ECONOMIA E SOCIETA'- Pagina 501

Il Motovelodromo ai privati

Dall’ufficio stampa di Palazzo Civico

Il Consiglio comunale di Torino ha approvato la delibera relativa al recupero del motovelodromo “Fausto Coppi”

Si tratta di un provvedimento, illustrato dall’assessore al Patrimonio Sergio Rolando, che prevede, a seguito di manifestazioni di interesse per l’insediamento di funzioni prevalentemente sportive, la concessione di diritto di superficie sessantennale, ad asta pubblica per il recupero dello storico impianto di corso Casale, oggi in stato di abbandono.

La base d’asta è stata stimata in 250 mila euro fuori campo I.V.A.

Accanto alle attività sportive quali, ad esempio, ciclismo, calcio, rugby, atletica, o altre discipline compatibili con la struttura potranno essere previste destinazioni accessorie esclusivamente e strettamente pertinenti allo svolgimento dell’attività principale, quali attività commerciali al dettaglio con superficie di vendita non superiore ai 250 mq, pubblici esercizi e attività artigianali di servizio connesse ad una fruizione turistico sportiva della struttura.

L’aggiudicatario, nella fase di progettazione, sarà tenuto a prevedere percorsi di partecipazione al fine di reperire eventuali indirizzi e proposte provenienti dal territorio (Circoscrizione, associazioni, cittadini) utili al miglioramento della qualità del progetto.

Su richiesta, la Città e le associazioni sportive potranno avvalersi per tre pomeriggi alla settimana potrà utilizzare attrezzature strutture sportive secondo modalità da definirsi con l’area Sport e Tempo Libero.

La delibera ha ottenuto 22 voti a favore (Mov 5 Stelle e ConCi).

Con la delibera è stata approvata anche una mozione di accompagnamento a firma del consigliere Damiano Carretto (M5S) con la quale si impegna Sindaca e Giunta a prevedere, nella convenzione con l’eventuale aggiudicatario del diritto di superficie, che vi sia interlocuzione con le realtà del territorio affinché possa esserci dialogo e sinergie nella gestione del futuro Motovelodromo.

IL DIBATTITO IN SALA ROSSA

Per il capogruppo del Pd, Stefano Lo Russo, non si capisce come si passi dalle manifestazioni di interesse alla delibera, e sottolinea l’assenza dei costi di quantificazione dei lavori di riqualificazione. In fase di concessione di diritto di superficie non ci sono condizioni di garanzia che vi possa essere esclusione di tipologie merceologiche, contraddicendo quanto indicato in delibera. Ci sono paletti finti che dovrebbero garantire il servizio pubblico che contrastano con l’istituto del diritto di superficie.

Marco Chessa (M5S) ha espresso soddisfazione perché con questa delibera si avvia il processo di riqualificazione di un impianto storico e si riporta alla luce la sua storica vocazione sportiva, riqualificando anche un quartiere. Francesco Tresso (Lista civica per Torino) si dice rattristato per la procedura scelta e per i contenuti della proposta. Le aree devono cogliere i cambiamenti. Manca connessione tra quell’edificio e quella zona di città, non è stata valutata la possibilità di gestione da parte di un partnertariato pubblico privato. Ci sono lacune, a partire dalla mancanza dei parcheggi.

Secondo Osvaldo Napoli (Forza Italia) il Motovelodromo rappresenta per Torino una grande storia. Necessaria la riqualificazione, ma ritiene che la valutazione di 250 mila euro rapportati ai 60 anni non lo convince, per questo si asterrà.

Enzo Lavolta (PD) ritiene che si chieda di avallare una delibera dall’oggetto indeterminato e dal valore indeterminato con una procedura “pasticciata” e si interroga su come potrà il Consiglio Comunale esercitare le proprie prerogative di controllo sul bando.

Per Marina Pollicino (ConCi) il provvedimento garantisce i due obiettivi iniziali, restituire alla storia della Città un manufatto che rappresenta un notevole patrimonio per Torino e ridestinarlo alla sua vocazione originaria prevalentemente sportiva.

Damiano Carretto (M5S) ha illustrato la propria mozione di accompagnamento, utile perché il futuro motovelodromo rimanga connesso con la realtà di Torino anche in presenza di un investitore non torinese.

Promuovere anche nelle scuole il rispetto degli animali

Siglato un accordo

Nei giorni scorsi il MIUR-USRP (Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca, Ufficio Scolastico Regionale per il Piemonte) e OIPA Italia Onlus (Organizzazione Internazionale Protezione Animali) hanno siglato un Protocollo d’Intesa per la promozione di itinerari formativi rivolti a sensibilizzare gli studenti delle diverse tipologie scolastiche al rispetto dei diritti di tutti gli esseri viventi. Verrà inoltre valutata la possibilità di inserire attività educative proposte dall’OIPA nei percorsi di alternanza scuola-lavoro, secondo le normative introdotte dall’art. 1, commi dal 33 al 43 della L. 107/2015.

L’iniziativa va a inserirsi in un ampio progetto educativo e formativo e rivolto alle scuole nel quale l’associazione crede fermamente e che porta avanti già da tempo. Nell’anno scolastico 2018/2019, infatti, il Gruppo Scuola della sezione Torino dell’OIPA, sotto la guida del referente Secondo Goletti, ha già svolto attività formativa presso 12 scuole di Torino e provincia, tenendo lezioni in 41 classi, a 796 studenti in 67 incontri, per un impegno di circa 110 ore.

La collaborazione tra il Ministero dell’Istruzione e l’OIPA, è un decisivo, ulteriore riscontro che l’educazione al rispetto degli animali e dell’ambiente matura da una giusta formazione e da un corretto insegnamento a scuola fin dalla prima infanzia.

Asti-Cuneo: e la risposta definitiva?

UNCEM: “INCOMPRENSIBILE IL CIPE NON ABBIA DATO LUMI SULLA CONCLUSIONE DELL’OPERA. E A CHERASCO SI PAGA…” 

“È incomprensibile il Cipe nei giorni scorsi non abbia stanziato le risorse per la conclusione della Asti-Cuneo. Qualsiasi sia la soluzione operativa scelta, qualsiasi la modalità rispetto a concessioni e gare, qualsiasi le risorse economiche necessarie, quei chilometri di infrastruttura restano un tabù. Parole su parole, promesse e pochi fatti, analisi e progetti, convegni. Dell’ultimo tratto della Asti-Cuneo che unisce le valli alpine cuneesi alla pianura padana, nessuna traccia. E il casello a Cherasco, obbligatorio in uscita verso Alba, Langhe e Roero, si paga 1,70 euro. Forse aumenterà pure. Per far cosa? Per quali opere da realizzare, non si sa. Si paga a Marene e poi sei chilometri dopo. Anche alla barriera di Cuneo, le tariffe a carico degli utenti crescono ogni anno. Scellerato e grave che il Cipe non decida di quella lingua d’asfalto verso le aree economiche che stanno facendo grande il turismo del Piemonte. Così come sul Maddalena e sul Tenda. Fermi. E il Cuneese, il Sud-Ovest del Piemonte soffre per gli scontri politici, gli errori istituzionali, i conflitti. L’Asti-Cuneo è e resta incompleta, emblema di un pezzo di politica centralista del Paese che non decide”.

Marco Bussone e Lido Riba, Presidente nazionale e regionale dell’Uncem

Zanzara tigre: massima allerta in Piemonte

Secondo l’elaborazione di Anticimex su base dati Vape, nella settimana dal 25 al 31 luglio, indice potenziale di infestazione a livello massimo ad Alessandria, Asti, Biella, Novara, Torino, Verbano-Cusio-Ossola e Vercelli; tendenza futura in crescita in quasi tutte le province della regione e in prevalenza indice di calore compreso tra i 32 e i 40 gradi

 

Milano, luglio 2019 – Bollettino rosso in gran parte d’Italia per le temperature in aumento e, seppur con un po’ di ritardo, anche quest’anno il fenomeno zanzara tigre torna a farsi sentire. Quali saranno nei prossimi giorni le aree più attaccate dal fastidioso insetto in Piemonte, adesso che ci avviciniamo ad agosto?

Secondo l’elaborazione di Anticimex, azienda internazionale specializzata nel Pest Management e nei servizi di igiene ambientale, su base dati Vape, nella settimana dal 25 al 31 luglio in Piemonte sono Alessandria, Asti, Biella, Novara, Torino, Verbano-Cusio-Ossola Vercelli le province con l’indice potenziale di infestazione di zanzara tigre più alto, in una scala di intensità da 0 a 4, ad eccezione della sola provincia di Cuneo (livello 0). In quasi tutte le province la tendenza futura è in crescita, mentre l’indice di calore è compreso in prevalenza tra i 32 e i 40 gradi.

Nelle altre regioni, attraversando l’Italia in lungo e in largo, l’allarme più alto si concentrerà in Liguria su tutte le province, così come in Friuli-Venezia GiuliaAbruzzoBasilicataUmbriaMarche Puglia, interamente prese d’assalto. Nel Lazio al livello 4 spiccano Roma, Frosinone e Latina, mentre in Lombardia gli insetti famelici faranno la loro comparsa manifestandosi principalmente sui territori di Bergamo, Brescia, Como, Cremona, Lodi, Milano, Monza-Brianza, Pavia e Varese, colpendo anche Lecco che presenterà invece un indice medio-alto (3), in maniera inferiore Mantova (2), ed escludendo Sondrio al livello 0. Se Trentino-Alto Adige e Valle d’Aosta non avranno particolare motivo di preoccuparsi, con Bolzano e Trento al livello 2 e Aosta al livello 0, in Veneto a soffrire saranno soprattutto PadovaRovigo, Treviso, Venezia, Vicenza (livello 4), rispetto a Belluno e Verona (livello 2) e in Toscanatutte le province, con solo Massa Carrara ad indice medio-alto 3. In Molise Campobasso sale al livello 3 ed Isernia si ferma a 0, mentre Calabria Campania saranno quasi al completo, con tutte le province coinvolte, ad eccezione di Cosenza per la prima (indice 1), e Avellino per la seconda (che si avvicina al picco con l’indice 3).  Per quanto riguarda infine le isole, in Sicilia a salvarsi è la sola Ragusa (indice 1), mentre la Sardegna entra nel mirino del livello 4 con CagliariCarbonia IglesiasMedio CampidanoOgliastraOlbia – TempioOristano Sassari, e a seguire la sola provincia di Nuoro, al livello medio-basso (2).

 

 

Ma quali sono i consigli per difendersi e limitare la presenza delle zanzare?

“Nelle abitazioni con giardini o aree verdi, le nuove tecnologie possono aiutare sensibilmente i cittadini a difendersi dalle zanzare – afferma Valeria Paradiso, Responsabile Tecnico di Anticimex Italia –. Attraverso sistemi di disinfestazione automatica si possono programmare giorni e orari di intervento, nebulizzando prodotti specifici o repellenti al 100% naturali nei momenti più idonei ed in assoluta autonomia. Ma per bloccarne la diffusione all’origine è essenziale agire sul fattore prevenzione, con la collaborazione attiva delle amministrazioni comunali e condominiali, che devono pianificare, insieme a esperti del settore, interventi mirati e continuativi almeno da marzo a tutto ottobre. Ma altrettanto importante è il ruolo dei cittadini, fondamentale per tenere in ordine le aree private ed evitare i ristagni d’acqua.”

Tav, Legambiente: “Ci sono altre priorità”

Riceviamo e pubblichiamo

Il Governo si confronti sulle vere opere pubbliche che servono davvero al Paese. In un anno di discussione sulla Tav e sul trasporto merci su gomma, l’Esecutivo Conte non ha fatto alcun passo avanti nella direzione di politiche che, sull’esempio svizzero e austriaco, disincentivino il trasporto merci su gomma attraverso leve fiscali e tariffarie”

 

Sembra che andare al governo faccia completamente perdere l’approccio scientifico e di buonsenso che dovrebbe accompagnare le scelte strategiche nel campo dei trasporti. È capitato a Renzi che è passato dal definire in un suo libro la Torino-Lione “un investimento fuori scala e fuori tempo” ad avvallarne la costruzione, è successo a Salvini che nel proprio repertorio di felpe ha indossato anche quella No Tav ma che ora tanto si spende per proseguirne la realizzazione, è successo in ultimo anche al Movimento 5 Stelle da sempre su posizioni contrarie alla grande opera inutile e ora disponibile a sancire il via libera attraverso il proprio premier. Il tutto in barba alle analisi costi-benefici che negli anni non hanno potuto far altro che decretare l’insostenibilità di un’opera come la Torino-Lione per costi e impatto. E in barba a tutti quei pendolari che vorrebbero avere ogni giorno, sulla tratta casa-lavoro, un servizio adeguato e che invece continuano ad essere esposti a disservizi, a rischi per la propria sicurezza e in molti casi a dover forzatamente scegliere l’auto perché gli è stato tagliato il servizio ferroviario.

È quanto denuncia Legambiente che attraverso la voce del suo Presidente nazionale Stefano Ciafani torna a ribadire come “la Tav, oltre ad essere un’opera inutile e costosa, non sposterà un solo tir dalla strada visto che resterà più economico e facile far “girare” le merci su gomma. È incredibile che in un anno di discussione sull’alta velocità Torino-Lione e sul trasporto merci, nel governo non si sia fatto alcun passo avanti nella direzione di politiche che, sull’esempio svizzero e austriaco, decidano di chiudere al trasporto su strada o a tassarlo. Invece di investire sulle grandi opere inutili, il Governo abbia il coraggio di ridurre la quota di trasporto merci che oggi viaggia su gomma disincentivando questo trasporto attraverso leve fiscali e tariffarie, di incentivare la mobilità urbana sostenibile, rafforzare e rendere più competitivo il trasporto ferroviario pendolare e urbano per offrire una valida alternativa all’auto e promuovere l’alternativa della mobilità elettrica. Vogliamo ricordare all’Esecutivo Conte – aggiunge Ciafani – che si continua a parlare di Tav e non di quelle opere pubbliche che servono davvero al Paese e che permetterebbero di ridurre, ad esempio, le emissioni in atmosfera di gas serra e inquinanti, di ridurre lo scarico dei reflui fognari nell’ambiente per cui stiamo pagando multe salate, di affrontare il tema della gestione dei rifiuti. Si tratta di opere prioritarie, fondamentali per la qualità della vita delle persone e per l’economia del Paese, di cui però oggi si parla poco perché la politica è troppa presa dal dibattito sulla Tav dimenticando il resto”.

“Se davvero si volesse investire su spostamenti efficienti e non inquinanti – dichiara Fabio Dovana, Presidente di Legambiente Piemonte – non avremmo dovuto assistere ad un riduzione dei finanziamenti statali per il trasporto ferroviario del -20,4%, tra il 2009 e il 2018, a cui si potrebbe aggiungere a fine anno un ulteriore taglio di 300 milioni, per la clausola di salvaguardia nella legge di Bilancio che ha buone probabilità di scattare vista la situazione economica. E proprio in Piemonte i dati indicano che l’emorragia di pendolari avuta a partire dal 2011 per effetto del taglio di 14 linee cosiddette “minori” non si è ancora arrestata”.

In Piemonte nel 2017 sono state in media 166.445 le persone che ogni giorno hanno preso un treno, in diminuzione rispetto al 2016 quando si attestavano a 167.556 mila. Per tornare almeno ai 175.400 viaggiatori del 2011 servono maggiori investimenti. Sempre in Piemonte gli stanziamenti per il servizio ferroviario si attestano a 5,51 milioni di euro l’anno, appena lo 0,05% del bilancio regionale. E la Torino-Lione non farà altro che farà altro che drenare ulteriori risorse a scapito dei pendolari.

Caso Sea Watch 3, parla il legale di Carola

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Abbiamo intervistato l’avvocato Leonardo Marino difensore, con il collega Alessandro Gamberini, di Carola Rackete, la capitana della Sea Watch 3

 

1) Perché ritenete sia legittimo avere forzato il blocco per fare sbarcare i migranti?

Il comandante della Sea Watch ha sempre sostenuto di essere stata obbligata per stato di necessità, anche perché la situazione a bordo stava per precipitare. Il giudice che non ha convalidato l’arresto è andata oltre, ritenendo che fosse stata screditata la condotta del comandante in quanto si è limitata ad adempiere il suo dovere di capitano nel soccorrere i migranti e nel rispetto delle convenzioni internazionali.

2) Come valuta la posizione della procura di Agrigento secondo la quale la scarcerazione di Carola Rackete è una “conclusione contraddittoria, errata e non adeguatamente motivata”?

La Procura ha di fatto impugnato soltanto l’aspetto cautelare della convalida dell’arresto ritenendo che il provvedimento del giudice non sia corretto e non richiedendo nessuna misura cautelare.Sarà la Cassazione a vedere se effettivamente il gip di Agrigento ha operato correttamente o meno.

3) È confermata la volontà di chiedere risarcimenti in denaro per gli insulti ricevuti sui social?
Stiamo valutando di intraprendere un’azione legale nei confronti dei soggetti che quasi quotidianamente diffamano l’onore e l’immagine di Carola e della Sea Watch. Cosa certa è la denuncia nei confronti del Ministro dell’Interno italiano per diffamazione e associazione a delinquere.

Le panchine del Centro Jolly sul valore della diversità

Inaugurate a Volpiano nella piazza del Comune

Volpiano il Centro Jolly ha installato di fronte al Municipio due panchine per sottolineare il valore della diversità. L’inaugurazione si è svolta mercoledì 17 luglio con la partecipazione dei ragazzi del Centro Estivo, una esibizione artistica e la realizzazione di alcuni batik da donare alla città; sulle panchine, dipinte di blu (simbolo dell’autismo) e con i colori della pace, sono state scritte le frasi «la diversità che fa la differenza» e «ridono di me perché sono diverso, rido di loro perché sono tutti uguali».

Il centro diurno Jolly è stato aperto nel 1988 per lavorare sul tema dell’integrazione, proponendo progetti didattici insieme alle scuole del territorio e attività di musicoterapia, arte e zooterapia.

Commenta l’assessora ai Servizi alla Persona del Comune di Volpiano Irene Berardo: «È stata una bella giornata che testimonia la continuità di queste iniziative sul nostro territorio; alcuni ragazzi avevano a suo tempo frequentato i centri estivi e ora partecipano alle attività del Centro Jolly, a dimostrazione di quanto le persone possano fare per la comunità anche grazie alla diversità».

Grosso, l’avvocato che non doveva obbedienza alla politica

Di Pier Franco Quaglieni
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Ho conosciuto Carlo Federico Grosso quando era vice sindaco di Torino ai tempi di Novelli sindaco
Non avevo apprezzato- lo dico con sincerità –  la scelta di Grosso e  del mio amico Marziano Guglielminetti  di candidarsi nel 1980,sia pure come indipendenti, nelle liste del PCI, di quel PCI che era ancora un partito strutturato sul vecchio modello del centralismo democratico e che non aveva ancora mosso dei passi  significativi verso il cambiamento, se non  imboccando la strada del consociativismo che tanto danno ha provocato al Paese. Ne apprezzai l’alto livello intellettuale, l’equilibrio, l’ indipendenza anche rispetto ad un sindaco che invece  incarnò a pieno l’apparato  più fazioso del  PCI  di cui, in tempi successivi, rimpianse la fine.
No, Grosso era di un’altra pasta, era già un avvocato affermato ed un docente prestigioso che non doveva nessuna obbedienza alla politica, mentre Novelli era la creatura di un apparato burocratico che vedeva in via Chiesa della Salute e in via delle Botteghe Oscure l’ombelico del mondo. Era figlio di un grande giurista, Giuseppe Grosso, mitico preside della Facoltà di Giurisprudenza di Torino ,presidente della Provincia di Torino e Sindaco di Torino ,mandato indecorosamente  a casa nel 1968 dalle faide democristiane e socialdemocratiche interne alla sua Giunta. Giuseppe Grosso ebbe una personalità più spiccata rispetto a quella di suo figlio che, per altro,  ebbe  una carriera più brillante rispetto a quella del padre sia perché come  avvocato penalista   non tardò a diventare uno dei principi del Foro, sia perché venne eletto vicepresidente del CSM durante la presidenza di Oscar Luigi Scalfaro, un incarico molto importante in anni di aspri conflitti  sul ruolo della Magistratura.
Era stato allievo del grande Marcello Gallo, a sua volta allievo ,come Giovanni Conso ,del geniale  caposcuola Francesco Antolisei. Erano gli anni di una Facoltà torinese di Giurisprudenza che raccolse come docenti e come allievi i più bei nomi del Diritto. A parlarmi di lui fu un altro grande avvocato, Claudio dal Piaz , che apprezzava lo spirito indipendente di Grosso che tendeva a non confondere  mai le ragioni politiche con quelle della giustizia. Io fui molto amico di sua madre , la prof.  Augusta Guidetti Grosso insuperata presidente della storica Pro Cultura Femminile e raffinata intellettuale.
La mamma, a volte,  mi  parlava con orgoglio del figlio, pur non condividendone  alcune scelte politiche in modo piuttosto  esplicito. Simile a lui, per la bravura professionale indiscussa,  io ricordo solo Vittorio Chiusano. Mi piace ricordare una intervista da lui concessa  nel 2015 in cui non esito’ a denunciare l’uso politico della carcerazione preventiva da parte dei giudici, affermando che “la libertà e’ un bene cosi importante che può essere limitata solo in presenza di sentenza definitiva “.Grosso ebbe sempre  chiara la presunzione di innocenza affermata dalla Costituzione che Grosso definiva un principio cardine  della giustizia italiana. Fu un uomo sicuramente di sinistra ,ma non si accodo’ mai a certe vulgate liberticide che in fondo non erano di per se’ per nulla di sinistra ,anche se venivano usate strumentalmente dalla sinistra  giacobina ,oltre che più comprensibilmente  dal leghismo  populista( che esibiva  minaccioso il cappio in parlamento  ) e dal MSI prima del lavacro di Fiuggi.
Una volta mi capito ‘ di incontrarlo per strada ed eravamo in un momento caldissimo per l’uso spesso spregiudicato delle intercettazioni. Ricordo che fu durissimo ,pur riconoscendo l’utilità delle medesime a fini investigativi con dei limiti precisi per non violare la privacy dei cittadini . Fu l’avvocato del gruppo editoriale “Espresso- Repubblica  e credo abbia avuto il suo bel daffare a difendere giornalisti che spesso facevano del killeraggio mediatico  la loro cifra professionale . Il suo predecessore ,l’avvocato romano Adolfo Gatti mi raccontò in confidenza episodi molto emblematici  di certo giornalismo d’assalto più che d’inchiesta.
Sul politico Grosso a me sembra che abbia sempre prevalso l’avvocato anche se io avrei visto molto bene Grosso ministro di Grazia e Giustizia. Fu protagonista di importanti  processi che seppe affrontare con la grinta propria del grande giurista e che gli diedero fama nazionale . Grosso e’ stato un unicum, come lo fu suo padre. Un unicum di cui l’Italia, Torino e il Piemonte possono andare orgogliosi.
scrivere a quaglieni@gmail.com

Planet Smart City e Politecnico, partnership internazionale

Ricerca, innovazione e formazione. L’obiettivo dell’accordo è di creare eccellenze sui temi di frontiera dell’architettura, dell’ingegneria e del design

 

Le sinergie tra università e le imprese sono la base per generare eccellenze nella ricerca e nella formazione sui temi di frontiera: si inserisce in questa prospettiva l’accordo, sottoscritto tra Planet Smart City e Politecnico di Torino, che avrà una durata quinquennale e interesserà trasversalmente diverse aree di competenze dell’Ateneo e di azione dell’azienda, con l’obiettivo di generare idee, studi di pre-fattibilità, progetti di ricerca congiunti finanziati anche da enti esterni, attività di ricerca e trasferimento tecnologico nei campi dell’architettura, dell’ingegneria e del design.

 

Planet Smart City potrà, tra l’altro, contribuire all’attività formativa del Politecnico di Torino offrendo applicazioni pratiche per studi specifici (tesi, stage, ecc.), favorire attività di supporto alla formazione accademico-professionale di studenti e dottori di ricerca per migliorarne la conoscenza del mercato del lavoro, promuovere dottorati di ricerca. La società è già tra i sostenitori di TECHs 4 Change, master universitario che insegna agli studenti metodi e tecniche per affrontare le problematiche evidenziate dagli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’ONU.

 

La partnership prevede anche un’attività internazionale. Planet Smart City e il Politecnico di Torino svolgeranno azioni comuni per costruire un network di relazioni internazionali. Rientrano nell’accordo l’organizzazione di eventi istituzionali per promuovere la cultura scientifico-tecnologica e imprenditoriale del territorio e iniziative per creare sinergie tra i rispettivi network italiani e il network internazionale costruito congiuntamente.

 

Tra le finalità dell’accordo rientra il rafforzamento del legame con il territorio, anche in termini sociali e culturali, attraverso la diffusione nel tessuto locale di conoscenze ed esperienze ad elevato contenuto tecnologico.

 

Giovanni Savio, Fondatore e CEO di Planet Smart City, ha dichiarato: “Con 1,6 miliardi di persone che attualmente vivono in alloggi non sicuri e sovraffollati, c’è bisogno di nuove idee per quanto riguarda il modo in cui costruiamo, manteniamo e viviamo nelle nostre città. La ricerca di soluzioni innovative è al centro del nostro impegno nel garantire quartieri di alta qualità a prezzi accessibili in tutto il mondo. Risposte adeguate possono essere raggiunte solo attraverso la collaborazione tra ricercatori e professionisti, ed è per questo che attribuiamo un valore strategico alla partnership con il Politecnico di Torino”.

 

“Planet perseguirà partnership simili con le istituzioni dei Paesi in cui opera, Regno Unito, Brasile e, si spera, presto anche l’India. Il nostro obiettivo è quello di creare una rete globale di partner che lavorano per migliorare la qualità e la sostenibilità della vita nelle città di tutto il mondo attraverso nuove tecnologie e metodi di progettazione e costruzione urbana”, afferma Graziella Roccella, Chief Research and Urban Planning di Planet Smart City.

 

“Il nostro obiettivo è generare e sostenere processi di sviluppo fondati sulle nostre competenze tecniche e scientifiche facendo sistema con gli attori pubblici e privati che sul territorio contribuiscono a creare e diffondere conoscenza”, ha dichiarato Guido Saracco, Rettore del Politecnico di Torino. “In questo senso, l’accordo siglato con una realtà come Planet Smart City, che a Torino ha stabilito il suo centro di competenza, contribuirà al processo sul quale l’Ateneo sta indirizzando la propria azione strategica, cioè la creazione di un significativo impatto sul territorio per le proprie attività di ricerca, innovazione e formazione”.

Yemen, guerra senza fine

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Focus internazionale  di Filippo Re

Sauditi, emiratini, iraniani, russi e americani, sembra che non ci sia potenza regionale o internazionale che voglia fermare una volta per tutte il conflitto nello Yemen che si trascina da oltre quattro anni.

Una guerra quasi dimenticata che fa comodo a tanti, come ai governi europei che vendono le armi e agli estremisti islamici che approfittano del caos. Uno scontro che nel frattempo continua a falcidiare la popolazione sia per i bombardamenti sia per la fame. Secondo alcune organizzazioni umanitarie sono quasi 100.000 le persone uccise in Yemen nel conflitto che da marzo 2015 oppone i sauditi che guidano una Coalizione internazionale ai ribelli sciiti Houthi armati dall’Iran. “Non dimentichiamo il disastro dello Yemen”: le parole che il vescovo Paul Hinder, vicario apostolico dell’Arabia meridionale (comprendente Emirati Arabi Uniti, Oman e Yemen) più volte pronuncia con la speranza che questa tragedia non venga ignorata perchè, forse, meno importante di altre crisi mediorientali, sembrano cadute nel vuoto. Con il risultato che la situazione nel Paese asiatico resta drammatica per la fame, la povertà, la siccità, la guerra e l’epidemia di colera. Quasi 11 milioni di persone sono sull’orlo della carestia, oltre l’85% della popolazione vive grazie agli aiuti umanitari mentre tre milioni di yemeniti sono sfollati. Sono milioni le persone che hanno necessità di assistenza sanitaria e sono privi di servisi igienici e di acqua potabile ma la preoccupazione maggiore in queste settimane è per la crisi di colera che ha già ucciso un milione di yemeniti. Si aggrava anche la situazione dei minori.

Nei primi quattro mesi del 2019 oltre 400 ragazzi sono stati uccisi o sono rimasti feriti e più di 3 bambini al giorno perdono la vita o restano mutilati. La Camera dei Deputati ha fermato le bombe italiane che cadono sullo Yemen ma dal cielo continua la pioggia incessante di ordigni devastanti su ospedali, scuole, aeroporti quasi 20.000 sono i raid condotti finora dalla coalizione saudita e migliaia sono i minori vittime di bombe, attacchi kamikaze, congegni esplosivi e mine, armamenti prodotti all’estero e venduti dai governi stranieri alla Coalizione saudita. Tra questi ci sono anche le bombe prodotte in Italia dalla fabbrica Rwm in Sardegna la cui esportazione verso i Paesi che violano i diritti umani è vietata dalle leggi italiane. Ora la Camera ha votato una mozione di maggioranza per sospendere la vendita di armi pesanti come missili e bombe d’aereo a Riad e agli Emirati. Dall’inizio del conflitto almeno 6500 bambini sono rimasti uccisi e feriti durante i bombardamenti. La “svolta” è giunta (resta però da vedere se la mozione sarà realmente applicata) dopo che nei mesi scorsi anche Germania, Danimarca, Finlandia e Gran Bretagna avevano deciso di sospendere le esportazioni di armi pesanti verso l’Arabia Saudita. Londra è il secondo esportatore di armi a Riad dopo gli Stati Uniti con sei miliardi di dollari dal 2015, quando la guerra cominciò, pari al 42% delle vendite totali di armi inglesi. Nello Yemen continua intanto la guerra regionale “per procura” tra Riad e Teheran. Gli insorti sciiti, grazie ai missili ricevuti da Teheran, hanno alzato il tiro e colpiscono gli aeroporti nel sud dell’Arabia Saudita in risposta ai raid sauditi sulle loro città nello Yemen del nord. Nel 2014 gli Houthi presero il controllo della capitale Sana’a costringendo il presidente Mansour Hadi, filo-saudita, alla fuga. A marzo 2015 l’offensiva dei ribelli sciiti verso la città Aden nel sud del Paese dove nel frattempo si era rifugiato Hadi scatena la reazione dei sauditi che formano una Coalizione sunnita di dieci Stati, del Golfo, oltre all’Egitto e al Sudan con l’obiettivo di aiutare l’ex presidente con raid aerei. In quattro anni sono morti oltre 100.000 yemeniti per i combattimenti e altri 120.000 di fame e malattie.

Approfittando della guerra e dell’anarchia centinaia di miliziani di Al Qaeda e dell’Isis hanno occupato porzioni di territorio. I negoziati in Svezia hanno avuto finora poco successo e la fine della guerra è lontana. Gli interessi in gioco sono tanti, da una parte e dall’altra. La monarchia di Riad non può mollare lo Yemen ai filo-iraniani e quindi vuole riprendere completamente il controllo di quel territorio che ha sempre considerato il proprio “giardino di casa” . Lo Yemen è fondamentale per controllare lo stretto di Bab el Mandeb dove transita il petrolio del Golfo diretto in Europa e i sauditi, acerrimi rivali di Teheran, non possono certo lasciarlo nelle mani di un gruppo che obbedisce agli ordini dei pasdaran che tramite gli insorti sciiti aumenterebbero la loro influenza sull’intera regione. Una soluzione potrebbe essere quella di tornare a due Stati distinti, uno al nord e uno al sud, oppure alla formazione di più di due Stati perchè all’interno dello Yemen ci sono varie regioni che hanno mire indipendentiste. Per Paul Hinder la strada giusta potrebbe essere uno Stato confederato, quindi meno centralizzato di come era in passato.

Dal settimanale “La Voce e il Tempo”