la gestione e l’utilizzo di ogni informazione che le nuove soluzioni producono nei percorsi di filiera. Il prof. Pietro Torresan, direttore del Centro di ricerca “Agricoltura è vita” e Claudia Merlino, direttrice Organizzazione e sviluppo hanno illustrato le nuove straordinarie opportunità del progetto: una nuova comunicazione in grado di identificare in modo univoco il prodotto agro alimentare italiano (tipicità, qualità, territorio), un nuovo equilibrio dei rapporti di filiera, l’efficienza di controlli (tracciabilità, contraffazione, certificazione).  Pier Domenico Garrone, senior partner per la Comunicazione di ISIAMED, ha sottolineato l’esigenza di informare, coinvolgere, disseminare, con incontri nei diversi territori italiani, per singole imprese e per filiera e sull’obiettivo di comunicare le potenzialità del Modello digitale a matrice italiana. Obiettivo pratico da realizzarsi dal 2018 è di identificare le soluzioni di sviluppo digitale delle singole filiere (modello digitale italiano) e di trasferirle/condividerle con gli imprenditori italiani nel modo più pragmatico e diretto possibile, stimolando e supportando decisioni d’investimento efficienti, valorizzando le filiere italiane“dalla produzione al consumo”, incrociando esperienze, persone e casi “pilota”.

Cdvm: il Premio Odisseo per le imprese

Il 1 dicembre all’Auditorium della BPN di piazza San Carlo a Torino verranno premiate le aziende vincitrici

L’edizione 2017 del Premio Odisseo avrà luogo venerdì 1 dicembre prossimo presso l’Auditorium della Divisione della Banca Popolare di Novara, in piazza San Carlo angolo via XX Settembre 42. Giunto alla sua ottava edizione, il Premio Odisseo intende valorizzare le realtà del territorio, nei diversi settori merceologici, che siano state capaci di distinguersi per organizzazione e performance sui mercati internazionali, e le aziende che dall’estero abbiano investito e creato insediamenti di tipo produttivo e commerciale nella nostra regione, tali da generare nuove opportunità professionali. Il premio Odisseo è   organizzato dal Club Dirigenti Vendite e Marketing dell’Unione Industriale di Torino. Tra le aziende che vengono presentate figurano Torino Design, candidata nella categoria A, che vanta una percentuale di esportazione del 90 % ed è attiva nel Car e industrial design, Tenuta Colombara, impegnata nell’attività risiera,   con una percentuale di esportazione del 60%, l’azienda chimico farmaceutica Reynaldi, candidata per la categoria A, con una percentuale di esportazione del 70% e, per la categoria B, l’azienda candidata BRC, del gruppo Westport Fuel System, attiva nel campo degli impianti a gas. Tra gli artisti del Premio Odisseo 2017 figurano Stefania Ricci, Gianni Oliva e anche l’albese Lorenzo Merlo, autore di una delle opere che verranno assegnate in premio alle categorie A e B del Premio, riservato quest’anno al tema della internazionalita’. Verranno premiate tre aziende piemontesi che si sono distinte per qualità e quantità di impegno nell’esportazione (categoria A) e due aziende multinazionali con sede rilevante sul territorio piemontese. L’opera di Merlo scelta come premio è una stampa digitale su supporto di alluminio dal titolo “Pin up l’amore appeso”.

 

Mara Martellotta

Industria 4.0, dieci miliardi per le imprese

È stato presentato a Parella, in provincia di Torino, con la collaborazione di Confindustria Canavese e Confindustria Valle d’Aosta, l’accordo triennale “Progettare il futuro” siglato tra Confindustria Piccola Industria e Intesa Sanpaolo, dedicato alla competitività e alla trasformazione delle imprese, per cogliere le opportunità offerte dalla “quarta rivoluzione industriale”

 

  • Al centro le opportunità aperte dal Piano Nazionale Industria 4.0, a sostegno della trasformazione e della crescita del sistema produttivo  
  • Valutazione creditizia attraverso un innovativo modello di rating, che dà valore anche ai fattori qualitativi intangibili dell’impresa e alle specificità di settore
  • Valorizzazione del programma filiere, per migliorare l’accesso al credito dei fornitori strategici: in Piemonte hanno già aderito 55 aziende capi filiera
  • Piemonte e Valle d’Aosta presentano alcuni importanti primati per utilizzo di tecnologie ICT e dotazione di capitale umano
  • Valle d’Aosta prima regione per quota di imprese attive nell’e-commerce (23% vs. 11% Italia) e seconda per diffusione della banda larga nelle imprese (al 98,1%)
  • Piemonte prima regione per investimenti in R&S sul Pil (2,03% rispetto alla media italiana dell’1,3%) e seconda per addetti in ricerca (5,9 ogni mille abitanti)
  • In Piemonte è forte la presenza di start up: sono 435, pari al 5,4% del totale nazionale; 301 nella sola provincia di Torino, terza dopo Milano e Roma
  • Da una ricerca di Intesa Sanpaolo emerge che il 64% delle imprese piemontesi produce beni strumentali che possono beneficiare dell’iper-ammortamento

 

La partnership mette a disposizione un plafond nazionale di 90 miliardi di euro, dei quali 10 miliardi destinati alle imprese del Nord Ovest, ed è presentata dentro i luoghi deputati ad accogliere e far proprie le finalità dell’accordo: le imprese. L’evento odierno, in particolare, è stato ospitato nella sede di OSAI Automation System, azienda multinazionale leader nel settore dell’automazione dei processi industriali, che dal 1991 ha il proprio quartier generale nel cuore del Canavese e che ha saputo prontamente raccogliere la sfida governativa, predisponendo nei propri prodotti tecnologie e piattaforme “Industry 4.0 ready”. All’incontro hanno partecipato Carlo Robiglio, neo eletto Presidente della Piccola Industria di Confindustria, alla sua prima tappa del roadshow, Gisella Milani, Presidente Piccola Industria Confindustria Canavese, Giancarlo Giachino, Presidente Piccola Industria Confindustria Valle d’Aosta, Cristina Balbo, Direttore Regionale Piemonte Valle d’Aosta e Liguria Intesa Sanpaolo, Fabrizio Guelpa, Responsabile Industry & Banking Direzione Studi e Ricerche Intesa Sanpaolo. I supporti al rinnovamento del sistema produttivo sono stati il tema della tavola rotonda, alla quale hanno preso parte Fabio Benetti, Direttore Generale OSAI A.S., Luca Calò, Direzione Regionale Piemonte Valle d’Aosta e Liguria Intesa Sanpaolo, Valter Cantino, Direttore Dipartimento di Management Università di Torino, Antonio Grassino, Presidente SEICA, eccellenza del territorio leader nella progettazione e produzione di sistemi di test. A moderare il giornalista Domenico Lanzilotta.

Per l’industria italiana, costituita soprattutto da PMI, lo sviluppo di Industria 4.0 e il relativo Piano del Governo possono essere la strada per recuperare competitività e per creare nuovi posti di lavoro grazie a elevate competenze, nuovi modelli di business e tecnologie innovative. Le opportunità di sviluppo per le realtà aziendali che riusciranno a cogliere questa sfida sono enormi, ma richiedono un intervento a tutto tondo, con investimenti su capitale umano, ricerca, innovazione, organizzazione aziendale, digitalizzazione e più in generale sulla diffusione di una nuova cultura d’impresa. Occorre partire subito, perché le tecnologie sottostanti Industria 4.0 necessitano di 10-15 anni per raggiungere la completa maturità nel mercato ed essere pienamente efficienti.

Tra i temi trattati nell’incontro odierno, un’attenzione particolare è stata riservata all’innovativo modello di rating messo a punto da Intesa Sanpaolo anche grazie alla pluriennale collaborazione con Confindustria Piccola Industria. Insieme alla consueta valutazione economico finanziaria, il nuovo modello, validato dalla BCE dopo un lungo percorso di elaborazione, dà valore anche ai fattori qualitativi intangibili dell’impresa, quali i marchi, i brevetti, le certificazioni di qualità e ambientali, le attività di ricerca e sviluppo, d’innovazione e digitalizzazione, i progetti di sviluppo e di posizionamento competitivo, la gestione del rischio d’impresa, la proprietà e il management. Anche l’appartenenza a una filiera è un valore intangibile di cui il modello di rating tiene conto: il rating del cosiddetto “capo filiera” è infatti esteso alla catena dei fornitori, che possono così condividerne il merito creditizio. Le prime sperimentazioni hanno già dimostrato i vantaggi, in termini di facilitazione di accesso al credito e condizioni economiche più favorevoli.

Carlo Robiglio, presidente Piccola Industria Confindustria: «Le nuove tecnologie e la continua accelerazione digitale stanno trasformando in modo irreversibile il nostro sistema industriale. In questa delicata fase il nostro compito è quello di sostenere e guidare quante più imprese possibile nell’interpretare e governare il cambiamento, spronandole a cogliere con successo le nuove importanti opportunità di crescita create dalla quarta rivoluzione industriale e ottimizzando i vantaggi del Piano Industria 4.0. La nostra ambizione, come Piccola Industria, è quella di diventare il più grande laboratorio di crescita del Paese.  Ogni azienda, anche se piccola, ha le carte in regola per competere nel mondo, ma per farlo deve ampliare il business, investire in innovazione a tutto tondo, affrontare percorsi di internazionalizzazione e rafforzamento patrimoniale, aprendo il capitale e adottando una gestione sempre più manageriale. L’accordo con Intesa Sanpaolo che presentiamo oggi, costituisce un tassello fondamentale di questo progetto di crescita culturale e dimensionale delle nostre PMI.»

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Cristina Balbo, direttore regionale Piemonte Valle d’Aosta e Liguria Intesa Sanpaolo: «Il Piemonte sta esprimendo segnali di vitalità importanti: lo testimonia il nostro prossimo traguardo di 3 miliardi di erogazioni complessive entro l’anno, tra famiglie e imprese. La crescita è sostenuta anche dall’export, con risultati eccellenti soprattutto dei distretti del territorio, che nel secondo trimestre hanno messo a segno un progresso del 15,3%. Grazie alla sinergia tra incentivi fiscali e normativi, ai tassi d’interesse favorevoli, all’ampiezza degli strumenti finanziari a disposizione, il contesto oggi è particolarmente favorevole per la messa a terra di maggiori investimenti, che possono rendere più solide e competitive le nostre aziende. L’accordo che presentiamo oggi vuole aiutare le PMI a migliorare la propria capitalizzazione, a innovare e a superare il divario digitale, per crescere ancora di più anche sui mercati esteri. Rimane come punto di attenzione l’investimento sul capitale umano, che va accelerato. Con i nostri programmi diffusi sul territorio, abbiamo portato in aula oltre 200 imprese ed erogato oltre 2.000 ore di formazione su temi portanti come l’internazionalizzazione, la digitalizzazione, l’imprenditoria femminile. Punto di forza della collaborazione con Confindustria Piccola Industria è il modello di rating appena varato, che ci consente di valorizzare sempre più gli investimenti negli asset intangibili: è un cambio epocale nella valutazione dell’impresa e nel sostegno del nostro sistema produttivo, nel quadro di un’economia che per guardare al futuro deve fare investimenti strategici e qualitativi.»

 

Gisella Milani, Presidente Piccola Industria Confindustria Canavese: «La quarta rivoluzione industriale è ormai avviata, anche nel nostro territorio. Essa rappresenta una grande opportunità per le nostre aziende, ma perché esse possano adeguarsi e aderire pienamente a questa evoluzione tecnologica e produttiva devono poter contare anche su adeguate risorse finanziarie e su strumenti che permettano alle imprese di cogliere al meglio le opportunità offerte dalle misure governative previste nel Piano Industria 4.0. L’accordo con Intesa Sanpaolo rappresenta un impegno concreto per rafforzare il percorso di modernizzazione del tessuto imprenditoriale locale ormai in atto: la Piccola Industria di Confindustria Canavese intende dare il massimo supporto alle PMI locali affinché possano utilizzare al meglio le risorse messe in campo da questo accordo accompagnandole così nel loro percorso di trasformazione digitale.»

 

Giancarlo Giachino, Presidente Piccola Industria Confindustria Valle d’Aosta: «La digitalizzazione è una grande sfida per rendere le nostre imprese più competitive trasformandole in fabbriche intelligenti. In questa fase è determinante dare alle imprese gli strumenti per investire in nuovi macchinari, patrimonializzarsi, per espandersi verso nuovi mercati, per la ricerca e la formazione. L’auspicio di noi piccoli imprenditori è che il sistema bancario ci aiuti a cogliere le opportunità offerte dalla quarta rivoluzione industriale.»

 

Fabrizio Guelpa, responsabile Industry e Banking Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo: «L’Italia deve riuscire ad accelerare i propri ritmi di crescita e raggiungere la media dell’Eurozona. La forte presenza nel nostro sistema dell’industria manifatturiera richiede scelte di politica economica che rafforzino il sistema produttivo. Sono dunque positive le scelte legate a Industria 4.0, in quanto politiche trasversali che agiscono in maniera orizzontale sulla produttività del sistema e rafforzano la competitività. Il piano Industria 4.0 può innescare un processo virtuoso di crescita: la spinta alla domanda interna di beni di investimento può alimentare il portafoglio ordini delle imprese italiane e piemontesi della meccanica, dove è alta la quota di aziende che produce macchinari 4.0. Per potenziarne gli effetti sulla crescita economica, Industria 4.0 deve essere intesa in senso ampio e far parte di politiche a favore del rafforzamento del capitale umano, della diffusione della banda larga e di un più efficiente utilizzo delle tecnologie digitali. Un’azione coordinata, di ampia portata, può significativamente migliorare il livello di crescita potenziale del nostro Paese.»

 

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I quattro pilastri dell’accordo

  • ü Ecosistemi di imprese e integrazione di business
  • ü Finanza per la crescita
  • ü Capitale umano
  • ü Nuova imprenditorialità

 

  • ü Ecosistemi di imprese e integrazione di business

Intesa Sanpaolo e Piccola Industria Confindustria intendono mettere a disposizione un insieme di soluzioni che permettano alle imprese di trasformarsi, migliorando i processi produttivi, ricorrendo a nuove tecnologie e a nuove metodologie, tra cui i percorsi “Lean 4.0” che abilitano le imprese alle tecnologie digitali. Per la realizzazione dei progetti di sviluppo delle imprese, Intesa Sanpaolo si avvarrà anche del proprio Innovation Center, struttura che raccoglie tutte le iniziative avviate dal Gruppo nel campo dell’innovazione. L’iniziativa intende rappresentare anche un momento evolutivo di AdottUp, il Programma per l’adozione delle start up” e offrire nuove opportunità alle start up in esso sviluppate.

  • ü Finanza per la crescita

L’accordo punta a finanziare la crescita del business valorizzando il patrimonio intangibile delle imprese attraverso un nuovo modello di relazione basato sui fattori qualitativi legati al credito: tra questi la capacità innovativa, la formazione e la strategicità della catena fornitore-champion. Sono inoltre previste adeguate soluzioni finanziarie a medio-lungo termine oltre al migliore utilizzo degli strumenti di supporto, a cominciare dal rinnovato Fondo di Garanzia. Per programmare la crescita, bilanciando i livelli di debito a favore del capitale di rischio, è fondamentale il ricorso all’Equity per il rafforzamento del sistema produttivo. A tal proposito l’accordo intende sviluppare iniziative che favoriscano la patrimonializzazione delle imprese. Infine si prevede l’estensione a comparti strategici per l’economia italiana del Progetto Filiere, l’innovativo modello di credito di Intesa Sanpaolo che ha finora prodotto 495 contratti con aziende capofila (di cui 55 in Piemonte), con oltre 15.000 fornitori, 89.000 dipendenti e un giro d’affari di 69 miliardi.

  • ü Capitale umano

L’accordo punta anche a favorire l’alternanza scuola-lavoro con l’obiettivo di far diventare l’azienda il luogo in cui lo studente consolidi e arricchisca le conoscenze apprese, sviluppando competenze spendibili nel mondo produttivo o acquisendo esperienze funzionali alla creazione di nuove imprese, in linea con il Piano Nazionale Industria 4.0.

  • ü Nuova imprenditorialità

Intesa Sanpaolo mette a disposizione il modello di valutazione delle startup. È un nuovo algoritmo DATS (Due Diligence Assessment Tool Scorecard), già inserito nelle Regole di concessione del credito, a supporto della valutazione creditizia delle start up e in futura estensione alle PMI innovative. Si tratta del primo modello di valutazione “forward looking” adottato da una banca per i finanziamenti in debito, basato su logiche derivate dalla valutazione degli investitori in Venture Capital, mutuando le competenze costruite negli ultimi anni all’interno del Gruppo Intesa Sanpaolo. Questo nuovo strumento consente alle imprese e alla banca di cogliere al meglio le opportunità offerte dalle misure governative e le agevolazioni per la crescita, recentemente estese dal Piano Industria 4.0.

 

 

L’economia del Piemonte e della Valle d’Aosta

 

Le economie del Piemonte e della Valle d’Aosta presentano una struttura industriale molto diversa. A differenza della Valle d’Aosta, l’economia piemontese può infatti contare su un’ottima vocazione industriale. Grazie alla forza della sua industria il Piemonte riesce ad esprimere un buon avanzo commerciale, pari a circa 13,7 miliardi di euro nel 2016 (più di un quarto del totale italiano). L’export regionale, dopo aver chiuso il 2016 in leggero arretramento, ha ripreso a correre nel primo semestre 2017, registrando una variazione tendenziale pari al +11,3%, superiore al dato complessivo italiano (+8%). Sono stati trainanti l’automotive, la meccanica, l’oreficeria e la chimica.

In un contesto di domanda internazionale favorevole, anche la Valle d’Aosta, nonostante la sua bassa propensione all’export, è tornata a crescere a tassi sostenuti, mostrando un progresso tendenziale delle esportazioni pari al 27% circa nei primi sei mesi del 2017. La crescita sui mercati esteri ha interessato soprattutto la metallurgia, l’automotive, le bevande e l’elettrotecnica.

Il contributo del canale estero non è tuttavia sufficiente per ridare slancio all’economia della regione. È infatti cruciale la spinta del canale interno e, soprattutto, degli investimenti. Più in particolare, sarà importante vincere la sfida del digitale attraverso un’accelerazione degli investimenti, finora frenati dall’incertezza che domina i mercati. L’ambiente è certamente favorevole, grazie alla presenza di significative misure governative a sostegno degli investimenti innovativi, alla disponibilità di buone condizioni di finanziamento e di un bacino di risorse interne.

Si tratta di una grande opportunità per le imprese di queste regioni che mostrano un grado di utilizzo delle tecnologie ICT in aumento e già su livelli ottimi nel 2016:

  • la diffusione della banda larga nelle imprese è pari al 93,6% in Piemonte e al 98,1% in Valle d’Aosta;
  • la quota di addetti che utilizza computer connessi a Internet è salita al 40,7% in Piemonte e al 36% in Valle d’Aosta;
  • la percentuale di imprese con sito web è pari al 77,2% in Piemonte e al 72% in Valle d’Aosta, mostrando un vantaggio nei confronti della media italiana;
  • in Piemonte l’11% delle imprese sono attive nel commercio elettronico (in linea con la media italiana), mentre in Valle d’Aosta si sale al 23% (al primo posto in Italia).

In termini di dotazione di capitale umano e tecnologico il Piemonte appare ben posizionato, mentre la Valle d’Aosta mostra ampi margini di miglioramento. In Piemonte il numero di laureati in materie scientifiche e tecnologiche è superiore alla media italiana (nel 2012 il 17,6 contro il 13,2 italiano ogni mille abitanti tra i 20 e 29 anni) così come il numero di impiegati in ricerca e sviluppo (nel 2013 il 5,9 contro il 4,1 italiano ogni mille abitanti). Al contempo, la Valle d’Aosta, penalizzata dalla sua bassa vocazione industriale e dal ridotto peso delle imprese di grandi dimensioni, mostra un numero contenuto di addetti in ricerca, pari a 2,5 ogni mille abitanti.

Inoltre, il Piemonte è la prima regione italiana per incidenza della spesa totale per R&S sul Pil (2,03% rispetto all’1,3% medio italiano), grazie agli elevati investimenti delle imprese in R&S (pari all’1,6% del PIL per il Piemonte e allo 0,7% in Italia). È molto distante la Valle d’Aosta, che a causa della sua bassa intensità di ricerca e sviluppo (solo lo 0,4% è investito in R&S) mostra una propensione a registrare brevetti inferiore alla media italiana (67,5 ogni milione di abitanti vs 74,8 dell’Italia). Il Piemonte presenta invece una buona intensità brevettuale; spicca, in particolare, la provincia di Torino, che si posiziona al secondo posto in Italia per numero di brevetti (l’8% circa del totale italiano), alle spalle di Milano. È numerosa la presenza di start up sul territorio piemontese, attive nei processi di trasferimento tecnologico: erano 435 a fine ottobre 2017, il 5,4% del totale nazionale; di queste 301 sono localizzate nella provincia di Torino (terza città in Italia dopo Milano e Roma). Anche la meccanica piemontese sembra essere pronta a vincere la sfida di Industry 4.0. Sono questi i principali risultati che emergono da un’indagine ad hoc condotta ad aprile 2017 nella Direzione Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta Intesa Sanpaolo. Tra le 61 imprese della meccanica intervistate, il 64% produce beni strumentali che possono beneficiare dell’iper-ammortamento qualora “connessi” (impianti 4.0). Di queste, il 67% produce effettivamente macchinari 4.0, un dato solo di poco inferiore a quanto osservato tra i competitor internazionali. La propensione ad esportare questi macchinari è elevata: il 42,3% delle imprese dichiara di realizzare più della metà del fatturato da macchinari interconnessi attraverso la vendita sui mercati esteri. Lo sviluppo di macchinari 4.0 è stato possibile grazie alla presenza di centri interni di R&S all’azienda e all’interazione con clienti e fornitori, italiani ed esteri. Un ruolo ancora marginale è ricoperto dall’Università.

 

 

 

 

 

 

 

Torino è culinaria. Il cibo da esibire come identità

di Enzo Biffi Gentili

Anche se la decantata qualità della vita sotto la Mole  non corrisponde esattamente alla posizione di Torino e dintorni – settantasettesima nel 2017- nella classifica sul vivere bene delle province italiane del quotidiano “Italia Oggi”. O ai valori di inquinamento atmosferico registrati negli ultimi giorni

 

L’avvenimento torinese più rilevante della scorsa settimana, secondo molti autorevoli pareri, è stato l’inaugurazione di EDIT (sciogliendo l’acronimo: Eat Drink Innovate Together), la nuova struttura d’avanguardia birrogastronomica voluta da Marco Brignone che occupa ampi spazi dell’ex fabbrica di cavi elettrici INCET in via Cigna. Tra i laudatori, Luigi La Spina, con un articolo intitolato Il gusto vincente del Piemonte unito a Torino (“La Stampa”, 24 novembre 2017), che si conclude auspicando ulteriori sforzi, anche della mano pubblica, “per aggiungere un tassello non secondario all’immagine di una città, col suo territorio, in cui la qualità della vita è ben superiore a quella di tante sue concorrenti” (affermazione che forse non corrisponde esattamente alla posizione di Torino e dintorni -settantasettesima nel 2017- nella classifica sulla qualità della vita delle province italiane del quotidiano “Italia Oggi” pubblicata lunedì scorso, curata dal dipartimento di Statistiche Economiche dell’Università La Sapienza di Roma. O ai valori di inquinamento atmosferico registrati negli ultimi giorni, ma non andiamo a cercare, per restare in argomento edibile, il pelo nell’uovo…). Non c’è dubbio infatti che il Piemonte può rivendicare – limitandosi al settore del food- un primato qualitativo e occupazionale (quest’ultimo anche in alcuni di quei mestieri nei quali Indro Montanelli, con la solita sua preveggente lucidità, dichiarava gli italiani insuperabili: sarti, calzolai, direttori d’albergo e appunto cuochi, insomma, l’imbattibilità nei “mestieri servili”, citando testualmente le sue parole, ma, si sa, è passati dai mestieri “militari” torinesi ai camerieri).

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Torniamo all’invito rivolto da La Spina alle Pubbliche Amministrazioni perché elaborino una “accurata regia di marketing” a sostegno di un’iniziativa privata così attiva, ricordando oltre a EDIT lo Snodo alle OGR. Due imprese alimentari che hanno anche ambizioni culturali -innovazione, condivisione, sperimentazione di nuovi stili di vita e lavoro- che quindi necessiterebbero di una rialimentazione esterna ulteriormente stimolante; e così e ancor più il prossimo grande evento in programma a Torino nel 2018, il concorso gastronomico Bocuse d’Or, celeberrimo a livello internazionale. Sarebbe, se non sprecata in una miriade di banali conati, un’occasione importante per esibire il cibo come elemento di una specifica, “originale” identità torinese e piemontese. Le referenze alte le abbiamo: dalla specialità “alchemica” e produttiva nelle essenze profumate alla cucina futurista, di flagrante attualità per la sua artificialità “chimica”. Sino ad azzardare, essendo Torino sede del Museo Egizio, la rappresentazione di quelle perturbanti analogie tra le ricette per l’imbalsamazione e alcune operazioni di pratica culinaria che illustrò lo scomparso Piero Camporesi, il nostro massimo studioso di comparatistica letteraria e gastronomica. Tanto per rinnovare in forme “sofisticate” quel ruolo di promozione di una nuova sensibilità culturale per il nutrimento che le Giunte regionali presiedute da Enzo Ghigo, a unanime giudizio, seppero storicamente esercitare, e non solo a livello locale.

 

La partecipazione popolare nelle società sportive

“La soluzione di molti problemi per  il Toro, e per lo sport in genere, sarebbe quella di far nuovamente entrare, a pieno titolo, la gente appassionata nella gestione della società e del fenomeno sportivo”

In vista del convegno che l’Associazione ToroMio ha organizzato il 2 dicembre prossimo, presso l’ Aula Jona del Dipartimento di Management dell’Università degli Studi di Torino, in corso Unione Sovietica 218 bis, per la presentazione di un disegno di legge che promuove la partecipazione popolare nelle società sportive, abbiamo raggiunto l’Avvocato Massimiliano Romiti, Presidente di ToroMio.

Cos’è ToroMio?

Si tratta di un gruppo di tifosi del Torino che ha pensato che la soluzione di molti problemi per la loro squadra del cuore, il Toro, e per lo sport in genere, sarebbe quella di far nuovamente entrare, a pieno titolo, la gente appassionata nella gestione della società e del fenomeno sportivo che tanto appunto le appassiona, dal momento poi che proprio sulla passione sportiva si fonda anche lo sport business, tanto appetito da tutti.

Ci parli del titolo. La forza della partecipazione nello sport. Un altro calcio è possibile… perchè questo titolo?Due anni fa, nel corso di un primo convegno che riportava la medesima prima parte del titolo, abbiamo sottolineato come all’estero le realtà calcistiche, che hanno conservato la reale partecipazione dei tifosi alle loro dinamiche decisionali, siano ancora oggi dominanti sul piano sportivo ed economico. Pensiamo a Real Madrid, Bayern Monaco e Barcellona.

Ma abbiamo detto come anche realtà meno importanti in assoluto si giovino di questo modello per costituire degli esempi e penso qui all’Athletic Bilbao, al resto della Bundesliga ed al modello argentino del River Plate. Se tutto ciò è possibile e funziona altrove, allora un altro calcio è possibile anche in Italia. Semplice.

In effetti in Italia il calcio non è in uno dei suoi momenti migliori. Secondo Lei perchè?

Per una scelta politica sbagliata. Venti anni fa, mentre la Spagna decideva di potenziare i suoi azionariati popolari storici e la Bundesliga difendeva tenacemente il suo sistema partecipativo pur aprendosi al capitale esterno, in Italia si decideva di cedere l’intero mondo del calcio e dello sport professionistico in genere alla pura e semplice logica d’impresa.

Si rinnegava così oltre un secolo di tradizione sportiva e non ci si accorgeva, forse, di andare così a recidere formalmente il cordone ombelicale tra gente e pallone con grave perdita di energie per il movimento. Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti.

La serie A perde da venti anni posizioni non solo sportive, ma anche economiche, e come movimento nazionale tocca il punto più basso da sessanta anni a questa parte.

Germania e Spagna invece negli ultimi due mondiali hanno raccolto i frutti della loro semina così come in Champions League ed i loro movimenti sportivi continuano a crescere, anche economicamente, molto più velocemente del nostro, addirittura in grave regressione assoluta sul piano dei praticanti.

In pratica ci siamo fatti del male decidendo di fare entrare potentemente l’economia nel calcio?

In generale non intendo affatto dire questo, soprattutto in Italia dove spesso le gestioni economiche sono tutt’altro che impeccabili. Anche se a questo proposito ritengo anche di dire che la convinta introduzione della partecipazione popolare apporterebbe al sistema giovamenti, sia sul piano della moralizzazione, sia su quello della sicurezza negli impianti che dell’attenzione alla ricaduta sociale del fenomeno sportivo sul territorio. Ma, per tornare al discorso economico, voglio solo dire che pensare che la crescita di un movimento calcistico come quello Italiano potesse fondarsi sugli stessi identici fondamentali di crescita di una Premier League – diritti tv e attrazione di capitali esteri – sostanzialmente tralasciando gli appassionati, era una miope illusione.

Perchè?

Perchè la nostra è un’altra storia. In Inghilterra la rivoluzione Anglo-americana del calcio business introdotta dal Manchester United è partita oltre venti anni fa alla conquista dei mercati internazionali con moltissimo anticipo sulle altre federazioni e ciò ha procurato alla Premier League un vantaggio quasi incolmabile su certi mercati, una grande rendita di posizione, per così dire.

E poi diciamocelo, per attirare i miliardari internazionali a sfidarsi tra loro nel calcio, Londra ha un business-appeal superiore a qualsiasi altra città europea ed è aperta al mondo da quando è stata fondata.

E allora?

Continuiamo ad osservare la realtà. I tedeschi e gli spagnoli hanno raccolto la sfida lanciata dal Manchester United e dalla Premier League e l’hanno persino vinta, sul piano sportivo ed anche economico, per quanto riguarda i rispettivi top team. Ma per farlo Barcellona, Real Madrid, Bayern Monaco non hanno certo valutato di rinunciare alla loro base sociale, anzi hanno cominciato a curarla sempre di più per farla diventare sempre di più la base dei loro successi.

Noi, invece, in Italia, anche con una certa presunzione, ci siamo illusi che recidendo il cordone ombelicale di cui ho parlato sopra, avremmo comunque potuto farne a meno perchè una multinazionale televisiva, ovvero qualche miliardario straniero, si sarebbe preso sulle spalle l’intero movimento calcistico. Questo non è accaduto ed il rapporto tra calcio ed appassionati in compenso è sempre più in crisi con evidente perdita di risorse per l’intero movimento.

Che ci resta da fare dunque?

Augurarci tutti che la gente, la passione, la tradizione sportiva si riapproprino almeno in parte del fenomeno sportivo di cui sono dei fattori fondamentali. Il calore, l’affetto e quella nota di lealtà e disinteresse, che caratterizza la passione sportiva della gente, non devono rimanere energie completamente isolate dalla governance del Club. Pena un mondo del calcio destinato ad esprimersi in modo molto inferiore alle proprie potenzialità, perchè rinnega in fondo se stesso. Ed un calcio in generale meno bello ed attraente. La proposta di legge che verrà da noi presentata il 2 dicembre al Dipartimento di Management Marketing dell’Università di Torino vuole essere un punto di partenza per tutti per un nuovo mondo del calcio possibile. Perchè questo vecchio mondo del calcio italiano mai forse come ora ha bisogno di questo punto di partenza.

Gtt in panne come il bus. Ma Pantalone non c’è più

STORIE DI CITTA’  di Patrizio Tosetto
Complimenti a chi ha fotografato, la foto dei passeggeri che spingono il bus in panne ha fatto il giro del web. Immediatamente diventata sintesi di ciò che è GTT. Sintesi tra inefficienza ed incapacità E,  come per tutte le sconfitte, non ci sono responsabili. Invece come per tutte le sconfitte ci sono molti e diversi responsabili che non pagheranno.  Eppure sembrava che tutto si fosse messo sulla strada giusta.  Il governo ha stanziato i fondi necessari – o perlomeno i fondi di sua competenza –  anche perché il piano industriale è stato presentato dall’amministratore delegato e presidente che si è avvalso di una società esterna. Ma è proprio qui che le cose si complicano.  Sia la Regione Piemonte che le banche non sono convinte e hanno chiesto maggiori specifiche per un piano industriale atteso da alcuni anni. Tutte le cose rinviate nel tempo nella loro  soluzione, si complicano e non si risolvono.  Eppure la Chiara Appendino ha rinnovato la sua fiducia all’ amministratore Walter Ceresa che non si è voluto dimettere, proprio lo stesso che da alcuni anni amministra la società che ha tergiversato.  Viene spontanea una domanda: perché in presenza di in piano straordinario non si sono attuate delle scelte da parte della politica, di carattere straordinario? Eppure, eppure, la nostra sindaca conosce bene la materia amministrativa. Laureata alla Bocconi, al Comune in commissione bilancio, e poi arriva dal mondo dell’ Unione industriale. E forse già questo è un problema. Ha un rapporto di stima verso Ceresa su cui “pende ” un avviso di garanzia per falso in bilancio come ai  sindaci e agli alti funzionari.  Sono colpevoli? Non tocca a noi  garantisti dirlo ora, ma ci limitiamo nel sottolineare che la credibilità di un piano industriale sta anche in chi lo presenta.  Fassino ci aveva tentato nel vendere quote ai privati che di fronte a conti non molto chiari hanno mandato deserta la gara. Strano è il destino di queste aziende pubbliche.  Ben lungi da me osannare i privati, cioè i “padroni”, ma quando i conti non tornano generalmente loro ricapitalizzano cambiando i vertici aziendali. Insomma non può essere chi ha gestito il passato, valido anche  per il futuro. Viene voglia di sostenere: tanto paga Pantalone. Ma mi sa che Pantalone non c è più. Rimangono i lavoratori con il loro diritto al lavoro. Rimangono gli utenti di fronte ad un insufficiente servizio. Utenti che sono anche contribuenti e pagano due volte. Questa foto evidenzia l’utente-cittadino che spinge il pullman in avaria sulle rotaie, dove impediva il transito dei tram e degli altri utenti-cittadini. Dopo il danno la beffa. Non pagano i
vertici ma pagano i lavoratori.
Patrizio Tosetto